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FRANCESCO TORRISI

Un po’ di Giappone in Sala Pietro da Cemmo Madama Butterfly è la nuova sfida del Circolo delle Muse

Martedì 31 ottobre la Libreria Mondadori di Via Mazzini ha ospitato la presentazione della produzione cremasca di Madama Butterfly. I tre atti di Giacomo Puccini sono stati raccontati e commentati dal Presidente del Circolo delle Muse Giordano Formenti intervistato da Rachele Donati De Conti. Una chiacchierata di oltre un’ora e mezza che ha messo in luce le caratteristiche dell’opera e dei suoi personaggi, ma soprattutto si è soffermata sulle scelte registiche e musicali della messa in scena del prossimo 12 novembre.

Come portare un po’ di Giappone tra gli affreschi della Sala Pietro da Cemmo? Come concentrare un’intera orchestra nelle quattro meravigliose mani dei maestri Enrico Tansini e Alessandro Carelli al pianoforte? Come sono stati scelti i giovanissimi protagonisti? Il cast è infatti costituito da talentuosi ragazzi e ragazze tra i 23 e i 30 anni che stanno vivendo una settimana di intense prove per essere pronti per il grande giorno.

Il Presidente del Circolo delle Muse Giordano Formenti ha voluto aprire il quarto Festival Lirico con una delle opere più belle e affascinanti del repertorio pucciniano. La protagonista avrà la voce di Ahn Sun Young, già acclamata Mimì nella Bohéme del 2014, così come ritroveremmo Denys Pivnitskyi, che ha già interpretato a Crema Canio nei Pagliacci e il giovane mezzosoprano cremasco Eleonora Filipponi, intensa Charlotte nel Werther della scorsa stagione.

I cantanti e i musicisti, guidati dal Direttore Fabrizio Tallacchini, hanno già preso possesso della sala Pietro da Cemmo. Le prove si svolgono ogni giorno per poter assemblare le varie parti dell’intera opera.

Il pubblico potrà godere del risultato di questo intenso lavoro già mercoledì 8 novembre alle ore 21.00 con la prova aperta ad ingresso libero. Sarà un momento molto particolare durante il quale si potrà quasi essere dietro le quinte e vedere come si svolge il lavoro di prove e messa a punto dei singoli dettagli del canto, del costume, della caratterizzazione del personaggio. Un momento in cui il pubblico potrà essere spettatore di ciò che si solito non si può vedere e che è bagaglio ed emozione solo degli addetti ai lavori.

I biglietti per l’opera vera e propria che andrà in scena domenica 12 novembre alle ore 16.30 sono aperte sia on line (www.circolodellemuse.it), sia nella sede operativa del Circolo presso lo Studio Rotta Gentile, in via Cesare Battisti 7a, Crema al costo di € 20.00.

FRANCESCO TORRISI

07 Nov 2017 in Eventi

9 commenti

Commenti

  • Dal: “Cocoricò,cocoricò,bistecca” (Coraggioso,Puccini)
    al: “Quando men’vò, quando men’vò, soletta”..

  • Un altro colpo d’ala di Giordano Formenti, il… forestiero che, arrivato a Crema, ha dato un grande impulso, con la sua personalità, con la sua capacità di contagiare, all’attività culturale della nostra città.
    Confesso che ha contagiato anche me, così lontano anni luce dal mondo della lirica.
    L’ho seguito in questi anni e ho apprezzato non solo le sue doti personali, ma anche la sua competenza, la sua passione.
    Nel caso di Madame Butterfly, poi, sono due mesi che mi sto preparando spiritualmente ascoltando le arie più famose. Ho sentito pure, alla trattoria Quin, la splendida voce della cantante coreana che incarna la protagonista dell’opera e ho partecipato alla presentazione fatta dallo stesso Formenti alla libreria Mondadori.
    Non che sia pronto per domani e non che sia già entrato nel tempio della lirica, ma qualche passo in tale direzione l’ho fatto.
    Domani non potrò mancare, anche perché conosco bene, sulla base di altre esibizioni, la voce della nostra concittadina Eleonora Filipponi: una bella promessa fino a ieri e oggi una… stella nascente (ogni volta che ho avuto l’opportunità di ascoltarla, ho notato un crescendo di professionalità, oltre che doti… teatrali indiscusse).

    Due considerazioni.
    La Fondazione San Domenico non potrebbe, con un’altra acustica, offrire il suo supporto, con una cornice idonea, a iniziative di tale qualità?

    Giordano Formenti è la dimostrazione che ciascuno di noi, se valorizza al massimo e con tenacia i propri talenti (ciascuno di noi li ha negli ambiti più diversi), può lasciare un “segno” a servizio dell’intera comunità locale (e oltre).

  • Un’altra sfida vinta dal nostro vulcanico regista Giordano Formenti.
    Un pubblico delle grandi occasioni.
    Un cast internazionale di qualità.
    Un accompagnamento musicale (pianoforte a quattro mani) di grande effetto.
    Un coro suggestivo.
    Una scenografia essenziale (una finestra), ma efficace.
    Una bimba di sei anni perfetta nel suo ruolo.

    Tutto, a mio modesto parere, ha funzionato al meglio (ad eccezione delle parole del libretto che, questa volta, si vedevano poco e del palco un po’ troppo basso).
    La voce della coreana che ha interpretato la Butterfly è stata superba.
    Di grande impatto emotivo alcune scene (e non solo quelle più drammatiche).
    Ancora una volta brillante (in un cast internazionale) la nostra stella locale, Eleonora Filipponi sia nel ruolo di cantante che di attrice.

    Bravo, regista!
    Bravo il direttore che ha diretto e… governato con maestria cantanti, coro e pianisti.
    Mi auguro che il “prodotto” possa essere “esportato”.

    Insisto: la cornice ideale di un’opera lirica è il Teatro San Domenico.
    Una domanda al presidente della Fondazione, Peppino Strada: sono proprio proibitivi i costi per attrezzare il teatro, con un’acustica adeguata, per ospitare opere liriche?
    Se no, perché non effettuare gli opportuni investimenti?
    Il rilancio di Crema può essere anche il frutto di “prodotti culturali di qualità” capaci di attirare “forestieri” ( magari anche capitali)!

    • Gli elogi che Piero attribuisce al regista e agli interpreti sono sicuramente meritati… lo conferma l’impressione di chi era seduto nel “Refettorio” l’altra sera. Sì, perché la Sala Pietro da Cemmo era il refettorio dell’antico convento e, forse, un po’ di rispetto lo meriterebbe: dopo la “carta” e gli “alimenti” la “Madame giapponese” (cosa ci sta a fare a Crema il Teatro San Domenico?) e già si profila all’orizzonte l’angolo degli “sposi”: tutto quanto fa spettacolo! Sono sicuro di portarmi in casa le critiche di tanti cremaschi – d’altronde siamo in un Paese dove la libertà d’opinione e d’espressione (e non solo) è concessa a tutti – ma io continuo a ritenere e sostenere che il Sant’Agostino nel suo insieme dovrebbe essere riservato ad altri eventi… là dove ci sia un legame con l’istituzione Museo. Magari sarà l’atteso arrivo in Città del “conservatore” (che figura amici cremaschi!) a mettere un po’ d’ordine, purché non ci si nasconda per l’ennesima volta dietro al problema “soldi” (che non ci sono). Intanto, l’Amministrazione Comunale potrebbe chiedere alla Fondazione San Domenico di rivedere il proprio price-list, proprio come indicato da Piero.

  • Dobbiamo insistere, Alvaro: fare un’operazione di pressing sulla Fondazione San Domenico e sulla stessa Amministrazione comunale (ieri sera ho parlato di questo a Emanuela Nichetti e mi ha promesso che avrebbe fatto ciò che è di sua competenza).

  • Mi scuserete se intervengo ma mi sento un pochino “tirato in ballo”.

    Anzitutto un sentito ringraziamento a Piero Carelli per le sue belle parole. Sollecitato dalle sue considerazioni, colgo l’occasione per rispondere ad alcune di esse.

    Andiamo con ordine, cominciando dalle critiche di Piero, graditissime perché espresse da chi in sala ieri c’era.

    L’altezza del palco. Vero, un’altezza maggiore faciliterebbe la visione in una sala che non è ovviamente provvista di alcuna pendenza nella pavimentazione. Occorre però considerare che il palco di 80 cm di altezza è, a mio avviso, il massimo concebile in una sala come la Da Cemmo; un palco ancora più alto risulterebbe eccessivamente ingombrante e incombente, ponendo inoltre una serie di problemi pratici, estetici e di sicurezza che non sto ad elencare qui ma che, credimi, sarebbe enorme.

    I sovratitoli con il testo. Vero anche questo: ieri sera risultavano poco leggibili. Putroppo, lavorando con un budget molto limitato possiamo permetterci il piazzamento delle luci definitive solo all’ultimo giorno di prova; e muovendoci in un teatro non convenzionale è sempre possibile qualche amara sorpresa. In questo caso le luci di fondo, quando troppo chiare, riducevano la visiblità delle scritte. Esistevano soluzioni per ovviare al problema ma non c’era il tempo tecnico per realizzarle né per cambiare completamente il piano luci che, come avrai notato, era parte preponderante dell’allestimento. Rispetto alla prova generale ho cercato di “scurire” gli sfondi per quanto possibile, ma oltre non potevo proprio andare. Essendo mia la responsabilità dell’inconveniente me ne scuso con il pubblico e prometto che i dovuti accorgimenti saranno ovviamente predisposti per tempo in futuro. Permettimi però di far notare che la proiezione dei sovratitoli sia nelle rappresentazioni al chiuso sia (e ancor più) in quelle estive nel chiostro è cosa che normalmnte non viene neppure presa in considerazione non solo in realtà come la nostra ma anche in realtà ben più grandi e titolate. Tanto per fare un esempio, nelle (poche) opere rappresentate in passato al San Domenico a nessuno è mai venuto in mente di sovratitolare lo spettacolo, senza che di ciò si lagnasse alcuno. Che gli allestimenti operistici prodotti da una associazione privata di volontari siano sovratitolati non è cosa rara; è praticamente unica. Si tratta di uno dei nostri fiori all’occhiello; quindi stai pur certo che mi attiverò per risolvere al meglio il problema in futuro.

    Passiamo al discorso della “cornice ideale” per un’opera lirica. Mi spiace dissentire da te su questo, per due ordini di ragioni.

    La prima più immediata: il San Domenico non sarebbe affatto la cornice ideale per un’opera lirica. Anzi, togliamo pure il condizionale perché prove ve ne sono pur state: non lo è. Le ragioni sono di ordine acustico e strutturale. Non sono opinioni, sono fatti: il primo chiaramente dichiarato nella scheda tecnica del teatro, visibile sul sito dello stesso (“per problemi acustici gli artisti devono essere microfonati”); il secondo dettato dall’assenza di qualunque spazio che possa vagamente assomigliare a un golfo mistico. Mi sembra impossibile pensare anche solo alla collocazione di un pianoforte di fronte al palco, non parliamo di un’orchestra di una ventina di elementi con timpani e percussioni.

    Nota a margine: lo so che ogni qual volta mi capita di parlare di questo, qualche concittadino si risente e pensa che essendo io forestiero parli male delle “istituzioni” di Crema perché non la amo abbastanza (me lo sono già sentito dire in faccia). Non so cosa farci, se non che la amo talmente tanto che vorrei vederla più funzionale e che da anni ci metto anima e cuore per cercare di ovviare a problemi che non ho creato io. Magari non sempre mi riesce, magari non mi riesce mai. Però almeno ci provo. Non tocca a me dire per cosa ci sta a fare il Teatro San Domenico a Crema; posso solo dire per cosa non ci sta a fare: l’opera lirica. Per eventuali responsabilità, chiedere ad altri.

    Per quanto riguarda gli interventi strutturali per migliorare la situazione nel teatro cittadino, non ho dati per valutarne l’impatto economico. Esprimo l’opinione personale che un qualche intervento sul fronte acustico sarebbe auspicabile, indipendentemente dall’aspetto “lirica” perchè un teatro è fatto per “vedere” e per “sentire” e così com’è ora tutta la musica non amplificata ne resta di fatto esclusa.

    Per quanto riguarda invece interventi strutturali sulla sala, lo dico con molta franchezza e sincerità: allo stato attuale delle cose se fossi io il presidente della Fondazione tenderei ad escluderli. Il rapporto tra i costi e il possibile utilizzo sarebbe probabilmente spropositato. A meno di non pensare a un parallelo investimento massiccio in ambito di politica culturale che mi appare decisamente utopistico.

    La seconda ragione di dissenso è invece molto più profonda. Non concordo affatto con l’idea che il teatro debba necessariamente essere circoscritto agli spazi teatrali tradizionali. E ciò, a mio avviso, vale ancor più per quello lirico che una politica culturale scellerata e folle ha condannato a una posizione marginale ed elitaria proprio nel paese che ne è stata la culla e che ne ha prodotto alcuni tra i massimi capolavori. E ancor più in una realtà come quella della nostra città che ha perduto, di fatto con l’incendio del Sociale, una tradizione di stagioni liriche stabili e quidi anche una abitudine del pubblico a fruirne.

    In queste situazioni gli spazi non convenzionali (come la sala Da Cemmo o i chiostri) funzionano megio perchè attirano maggiormente il pubblico sia unendo il fascino dei luoghi a quello degli spettacoli proposti sia proponendo soluzioni originali sotto il profilo del rapporto tra spazio scenico e spazio architettonico. Mi permetto di far presente che dopo pochi anni il Teatro San Domenico ha smesso di presentare allestimenti d’opera o di operetta per carenza di pubblico e che al Rigoletto presentato nel bicentenario verdiano eravamo in sala in 23 di cui alcuni erano ospiti istituzionali; noi siamo al sesto allestimento operistico e abbiamo sempre fatto il pieno, sia all’aperto che al chiuso. E la scelta di spazi non convenzionali ha contato e conta tantissimo: lo scorso anno al Werther moltissime persone hanno apprezzato proprio il livello di partecipazione emotiva che uno spazio così particolare permette di offrire.

    Rispondo per ultimo e, non lo nego, con una certa animosità all’accusa del sig. Stella, tutt’altro che velata, secondo la quale non “rispetterei” l’antico refettorio utlizzandolo per spettacoli teatrali. In che modo e in che misura non rispetterei quello spazio meraviglioso? Manifestazioni come il Festival lirico o come “I mondi di carta” portano in Crema, nel museo e nei suoi splendidi spazi centinaia di persone che altrimenti non ne verrebbero neppure a conoscenza. Il pubblico dei nostri spettacoli per il 30/40 per cento circa proviene non solo da fuori Crema o da fuori provincia ma anche da fuori regione e, stante l’internazionalità degli artisti che lavorano con noi, spesso da fuori Italia. La quasi totalità di loro non ha mai visto il Museo, i suoi chiostri e le sue sale. Sarebbe mancanza di rispetto questa? Vogliamo fare il conto di quanti sono i visitatori che vengono al Museo attratti da esposizioni come quella delle pagode, perennemente chiuse e di cui un turista non viene a conoscenza nemmeno se passa nella piazza che ospita il Museo?

    Il sig. Stella sostiene che gli spazi del Sant’Agostino dovrebbero essere riservati ad eventi che abbiano un legame con l’istituzione Museo; per anni è stato così, coi risultati ben noti. Visto che, bontà sua, mi concede la libertà di opinione e di espressione, provo da esprimere quella che forse potrebbe essere l’istituzione Museo a darsi una bella svecchiata e cominciare ad adattarsi lei alle forze vive della città che non concepiscono la cultura come qualcosa di statico e improduttivo ch riposi su allori, più o meno meritati, ma come qualcosa di vivo che cerchi sempre strade nuove per fare sfoggia delle sue bellezze.

    Un’ultima cosa, giusto per esprimerne un’altra di opinione: voglia iddio che un eventuale “conservatore” non abbia come obiettivo quello di portare “ordine”. L’ordine è il cancro della cultura.

    Grazie per l’ospitalità

  • ….mi sento di concordare, e lo faccio, con la considerazione espressa da Giordano : “….In queste situazioni gli spazi non convenzionali (come la sala Da Cemmo o i chiostri) funzionano megio perchè attirano maggiormente il pubblico sia unendo il fascino dei luoghi a quello degli spettacoli proposti sia proponendo soluzioni originali sotto il profilo del rapporto tra spazio scenico e spazio architettonico…..”,
    La “marcia di avvicinamento” verso una accettabile situazione di …”gradimento” da parte dei “cremaschi”, dopo una prolungata, fozata astenia, rispetto a proposte di spettacolo, musicali, magari sinfoniche/liriche che non siano ….. “televisive”, credo possa essere facilitata proprio dall’utilizzo di spazi “non convenzionali” che non ….”intimidiscano”.
    Un sentito sincero grazie allo “straniero” Giordano per la continuità del suo lavoro che svolge con passione unica!

  • Sai, Giordano, quanto ti sto seguendo con grande apprezzamento nella tua vulcanica attività culturale da quando sei… piovuto a Crema (e non solo in qualità di regista).
    Sarei, quindi, l’ultimo che si permetterebbe di fare dei rilievi nei tuoi confronti.
    Mi sono limitato a raccogliere un’osservazione da alcune signore presenti all’Opera (tra l’altro, una di loro, ha confessato, nonostante la sua vertiginosa altezza, di non essere riuscita a “vedere” tutte le scene). Tutto qui.
    Non ho alcuna competenza per quanto riguarda la logistica relativa all’allestimento di un’Opera. Ho solo pensato che il luogo ideale sarebbe (naturalmente, se fosse attrezzato a livello di acustica) il Teatro San Domenico.
    Non sono poi per nulla contrario all’uso non convenzionale del S. Agostino.
    So che qualche critico d’arte negli anni scorso ha gridato allo scandalo per questo uso (anche da parte dei Mondi di carta). Io credo, al contrario, come credi tu, che sia un modo per portare nel tempio del museo tanta gente che altrimenti non sarebbe mai entrata.
    Ricordo la mostra del giocattolo che è stata allestita dentro il museo stesso ed è rimasta a lungo aperta: ora quella mostra – che potrebbe essere percepita come lontana dal mondo dell’arte, ha di sicuro fatto conoscere il museo a moltissima gente che il museo non aveva mai visto.
    Ho visto, poi, Giordano, l’effetto magico- suggestivo delle opere che tu ha diretto dentro i chiostri del museo, un effetto che non si vedrebbe all’interno del teatro San Domenico.
    Siamo di fronte a dei problemi (visibilità, ambientazione, scenografia, acustica) la cui soluzione spetta a chi ha competenze nel merito. E vedo che tu ne hai in abbondanza!

  • Ma guarda Piero che i rilievi come i tuoi io non lo solo li accetto, li desidero proprio: avendo come obiettivo proprio quello di avvicinare al mondo del teatro lirico persone che, come te, ne erano sostanzialmente estranee, opinioni e pareri come i tuoi per me sono preziosissimi, ancor più perché mi muovo in un ambito e in spazi non convenzionali, nei quali io stesso scopro ogni volta limiti e possibilità che mi giungono spesso inaspettate.
    Non intendere quindi il mio intevento come risentito nei confronti dei tuoi, oltre tutto garbatissimi, commenti: le critiche e e osservazioni del pubblico sono il sale per chi fa teatro.
    Rispondevo solo per spiegare le ragioni degli inconvenienti da te a da altri rilevati e per scusarmi di non averli saputi risolvere completamente.

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