Qualsiasi previsione é un incubo. Già ora in molti non ci campano. E non parlo di chi inizierà a lavorare ora, ma di chi lavora da anni. Tema scottantissimo di questi giorni, ma se non circostanziato in un contesto generale dell’economia, ormai senza morale, il risultato sarà una rivolta sociale che nella Storia ha avuto molte espressioni. Io dico che se i giovani, consapevoli solo a parole, ma ignari e concretamente inconsapevoli, non entreranno in rapporto dialettico con il loro futuro questo gap tra una massa di poverissimi e una quota piccolissima di privilegiati non potrà che allargarsi ulteriormente. Prevenire invece, con l’impegno culturale di tutti, stimolando nella società civile, nella scuola, nella formazione in genere la riflessione che non si potrà andare avanti con questo metro.
Riusciamo ad immaginare quale sarà il livello di povertà? E se i giovani,ancora protetti dalle famiglie, continuando di questo passo, potranno poi lamentarsi di una pensione che sarà più o meno la metà del loro stipendio?
Commenti
L’ho scritto un po’di corsa col cellulare, ma credo che ci siamo capiti. Con una nota però: la foto postata da Francesco, da me delegato, forse non giova a giovani settantenni che fortunatamente o sfortunatamente non arriveranno così malmessi. Arriveranno relativamente giovani, come noi del resto se ci confrontiamo con i nostri nonni, apparentemente più vecchi di noi. E così, ancora con qualche energia, la potranno usare solo per far quadrare i conti, lasciando perdere quegli svaghi che qualche soldino costano sempre.
Arriveranno “alla pensione”, anche se si sarà capito.
Nel senso che vedo molti giovani che si impegnano per la salvezza del pianeta, certo, vedono lontano, ma la mia impressione é che avranno un futuro di m…. prima loro.
Non è da “giovani”, Ivano, pensare tanto avanti da preoccuparsi per il se e come la previdenza sociale tutelerà la loro “vecchiaia” con un trattamento pensionistico adeguato!
E molto bene fai a mettere sul piatto, viceversa, un richiamo forte a questo problema che decide oggi quello che accadrà inesorabilmente assai più avanti nel tempo.
Esaltiamo, ci nutriamo di un egoistico “adesso e subito” che poco o nulla ha a che fare con la costruzione, il mantenimento di una Società equa e solidale, e chi richiama viceversa a più responsabili scelte che coinvolgano il nostro domani o viene irriso a “Cassandra” o, peggio ancora ignorato, messo a tacere.
Molti, troppi, già ora, nelle grandi città sono quelli che verso sera si preparano un giaciglio fatto di cartone sotto un particato magari in corrispondenza di una griglia che, in qualche modo butta fuori un pò di calore!
Sarà un bella società ……..
Bravo Francesco, giusta analisi. Ma da brave Cassandre noi “vecchi” abbiamo capito che quello che ora é marginale tra un po’ sarà generale. Mi piacerebbe andarlo a dire a quei giovani che in queste settimane hanno riempito le piazze dei no green pass.
Si è campato per decenni al di sopra delle nostre possibilità per posizioni ideologiche od elettorali. Così che a spasso vediamo gente relativamente giovane che riempie le strade, i bar, magari senza molto potere d’acquisto, ma almeno la dignità é salva. Ma sono cose che sappiamo tutti perché ha fatto comodo credere a molti di vivere un’epoca di vacche grasse. Soprattutto ai politici. Del resto non sono responsabilità individuabili?
L’idea, nata dall’INAIL, che uno o è abile o temporaneamente defunto, è aberrante. Nata dall’INAIL perché il lavoro settoriale richiede piena efficienza per la sua sicurezza, ma chi mi ascolterà mai se ripropongo uno stile pensionistico a scaglioni di impegno, a scalare, secondo uno stile molto agricolo? Del resto è ciò che il pensionato chiede, me compreso che, fuori servizio dal 2012, con 42 anni di contributi, ho tirato ancora fino al maggio 2021 con l’ultimo incarico nel convenzionato. Ovviamente ci vuole modestia, capacità di reinquadramento, ma la contribuzione alla società con una residua capacità produttiva, che produce automantenimento pensionistico, oltre che incremento di reddito, non è appagante? E non è quanto fanno i nostri pensionati addetti alle piccole manutenzioni? Non è ilo modello contadino in cui il nonno pitturava lo steccato? Toglie forse posti di lavoro? Per gli “intellettuali” non ci sono forse compiti sociali gratificanti e utili?
Ma vallo a far capire: o iperattivi o morti!
Adriano, io parlavo di sussistenza futura. Sai quale sarà l’assegno di un operaio che lavora da più di vent’anni e ne dovrà minimo lavorare altrettanti? Secondo le tabelle Inps 800 euro al mese, e non avranno lo stesso valore degli attuali. Non saremo nella casetta in Canada’ con la staccionata da ridipingere poeticamente di bianco in mezzo ai lilla’. La tua iperattività? Professionalità e riconoscimento, ben pagati. Ma un operaio?
Oltre alla buona salute naturalmente.
E poi non si tratta di piccoli espedienti per occupare il tempo libero. In verità non sapremo cosa succederà nei prossimi anni. Potrebbero esserci una guerra scatenata dalla Cina o nuove pandemie più letali del Covid, o nuove rivoluzioni. Di fatto io non vedo da nessuna parte la volontà di una pianificazione pacificante. Tutto fa pensare al peggio, e non é questione di schieramenti ottimistici o pessimistici.
Qui ci sono, se non sbaglio, ex dipendenti pubblici che la liquidazione della pensione l’hanno presa certa e tutta entro 24 mesi dall’aver dimesso il grembiule di lavoro. Nel lavoro “privato” c’è chi ha dovuto attendere 10 anni, e ne ha percepito solo una parte. Chi scrive ha miracolosamente, dopo vari avanti e indietro dagli uffici INPS, decine di avanti e indietro con la CGIL di Lodi e Crema, dopo quattro anni, ha preso la liquidazione e non tutta, con una pensione di meno di 1500euro mensili, prestiti e mutui da pagare, una figlia che fino a due anni fa ho contribuito a far studiare all’università, e ora lavora all’estero. Perché lì, il lavoro senza raccomandazioni e l’aiutino familiare lo si trova, non solo nei ristoranti. Magari alzandosi alle 5 del mattino e tornando a casa alle 8 di sera. Non esiste il tema: pensioni. Checché ne dicano i giornali. Esistono le pensioni, fortunate e non; e il tema di fine lavoro è differente e privilegiato se si è dipendenti bancari, Enel, delle Poste, delle grandi aziende. Ho lavorato 42 anni e 10 mesi; cconosco dipendenti di aziende pubbliche che hanno avuto soldi per andare via prima del tempo. Prr loro, una pensione dolce e anticipata. I giovani italiani non avranno una pensione pubblica. Dovranno pagarne una privata. A meno che non verranno eletti in Parlamento, e allora l’obiettivo è raggiunto. A meno che non sono ricchi di famiglia, che basterà vendere la seconda casa per campare gratis per un po’ di anni, e fregarsene della pensione, tanto i loro genitori avranno già pagato i bollini per una privata fin da piccoli per i loro figli.
Ieri sera, Beppe Severgnini a La7 ha detto, se ho ben capito, che un giovane non può campare e organizzarsi un futuro con 1100 euro al mese (e non poter quindi accantonare soldi per una pensione integrativa privata).
Per lui, 1100 euro sono caramelle. Fossi un giovane, al primo impiego accetterei subito uno stipendio del genere, perché per me 1100 euro sono palanche, e la mia pensione e ‘ poco superiore.
E per cominciare a lavorare 1100 euro vanno bene. Non esiste il tema “pensioni” al singolare; in realtà, esistono le pensioni. Come non esiste più la politica; esistono i politici professionisti e i politici volontari.Non esiste la categoria del lavoro. Esistono i lavoratori, uno diverso dall’altro, e a seconda di quello che fanno, con differenze, fortune e sfortune abissali. Esistono le corporazioni, non le idee. “L’Impegno culturale di tutti” non ci sarà e non c’è mai stato, da quando l’umano respira.. Che ci sono quelli che hanno il culo caldo e sono tranquilli e dopo pochi anni in Parlamento sono a posto per l’eternità. Quindi, l’impegno si sgonfia in fretta. Passa la voglia. I discorsi generici è meglio che li facciano gli esperti che in questo sono bravi e stilano statistiche, e il lavoro che piace non lo mollano se non per sistemare i figli.Gli umani, poveri, debbono arrangiarsi. Tutti a discorrere “delle pensioni dei giovani”, dai due giornali, qui, ufficio stampa: Repubblica e Il Fatto Quotidiano. Mentre ci sono persone che prendono migliaia di euro, da 3 a 5 mila euro come pensione, ne prendono anche più di una, e amano dibattere sul tema delle pensioni altrui, sui giornali, in tv, alla radio. Con l’impegno volonteroso di Ivano, che certo non è fra questi. Lui al tema ci crede.
Marino, esistono mondi paralleli e lo sappiamo tutti. Come mi pare che tu accenni, non dovrebbero essere i personaggi da televisione a discettare di future pensioni, con discorsi che lasciano il tempo che trovano tra una banalità e l’altra. Del resto a loro con costa niente, per gli imbecilli fanno sempre bella figura. Ma lasciamoli apparire e chiacchierare. Quello che mi fa incazzare é che proprio i futuri destinatari di fantomatiche pensioni siano quelli che si mobilitino meno con un atteggiamento fatalistico che tanto non c’è niente da fare. Se davvero prendessero coscienza del futuro incerto che li aspetta, se si unissero, che sono tanti rispetto ai privilegiati, forse avrebbero maggior potere contrattuale e zittirebbero quei personaggi mediatici filantropicanente dalla parte dei poveri. Già, a parole non costa niente.
Chiedessimo ad ognuno di loro di rinunciare anche solo a una piccolissima parte dei loro agi, vedi tasse di successione, in televisione si vedrebbero molto meno. In questo modo mostrerebbero la loro faccia e la loro scarsa onestà intellettuale. E non voglio fare un discorso da comunista, ma solo dire che in questi mondi paralleli se ognuno si occupasse del proprio seminato forse sarebbe meglio. E il seminato degli svantaggiati, in collaborazione, forse porterebbe a miglior raccolto. Del resto al potere, parlamento o governo che sia, di finti comunisti col cashmire ne abbiamo sempre visti molti, e adesso vediamo cosa hanno fatto per tutti quei poveracci che li hanno voluti. Basta vedere a che punto siamo arrivati. Comunque, sia chiaro, ogni riferimento a personaggi locali é casuale, io il giornalista a cui fa riferimento non lo conosco proprio, mai letto e mai ascoltato.
Se non per sentito dire. Parlo in generale.
Dici bene, se gli svantaggiati si unissero, cosa che non accade. Non ascolto più da tempo i discorsi generici di buone intenzioni, fatti da chi, non ha mai saputo cosa sia non farcela ad arrivare a fine mese. Se non sanno che parlano a fare? Ma cosa vuoi: a molti benestanti piace giocare con discorsi vaghi, che a loro non costano niente. La cultura, la letteratura, l’arte è anche un gioco stupido per sfoggiare e tirar sera, non poi più dignitoso o differente, come passatempo, dei pescatori che sotto il ponte del Serio pescano e ributtano in mare i pesci che non si fidano di cucinare.
Marino, va bene che ne parlino anche i potenti, ben sintetizzati per altri temi col suo bla bla bla da Greta Thumberg, ma il mio stupore sempre rinnovato é che non stiano facendo niente i diretti interessati. Va bene che siamo in una democrazia rappresentativa, ma se i nostri delegati non si disciulano, dopo i tanti errori del passato, soprattutto quelli distanti, mi stupisco sempre dell’indifferenza pur preoccupata dei più.
Che poi questo mondo vada avanti alla cazzo é ormai patrimonio di tutti. Si crede di procedere secondo le vecchie categorie di bene o male, ma il sovrasostanziale ormai ci dice che non esiste linearità alcuna, così che ci si barcamena in un giusto o sbagliato sempre più relativo. E siccome io dono più pundarico di Pindaro, mi sto riferendo ad un fatto di cronaca giudiziaria, mi chiedo come gente che fa lo stesso mestiere possa condannare all’ergastolo e poi assolvere perché il fatto non sussiste. Sempre di più ci si allontana da una verità viziata dal contingente che ormai non ha né capo né coda. Non vorrei si arrivasse ad una rassegnazione congenita e fisiologica che tanto tutto é inevitabilmante così.
Tema sconfinato, Ivano. Ci vuole una buona dose di temerarietà mediatica e forse di empietà contabile, da parte mia, per avventurarmi in questa giungla di predatori e prede dei nostri trattamenti pensionistici. Bene, entriamoci dentro, in questo disastro.
Disastro perché? Semplicissimo, chiarissimo, prevedibilissimo.
Uno. L’Italia del dopoguerra promette, attraverso partiti & sindacati, le due colonne della nuova repubblica basata sulle promesse (divenute poi, da promesse, mantenute), pensioni pubbliche obbligatorie per tutti, con prelievi forzosi anche a carico datoriale, invece di incentivare i piani pensionistici privati, come nella maggior parte del mondo occidentale.
Due. L’Italia della partitocrazia e della sindacatocrazia mischia demagogicamente previdenza e assistenza, pensioni e sussidi sociali, in un miscuglio populista che diventa tipico dell’INPS.
Tre. L’Italia del vorrei ma non posso, del debito e del bollettino dei protesti promette pensioni retributive, basate sugli stipendi, e non contributive, basate su quanto effettivamente versato. Il disastro si fa subito evidente ma l’omertà elettorale vince sui conti previdenziali.
Quattro. L’Italia della caccia al voto e degli imbonitori da comizio fa andare in pensione un numero enorme di statali e parastatali (ma non solo) con anzianità personali e contributive ridicole. Per decenni i “baby pensionati” camperanno (e campano tuttora) devastando i conti dell’INPS. Chissenefrega, fin che la barca va, domani è un altro giorno, si vedrà. Mañana.
Cinque. L’Italia che comincia ad avere strizza decide la riforma contributiva. Poi, come sempre, calata di brache. Dal 1996 (cosiddetta riforma Dini), chi ha già 18 anni di contributi va avanti col sistema retributivo. Cipiromerlo. Altra pletora di gente che continua a devastare i conti dell’INPS. E per un bel pezzo.
Sei. L’Italia alle corde deve introdurre dal 2012 il sistema contributivo per tutti (cosiddetta riforma Fornero). Si pasticcia con gli esodati, i soloni discettano di incostituzionalità, gli arruffapopolo cominciano a fomentare le piazze. Pianti e stridori di denti, geremiadi e sceneggiate alla Mario Merola, o’ zappatore. Poi, alleluia, Quota Cento. Si ricomincia.
Sette? Boh. Draghi dice che bisognerebbe tornare alla “normalità”. Peccato, siamo settantacinque anni in ritardo. Tanto, chi ci rimette sono i nostri figli, i nostri nipoti. Noi siamo a posto. Noi, gli eroi del chiagn’ e fotte. Ah, facciamoci un altro piantino, dai, facciamoci un’altra caregnata. Soprattutto quelli che hanno versato quattro spiccioli in croce oppure hanno evaso i contributi oppure vattelapesca, e adesso sono in braghe di tela e se la prendono con l’avverso destino, il mondo crudele e l’umana ingiustizia.
Pietro, la tua analisi in 5 punti é ineccepibile, nel senso che stiamo piangendo sul latte versato. E correggere gli errori é ormai irreversibile. Ma si deve andare oltre, pur dichiarando a gran voce e nomi i responsabili del disastro a cui in prospettiva immsginiamo. Solo che la denuncia dei nomi dei partiti ormai sepolti, dei protagonisti di allora ormai defunti o nel dimenticatoio, non servono più a modificare il clima socio cultrale ed economico che si prospetta. Quindi o si modifica radicalmente il sistema o consegniamo al futuro generazioni che sì e no vivranno al limite della sussistenza. Non sarà un bel vivere. Tu suggerisci le privatizzazioni, ma in questo modo si inciderebbe già da ora con un potere d’acquisto di pensioni e stipendi erosi da anni di liberismo sfrenato. Certo, a noi già collocati riguarda poco, ma chi si deve garantire una copertura previdenziale già da ora, anche con un sistema integrato di pubblico e privato, si troverebbe a fare due conti in più. O altrimenti cosa facciamo? Se anche separassimo previdenza e Stato sociale in tutti i casi saremmo al gioco della dama, con cambio di caselle spostando risorse che non ci sono. Negli anni si é continuato a dire di tagli necessari, enti inutili e privilegi, ma anche ad un’osservazione empirica ci si rende conto che poco é cambiato, anche se sembra populistico affermarlo. Abbiamo soldi che non sappiamo spendere, vedi le regioni del sud, ed ora soldi europei che non incideranno sullo strutturale che abbiamo creato. La soluzione? Non so quale potrebbe essere, e questo governo raffazzonato, anche se per certi versi rassicurante, deve districarsi tra tiraggi di giacchette da tutte le parti e compromessi, vedi reddito di cittadinanza. Certo, la politica é mediazione, e in prospettiva avremmo solo le elezioni politiche, con una sbaglata riduzione dei parlamentari che comunque in tutti i casi consegnerebbe l’Italia ad un’oligarchia che potrebbe essere pericolosa. Quindi, anche tenendoci Draghi e la sua esperienza, io quando sento parlare di soluzione solo contributiva rabbrividisco. Vorrebbe dire, ripeto, consegnare le generazioni future alla povertà che nessun nuovo reddito di cittadinanza potrebbe mitigare. Ho già fatto l’esempio qualche commento fa: un operaio con più di vent’anni contributivi e lavorandone atrettanti avrà un assegno di 800 euro. Potrà campare così?Quindi io partirei dall’indiviuazione degli sprechi, e tagli e tagli. Credo che ci sia margine di intervento.
Caro Ivano, scusa se mi è uscita fuori questa tirata polemica. A una certa età sarebbe più elegante lasciare le polemiche ai giovani e limitarsi a dignitosi cenni di bon ton e decorosi contributi di fair play. Soprattutto se si appartiene a una generazione, come dicevano certi nostri bisnonni, davvero “perdutissima”. Non volevo essere critico verso il tuo post. Anzi, mi sembra che sulla sostanza siamo d’accordo: chi ha dai venti ai dieci anni più di noi due ha fatto man bassa, noi ci stiamo arraffando gli avanzi e i nostri figli e nipoti resteranno a becco asciutto. Tu vai giustamente oltre. E hai ragione nel dire che la diagnosi non basta. Ci vorrebbero una cura per guarire dal disastro e una prognosi conseguente e credibile. Ne parleremo e mi permetterò altri commenti. Grazie a te e a Cremascolta per questo tema così fondamentale. In effetti non basta fare dickensianamente il “romanzo del giovane povero” ma occorre con coraggio identificare chi ci perde e chi ne approfitta. Chi ha indietro meno di quanto ha versato all’INPS e chi invece di più, magari molto di più. Da lì comincia il possibile riequilibrio futuro, imparando dalle scemenze del passato, non dalle menzogne della politica dei masanielli.
Caro Pietro, purtroppo c’è molto, troppo, di vero nella tua “tirata polemica” e i giovani, buttati, spinti, forzati come sono sull’ hic et nunc (laddove l'”hic” può assumere anche significati plurimi e aggravati) la polemica su questi temi non la fanno proprio.
La “cura per guarire dal disastro con conseguente prognosi credibile” potrebbe essere compito specifico del “Draghi seguente” se non lo promuovono (promoveatur ut…..!) nella “città proibita” del “Colle”.
Qui, oramai, per dirla alla Moretti “qualcosa di sinistra” non la dice più nessuno (sono ancora in stand by per capire come evolva l’avventura di Conte) e noi “progressisti” siamo ridotti a dover riporre aspettative in un grande “banchiere” e nei suoi “apolitici”!
Non vedo “sol dell’avvenire” all’orizzonte!
L’obbligatorietà dei versamenti pensionistici è una mera scelta di politica sociale.
Nella sterminata letteratura in proposito emerge a volte l’imbarazzante giustificazione di tale scelta per via del popolo di cicale che mette via provviste per l’inverno (in questo caso dell’esistenza) solo se costretto. Quasi un retaggio etnico e geografico, un connotato mediterraneo levantino. Paisà, tralalà, tiracampà. Ma forse anche un’ascendenza religiosa, fate come gli uccelli del cielo che non seminano eppure eppure, la c’è la c’è la provvidenza. Io non ci credo molto ma viste certe voci che girano, paludate da cognizioni psico-socio-antropologiche, sotto sotto questa cosa si avverte.
L’obbligatorietà dei versamenti pensionistici potrebbe non esserci. Se si è un popolo di formiche, bene. Se no, si impara. Non è detto che noi italiani staremmo sempre lì a frinire come cicaloni, col mandolino e il putipù. Almeno, da quel che vedo intorno a me. E poi non è vero che all’estero si fanno i loro piani pensione privati perché sono tutti così diversi da noi, per retaggio etnico e geografico e per ascendenza religiosa. Penso che, per preoccuparsi del proprio futuro, non ci sia bisogno di essere mitteleuropei e avere tendenze iperboree oppure avere sentimenti religiosi calvinisti e giansenisti. Non ci sono, da un lato, solo i toccati dalla grazia divina della previdente risparmiosità per il proprio futuro e, dall’altro, solo gli imprevidenti e irresponsabili pìcaros, lazarillos y mendìgos.
Anzi, l’ingiustizia dell’obbligatorietà dei versamenti pensionistici si manifesta in modo clamoroso confrontando le situazioni di chi versa all’INPS cifre enormi per una vita di lavoro, avendone indietro soltanto una parte, e chi versa importi irrisori e poi pretende di farsi mantenere da quegli altri, magari per decenni e decenni, per di più innalzando geremiadi contro il Fato, i Ricchi e il Sistema, mentre a ognuno andrebbe riconosciuto solamente quello che ha versato. Lasciando disponibili le risorse necessarie per costruirsi un proprio piano di previdenza, invece di costringere le persone a versamenti coatti dal dubbio ritorno economico, si ristabilirebbe la giustizia previdenziale.
Altro discorso quello dell’assistenza. E guai a confondere le due cose. La previdenza riguarda il lavoro. L’assistenza soprattutto la mancanza di lavoro. Perché il lavoro è tutto. Il lavoro è la chiave di volta, la pietra d’angolo di tutto. La spesa pubblica deve, in una misura accettabile, provvedere ai poveri, almeno a quelli onesti, non certo ai furfanti. Il welfare si fa coi fondi pubblici, attraverso l’imposizione tributaria. Non con i contributi versati dagli altri privati che per un’intera esistenza hanno cacciato fior di quattrini all’INPS, essendo costretti a farlo e ricavandone alla fine, oltre al danno, anche le beffe.
Pietro, brevemente, io ho sempre creduto nel valore educativo della buona politica. Che poi i risultati sempre smentiscano é un dato di fatto.
Certamente non la politica del Reddito di cittadinanza, basta scorrere la cronaca di oggi.
La base di un sistema previdenziale non inquinato da strumentalizzazioni partitiche elettorali o da manipolazioni corporative di favore dovrebbe consistere in tre elementi fondamentali. Il primo. Volontarietà e non obbligatorietà del versamento. Il secondo. Principio contributivo puro, con rivalutazioni al costo della vita. Il terzo. Regole erga ones uguali per tutti (età fisica, anzianità contributiva, criteri di erogazione), senza più casse, cassette e cassettine particolari o trattamenti situazionali e di nicchia, politici compresi.
Ciò posto, ciascuno avrebbe indietro quanto versato, con l’incognita dell’aspettativa di vita: ad esempio, se andiamo tutti in pensione a 67 anni, con un’aspettativa di vita in Italia di circa 80 anni (maschi) e circa 85 anni (femmine), chi arriva a 90 anni può guadagnarci, chi si ferma a 70 ci perde. Del resto, anche molte assicurazioni funzionano così. Il concetto è sempre quello assicurativo, col suo tipico “fattore rischio”.
Sulla misura contributiva, solo un minimo e nessun massimale. Se, ad esempio, chi sceglie di versare i contributi all’INPS (invece che a un’assicurazione privata) può essere tenuto a un minimo del 20% (o 10%, o 30%, va deciso con attenzione) sul proprio reddito (che sia un lavoratore autonomo o un lavoratore subordinato), non deve invece essere tenuto a rimanere sotto un massimale contributivo prestabilito: se vuole, deve poter versare anche il doppio del minimo o quanto gli pare.
Si può confermare che il periodo contributivo minimo è di 20 anni e che i contributi versati per un periodo inferiore vanno persi, con beneficio delle casse dell’istituto.
Si può confermare che, per i lavoratori subordinati, la proporzione dei versamenti sia sempre (all’incirca) per un terzo a carico del lordo del lavoratore e per due terzi a carico del datore di lavoro.
Un ulteriore bel taglio sulle pensioni di reversibilità non sarebbe male, accompagnando progressivamente questo reliquato giuridico all’estinzione, come i fedecommessi, il delitto d’onore e il duello.
Non ci dovrebbero essere “pensioni” sociali. Non sono pensioni ma forme di assistenza svincolate dal reddito pregresso e riferite invece all’indigenza attuale. L’assistenza è una cosa, la previdenza un’altra. Basta aprire un vocabolario. Anche le pensioni di invalidità sono forme assistenziali. E qui basterebbe controllare bene, per tagliarne una quantità notevole, incriminando per truffa aggravata gli innumerevoli ingiustificati percettori.
Un sistema previdenziale sano non può reggersi sul privilegio, sullo spreco e sul melodramma.
L’alternativa è il dissesto dei fondi pubblici, l’ingiustizia tra i cittadini e la sempre reiterata fregatura delle nuove generazioni. In pratica, è la nostra situazione di oggi.
Erga omnes, ovviamente, non erga ones. Tra l’altro, è curioso come la contaminazione inglese del correttore automatico dell’iPhone capovolga il significato.
Pietro, sei emblematico per dipingere la figura del “liberale illuminato”.
Pekat che gan saes pe ‘n giro!
Ma non ci sono più in giro nemmeno tanti “socialisti” e c’è invece sovrabbondanza di guitti da avanspettacolo con (quasi) niente cultura, tanta arrogante iattanza, gran “pelo sullo stomaco”, e memoria (volutamente) cortissima.
E la nostra democrazia oramai così asfittica, ne sta soffrendo al limite della sopravvivenza. Due segnali da allarme rosso (ops!) : cittadini che non votano più e Giorgetti con la sua …. “Repubblica presidenziale”.
Malissima tempora currunt !
Grazie, Francesco, ma sono solo un cremasco nato con un secolo e mezzo di ritardo sui tempi e quindi poco attendibile sulla realtà di oggi, visto che applico categorie desuete a situazioni attuali.
Buona la tua lettura del “con su mismo”. In fondo, chi antepone il “consumo” a tutto il resto è spesso solo con sé stesso, concentrato sul proprio consumare.
Pietro, ho un po’ mescolato i temi, ma in tutti i casi pensioni e Stato sociale sono concettualmente collegati.
Pietro, magari ci entra poco, ma è del pari curioso assai il cambio totale di significato tra CONSUMISMO (lingua italiana) e CON SU MISMO (lingua latino America, che “suona” uguale!) con tuttaltro significato!
La pensione di reversibilità. Già, un tempo poteva avere un senso. Le donne non lavoravano e badavano a casa e figli e l’unico reddito era quello del marito. Reversibilità o pensione alle casalinghe, come lo si vuole chiamare, sono servite da sostentamento a tante vedove che altrimenti avrebbero dovuto ricorrere ad altri sussidi. Lasciamo stare chi non ha nessuno cui lasciarla e che comunque contribuirà ad elargirla ad altri. La volontarietà di pagamento dei contributi? Pericoloso, tra cicale e formiche, col risultato che altro che il Reddito di cittadinanza. Ci sarebbe sempre qualche partitello populista che non per carità, ma per consenso, l’ha sempre fatto anche la DC, si inventerebbe il modo per ramazzare voti. Voti estemporanei tra l’altro, vedasi i cinquestelle. Io sarei per l’obbligatorietà anche per via della buona politica a cui ho accennato qualche commento fa che dovrebbe avere l’obiettivo pedagogico di educare i cittadini. Poi non entro nel merito di numeri o percentuali che mi vedono quasi sempre alieno da una capacità di analisi meritevole di lettura. Però leggo stamattina più ironico che serio, l’amaca di Serra, sul mio giornale che si chiede da dove vengano tutti i soldi che ci stanno piovendo addosso con causali di tutti i tipi, vedi il clima, ma quelli non sono soldi sprecati. Così tra i vari Stati e le varie Istituzioni mondiali è tutto un elargire, anche a fondo perduto per molti anni. Poi mettiamoci anche “la ripartenza post pandemica, la salute pubblica, la riforestazione, le energie rinnovabili, tutto quanto necessiti di sostegno pubblico. Insomma, tutti questi soldi saltati fuori dal cilindro dove erano?
Finisco: dopo aver attinto da Serra finisco con il suo pensiero di chiusura: “O forse l’economia si conferma scienza inesatta, soggetta a variabili esterne (per esempio la politica) che possono aggiungere uno zero, o levarne uno, a seconda di chi maneggia il foglio dei conti”. Insomma, se così fosse, indipendentemente dal merito della cicala, competenze, circostanze versus incapacità, indolenza o furbizia io credo che Serra abbia ragione. Ci hanno sempre raccontato che la coperta ormai è corta, di fatto di questo passo, basta leggere le previsioni contabili, le pensioni saranno sempre più risicate a fronte di maggiori anni lavorati. Non ho la soluzione, ho un sacco di dubbi, ma io credo che per tutti la dignità sarebbe la sopravvivenza che certamente verrà sempre meno garantita. Potrei aggiungere commentandomi da solo che forse i soldi delle casse dello Stato anderebbero meglio spartiti nei vari capitoli di spesa e che forse tutti questi soldi ora messi in campo sono stati messi da parte, come fanno fanno i buoni padri di famiglia, per quelle eventualità che nella vita possono sempre verificarsi. Lodevole, certamente, ma si potrebbe anche dire che quando servono i soldi ci sono. Caro Pietro, tutto questo per fare il bastian contrario, ma io credo che ci sia una bella differenza tra chi ha lavorato e chi non ha mai fatto una minchia, per dirlo come al sud dove sono piovuti un sacco di soldi poi verificatesi rubati. Ripeto l’esempio di qualche commento fa: un operaio che lavora da più di vent’anni e dovrà lavorarne altrettanti avrà un assegno di 8oo euro. Colpa dei pochi contributi versati? Non so. Si separi la previdenza da tutti gli altri sostegni. Chi ha sempre lavorato ha diritto ad un’equa compensazione pensionistica. Anche perchè sfiga vuole che magari schiatta appena arrivato il meritato risposo. E qui le statistiche avrebbero ragion d’essere. Certo, serviranno ad altri i suoi contributi, ma sai che bello?
Ma certo Ivano, che Serra ha ragione!
lo “zero in più” o in meno lo decide “la politica”, ed è bene che sia così in democrazia, non è certo il “ragioniere” che decide cosa si deve o non si deve/cosa si può o non si può fare, il ragioniere guiderà nella scelta/definizione delle “coperture”, ma sempre e comunque a supporto delle scelte politiche di chi “governa”!
“Entrate” e “uscite” (grossolanamente, tasse e servizi) definiscono il bilancio dello Stato/Regione/Comune e sono conseguenza delle scelte di “governo”.
Francesco, la democrazia é malata da un pezzo, considerato l’andazzo clientelare dell’accontentare i propri elettori a tutti i costi, senza nessun calcolo di costi e benefici, da far pensare che di fronte a tante inettitudini storiche forse i governi tecnici, con delega della politica, fanno meglio.