In tutte le epoche segnate da significativa trasformazione e conseguente, generalizzata incertezza, si innescano con impressionante regolarità di schemi teorici e psicologici alcuni tipici meccanismi di difesa. Resistere concretamente a quel genere di impulsi richiede il possesso di almeno due facoltà: sensibilità etica orientata alla verità ma aliena da fanatismo; un atteggiamento critico, conscio della insuperabile fallibilità della ragione umana dinanzi alla realtà che essa avrebbe il dovere di penetrare e plasmare. Quanto sia sempre più raro quel genere di umiltà intellettuale è purtroppo ampiamente attestato dalla cacofonia amplificata dalle reti sociali telematiche, dove imperversano il più ossessivo e stolido cospirazionismo, l’informazione più strumentale e parziale, e la reiterazione, dogmatica e violenta, di pochi deboli argomenti. A rappresentare una novità assoluta non è certamente la necessità di restare sempre in guardia dinanzi ai fabbricatori di consenso fondato su menzogne potenziali anticamere di autoritarismo politico, quanto la diffusione capillare di troppe falsità (o ipersemplificazioni) e la difficoltà dei problemi senza precedenti che il mondo contemporaneo pone. Essere in grado di neutralizzare quel rumore di fondo è innanzi tutto un problema metodologico: anche i contenuti migliori corrono il rischio di venire sommersi da chi grida più forte le proprie certezze.
Uno dei messaggi più potenti tra quelli veicolati dall’ultimo pregevole lavoro di Piero Carelli è proprio di carattere epistemologico. Prima ancora dei fatti e delle argomentazioni che come sappiamo sono comunque suscettibili di distorsione, il principale monito dell’autore è quello di prendere atto dell’irriducibile complessità dei problemi, in grado di demolire anche le più radicate convinzioni non appena si abbia l’onestà di riconoscerla. Ma questo riconoscimento poggia a sua volta sulle due assunzioni a cui si è accennato poco sopra, ancora più profonde, che sono quelle che fondano l’essenza stessa della migliore razionalità che sia possibile esercitare. Sebbene colorata da una sottile vernice hegeliana – quella della priorità dell’intero sulle parti, qui declinata in sintesi di tutti i dati e delle opinioni autorevoli – quel modello di razionalità si regge appunto su due pilastri. Il primo, di natura etica e strategica, esige una visione, un fine di lungo termine senza il quale la pratica politica gira a vuoto in lotte tattiche senza costrutto. Naturalmente, perché quel fine non sia un obiettivo disumano occorre ancorarlo al rispetto assoluto della persona, alla ricerca della pace, a condizioni di vita accettabili per tutti. Questo è il pilastro “ideale”, visionario, etico. L’altro, altrettanto importante, è quello che investe direttamente la pratica politica quotidiana: riforme e non rivoluzioni; piccoli passi nella direzione giusta e non salti nel buio; mediazione, non forza bruta. La consapevolezza delle intricate interrelazioni tra le parti fa sì che un cambiamento locale inneschi conseguenze inintenzionali altrove. Proprio in questa parziale impredicibilità riposa il limite della sintesi hegeliana, se pretende di dominare la realtà in una singola presa olistica.
L’accurata documentazione, la densità informativa e le equilibrate analisi delle pagine che seguono sono pienamente nobilitate da quei princìpi fondamentali, di natura schiettamente filosofica. In tempi di crisi la missione costruttiva che un intellettuale dovrebbe darsi può segnare davvero, se è fortunato, il corso storico; senz’altro, determina la personale responsabilità e credibilità. Anche nel recente passato filosofi da manuale hanno sostenuto ideologie totalitarie, mentre loro colleghi in minoranza davano il proprio “contributo allo sforzo bellico” con il solo rigore di idee controcorrente. È possibile trovarsi in disaccordo su singole questioni, anche rilevanti, discusse in questo libro: le sue proposte restano però fondate su solide premesse. L’auspicio è che il lettore, specie quello più giovane, possa recepire e trasmettere i suoi importanti messaggi di fondo.
LUCA LUNARDI
Presidente del Caffè Filosofico – Crema
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