A Crema esiste ed opera fattivamente la meritevole “Argo per te – onlus” con l’obiettivo di prevenzione del randagismo e di protezione degli animali, segnatamente cani e gatti che sono spesso nostri compagni di vita e, tanto spesso, purtroppo, trattati invece come cose delle quali disfarsi senza patema alcuno.
“Argo per te” ha un cuore pulsante che si chiama Giovanna Caravaggio, Cremasca, mezzo soprano del Teatro alla Scala di Milano (e scusate se è poco!) ha questa mission che persegue con competenza e grande, grande passione!
E ieri l’altro, venerdì 25 settembre scorso ha organizzato una splendida serata-concerto presso la sala Pietro da Cemmo a Crema per la serie “Confido nel Jazz”, dedicata in particolare al comune amico Giuseppe Bellanca, anche lui Tenore della “Scala” recentemente scomparso in un incidente stradale.
L’evento musicale, finalizzato alla raccolta fondi per la onlus alla quale Giovanna dedica tanto di se stessa, vedeva la partecipazione di musicisti Jazz di grande qualità amici di Beppe Bellanca (musicista a tutto tondo, oltre che tenore lirico, polistrumentista e cantate Jazz!) Valentina Gramazio voce, Gaetano Valli chitarra, Alessandro Turchet contrabbasso, e si connotava per l’azione in contemporanea dell’artista Marialisa Leone (mia moglie e compagna di vita, da ….una vita) che, sulle suggestioni dei brani Jazz in esecuzione, ha creato, in diretta, proiettata su grande schermo alle spalle dei musicisti, (grazie Pietro Totrrisi, mio figlio) quattro opere realizzate su carte pregiate con tecnica mista.
Il pubblico che, malgrado la serata “quasinvernale” ha riempito “alla covid” la sala “da Cemmo”, ha costellato di applausi convinti gli standard eseguiti con grande professionalità e passione dal trio, dedicando poi una vera ovazione finale a Valentina, Gaetano, Alessandro e Marialisa.
Ma il convinto, commosso “grazione” finale non può che andare all’inesauribile Giovanna Caravaggio per la sua fattiva, concreta dedizione alla musica, all’arte ed ai sui amati, fedeli, bistrattati ……compagni a quattro zampe!
Commenti
Una forma espressiva nuova per Crema, che ha introdotto immagini nei presenti sui due canali, visivo e musicale in un amalgama che la maestria di Pietro Torrisi, professionale pur trattandosi di “cose di famiglia”, ha reso possibile. Il richiamo evidente di quanto accadeva fra le dita di Marialisa e quanto si produceva nell’aria per l’arte dei musici mi è sembrato fosse quasi un indottrinamento, un’iniziazione. Chi in gioventù non ha imbrattato tele ascoltando la musica preferita? Bene, la manifestazione ha reso possibile il trasferimento di quei rozzi tentativi personali in arte compiuta, cosicché la musica, le parole dei brani cantati da Valentina, ci sono giunti per due canali di ascolto: quello diretto e quello mediato dalla sensibilità pittorica.
Il tema etico proposto dall’Associazione “Argo per te – onlus” merita poi di essere approfondito in successivi appuntamenti.
Grazie Adriano per la tua sensibile, attenta presenza.
Chiaro che nella serata io fossi profonamente coinvolto, MLisa e Pietro, in primis, ovviamente, dei quali non posso che andare orgoglioso, Valentina ottima cantante Jazz, oltre che cara amica, la dedica a Beppe Bellanca, anche lui carissimo amico del quale ho pianto la tragica scomparsa, il Jazz che amo, la bravissima Giovanna Caravaggio anche lei cara amica , bravissima artista professionista del canto lirico ai massimi livelli e inesauribile nelle sue attività in favore degli amici a quattro zampe.
La speranza è che questa sonnecchiante città si sensibilizzi di più rispetto a proposte socio/culturali come quella di Giovanna, generosamente volontaria per una causa davvero meritevole!
Adriano sei un osservatore e narratore speciale e ci porti sempre visuali inedite. Raccontate con uno stile letterario del tutto vivo e personale. Grazie per aver colto nei gesti di tutti noi l’intensità emotiva che ci correva dentro e attorno. E averla condivisa.
Un forte apprezzamento riguardo a questa iniziativa e piena condivisione rispetto a quanto detto dal nostro Presidente: “Il tema etico proposto dall’Associazione Argo per te – onlus merita poi di essere approfondito”.
Mi permetto quindi di suggerire di continuare a dare attenzione a questa importante realtà e a contribuire alla riuscita delle sue meritevoli attività.
Grazie amici, dei complienti al mio resoconto sulla serata, ma sapete dagli errori che scrivo di getto, quindi tutto è passato pari pari da sensi a polpastrelli, senza manipolazioni. Circa l’incitazione di Pietro Martini a seguire le attività dell’Associazione Argo per te, approvo in pieno. Quando col megafono suggerivo di far proprie, come blog, le passioni della città, non intendevo certo solo orchidee e musica o che so io, ma scovare aspetti emotivo-applicativo-operativi poco evidenziati e dar loro voce. Una sorta di adozione transocietaria.
Caro Adriano, un aspetto poco evidenziato e non importante di Crema, ma curioso è l’abitudine dei giovani residenti di S.Maria della Croce, S.Stefano, Sabbioni, Ombriano e tutte le aree che non siedono in piazza Duomo e guardano la cattedrale, di dire agli amici e amiche: “andiamo in Crema?”; “ci vediamo in Crema?”. Perché non in centro?
Non mi risulta che chi abita a Wimbledon o a Rogoredo dicono “andiamo in Milano o a Londra?”. Perché? Solo un abitudine wuesta cremasca, senza bisogno di ricamarci sopra? Oppure un motivo c’è? Credo di sì. È che fuori dalle porte del centro storico, poche centinaia di metri da lì siamo in campagna, così chi vive ai Sabbioni non pensa di recarsi in centro città, ma in un’altro luogo, “in Crema”, dove c’è un po’ di movimento, c’è un barlume di urbanesimo. Un piccolo dettaglio che ci ricorda che luogo è Crema: un pugno piccolo di luogo urbano circondato dalla campagna.
E se fosse un tenace ricordo collettivo del periodo delle ostilità e delle mura urbane? Poche città hanno una storia di sviluppo fra genti ostili praticamente da ogni lato, con potenti bastioni e acque a difesa e notizie di continui agguati ai viandanti che si avventuravano fuori, o viaggiatori. Se consideriamo che il fiume Serio si è spostato col suo alveo da secoli ma Castelleone è ancora in un’altra sfera di potere e cultura, come quando era l’avamposto cremonese, non è così strano che permanga una forma linguistica così. Concordo con Franco: son sempre successe “in Crema” cose di alto livello. A volte serve solo un catalizzatore…
Un’ossevazione davvero centrata (ops!) la tua Marino : “in Crema”!
Non l’avevo mai notato, ma è proprio così.
Ecco, però in questo luogo urbano circondato da campagna, accde che ci sia in atto una mostra come “Retiro” che …..neppure a Milano!!!!
Se non l’hai vista ancora, nn perdertela Marino!
Sicuro che la vedrò. I piccoli luoghi sono da sempre capaci di fare cultura, come Lodi la cui “fotografia etica” in corso ha valore assoluto.Ma ci sono spesso resistenze, ottusità, desiderio di dar spazio alle proprie misere botteghe.
I giovani sono istintivi e prima degli adulti capiscono cos’è Crema, vivendo a S.Maria della Croce o a S.Stefano.
Castelleone, Adriano, è un borgo con accenni, cose di città, di vita urbana. Anche le ragazze, in parte, negli anni ’70 le vedevo come forza di supporto panchinara, quando le smorfiose liceali di Crema stavano alla larga da quelli come noi, senza un ghello. E così pigliavamo il treno, anche gratis, o in bici a Castelleone, e andavamo a “ragazze” (in realtà eravamo cacciatori che non beccavano un bersaglio neanche se la ragazza ci cascava addosso) a Castelleone; le ragazzeci parevano quasi uguali nelle mosse a quelle che strusciavano nella passeggiata prima di cena in Via Mazzini.
Castelleone è borgo cremonese; l’hanno fatto diventare cremasco per le politiche locali e la raccolta della spazzatura. Ancora oggi conosco diversi castelleonesi che a Crema non vengono se non obbligati “dalle scartoffie” ; in piscina piuttosto vanno a Soncino, e come i soresinesi fanno volentieri il passeggio a guardar le vetrine a Cremuuuuna, la città di Mina e Tognazzi, la bella città dalla parlata stracca, che sarebbe citta’ della musica, ma come ha sventagliato con titoloni e fanfara il suo giornale locale, d’importante sono i cento anni dei coltivatori diretti, potenza storica di Cremona, città della musica e delle vacche da latte.
Mi permetto di inserirmi nel fuori traccia da Argo, contando sulla benevolenza redazionale.
Caro Marino, come sempre sei un osservatore (e un “ascoltatore”) attento e perspicace delle cose, dei fatti e delle situazioni in cui viviamo. Anche per questo, interloquire con te su Crema e sui cremaschi è sempre un piacere e una stimolante opportunità di dialogo.
Non sono un esperto di linguistica ma, non ricordo dove, ho letto che certe abitudini idiomatiche, almeno fino ai tempi recenti, impiegavano alcune generazioni a modificarsi stabilmente. Così come altre abitudini, consuetudini e, spesso, improntitudini (definizioni popolaresche beffarde e motteggi salaci su abitanti di località contermini) tipiche di molte popolazioni residenti.
In questo caso, ricordiamoci che solamente da una novantina d’anni intendiamo per “Crema” non soltanto la città murata ma anche il contado circostante, per diversi ettari, e i borghi posti a una certa distanza. Gli abitanti dei Comuni costretti dalla politica territoriale del ventennio fascista a conglomerarsi e “diluirsi” nella “Crema allargata” degli anni Trenta mantengono ancora locuzioni e modalità relazionali munite di un’ultima autonomia distintiva. Ombriano, Santa Maria, San Bernardino (solo in parte San Bartolomeo, Castelnuovo e i Sabbioni, che hanno vicende piuttosto diverse) mantengono tracce della precedente specificità. Ovviamente, in questi anni sta cambiando tutto e tra non molto tutti diranno di “andare in centro”. E tutti avranno dimenticato i discorsi degli avi sui tempi in cui beffardaggini e salacità animavano determinati confronti e giudizi, oggi stemperati dalla comune appartenenza alla “Crema estesa” nel suo territorio amministrativo e nei suoi sistemi di gestione municipali.
Da notare che dove invece, fino a un secolo e mezzo fa, non c’era ancora nulla, se non qualche cascinale, colture a grani, lini, viti, foraggi oppure zone a padule non bonificate, queste ultime tracce di distinzione scarseggiano. Ad esempio, gli abitanti di Crema Nuova, e ne conosco parecchi, dicono di “andare in centro”, essendo il quartiere sorto da un progetto unitario, più recente e voluto dall’alto, senza le risalenze idiomatiche di Ombriano, Santa Maria e San Bernardino.
Caro Pietro, da Crema Nuova “non si va in Crema” lo sai, perche’ Crema Nuova se fosse a un miglio dal centro sarebbe un viaggio lunghissimo, ma Crema Nuova è solo a dieci minuti a piedi dalla casa del Vescovo; ma da Ombriano sì, si ” va in Crema” dicono i giovani anche se è solo un quartiere esterno, come lo sono le Quade. Eppure quante volte ho ascoltato dai giovani delle Quade (Castelnuovo) “ci vediamo in Crema”? Tante. Sarà un’abitudine linguistica, che s’impasta in bocca a caso come altre? Forse sì o forse no. Sta il fatto che conosco un po’ altre città come Bergamo e Milano dove non dicono “andiamo in/a Bergamo” se vivono fuori dal centro storico. A Rogoredo che è ben fuori dal centro di Milano vanno in centro quando si muovono dentro i bastioni.
Se a S.Stefano, a Vergonzana non “vanno in centro” ma vanno “in Crema” è perché a parte di un pugno di abitazioni racchiuse nelle mure il resto è campagna. Crema è un grosso borgo di campagna, borgo mercato dove i paisa’ vengono il fine settimana a guardare quattro vetrine. Non c’è niente di brutto in ciò, è solo un modo di dire “andiamo in Crema” che ci ricorda cos’e Crema, che poi i giornali locali scimmiottando quelli di grande città, ci dicono “rivoluzione green a Crema con il bike sharing” , è solo una cosa tenera o patetica che fa sorridere. La piccola città da sempre prende toni strampalati per dimostrare di essere altro da quello che è. Toni che fanno tenerezza.
Può darsi, caro Marino, che la distanza conti in questi modi di dire e che tale elemento possa motivare perché a Crema Nuova si dica “andare in centro”. Se però la distanza fosse l’unica ragione, allora il nostro interrogarci su queste locuzioni avrebbe poco senso e basterebbe misurare le percorrenze verso il centro per spiegarcele. A me premeva solo indicare i motivi storici, peraltro piuttosto noti, per cui diversi residenti in quei vecchi Comuni, autonomi fino a novant’anni fa, mantengono ancora, forse non per molto, certi residui di senso identitario, anche in ambito idiomatico. Ma, come ho già detto, non sono un esperto di linguistica e quindi mi limito a questo richiamo. Certo, passare dalla superficie della città murata agli attuali 35 chilometri quadrati necessita di qualche adattamento, anche nel linguaggio.
Ho distinto i vecchi Comuni autonomi da altre realtà, ad esempio i Sabbioni. Qui una maggiore integrazione amministrativa (in realtà solo per parte dei Sabbioni) aveva in passato avvicinato questi residenti alla città e, forse non a caso, creato rapporti non proprio idilliaci con gli abitanti di Ombriano. Altre ragioni, peraltro alquanto note o comunque intuibili, mi hanno fatto distinguere anche le situazioni di San Bartolomeo e Castelnuovo.
Infine, non ho nemmeno nominato Santo Stefano, Vairano, i Saletti e Vergonzana, dove immagino si dica “andare a Crema” per forza di cose. Cospicue distese di mais, foraggi e altre colture accompagnano il tragitto.
Se le cose continueranno ad andare così, da Bagnolo a Offanengo, da Pianengo a Ripalta, presto tutto sarà più commisto, amalgamato e, alla fine, livellato e standardizzato. Le cerniere territoriali di questo agglomerato urbanistico, solcato dalle arterie d’asfalto piene di cartelloni pubblicitari, saranno i capannoni artigianali, i centri della grande distribuzione e i depositi della logistica, frutto del consumo di suolo che tutto inghiotte, rimescola e uniforma, anche idiomaticamente. E così non ci porremo più problemi linguistici, visto che, anche partendo dai Mosi o dalle Garzide, si dirà tutti di andare “downtown”, a fare “shopping” o “fitness” o il “brunch”.
Ma non uniforma affatto dalle nostre parti un bel niente, nel profondo, anche se si butta l’i glese nel “portare avanti il discorso” per darsi un tono di modernità. Gli stacchi tra città e campagna esistono ancora. Ho lavorato a lungo nei paesini del cremasco e del lodigiano, e se si ascolta la gente che vive in quei luoghi nonostante internet dimostra in realtà che se si è attenti e curiosi tante faccende mostrano differenze, fratture,supponenze, frustrazioni che vengono raccontate sottotraccia. Bagnolo Cremasco è a un chilometro dal comune di Crema, e a Bagnolo Cremasco ho lavorato 18anni frequentando per lavoro molte abitazioni. Eppure ci stanno differenze con certe sciure e sciuri e intellettuali di Crema che vorrebbero un po’ di cultura da vivere nel cremasco, per passare il tempo. A Bagnolo Cremasco come in altre decine di piccoli paesi e paesini quando staccavo e tornavo a Crema, ripeto: solo un chilometro separa Bagnolo da Ombriano, eppure sentivo e vedevo lo stacco, differenze. Quindi figurarsi tra Crema e Milano. Non uno stacco ma quasi una frontiera.
Non conosco famiglie di Crema che mandano i loro figli alle scuole elementari nei paesi del cremasco, mentre conosco più di una famiglia che vive in campagna in paesi dove ci sono scuole elementari, anche scuole medie e iscrivono i loro figli a Crema. Se tutto fosse uniforme ci sarebbe scambio che invece non c’e.