Tutti i cittadini sono invitati all’inaugurazione della mostra Il Manierismo a Crema: un ciclo di affreschi di Aurelio Buso restituito alla Città che si terrà domenica 20 ottobre 2019 alle ore 17 presso il Museo Civico di Crema e del Cremasco.
FRANCESCO TORRISI
Data: 20 Oct 2019
Ora: 17:00 - 19:00
Città: CREMA (CR)
Luogo: Museo Civico di Crema e del Cremasco
Biglietto: N
Tutti i cittadini sono invitati all’inaugurazione della mostra Il Manierismo a Crema: un ciclo di affreschi di Aurelio Buso restituito alla Città che si terrà domenica 20 ottobre 2019 alle ore 17 presso il Museo Civico di Crema e del Cremasco.
Tutti i cittadini sono invitati all’inaugurazione della mostra Il Manierismo a Crema: un ciclo di affreschi di Aurelio Buso restituito alla Città che si terrà domenica 20 ottobre 2019 alle ore 17 presso il Museo Civico di Crema e del Cremasco.
FRANCESCO TORRISI
15 Ott in
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Ogni giorno percorro la via a lui intestata, ma confesso di non sapere nulla di lui (come di altri illustri concittadini).
In verità non c’è molto da sapere e vedere. Per chi comunque avesse partecipato alle giornate del Fai il fine settimana scorso era visitabile palazzo de Poli con dei suoi affreschi. Che anch’io non ho visto. Anni fa ho visto però le decorazioni nella torre di Bolzone, nella cascina all’ingresso del paese. Mi sembrarono interessanti e ancora in buono stato di conservazione. E in Internet, dove avrai cercato, c’è pochissimo. C’è però un’informazione sulla sua morte, avvenuta in totale indigenza.
Già non ci era giunto molto dai secoli precedenti. Alcune opere importanti, ad esempio all’esterno del Palazzo della Meridiana a Genova e a Palazzo Marino a Milano, sono molto degradate a causa degli agenti atmosferici. Altre cose sono state distrutte dai bombardamenti “alleati” durante l’invasione tedesca e poi la successiva invasione anglo-franco-americana della penisola, tra il ’44 e il ’45. A Crema resta ancora meno di visibile. Ad esempio c’è qualcosa sulla controfacciata della nostra cattedrale e nell’abside della Pallavicina. Della visita a casa De Poli ha già detto Ivano, giustamente. Personalmente, per me, il miglior accesso FAI cremasco di quest’anno. Per vedere altro di Aurelio Buso di Capradossi, occorrerebbe conoscere i proprietari della villa-torre di Azzano (che i Vimercati Sanseverino hanno ceduto anni fa) e della villa Vimercati Sanseverino Albergoni di Moscazzano (in pratica, sono ville private e senza accesso al pubblico). Ricavo queste notizie dalle informazioni cortesemente fornite dal Conservatore del nostro Museo, Matteo Facchi, che tra non molto coadiuverà Gabriele Cavallini, tra l’altro laureato con una tesi proprio su questo autore e principale curatore del catalogo, nell’inaugurazione della mostra. Ringrazio Ivano per la segnalazione riguardante Bolzone, che non conoscevo (tra l’altro passo un paio di volte alla settimana dai campi retrostanti l’Acquarossa e andrò a curiosare). Nel complesso, l’iniziativa del nostro Museo, dopo l’acquisizione dalla Perletta (risalendo, da Paolo Stramezzi), prima dei cinque lacerti e poi degli altri ventidue, mi sembra molto valida e costituisce un esempio di buona cultura, buona divulgazione e buona “amministrazione artistica”, a partire dalle dott.sse Nichetti e Moruzzi. Anche un uomo di destra, davanti a una buona cosa fatta da centrosinistra, deve avere il coraggio di aggiungere, obbiettivamente, il suo apprezzamento e il suo plauso. Un’ottima cosa, poi, anche grazie al nostro Conservatore, questo sempre più valido rapporto con la Soprintendenza, che ha fattivamente collaborato alla realizzazione della mostra.
Il ciclo originario degli affreschi era al piano nobile di casa Alfieri, in via Mazzini (dove adesso c’è Vanoli), da cui Paolo Stramezzi li prese nel 1933 per metterli alla Perletta (per i non cremaschi, a San Bartolomeo), nella sua importante collezione di allora.
Presentazione molto buona, ieri in sala Cremonesi, raramente così gremita e con tanta gente in piedi. Rappresentanza istituzionale di rito e, tra il pubblico, una partecipazione di associazioni culturali raramente così significativa. Poi, nei locali del Museo, una ben riuscita visita alla mostra. Allestimenti “puliti”, di giusta ariosità, un esempio rispetto alle dinamiche museali dell’aggiunta e dell’accumulo. Un altro “colpo d’ala”, per dirla in cremascoltese, da parte del nostro Museo. Catalogo scientificamente valido e ben curato, schede delle opere e bibliografia rigorose.
In mezzo a tanta “cultura materiale”, tanta sagra, fiera e bancarella, una botta di aria diversa, una dimostrazione che la cultura non è solo quella degli intrattenitori tuttologhi e, soprattutto, non è solo “paesana”, per citare Marino Pasini.
Verso certa pittura manierista mantengo, personalmente, qualche incomprensione (forse risalente a determinati – ideologizzati, arganiani – testi del liceo). Ma quando le cose sono offerte e spiegate così bene, persino un ammiratore di Turner impara ad apprezzare il Capradossi (di cui pochi a Crema, diciamolo francamente, sapevano qualcosa).
Parlando con diversi amici, alla fine, ho avuto l’impressione che alcuni di noi stiano cambiando ottica verso il Museo: dal recriminare, tra una geremiade e l’altra, “che cosa può fare il Museo per i cremaschi” si comincia forse a pensare “che cosa possiamo fare noi cremaschi per il nostro Museo”. E ciò, oltre che una kennedyana parafrasi, è anche un pensiero nello spirito di quei cremaschi illuminati che, quasi sessant’anni fa, questo Museo l’hanno pensato, voluto, realizzato e donato a tutti noi.
Secondo me: proprio brutti gli strappi di Buso. Decoratore più che modesto. Come direbbe Marino, non é che perché cremasco diventa bravo per forza. Un minore, senza dubbio. Secondo me.
Ovviamente, Ivano, “minore” rispetto ad altri del suo secolo, che fuor di dubbio vide, a livello europeo e anche italiano, figure di spicco ben diverso. Ma maggiore rispetto ad altri ancora. Il livello di “minorità” (o di superiorità) di questo o quell’artista dipende da variabili che nella critica artistica non sono in genere considerate in modo unanime. Comunque, il comparativo è tale proprio in rapporto ai diversi possibili termini di paragone presi a riferimento e il discorso si sgranerebbe in confronti tanto numerosi quanto articolati.
Secondo me. Però non ho lauree, dottorati, pubblicazioni o cattedre accademiche tali da poter dare alla mia opinione una sufficiente solidità e credibilità critica. Ho fatto legge e lavorato in azienda, per cui mi limito modestamente a confermare che la presentazione, la mostra e l’evento in generale di sabato scorso mi sono parsi validi, interessanti e meritevoli del grande successo che hanno avuto e stanno avendo. E qui mi fermo, se no, come dicevo, rischio l’ascrizione alla categoria dei già numerosi tuttologhi che agitano l’affollato palcoscenico culturale cremasco.
Certo, è vero, non è che uno, perché cremasco, diventi bravo per forza. Ma non è neanche detto che uno, perché cremasco, debba essere dimenticato per forza. Perché il problema a Crema non è che si sopravvalutino i personaggi della storia locale, è che li si dimenticano. Proprio come nel caso di Aurelio Buso, il quale, “minore” o “maggiore” che fosse, nella sua città non si sapeva più neanche chi fosse. E mi pare che oggi la tentazione, da parte di tanti accoglienti ammiratori del diverso, dell’altro, dell’opposto, dell’alloctono, in politica come nella religione e come pure nell’arte (e qui, per carità di Patria, non aggiungo altro), stia diventando del tutto contraria a quella campanilistica. In pratica, tra non molto correremo il rischio, rovesciando la frase, che uno, perché cremasco autoctono, diventi gramo per forza.
Pietro, qui si sta parlando di Crema, si sta facendo Storia, non storia dell’arte. Ma neppure un censimento di chi ci ha abitato nei secoli. E si sta parlando di un Museo, indubbiamente luogo deputato per esporre opere, ma anche luogo, agenzia educativa che per questo dovrebbe essere informativa, ma anche formativa. Invece cosa può succedere? Che un turista un po’ sprovveduto, dopo una visita, potrebbe tornare a casa dicendo di aver visto dei bellissimi affreschi di un grande pittore cremasco vissuto nel tal secolo etc.etc.? Il visitatore più attento invece potrebbe tornarsene a casa dicendo che sì ha visto opere di un discreto livello, ma anche opere documentarie di quello che appunto è avvenuto in quell’epoca che non sempre ha espresso grandi personalità. Insomma, bisogna intendersi su cosa si intende per Museo, luogo antropologico o culturale, casa contadina o organi, che secondo me, insieme alle piroghe, hanno più capacità divulgativa e quindi utilitaristica del tempo che fu. Non so quanti visiteranno questa mostra. Ieri, non dubito durante l’inaugurazione, c’era solo un visitatore. Ora, io non so il turista occasionale da cosa rimarrebbe più colpito visitando il complesso, ma ho proprio l’impressione che degli affreschi di Buso porti a casa ben poco. Porterebbe a casa l’impressione dei bellissimi chiostri, del salone Pietro da Cemmo con crocifissione e cena, del giardino adiacente, ma salendo lo scalone della ex biblioteca, con l’incuria di quel corridoio, e la sala Agostino abbandonata, non so se temporaneamente, con porta a vetri d’accesso al Museo chiuso, nonostante il manifesto sul primo gradino, porterebbe a casa anche l’impressione di un luogo non curatissimo, bellissimo di per sé, ma non so se per cura di chi ne è responsabile. E tornando alla mostra invece, (Buso non sarà mai ricordato come genius loci), non ho idea di quanto sia costata l’acquisizione di queste opere, io ho sempre comunque denunciato la scarsa forza attrattiva del nostro museo, e qui si ritorna a vecchi temi, quando io, poco elegante citarsi, denunciavo appunto, con sogni visionari, l’assenza di una visione programmatica e la mancanza di investimenti tali da portare a Crema nei luoghi della cultura turisti e autoctoni , attratti non solo dalle location del film di Guadagnino. I turisti, dopo questa sbronza ricominceranno a diminuire, considerato anche che il sequel non prevede nessuna nuova scena girata in città. E non capisco Pietro il tuo teorema per cui un campanilismo al contrario snaturerebbe appunto la storia di Crema. Non si valuta un artista in base ai natali, ma secondo i criteri indubbiamente arbitrari della critica d’arte, ma fino ad un certo punto, giustamente. Qui non si sta parlando di logiche di mercato né di competizioni tra importanti gallerie d’arte o musei, semplicemente io sto dicendo, che dopo Civerchio, Barbelli, Conti, epoche diverse, abbiamo anche un Buso che al confronto con gli altri non ci fa una gran bella figura. Diciamo quindi che a Crema, in quell’epoca, ci fu un pittore, ora quasi dimenticato, anche per scarsità di opere, che magari ha avuto la sfortuna di arrivare fino a noi con lavori modesti, però senza immaginare chissà quali capolavori distrutti dal tempo. Io, che amo Crema molto più di Marino, credo di riconoscerne i limiti. Che poi nella nostra storia ci debba star dentro tutto, e sono abbastanza in sintonia, è altra questione, ma un museo non è solo l’album dei ricordi di famiglia. Sbaglio tutto? Perchè anche Merico, Venchiarutti e altri non dicono la loro?
Grazie, Ivano, per aver ben inquadrato la questione, contestualizzandola correttamente. Provo a rispondere su alcuni degli argomenti da te esposti.
Primo. Che sabato non si sia messa in mostra la Gioconda del Louvre, siamo d’accordo. Che però Aurelio Buso, cremasco dimenticato dai cremaschi, artista di livello non così trascurabile, meritasse questo evento, mi pare buona, anzi ottima cosa. Ricordiamoci che adesso abbiamo un catalogo ben fatto, frutto di ricerche e studi approfonditi. Ripeto che, non avendo una laurea in beni culturali, una magistrale in critica artistica e un dottorato specifico, mi ritiro in buon ordine, cosa che comunque non mi impedirà di interloquire con chiunque condivida con me tale mancanza di titoli, competenze e cognizione di causa.
Secondo. Sul Museo, Ivano, le polemiche sono iniziate subito dopo la sua costituzione. Ho quasi terminato la raccolta completa di Insula (mi manca il numero 2, se qualcuno mi fa un buon prezzo…) e, leggendo la stessa rivista del Museo, ti assicuro che i cremaschi, anche su questo tema, sono sempre stati animati da risalente spirito di fazione, stirpe e contrada. Per cui, non entro in polemica, aggiungendo una goccia di animosità all’oceano di discussioni che da quasi sessant’anni animano il dibattito museale cittadino. Mi limito a dire che, oltre a questa endemica polemicità, da alcuni anni il nostro Museo sembra ancora più sotto attacco. E che, da cremasco, io seguo la bandiera legittimista delle nostre istituzioni e del nostro Museo, subordinando le mie critiche (che ci sono) alla loro difesa. Per questo penso che dovremmo passare, dalle eterne geremiadi su quello che il Museo potrebbe fare per noi, a riflettere su quello che potremmo fare noi per il nostro Museo.
Terzo. Come ho detto, da ammiratore dello Sturm-und-Drang, niente è più lontano dai miei gusti artistici del Manierismo (anche per mia mancanza di competenze accademiche e professionali). Ma ben vengano a Crema una mostra e un catalogo su un bravo manierista cremasco, tra tanti eventi artistici modaioli alloctoni, talvolta scodellati pour épater la bourgeoisie snobiste.
Dear Pietro Martini , My wife and I bought a painting in England which your father may have painted . This old painting says Martini on it . If your interested in seeing this painting we can send images to you. Im sorry for using this forum but I had no other way to contact you.
Thank You
Thanks a lot for your message. I really appreciate you kept in touch with me.
My father was living and painting in England in years 1938 and 1939, mainly in London, Surrey, Oxfordshire, Warwickshire and in other places in the Cotswolds.
I know he left many oil on canvas there.
My mail address is « martini3@outlook.it » and I would be pleased to get more information about this painting.
Thanks again.
La sospirata apertura di palazzo De Poli grazie alle giornate FAI ha fatto conoscere, ai nostri concittadini e ai turisti occasionali, un patrimonio d’arte cinquecentesca quasi sconosciuto. Ĕ nata spontanea la curiosità intorno alla figura di pittori che hanno caratterizzato quel preciso periodo storico. Anche se il Manierismo rappresenta uno stile artistico che non mi ha mai particolarmente coinvolto la mostra dedicata ad Aurelio Buso de Capradossi, aperta presso le sale del Museo Civico della città, merita d’esser visitata. L’ artista fu un valente frescante, attivo nei prestigiosi cantieri dell’epoca aperti a Roma, Genova, Milano,Venezia, specializzato nel comporre immagini di dei, cariatidi, grottesche, scene conviviali.
In tempi di crisi (non solo economica) questa iniziativa contribuisce a far meglio conoscere la ricchezza del patrimonio artistico locale e conserva intatta la forza nel saper evocare la stagione delle grandi esposizioni che numerose si sono susseguite a Crema negli anni ’90. La rassegna rimarrà aperta fino al 6 gennaio e presenta una ventina di lacerti d’affresco strappati negli anni Trenta da casa Alfieri e venuti a far parte della collezione privata di Paolo Stramezzi. Di recente sono stati opportunamente acquistati dal Comune e dopo un accurato restauro per la prima volta vengono esposti al pubblico. L’esame critico e lo studio delle opere riportate nel catalogo appartengono a due giovani curatori: Matteo Facchi , conservatore del Museo e lo storico d’arte Gabriele Cavallini. Gli organizzatori istituzionali, con la collaborazione della Soprintendenza, hanno saputo abbinare l’evento alla mostra dedicata a Giulio Romano,che in questi giorni si sta svolgendo presso il Palazzo Ducale di Mantova.
Aurelio Buso alla corte dei Gonzaga collaborò con il Pippi, quest’ultimo fu campione indiscusso della “bella maniera” (sinonimo di perfezione formale, pose innaturali , riprese effimere tratte dalla mitologia classica). Sorsero però alcuni problemi. Sembra infatti che il Buso si sia allontanato, facendo sparire non pochi disegni del versatile architetto romano. Il mondo dei più valenti artisti cremaschi (come ad esempio Vincenzo Civerchio già accusato di truffa per aver frodato un povero allievo) non era solo popolato da anime belle.
Rimane il rammarico di non poter completare la lettura periferica di questo pur valente pittore, qualche volta ritardatario e incostante. Sarebbe stato auspicabile ammirare anche le altre opere, attraverso un preordinato itinerario guidato alle ville Vimercati Sanseverino (Torlino Vimercati), Albergoni (Moscazzano), alla Torre di Azzano e al Santuario della Pallavicina (Izano).
Grazie Walter, sempre preziosi e mirati alla miglior fruizione e comprensione delle proposte espositive del Museo (che davvero mi pare avviato alla miglior interpretazione del suo ruolo!) i tuoi interventi, che ami punteggiare con richiami etnologici e di costume, che li rendono ancor più piacevoli da seguire. Ho visitato piacevolmente la Mostra diella quale ho apprezzato le modalità agili ed efficaci di allestimento.
Approfitto per un appunto logistico/organizzativo: riterrei utile assai migliorare le indicazioni di percorso (“cartellonistica”) a corredo del visitatore che, magari non tanto …..di casa, corre il rischio di non trovare più il bandolo, nel labirinto delle sale!
Mi inginocchio, Walter, di fronte alla tua sapienza: quando ti leggi, mi scopro molto… profano!
Per curiosità, nessuno sa per quale cifra sono stati acquisiti?