Si, perchè ieri sera, a SanSiro di sfiga si è trattato!
Siamo stati li li per segnare il fatidico golletto e sempre c’è stata la “malasuerte” che ci ha messo lo zampino!
Loro no, i biondi all’andata hanno trovato la deviazione involontaria che il golletto glielo ha dato e poi, qui da noi hanno fatto come faceva l’Italia una volta: chiuso il catenaccio e noi, appunto, fuori!
Ma la Dea Eupalla (caro Giuàn Brera fu Carlo, come eri bravo tu a parlare di calcio ….nessuno!) non è “bendata”, le sue brave ragioni ce le ha pure, e sono ragioni che ci ostiniamo a non voler considerare.
1^ ragione: per partecipare ad un Torneo (magari mondiale, magari per cercare di vincerlo) bisogna vincere le partite e per vincerle, bisogna segnare dei goals (in numero maggiore di quelli che “prendi”), e per farli ci vogliono quelli capaci di “farli fare e di farli” (e quelli capaci di impedire agli “altri” di farli a te) ! Ai tempi di Giuàn Brera fu Carlo dato che quelli del primo gruppo scarseggiavano, si semplificò il problema e si inventò il “catenaccio”: cumincem a ciaman minga….!
2^ ragione: il calcio non si gioca da “seduti” , ma di corsa e, a parità di altre condizioni, il ritmo diventa decisivo per impadronirsi della palla e del gioco (condizioni determinanti per fare goal). Ergo se non sei un “padreterno” di tecnica e per di più non ci hai ritmo, non vai da nessuna parte e “gli altri” conducono la danza. Quelli che stanno “seduti” ci hanno un bel teorizzare di tattiche, di 4-2-4, di “moduli”, sono quelli che “corrono/corrono poco” in campo che determinano il risultato!
3^ ragione: le motivazioni. E qui, si entra in un ginepraio: sportive/ economiche/ patriottiche/ personali, si intrecciano tra di loro in relazione all’importanza “sociale” che si attribuisce al calcio professionistico (si perché, ricordiamocelo, non è di “sport” che stiamo parlando!) con un “indotto” di cui è addirittura difficile valutare la portata.
Perché se si trattasse di “sport”, allora, no problem: c’è uno che vince e uno che perde e non ha alcun senso fischiare l’inno (magari nazionale) della squadra avversaria, e beceraggini consimili, se invece, come è per il calcio professionistico, di “sport” non si tratta più, cambia tutto e anche la “Dea Eupalla” va “pilotata” come si deve, a partire dall’arbitro, dai sorteggi, dai presidenti, per arrivare ai “premi speciali” a chi può essere decisivo.
Ma al “pubblico” cosa interessa, assistere ad una bella contesa sportiva e….vinca il migliore, oppure vincere , costi quel che costi, per un sacco di motivi che con lo sport non ci azzeccano proprio nulla?
Ed ai profumatissimamente retribuiti dirigenti della FIGC, allenatori, giocatori, tifosi e quant’altri , interessa che vengano valorizzati, veicolati, promossi i valori del fare sport in modo leale e disinteressato o tutt’altro, perché la combriccola che li mette ai loro posti è a tutt’altro che si ispira, quanto a valori base e ad obiettivi da puntare?
Personalmente non ho alcuna fiducia nell”....amor che move il sole e l’altre stelle …” della Federazione del Calcio professionistico italiano e quindi, di buon grado accetto le “bizze” della “Dea Eupalla”.
Quando decide di “testa sua” di fare incocciare un pallone in uno stinco giusto e sbagliato….. ci ha senz’altro le sue buone ragioni!!!!
Commenti
Non sono un appassionato di calcio (seguo solo la Nazionale).
A differenza dei critici, io profano ho visto gli azzurri giocare da… leoni, con una determinazione che non avevo mai visto, con passaggi di classe, con un ritmo che mi ha impressionato.
Hanno giocato sempre lo stesso schema?
Sì, l’ho notato anch’io. Ma non dimentichiamo che la squadra avversaria era tutta in difesa.
Tu Francesco, allarghi il discorso.
Concordo: non possiamo limitarci all’aspetto tecnico.
La rifondazione del calcio dovrà partire anche da quei contratti milionari che gridano vendetta!