Forse un certo numero di lettori, famigliari con la narrativa fantascientifica, si è ricordato in questo periodo del romanzo di Isaac Asimov Il sole nudo. Esso si svolge quasi completamente su Solaria, un pianeta colonizzato da un gruppo di esseri umani che hanno sviluppato in modo estremo uno stile di vita individualistico. Le relazioni interpersonali avvengono mediante interfacce virtuali ologrammatiche in 3D; le procreazioni sono frutto di contatti assolutamente preventivati e isolati e di successivi trattamenti eugenetici; stare di persona faccia a faccia costituisce una scorrettezza imperdonabile.
Questa società è numericamente esigua, opulenta, sostenuta da un macchinismo evoluto e dall’impiego su larga scala dell’intelligenza artificiale.
I fatti recenti propongono qualche possibilità di riflessione sul modello sociale ipotizzato da Asimov. La fuga su altri pianeti di un gruppo evoluto di avventurosi individualisti, e la loro ricerca di una condizione postumana, sembra facilmente assimilabile alla segregazione sociale di piccoli gruppi di esseri umani, socioeconomicamente dotati, che si afferma come life style di tendenza, osservabile, imitabile, ma molto difficilmente emulabile in concreto o raggiungibile.
Le pressioni eugenetiche e le pratiche che demandano l’onere della gravidanza sono altrettanto riconoscibili nel nostro quadro sociale.
La natura virtuale delle relazioni sociali rimane ancora ad uno stadio meno evoluto di quello ipotizzato da Asimov: mentre lo scrittore statunitense immagina soprattutto contatti bilaterali, l’attuale sistema delle relazioni sociali, nonostante qualche tendenza alla costruzione di interfacce analoghe (per esempio alcune funzioni di Second Life, che sembra già appartenere all’archeologia dell’informatica sociale), si muove più verso il rinforzo dell’interazione di gregge con modelli fortemente gregari e partecipativi.
Tutte queste osservazioni sono finalizzate a chiederci se e come l’attuale esperienza di riduzione forzata dei processi sociali accelererà le tendenze asociali e antisociali della nostra epoca in direzioni analoghe a quelle immaginate da tanta science fiction.
Non c’è dubbio che la chiusura attuale delle connessioni sociali divide in modo molto netto l’esperienza di chi abbia a disposizione beni e strumenti d’uso e consumo cospicui da coloro che ne sono meno dotati. È anche probabile che la continuità di sviluppo del sistema delle relazioni creative proprie delle élite possa accelerare, nel periodo attuale, se non in velocità assoluta, in velocità relativa rispetto alla capacità di combinazione e rapporto dei soggetti meno qualificati o economicamente dotati.
Non si può escludere che il gap tra le élite e le masse aumenti fino al punto in cui la proponibilità di un life style emulabile, chiave ideologica del modello tardocapitalistico di libertà, diventi impossibile e che quindi il sistema della comunicazione sociale, nel prossimo futuro, ridimensioni la centralità del divismo, degli influenzatori, delle tendenze e delle mode.
Può essere che la riscoperta gioiosa del gregariato autentico, quello dei corpi (che si verificherà plausibilmente per un’ovvia resipiscenza arcaistica al termine della presente e ormai certamente lunga crisi mondiale), comporti una parallela rivalutazione della prossimità (altro tema, come molti lettori sanno, del romanzo di Asimov).
La speranza più ovvia sarebbe quella di vedere affermarsi un diffuso principio solidaristico di responsabilità come interiorizzazione e transfer di quegli atteggiamenti di ottemperanza e rispetto, valorialmente motivati, che tanti stanno assumendo. La domanda cardine, al proposito, è se al rientro dall’attuale stato eccezionale molti non si troveranno così immiseriti e diseredati da essere costretti a scegliere tra un consapevole nuovo orientamento prosociale e altri comportamenti funzionali alle problematiche quotidiane, che potrebbero essere persino obbligati.
Ciò per dire che, onde evitare che i due distinti sistemi (per restare ad Asimov: Solaria e la vecchia Terra, l’individualismo elitistico e il collettivismo del controllo) si trovino a convivere nel prossimo futuro come stratificazioni sociali tendenti a una reciproca impermeabilità, sarebbe essenziale costruire in questo periodo un progetto politico che ridefinisca un ideale di libertà più responsabile, espressivo ed espansivo di quello acquisitivo, la cui praticabilità in futuro potrebbe essere molto più incerta.
Se infatti è vero che nel passato alcune grandi crisi di sistema hanno poi dato luogo a periodi di forte espansione dell’energia acquisitiva individualistica, è probabile che invece le accresciute capacità di controllo e contenimento del nostro tempo, che interessano non solo le grandi democrazie ma anche miliardi di individui inquadrati di contesti politici diversi, limiteranno il crollo del sistema socioeconomico e lo riorganizzeranno dall’alto attraverso meccanismi che, a differenza del passato, ipotecheranno in modo decisivo le risorse delle generazioni future.
In altre parole, la crisi attuale potrebbe richiedere non soltanto azioni adeguate a puntellare il nostro sistema socioeconomico, ma anche una revisione di alcuni suoi fondamenti valoriali e ideologici, perché forse il futuro non ne garantisce più la sostenibilità.
Lascio ai lettori la riflessione sul tema, che alimenta da anni la mia irrisolta perplessità, anche solo come esercizio intellettuale per questo periodo di forzato ritiro.
Nota: l’immagine raffigura l’ingresso di una gated community sorvegliata a Saskatoon, Saskatchewan, Canada.
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