Attingendo alla curiosità provocata dalla mia immensa “ignoranza”, sollecitato dall’ascolto di Radio 3 mattutina, ho scoperto l’esistenza di ASVIS: Alleanza Italiana per lo Sviluppo Sostenibile; raccomando vivamente a todos los amigos, almeno una visita linkando di seguito: https://asvis.it/
A supporto della raccomandazione riporto qui sotto un recente articolo di di Flavio Natale del
venerdì 10 gennaio 2020 .
Non avevo mai riflettuto sul pesante apporto al consumo di energia (e annessi e connessi), alle emissioni totali di biossido di carbonio, fornito dal settore edilizio nel suo complesso.
Avendo negli occhi l’immagine del Titanic che affonda (padron Piero!) mentre l’orchestra di bordo continua ad allietare i passeggeri, è solo attraverso un’ “Alleanza” tra persone intelligenti, uomini consapevoli e di buona volontà che il nostro pianeta potrà nutrire qualche speranza di salvarsi dall’autodistruzione!
Produzione di materiali, spreco energetico, sistemi di condizionamento dell’aria. Un rapporto Unep fa luce sugli sprechi negli edifici. L’intenso consumo di elettricità rende necessario l’accesso alle rinnovabili: il 2020 sarà un anno cruciale.
da ASviS [http://www.ansa.it/ansa2030/notizie/asvis/2020/01/13/globalabc-settore-edilizio-responsabile-del-39-delle-emissioni-di-co2-_2d58857a-ea84-40c9-be2f-824ee95594c9.html]
“L’industria dell’edilizia e delle costruzioni è lontana dal raggiungimento degli obiettivi dell’Agenda 2030”. Questo è il messaggio che si evince dal “Rapporto sullo stato globale del 2019 per edifici e costruzioni”, prodotto dalla Global alliance for buildings and construction (GlobalAbc), parte del Programma ambientale delle Nazioni Unite (Unep), e pubblicato il mese scorso.
I dati che emergono dal documento sono allarmanti. Il settore edilizio sarebbe infatti responsabile del 36% del consumo finale di energia e del 39% delle emissioni totali di biossido di carbonio a livello mondiale, l’11% delle quali derivante dalla produzione di materiali da costruzione come acciaio, cemento e vetro. “Sono necessari notevoli miglioramenti” avverte il Rapporto, “specialmente nelle fasi di progettazione e costruzione”.
Ma numerosi sprechi si verificano anche quando gli edifici, una volta costruiti, vengono abitati. “Il consumo di energia è aumentato del 7% dal 2010 e dell’1% dal 2017, trainato dall’incremento della popolazione”. Il persistente sottoinvestimento nelle misure di efficienza energetica potrebbe condurre la domanda di energia nel settore ad aumentare del 50% entro il 2060.
Secondo la GlobalAbc, la principale fonte di dispersione energetica è originata dagli impianti di aria condizionata e da quelli per il raffreddamento degli ambienti (ovvero spazi più ampi di singole strutture). “I condizionatori d’aria usano perlopiù energia generata da combustibili fossili e sostanze chimiche come i clorofluorocarburi e gli idroclorofluorocarburi, che possono rilasciare emissioni di gas serra”. L’uso delle unità di condizionamento dell’aria è triplicato dal 2010, incrementando del 3% dal 2017, principalmente a causa della maggiore domanda di raffreddamento nelle regioni calde (sempre più calde) della Terra.
Gli impianti di aria condizionata, come la quasi totalità delle comodità che abbiamo negli edifici, dipendono dal consumo di elettricità. Nel settore, l’utilizzo dell’energia elettrica è aumentato di oltre il 19% dal 2010, ed è stato garantito principalmente da impianti a carbone e gas naturale. “Ciò indica quanto sia cruciale rendere accessibili fonti di energia pulite e rinnovabili, utilizzando progetti a basso consumo”. Dal 2017 al 2018, l’intensità energetica, ovvero il rapporto tra il consumo lordo di energia e il Pil della nazione, è migliorata per il riscaldamento (-2%) e l’illuminazione (-1,4%), aumentando invece per il raffreddamento degli ambienti (+ 2,7%) e rimanendo stabile per il riscaldamento dell’acqua, la cottura e gli elettrodomestici. Con un incremento dell’8% nel 2018, il raffreddamento degli ambienti si è attestato come l’uso di energia in più rapida crescita nel settore (dal 2010), sebbene prima rappresentasse solo una piccola parte della domanda totale (6%).
“Il Rapporto mostra che il ritmo di miglioramento dell’efficienza energetica è rallentato all’1,2% dal 2017 al 2018, mentre per raggiungere gli obiettivi dell’Agenda abbiamo bisogno di un tasso di sviluppo del 3%” commenta Fatih Birol, diretto esecutivo dell’Agenzia internazionale dell’energia (Iea). Birol raccomanda inoltre l’istituzione di una Commissione globale di alto livello per un’azione urgente sull’efficienza energetica, in modo da accelerare i progressi attraverso un’azione politica più coesa.
Contrariamente alla relazione del 2019, però, la valutazione del 2018 rilevava che i governi, le società e le organizzazioni avevano compiuto progressi nella lotta alle emissioni nel settore edilizio, ma “gli sprechi stanno nuovamente aumentando” avverte con questo lavoro il GlobalAbc.
Tra le tendenze positive, il Rapporto rileva un aumento del 20% (dal 2010) nell’uso delle energie rinnovabili per alimentare gli edifici, oltre a un maggiore utilizzo di sistemi di illuminazione efficienti a led. Altri segnali positivi includono il calo dell’uso dell’energia per il riscaldamento, il miglioramento degli infissi e dei sistemi di isolamento, così come gli incentivi per edifici a basse o zero emissioni di carbonio (Net). In particolare, Canada e Giappone stanno sviluppando nuove politiche per la costruzione di edifici a emissioni zero entro il 2030.
Il Global Abc raccomanda ai Paesi di includere nei loro contributi determinati a livello nazionale (Ndcs), che costituiscono la road map dei singoli Stati per il 2030, anche le azioni per combattere gli sprechi nel settore edilizio. “Il 2020 sarà, da questo punto di vista, un anno chiave”.
Commenti
Credo che il sindaco di New York, in barba a Trump che non è buono a farsi crescere manco quella, stia puntando tutto sul risparmio energetico edilizio, avendo riscontrato un assorbimento e produzione di inquinanti nella città pari al 70 %! La nostra casa sarà implacabilmente la città. Vedere il modo sotto forma di collana di città sarà quindi una via di salvezza. Dati i nostri recenti contatti col mondo cinese, i dissipatori di energia urbana che di notte illuminano stile luna park a giorno, mi chiedo che previsione di sviluppo abbiano. Credo puntino all’iperproduzione, ma non credo che non sappiano come evolve il quadro che stanno costruendo. Mi sa che ci preparano una sorpresa! Noi, Associazione, che possiamo fare? Puntare sulla sensibilizzazione e sulla sorveglianza. Ricordiamoci che con la denuncia siamo riuscitti a far chiudere le porte dei negozi del centro che riscaldavano tenendole aperte gli uccellini del sottotetto, che abbiamo posto il problema del consumo di suolo e cementificazione zero, che qualche aggiustamento della viabiliità è stato da noi sollecitato e ha ottenuto ascolto, con risparmi di carvburante e di nostri polmoni. Che, soprattuto a opera di Renato Costantini, abbiamo monitorato certe carenze urbane e il loro progressivo risanamento. Questa è la via: la Cremascolta dell’attenzione e dell’educato pungolo. Continuiamo così, incrementando possibilmente attenzione e azioni propositive.
Mi aspetto, Franco, che, dopo la tormentata chiusura della legge di bilancio tutta concentrata sulla scelta di non far scattare l’aumento dell’Iva, si metta mano alla tanto esaltata “green economy” che avrebbe dovuto essere la carta che avrebbe caratterizzato il nuovo governo e si tiri fuori dal cassetto il piano green del ministro dell’Ambiente che ha a che vedere anche col risparmio energetico e con gli incentivi sul risparmio energetico dei nostri edifici.
E’ questa la nuova frontiera, resa ancora più urgente, dal Rapporto sullo stato globale dell’Onu.
Ed è questa l’unica ragion d’essere di questo governo di emergenza, a prescindere dall’esito delle elezioni in Emilia Romagna e in Calabria.
O mette in atto il piano in questione o si va al voto.
Tertium non datur!
Voto catastrofico con un paese in preda alla sbornia!
Provo a spendere due parole su un settore, l’edilizia, che sto cominciando a vedere dall’interno.
Un settore che senza dubbio ha un grande impatto sul Pianeta. Se poi consideriamo che molti dei trasporti sono innescati da una progettazione urbanistica non ottimale, la percentuale sulle emissioni sale ben oltre il quaranta.
Bisogna riconoscere che dal punto di vista normativo si è fatto molto a livello Regionale, Nazionale ed Europeo, decisamente meno a livello mondiale. L’edificio (e quindi la città) “da normativa”, è già ad energia quasi zero da anni (dove “quasi zero” fa riferimento alle concrete possibilità di investimento della società per l’efficientamento energetico).
La realtà è però più complessa, con una grande frammentazione della proprietà immobiliare (grandi investimenti insostenibili da piccoli proprietari/imprenditori, caso tipico italiano), un parco edifici immenso (più di quanto serva alla popolazione corrente), un atteggiamento culturale conservatore (soggetti spaventati dal cambiamento che non si conosce, circondati da scadenti costruzioni recenti e grandi esempi dal lontano passato), metodi costruttivi e progettuali antiquati (il comparto produttivo di materiali, semilavorati e componenti è competitivo, all’altezza dei tempi, capace di innovare e di fornire prodotti eco-sostenibili, a fronte di sistemi costruttivi manuali e poco organizzati, fonte di spreco e di lunghi tempi di consegna).
Consideriamo anche che i tempi di sostituzione/ammodernamento degli immobili sono per loro natura lunghi (venti, cinquanta, cento anni a seconda di quali componenti consideriamo), a fronte di qualche anno o mese per gli elettrodomestici, automobili e simili, su cui è quindi più facile intervenire.
Dal punto di vista della qualità costruttiva, Milano sta certamente sfruttando gli investimenti che riesce ad attirare per migliorare di molto il parco edifici, riqualificando interi quartieri; certo poco verosimile che il “modello Milano” possa estendersi così com’è al resto del Paese.
Per ora chiudo, vediamo se il discorso va avanti.
Caro Mattia, hai straragione, ma siccome l’edilizia la conosco bene perchè ci ho vissuto in mezzo, per lavoro, oltre tre decenni, ti racconto. Prima dell’arrivo in massa dei migranti esistevano “i ragni delle valli bresciane e bergamasche”, che scendevano all’alba a Milano col pulmino, il vetro appannato di calcina e i cottimisti (di paese, nostrani), che dormivano sul mezzo, la testa giù come quella dei manichini. Le mani spaccate dal gelo, la faccia bruciata dal sole, a sollevare “i prismi” i blocchi di cemento, i secchi di malta, i sacchi di cemento che erano di cinquanta chili l’uno, anche due alla volta sulle spalle. Su e giù, da spaccarsi la schiena. Questa era l’edilizia che ha costruito Milano, fino all’arrivo della concorrenza egiziana, albanese, rumena. I lavori sono vinti (ancora anche oggi) dall’immobiliare a società a responsabilità limitata Tizio, che la appalta all’impresa esecutrice, che ha una truppa di lavoratori in minima parte in regola, poi cottimisti, chi in nero, pensionati e mastri-muratori che s’arrabbiano perchè non riescono a comunicare con l’africano del Senegal che porta su la calcina sul trabattello. Non tutti, certo. Ci sono le eccezioni. Il cemento non è più quello dell’Italcementi, ma arriva dalla Grecia, e l’isolamento che c’è sul contratto, quando viene posato, è sotto, è nascosto e vallo a verificare se risponde davvero alle caratteristiche contrattuali. L’edilizia è parente stretta dell’agricoltura, e lavora ancora con la cazzuola, il filo a piombo, e d’inverno fa un freddo cane, ma bisogna fare la gettata in fretta, perchè sennò non pagano il dovuto. Fare l’edile è un lavoro duro, ed è il mestiere dove la criminalità organizzata, soprattutto al sud la fa da padrone, con il movimento terra, i subappalti, e la vincita degli appalti. Quando i lavoratori edili saranno gente che ha studiato (non figli di papà e mamma che lavorano con gli algoritmi, magari); saranno propensi come te, all’economia sostenibile, e altre belle cose, forse la faccenda cambierà. Ma la realtà nuda e cruda è questa, purtroppo. Ci sono gli architetti, i geometri, e ci sono i lavoratori edili. Non la stessa cosa.