Si, il già “magnifico” governatore, in giacca tassativamente rosa della Lombardia “locomotiva d’Italia”, ritornerà a riscuotere, a spese di noi contribuenti un cospicuo appannaggio mensile (5.500 euro mensili ), a riconoscimento del grande lavoro fatto nei suoi anni di …..(s)governo della prima Regione d’Italia.
Mi “appoggio” all’inizio dell’editoriale di oggi di Marco Travaglio sul FQ per sintetizzare i fatti:
“…..Formigoni, che su 5 anni e 10 mesi di condanna ha scontato 5 mesi e ora riavrà 7mila euro al mese direttamente dalle nostre tasche ….Date un’occhiata allo stato comatoso della sanità (e delle vaccinazioni) in Lombardia : se cercate un perché, lo trovate nella sentenza della Cassazione…… Dirottava i soldi delle nostre tasse destinati alla sanità pubblica nelle tasche dei ras delle cliniche private Maugeri e San Raffaele , i quali poi ricambiavano con congrue percentuali, sempre a carico nostro. Intanto l Regione tagliava i posti letto pubblici.….”
Per il vero, l’Editoriale di travaglio accomuna nel “premio” agli (s)governatori, Formigoni e Del Turco, quest’ultimo già a capo della regione Abruzzo, a suo tempo condannato a 3 anni e 11 mesi per aver ….”dirottato” a favore di Angelini, imbarcandosi pure poi, per buon peso, “…..pure in una folle cartolarizzazione dei crediti sanitari farlocchi, ceduti a banche estere e ripagati con mutui capestro”, oggi riabilitato con 5.500 euro mensili.
“…. Nel 2015 una norma voluta da Piero Grasso ci aveva risparmiato, se non il danno, almeno la beffa di vedere questa gente mantenuta a vita dallo Stato. L’avevano votata tutti: Pd, Sel, FdI e Lega; il M5S no perché la riteneva troppo blanda. Ora il Senato la aggira senza neppure cambiarla, per mano dei leghisti Pillon e Riccardi e del forzista Caliendo, nel silenzio di tutti fuorché dei 5Stelle…..”.
Il “gran cuore di …. casta” del Parlamento, Governo dei migliori o no, Super Presidente del Consiglio o no, al momento buono sa mettersi una mano sulla ….”scarsella” e, in un abbraccio solidale e ….connivente, perdonare tutto, anche i comportamenti più nefandi ai danni dei contribuenti, accertati e giudicati dalla Magistratura, quegli stessi che oltre ad essere danneggiati devono essere pure sbeffeggiati.
Come dire?……… noi siamo noi e voi non siete niente!
Commenti
Se parliamo di Sanità, lui ha rubato, ma il distruttore è stato Maroni, che ha massacrato la medicina territoriale prendendo a prestito un modello inglese già ritirato in quanto inattuabile, e così in casa nostra ci ritrovammo un Ospedale nuovo di pacca a Soresina, poi ceduto a Cremona a gratis, che dovevano gestire i medici di famiglia, ovviamente per nulla disposti. E sulla scia della riqualificazione giù potature in stile capitozza tura!
Ma sul tema attuale, non lo capisco per disinformazione: allora non è vero che una figura da millantatore come lui era esclusa dai provvedimenti economici, in quanto non etichettabile come mafioso?
Su tutta l’economia e la politica sanitaria lombarda degli ultimi tre decenni dico solo che è incongrua in quanto accentrante. Al modello hub and spoke (definizione ancora una volta mutuata da cultura anglosassone, in specie aereonautica) mi son sempre ribellato nel mio ramo, contravvenendo le disposizioni sui trasferimenti a mio rischio, ma con la gratitudine dei pazienti (pensate che una volta avrei dovuto mandare due ragazzi massacrati a Perugia in ambulanza, perché “quello era il primo centro competente che li accettava”).
Trauma Center contro ago, filo e martello nella bottega sotto casa!
La stessa cosa vale per l’economia, in un paese a vocazione artigiana. La parola d’ordine dovrebbe esere decerntrazione in un forte legame di rete, ma magari Pietro che è cmpetente mi bacchetta, secondo il principio della massima concorrenzialità.
Vale sempre la storia dei dodici elicotteri per far la guerra al Covir, che credo che alla fine abbiano comperato veramente (l’avevo letta nei prgrammi, e del consuntivo di spesa so solo le voci, in cui i trasporti primeggiano). Ciò che comportano queste scelte lo scopriremo ancora una volta dopodomani?
E la penso ancor peggio, ma di più non posso sbottonarmi, visto che Cremascolta è seguita a distanze insospettabili
Giusto il vitalizio a Formigoni. Ai poveri bisogna darlo, in particolare a uno come lui che non tiene neppure il portafoglio e vive in comunità. I devoti, pure con le giacche colorate che mischiano sano tradizionalismo ideologico religioso e sguazzano con piacere nella modernità, in Italia li stimano. Giusto. Sono da applaudire. Ma più di loro, sono da portare su un palmo di mano i loro elettori. Che gente, con cui tocca convivere. Meno male che esistono. La vita cosa sarebbe senza di questi qui? A dirla tutta, i tantissimi elettori di Formigoni avrebbero dovuto protestare per questa non benedetta causa: un vitalizio sacrosanto, perché scandalizzarsi! visto che il Formigoni l’hanno stravotato due volte, e lo voterebbero ancora. Si può metterci la mano sul fuoco. In coppia con Maroni, andavano alla grande. Spopolavano.
Giusto il vitalizio, come furono giustificati gli stipendi del Trota e della Minetti. Se l’Italia è questa, ed è maggioranza, va bene cosi. Mica si vergognano chi ha votato Formigoni o Maroni? Perché dovrebbero? Tutti tirano acqua al proprio mulino. E l’Onnipotente perdona, resetta i peccati, basta chiederlo in ginocchio con le mani giunte. E poi, tanto non c’è neanche l’Onnipotente. E se i primi a sapere questo sono proprio i devoti tradizionalisti? Magari ci prendono tutti per i fondelli. Non avevo dubbi, poi, che gli italiani riconoscono, alla fine della fiera chi è veramente povero e lo sostengono finanziariamente. E chi non è povero ma si merita tutto il bene e le fortune. Siamo gente di cuore.La giustizia esiste. Altrimenti perché pregare?
Questa è la legge. Personalmente, in tutti e due i casi la cambierei.
Primo caso, modificare le parti di diritto penale sostanziale e di procedura penale che consentono, in determinati casi, tra cui questo caso specifico, di scontare cinque mesi su quasi sei anni di pena.
Secondo caso, modificare le parti di diritto amministrativo e di diritto previdenziale che escludono, nell’ambito delle erogazioni pensionistiche (oppure, per i parlamentari, dei vitalizi), la rilevanza di precedenti condanne passate in giudicato che siano state inflitte in fattispecie in cui si siano ravvisati estremi di illegale arricchimento o comunque di introiti indebitamente percepiti in danno della società, specie se di rilevante entità.
Oggi è ritenuta possibile e legale la sanzione penale così abbreviata.
Oggi non si può negare la pensione (o il vitalizio) per un’avvenuta condanna penale in quanto tale. Mi pare comprensibile: manca il nesso eziologico tra il comportamento di chi delinque in ambito criminale e la perdita di un diritto economico civilistico maturato secondo l’ordinamento giuridico.
Sembreranno discorsi da “azzeccagarbugli” ma non lo sono. Lo Stato di diritto non è alterabile da pulsioni emotive e da reazioni commotive, anche comprensibili, anche sostanzialmente condivisibili.
E devo dire che, personalmente, trovo più grave l’aspetto della soluzione penale abbreviata rispetto al mantenimento dell’erogazione economica. I giornalisti, poi, fanno il loro mestiere. E sappiamo tutti come pesare e interpretare taluni articoli nel generale contesto politico attuale. In pratica, va bene tutto. Però, in questo gioco di rioni del palio in piazza del Campo, certe frustate ai fantini delle altre contrade fano parte del dopo canapo.
Se mi sono preso, con quanto sopra, del sostenitore del “Celeste”, vabbè, me la sono cercata. Però qualcuno ha persino bevuto la cicuta per rispetto della legge, giusta o ingiusta che fosse. Le leggi, comunque, si potrebbero cambiare. Anche in Italia. Se ne fossimo ancora capaci.
Quanto a certi sbombolettamenti, tra l’altro anche poco riusciti e piuttosto grami nei risultati specifici, dissento in pieno. Gli imbrattamuri sono solo dei cialtroni che danneggiano i beni pubblici e privati.
E chiamarli, nobilitandoli, “writer”, è l’ennesima prova del fatto che, anche nell’arte, come in molte altre manifestazioni culturali, sociali e politiche della nostra società, rischiamo di arrivare, se non ci diamo una raddrizzata, alla canna del gas.
Pietro è così: quando quella legge è nata dove ervamo?
“Quanto a certi sbombolettamenti, tra l’altro anche poco riusciti e piuttosto grami nei risultati specifici, dissento in pieno. Gli imbrattamuri sono solo dei cialtroni che danneggiano i beni pubblici e privati.
E chiamarli, nobilitandoli, “writer”, è l’ennesima prova del fatto che, anche nell’arte, come in molte altre manifestazioni culturali, sociali e politiche della nostra società, rischiamo di arrivare, se non ci diamo una raddrizzata, alla canna del gas.” Assolutamente d’accordo, quel murale è proprio brutto. D’accordo anche sul resto. E visto che siamo in tema vorrei commentare anche quanto scritto da Marino. Federica Galli un’artista? Diciamo una bravissima artigiana del bulino.
Sul murale cremasco del celeste sull’ecomostro, la penso diversa: posto che è, e sarà, un impunito, che resti almeno esposto, in immagine, al pubblico ludibrio!!!!
Che il soggetto resti, nella sostanza e in concreto, un “impunito”, caro Francesco, non esito ad ammetterlo.
Che a volte il “pubblico ludibrio” si alimenti pure dall’imperfezione espressiva, se non anche dalla mediocrità estetica, se non peggio ancora (non si può sempre citare la corazzata Potëmkin fantozziana), può darsi. Concordo quindi con te su entrambi questi aspetti.
Mi limitavo solo a dire che spacciare certi imbrattamuri e danneggiatori di beni altrui per artisti (“writer”), tranne che in pochi casi davvero rari e particolari (a mio parere, non certo nel caso in questione), sia una delle manifestazioni attuali di insipienza critica e di discutibile del gusto artistico.
Ciò posto, aggiungo che, oltre all’ordinamento giuridico statuale, chi si pone in determinate (millantate) posizioni etiche e religiose, per di più pubblicamente conclamate, viola anche altri ordinamenti e sistemi normativi, soprattutto in un paese come il nostro, di risalenti e persistenti tradizioni confessionali.
Bellezza o bruttezza a parte sul resto sono d’accordo, se mai servisse.
Non sono un critico d’arte, neanche esperto. Frequento le mostre, come amo il tennis, l’atletica, il rugby, anche il calcio giocato.
Ci sono opere d’arte, e non sono il solo a dirlo, sui muri di tutto il mondo. E ci sono le schifezze. Cone ci sono bellissime cose contemporanee nei musei, pure schifezze.
Dire che Federica Galli è solo un’artigiana del bulino è un’opinione validissima, con cui non concordo. I suoi lavori mi emozionano e non sono il solo. Apprezzata da Giovanni Testori, Natalia Aspesi, Alberico Sala, Roberto Tassi, Carlo Bo, Gina Lagorio,Daniel Berger del Metropolitan Museum di New York. Tutti questi citati, escluso la signora Aspesi, hanno scritto prefazioni, saggi introduttivi alle opere di Federica Galli. E ne ho citato solo alcuni. Ha esposto le sue opere in tutto il mondo: da Pechino a New York; da Singapore a Bangkok; dalla Fondazione Cini di Venezia, è cittadina onoraria di Legnano, benemerita dal Comune di Milano; ha esposto a Corfù; antologica al Palazzo dei Diamanti a Ferrara; una sua incisione è nella casa di Leonardo Sciascia; Ambrogino d’Oro del Comune di Milano; saggi critici di Mario de Micheli; premi ricevuti ovunque.
Questa sarebbe “l’artigiana del bulino”? Ma va la’.
E ho avuto, da mediocre mezza tacca di scribacchino, che non conosce l’ortografia, ma sa riconoscere, anche solo per istinto, quelli bravi, l’idea di uno scritto breve amminestrato di più ingredienti che c’entra con Federica Galli. “Soresina, Crema, Combray. Federica Galli alla ricerca degli alberi perduti”. Il mio piccolo, stupido passatempo, inutile contributo alla sua memoria, e non solo a quella.
Mi unisco brevemente al “fuori tema”: archiviare con un tremendamente riduttivo “artigiana del bulino”, Ivano, una donna che “….Alcune delle sue mostre hanno segnato la storia della museografia contemporanea, è stata infatti la prima artista italiana ad essere invitata all’Archivio Imperiale nella Città Proibita in Cina nel 1985; la sua esposizione alla Fondazione Cini a Venezia (1995) spinse l’ente a modificare il proprio statuto e da allora aprì le porte anche agli artisti viventi; epocali sono state le rassegne a Palazzo Tè a Mantova (1987) e al Castello Sforzesco di Milano (1990) entrambe curate da Giovanni Testori, suo critico di riferimento…..” mi suona davvero fesso!
Nel merito della sua opera, personalmente credo che, oltre alla indubbia maestria nell’incisione (roba da …..mal di testa!) e versione poi in acquaforte, Federica Galli abbia saputo “metterci del suo” anche quanto a sensinìbilità interpretativa della natura, dei paesaggi, degli scorci urbani, caratteristica qualificante un’artista!
Certamente alcuni, magari non critici d’arte militanti, se ne sono occupati con ammirazione, altri no, nel senso che non se ne sono occupati. Poi sapete, il mercato e il mondo dell’arte sono così vasti che in molti hanno trovato una loro collocazione. C’è posto per tutti i gusti.
Scusa Marino, dimenticavo: “ma va là”.
E’ come dici tu, Ivano c’è chi il sole lo vede anche color ciclamino, e c’è, per fortuna, libertà d’opinione. Pensa che certi dicono che nessun uomo è sbarcato sulla Luna; quindi che la signora Federica Galli sia una brava artigiana e stop, è parere allo stesso livello di Mario de Micheli, storico d’arte, che la pensa diversamente. Strano, però che siano così in tanti e piu’ preparati di me, certo, forse anche di te, a ritenere che la signora sia più che un’artigiana. Si può dire anche che la Juventus è una squadretta volenterosa in grado di vincere il campionato degli oratori e niente di più, anche se gioca in serie A. E’concesso. Tutti i pareri valgono uguale. Per una vita ho snobbato Marcel Proust, dall’alto della mia saccenteria che è ben portentosa: è noioso, è una pizza, si sbaglia pure Giorgio Bassani, che avevo cominciato ad apprezzare e la pensava diversamente da me. E cominciai a domandarmi se non era il caso di provarci con questo noiosissimo Proust. E, convinto, che l’avrei abbandonato dopo poche pagine, ho cominciato il primo volume della “Recherche” in originale, nelle ore, che dedico, allo studio delle lingue straniere. Ho chiesto scusa a Proust, ho provato un filo di vergogna, e sono al secondo volume in lingua originale, rimangiandomi il pregiudizio saccente.
Caro Marino, distinguerei tra critico militante e storico dell’arte. Il critico militante perlustra, indaga, confronta, non si spaventa di fronte al nuovo, difficilissimo da inventare tra l’altro, lo cerca, stana nuovi linguaggi, e non si appassiona di stili sperimentati dal tempo ed emuli del già visto. Immagina un neo Giotto che ridipinge San Francesco, magari in pieno Rinascimento. Sarebbe stato snobbato come anacronistico e copia del Giotto originale, e nessuno gli avrebbe affidato la Cappella degli Scrovegni la basilica di Assisi. Poi giusto o sbagliato che sia ognuno lo decide in base ai suoi gusti e sensibilità. Poi ci sono le leggi di mercato che magari enfatizzano con quotazioni d’asta da delirio alimentando un business che magari c’entra poco col reale valore dell’opera, difficilissimo da stabilire. Così che di fronte alla banana di Cattelan quotata 120mila euro i non addetti al mercato storcono il naso. Tra l’altro segnalo la grande mostra in allestimento e visitabile da Luglio all’Hangar Bicocca. Invece lo storico dell’arte cosa fa? In teoria mette in ordine, classifica scuole ed individualità, storicizza nel tempo quello che la storia dell’arte richiede, cioè i tempi che corrono, rappresentandoli o anticipandoli, e la bravura di alcuni di superare stili e correnti, insomma stabilendo un calendario stilistico che non ammette ripetizioni. Io non so Mina Gregori, che sarebbe meglio parlasse di Caravaggio e basta, dove inserirebbe Federica Galli, come la giustificherebbe nell’empireo della storia dell’arte. Io credo che non riuscirebbe a trovarle una casella, o per lo meno dovrebbe prima dare un’occhiata Dürer o Dorè. E a quel punto difficilmente l’incisora sarebbe classificata tra gli innovatori del ventesimo secolo e rotti. In tutti i casi caro Marino pensa un po’, fortunatamente non ti piacerebbe la banana di Cattelan, non interessa neanche a me, ma questo sarebbe una fortuna, dati i costi, e allora consolati, con 400 euro potresti appendere in casa un albero secolare inciso da Federica Galli. Però sia chiaro, anch’io non mi faccio sempre abbagliare dai tanti riconoscimenti, anche economici che premiano un artista piuttosto di un altro, ma spesso il mercato e i critici militanti ci azzeccano. Agli storici dell’arte lasciamo fare il loro mestiere senza invasioni di campo altrui. Ci metterei anche alcuni scrittori che magari contribuiscono alla fama temporanea di alcuni artisti o pseudo tali, ma difficilmente li consegnerebbero alla Storia. Io di Federica Galli riconosco alcune qualità, ma le sue incisioni, oltre che già viste, mi danno una noia mortale. O altrimenti mettiamola così. Quello che piace a me è geniale, ma per considerarlo tale devo esserlo anch’io. E se non lo sono? Nessun problema, mi crogiolo nella mia incompetenza e ci sto benissimo. Chiudo, ma per evitare fraintendimenti specifico che tutto questo non è rivolto a te, è un discorso in generale.
Marino, mi è venuto in mente un altro storico dell’arte sul quale milioni di studenti si sono formati. Chi non ha in casa i volumi di Argan? Ricordi la vicenda delle teste di Modigliani ritrovate qualche anno fa in un fosso di Livorno? Naturalmente opere di ragazzi burloni che si divertirono a prendere per il culo tutti. Ebbene, Argan esimio storico dell’arte, le classificò immediatamente come autentiche. Da lì il nuovo conio “cazzaro” che comparve sui muri della città: Argan cazzaro. Senza dimenticare tutte le nuove attribuzioni che ciclicamente riempiono le pagine dei giornali con nuovi Caravaggio o Leonardo. Lavori da storici, speculatori e cazzari.
Giulio Carlo Argan ha fatto cilecca. Brutta storia. È una faccenda esilarante. Ho grande rispetto per Tomaso Montanari, come per Roberto Longhi maestro di Giorgio Bassani, che seguiva le lezioni di Longhi a Bologna. Con Mario Soldati, Bassani, se ne andava in giro per l’Italia a visitare le chiesette con antichi capolavori. E Tomaso Montanari ha ricevuto anche il Premio Bassani per le sue battaglie a difesa del patrimonio ambientale e artistico del Belpaese. In edizioni Skira’ è uscito un volume a cura di Montanari e altri, documentato e, pare, molto interessante dedicato ai “Capolavori fuoricentro”, i cavalli barocchi nella piazza principale di Piacenza. Ne ho sentito parlare alla radio mentre guidavo. Ho preso nota. Sembra un saggio molto accurato, che non parla solo d’arte, anche di Costituzione, e di respiro storico.
Interessante il “non parla solo d’arte…..”
Tomaso Montanari: dal 2018 una firma del Fatto Quotidiano. Mica per caso!!!!
Sì, Francesco, Marco Travaglio si è assicurato Montanari, che, come Salvatore Settis hanno preso il testimone di Antonio Cederna, Leonardo Borgese. E sono, se non sbaglio, sicuramente Settis, gente della Normale di Pisa, scuola che avrei volentieri frequentato anche con una gamba sola, anche con carte false: ma,poi, ho scelto le Segretarie d’azienda, perché c’erano tante ragazze di paese, ruspanti, e una tanto carina fu mia compagna di banco. Le guardavo le gambe lunghe lunghe e la mini corta corta, nascosta sotto il grembiule nero, obbligatorio solo per le femmine. Cosi, mi distraevo in Stenografia. Seppi solo poi, lei, che mi pareva una stracciona, che le piaceva Little Tony e “Cuore Matto”, e Mal dei Primitives tanto da scrivere
di fianco al librone di Cultura Generale (Italiano, come materia singola non c’era, alle Segretarie)Mal ti amo! Ma non sapevo che teneva terreni e terreni a Bagnolo Cremasco, fino a Crespiatica, che era ricca sfondata! Potevo diventare un radical-chic anch’io, cacchio! che sarebbe stato un bel futuro.
Scrivo qui perché andare a pescare un post dedicato non so se lo trovo. Diciamo che mi aggancio agli ultimi commenti per raccontare che ad un’asta è stata battuta per 15mila euro una scultura invisibile di un certo Garau. L’opera si intitola “io sono”, e proprio non si vede. In epoca digitale un lavoro immateriale come la scultura del sardo ci voleva proprio. L’autore la descrive come un insieme densissimo di pensieri. Di visibile c’è solo il certificato di garanzia che sarà esposta con l’opera, che dovrà essere collocata, secondo disposizioni dell’autore, in una casa privata con metratura prestabilita di altrettanto vuoto a contenerla. Conseguenza della smaterializzazione contemporanea. Dopo la merda in scatola di Manzoni, forse io preferisco la Simmenthal, e il suo fiato d’artista, precursore precocissimo del vuoto di Garau, chissà se il soncinese apprezzerebbe. Del resto è in linea con questi tempi digitali, vi pare? A me no, combattuto nei miei lavori tra pseudo tradizione ed innovazione mi chiedo se sia meglio un’opera magari inattuale o il vuoto assoluto. Anche se sono certo che per chi l’ha acquistata quel vuoto è geniale.
Continuo: trovo tutto questo molto divertente e forse anche geniale, soprattutto perchè Garau è risultato credibile nella misura di aver trovato un acquirente. In teoria, dopo la fine della Storia si potrebbe ipotizzare la fine della Storia dell’arte, perchè operazione assolutamente non ripetibile. Chi presenterebbe la stessa azione credendo di essere innovativo? Se tutto procede per step, si sa, i bravi artisti hanno sempre preso da quello che c’era per superarlo, trasformarlo e poi ancora. Sta lì il trucco, e quelli bravi sono pochi. Del resto tutto il materiale è copiabile, imitabile, tanti copisti copiano perfettamente Caravaggio come copiano Rothko. Ma a copiare l’immateriale di Garau come si fa?
Non so se è la fine della Storia, o se è come quando si dice ‘siamo in piena crisi”, termine che sento da quando son bambino. Sempre in crisi, siamo, così si dice. La Storia finirà o è già finita? Di sicuro non finiranno le storie. Ka Grande Storia non so; che siaanche lei “in crisi piena”?
Di storia dell’arte non ho competenze. Ancora tiene bene l’arte di strada sui muri dei caseggiati, che li fa belli, grazie all’arte, anche quando i palazzoni son brutti, poco signorili. Arte utile, mi pare. Che ridà vita.
Apprezzo molto il dito medio alzato di Catellan in piazza Affari, davanti alla Borsa di Milano. Anche quella è arte utile, contro l’utile a tutti i costi.
Marino, c’è una doppia che è ….slittata: lui si chiama Maurizio Cattelan.
L’opera che ti piace ( e piace assai anche a me) si chiama L.O.V.E. – sigla di Libertà, Odio, Vendetta, Eternità – (cito da Wiki) “…..scultura monumentale posta in Piazza degli Affari di fronte al Palazzo Mezzanotte, sede della Borsa di Milano, edificio costruito nel 1932 con gli stilemi del ventennio fascista. L’opera raffigura una mano intenta nel saluto fascista ma con tutte le dita mozzate – come se erose dal tempo – eccetto il dito medio, il che le fa raffigurare visivamente il gesto del dito medio, ritenuto generalmente osceno. La mano sarebbe al contempo un gesto di irriverenza al simbolo del fascismo, sia al mondo della finanza. In seguito alle proteste di una parte della rappresentanza politica e culturale milanese, il critico Philippe Daverio propose di trasferire l’opera a Bologna, città “più spiritosa” e “più adatta” ad accogliere il “gesto ironico” dell’artista padovano. Tuttavia, placate le polemiche, il “dito” rimase al suo posto…..”.
E fu bene!
Il significato non è ben chiaro e Cattelan non l’ha espresso. Ha solo detto che l’opera è un inno all’immaginazione. Saluto fascista ? Dipende da dove la si guarda. In verità il dito ha l’unghia rivolta verso chi guarda, certamente non orientata verso il palazzo della Borsa. E le dita sono mozzate, non piegate. Poi è arrivato un pirla che ha dipinto l’unghia di rosso. Dissacrazione o solo l’illusione di un attimo di notorietà? Comunque dopo la statua immateriale di Garau si potrebbe anche sospettare che il vaffa sia indirizzato al pubblico, come la sua “banana” incollata al muro col nastro adesivo. Ma noi siamo buoni e non vorremmo pensar male e allora l’orientamento, insieme alle dita mozzate, farebbe pensare di più all’inno all’immaginazione che ad altro. Libertà di interpretazione e nessun vaffa, almeno dichiarato.