DOLCE STILNOVO
Piccole perdite urinarie, salvaslip che mantengono la freschezza, pruriti intimi, ragadi, emorroidi, dolori mestruali, effluvi di tutti i tipi, più si suda e più si profuma, stitichezza, flatulenze, diarrea, aliti da carie o cattiva digestione, insomma, il biologico sdoganato. Non da ora s’intende, dal fuori al “dentro che ritorna fuori”, così che fantasie feticistiche si scatenano col beneplacido che di corporeo si può parlare, in barba allo spirito di cui alcuni ci vorrebbero fatti. Più materiale di così si muore naturalmente, con attenzione che a veicolare il salvaslip ci sia la modella o attrice col volto giovane pulito della freschezza, tanto da non scatenare disgusto in chi si sofferma ad immaginare, non una brutta e vecchia grassona, per quella non ci sarebbe salvataggio che tenga. Non i personaggi da Cinico Tv, che le flatulenze da fagioli le esprimevano benissimo, col disgusto seguente inevitabile, ma si sa, la differenza sta nella narrazione.
Vale naturalmente anche per l’ipertrofia prostatica, dove un bel signore, dal sonno interrotto, e così pudico e dignitoso da accampare mille scuse, in farmacia ci manda comunque la moglie. Non il vecchio “mal in arnese”, che in questo caso il detto evocherebbe immediatamente il repellente oggetto. Anche per le flatulenze, stitichezze e diarree c’è la famigliola dall’aria pulita che ci sorride ammiccante, dimentica di corse in bagno e odoracci, così che il transito intestinale ha la dolcezza del miele. Quindi nessun pudore vittoriano, tanto un piccolo accorgimento ci consegna puri alla comunicazione, dimentichi di profondità maleodoranti (Nietzsche) e altre pieghe o anfratti, ascelle estive metropolitane che appese al corrimano da sostegno ammorbano tutto il vagone. Insomma, tutto si deve vendere, così che la pubblicità “trasse le rime nove” per angelicare non più solo la donna, ma anche noi maschietti. Boccaccio e Dante. Peccato che il marketing non si doti di un minimo di autoregolamentazione che semplicemente si chiama buon gusto. O si può nominare tutto perché si deve vendere tutto? Credo di sì, basta che ogni epoca si inventi il suo dolce Stil Novo. E noi, esperti in comunicazione, l’abbiamo trovato. O no? Signori, non siamo della materia di cui sono fatti i sogni!
Commenti
Ah, dimenticavo quello che qualche anno fa ce l’aveva profumato: l’alito!
….dolce stil “cinico CremAscolta”, Ivano!
Uno dice: basta spegnerla sta ….scatola luminosa (finchè non si riaccenderà da sola, comandata a distanza!) e poi c’è l’amico telecomando che ci assite no?
Ma comunque, accesa o spenta, è la sostanza sottostante che ci perseguita, la sollecitazione pervadente a consumare che è alla base oramai di questi nostri giorni, di questa nostra (in)civiltà.
Bene che ogni tanto qualche persona attenta, butti li un ….recall! Magari scritto così bene come il tuo, Ivano (anche per, e lo dico sottovoce, prenderci un time-out dal …. “pervasivo salviniano” in atto in questa estate 2018!).
Vale anche qui il mantra che ho ricordato nel post “Rimandati a settembre”: non comprare, non comprare, non comprare, non comprare. Questa è l’unica rivoluzione possibile, incruenta ed efficace, nei tempi del consumismo.
Ieri entro con un’amica nella farmacia Granata. Mentre siamo diligentemente in coda, alla mia amica scappa l’occhio sulla pubblicità di un prodotto in bella vista sul bancone. Si tratta di una pomata “antisfregamento-cosce”; visto che ormai non si contano le persone in sovrappeso, serve anche questo accorgimento se si vogliono evitare ulcerazioni da camminamento sulla pelle. Prima si consuma il “loro” cibo-spazzatura e poi si consumano i “loro” rimedi, funziona così. Al messaggio pubblicitario sono allegati dei campioncini gratuiti su cui campeggia una scritta del tipo: “Provala subito [la pomata], provala qui, adesso, e ti accorgerai che il beneficio è immediato”. Al che, la mia amica domanda: “nel senso che ti tiri su la gonna in farmacia e ti dai la pomata in mezzo alle cosce prima di decidere se acquistarla o no?”. La risposta a un messaggio demente come questo può essere soltanto una: non comprare il prodotto. Naturalmente vale per il 90% dei prodotti sul mercato, alimentari e non, che in generale non servono a niente, quando non hanno pesanti controindicazioni.
Viviamo nell’epoca della pornografia, non quella tanto contestata da un Adinolfi, perché sono certo che quella se la guarda anche lui, ma di questa che non dice niente nessuno. La pornografa si sceglie, i condizionamenti mediatici no, neppure spegnendo la televisione. Quindi tutte le schifezze o malizie van bene, purchè sottendano invece che dire, solleticando tutti i pruriti o perversioni possibili e immaginabili, in questa ipocrisia al potere da struzzi con la testa sotto la sabbia, incapaci di distinguere, senza capire, come scrisse Martini tempo fa, che l’insabbiata rende vulnerabile ben altra parte. Sia chiaro, nessun moralismo da parte mia, alla pseudo pornografia per famiglie, apparentemente innocua che non dà sensi di colpa, io preferisco l’altra, se proprio devo.
Sta di fatto che nell’Era della pornografia, formato famiglia o formato single la sostanza non cambia, nessuno riesce più a praticare il sesso. Non lo dico io, ma le statistiche e le ricerche sul campo:
http://www.ilgiornale.it/news/weird-news/poco-sesso-adolescenti-preferiscono-fare-hacker-1488750.html
Torno al discorso di cui sopra: la civiltà dei consumi, mondialista e generalista, è l’anticamera dell’autodistruzione. Molti non se ne sono ancora resi conto, anzi, pensano di essere le punte di diamante del miracolo-progresso. C’è chi crede nella madonna e chi crede nel progresso. Sempre di credenze si tratta.
Ivano Macalli elenca una serie di figure demenziali del marketing televisivo, che prese singolarmente si potrebbero ascrivere alla categoria estetica del grottesco. Ma che prese nel loro insieme formano una combriccola spassosa, una rappresentazione comica dell’acquisto indotto, una versione burlesca dell’assurdo tentatorio. È la classica “barca dei folli”. Proprio Bosch viene in mente. E altri ancora, che da sempre descrivono nelle loro opere l’attitudine umana alla demenzialità, oggi arruolata sotto le insegne del consumo compulsivo. È un male antico, uno “stil vecchio”, solo che oggi i media sono più potenti. Non sapevo di queste pubblicità sulle nostre schifezze fisiche, sulle nostre porcherie interne e sui loro miracolosi elisir facilitativi e curativi. Forse qui l’antico monito castigliano “nunca revueltar la mierda” potrebbe essere inteso non nel suo principale significato traslato ma in quello letterale.
In realtà, siamo una società basata in teoria sul lavoro e in pratica sul consumo, sulla crescita, sul PIL. L’acquisto è un atto necessario, fondamentale. Se non si compra e ricompra, il treno rallenta, la barca affonda. Ma è sempre stato così, dal passaggio dalla caccia e raccolta all’agricoltura e allevamento, circa diecimila anni fa, con sistemi economici e meccanismi commerciali che devono essere alimentati da grandi masse di popolazione, attivando comportamenti confacenti al grande gioco della propria epoca, al “big show” del momento. Dalle antiche religioni istituzionalizzate alle narrazioni progressiste dell’età moderna, dai miti e riti della civiltà industriale fino all’attuale volatilità dei mercati finanziari coi loro capricciosi appetiti, si è sempre dovuto contare sul consumo, sempre più massiccio e continuativo, di beni e servizi da parte di masse popolari sempre più numerose e disponibili.
Da un lato, enormi quantità di persone incapaci di sottrarsi a questo meccanismo consumistico. Dall’altro, alcuni che riescono a sottrarsi, almeno in parte. Oggi non siamo più costretti con la frusta a costruire piramidi altrui, a morire per le guerre di altri. Possiamo scegliere. Come dice Francesco, “chiudere la scatola”. Pensare. Comprare solo quello che serve davvero. Certo, un concetto soggettivo. Però è fattibile. L’importante è che la maggioranza continui a consumare massicciamente. Ci serve, se no crolla tutto. Intanto noi viviamo più liberi, forse con meno “roba”, magari più felici.
La scatola è meglio di niente, se si tratta di informazione igienico sanitaria corretta. Ma il reato di pubblicità mendace scatta dietro l’allusione che aver cura della propria prostata riapra la via a sfolgoranti esibizioni sessuali mattutine al cappuccino e cornetto come Viagra. Ma trattandosi di allusione, che si potrebbe dire, solo le nostre menti di attempati biricchini, memori nostalgici di tempi taurine glorie vogliono vedere, casca anche l’arma dissuasiva. Rispetto all’eventuale osservazione “ma non si potrebbe parlar d’altro?” dico “certo, a patto di parlare con gente che pensa ad altro!” Ivano è sempre un’ironica penna di classe.
Indubbiamente mai come ora si è trattati come ai tempi dell’Elisir d’ amore, bravo Giordano Formenti ad averlo inscenata. C’è un rimedio a tutto, basta crederci, e bravo Adriano ad averne colto lo spirito. In effetti non mi interessava parlare dei meccanismi che inducono all’acquisto anche dell’inutile. Dalla televisione in poi sociologi, antropologi ed esperti di comunicazione ne han raccontato le dinamiche persuasive, ma mi interessava indagare quel che è rimasto di questo nostro corpo che a gradi diversi non esprime che il disfacimento biologico/temporale, edulcorato appunto da quei piccoli stratagemmi che lo renderebbero annusabile, toccabile, e via confidenza a seconda della bisogna, autosufficiente o meno. Perché indipendentemente dal tipo di linguaggio usato quello che la pubblicità esibisce o inibisce è proprio quel distacco fisico o avvicinamento se non mediato da trucchetti che i corpi ce li rendono sopportabili. Davanti ad un cattivo odore distogliamolo olfatto e altri sensi immediatamente, disconoscendo di fatto quello che noi siamo, pura carne, sottoposta ogni istante a quella decomposizione, anche non post mortem, ce però ci vuole asettici, schizzinosi in un distacco bello forte da tutto ciò che è biologico. E va bene così naturalmente. Quando si legge che nel settecento nessuno si lavava, che fino al diciannovesimo secolo negli ospedali si moriva perché il chirurgo non si lavava le mani, il nostro plauso va naturalmente a quel senso dell’igiene inimmaginabile quando nelle abitazioni non c’era ancora la stanza da bagno. Così che nel tempo siamo più sani, viviamo più a lungo, ci sono meno infezioni e malattie, indubbiamente anche per le abluzioni a cui ci sottoponiamo continuamente. Martini ha ricordato bene la trivialità di alcune scenette pittate, anche ironicamente, da Bosch, per poi passare nella sala successiva al candore virginale della Venere o Primavera del Botticelli, che quelle funzioni proprio non verrebbero mai in mente, e mai usciremmo dagli Uffizi ricordandoci che gli inglesi non usano, o usavano il bidè. Le due bellissime donne non avrebbero bisogno di alcun deodorante 24 ore. Magari la lezione di anatomia di Rembrandt sì. E per ora basta così, consapevole che dovrei giustamente dare un’occhiata ogni tanto alla conta delle parole, ricordandomi di aver dimenticato i rotoloni regina che tutti sappiamo bene cosa usiamo per fare. Perché quella funzione è il top del top perché come dice Cordani: “merda è una brutta parola, ma se non la si fa…”.
Lentamente (sono tarda) comincio a capire perché qualche contemporaneo ritenga di vivere nel miglior mondo possibile. Ci si paragona sempre ai tempi degradati della Storia anziché a quelli più evoluti della Preistoria, agli unti e bisunti europei del Settecento invece che ai popoli eurasiatici che 10mila anni prima di Cristo inventarono la sauna. Gli Antichi più antichi conoscevano molto bene il bisogno essenziale che l’anima ha di bellezza: senza l’armonia, la pulizia e la grazia che qualificavano il bello, il corpo si spegneva e tale spegnimento lasciava la psiche depressa.
Gli invasori Romani in Britannia rimasero colpiti dalla meticolosità con cui le tribù provvedevano alla pulizia quotidiana del loro corpo; una dimostrazione di quanto il percorso spirituale delle “aquile di Roma” fosse ormai compromesso. L’origine di molte pratiche igieniche, prima fra tutte la sauna di origine siberiana, provenivano da una lunga e collaudata tradizione spirituale. Sarebbe stato impensabile per quei lontani antenati elevare lo Spirito senza prima essersi presi cura del proprio Corpo. Guai a farlo vivere in una situazione di disagio: poteva creare malessere e difficoltà che sarebbero ricadute sulla comunità intera.
Non è che a noi umanità-trash manchino i buoni esempi da imitare, è che tendiamo a dimenticarcene. Così possiamo spararci in vena l’allucinogeno che ci fa sognare di non essere mai stati meglio di così. Son scelte.
Ma la m. non puzza più, da quando la carta camomilla è profumata! Ti era sfuggita vero? Questa è proprio bella; compri la carta e ti perofumi pure la porta B!
Bravo, Ivano, per il gran bel pezzo (non solo per i contenuti accattivanti, ma anche per come li hai impostati e per lo stile).
Che dire?
Il fatto che tutto viene… sdoganato, non mi pare un che di negativo.
Non scriveva terenzio “homo sum, humani nihil a me alienum puto”?
Non gridavano i contestatori degli anni Sessanta che “il privato” doveva diventare “pubblico”?
Del resto, basterebbe ricordare alcune espressioni lessicali del nostro dialetto e basterebbe guardare anche ad altre lingue: che radice ha il verbo rumeno “desmierda” che ha un valore affettivo?
Confesso che mi infastidisce di più la pubblicità che ruota intorno agli animali (cani, gatti)… trattati meglio degli uomini!
Se gli animali fossero trattati meglio degli uomini sarebbe la cosa giusta, visto che senza dubbio sono migliori: agiscono per istinto e non per cattiveria, non si sfruttano l’uno con con l’altro, non possiedono il retropensiero e quindi non sono falsi, sanno amare senza chiedere nulla in cambio. Ma, purtroppo, non è così. Una parte infinitesima di essi è coccolata in famiglia mentre tutti gli altri sono vittime dell’uomo, così come la Natura e il resto del creato, uomo incluso ovviamente.
Adriano, quella alla camomilla mi mancava proprio. E magari altre. Pregasi inviare.
Piero, secondo me questi messaggi non sdoganano un bel niente. E se Terenzio vivesse adesso lo direbbe anche lui. Producono l’effetto contrario. Non c’è niente di corporeo in questo avvicinamento…da camomilla.
Mi sembra che la versione televisiva pubblicitaria delle nostre manifestazioni corporali renda sempre più “doganato” l’insieme degli effettivi dati di realtà della nostra corporeità fisica. Quello degli spot televisivi è un mondo parallelo a quello vero, una versione edulcorata e mimetizzante, un racconto fatto di accenni, allusioni, una transustanziazione di concretezze organiche da dire e non dire, di complici strizzatine d’occhio e toccatine di gomito: lo sappiamo che è una schifezza, tra noi ci capiamo, allora prova questa cosa miracolosa, vedrai che la porcheria la risolviamo, prova e il miracolo ci sarà, compra, compra.
Il meccanismo affabulatorio non si basa su dinamismi culturali, scientifici, letterari, artistici o etici ma solo brutalmente economici. Occorre vendere sempre più cose a sempre più persone, dovunque e comunque. Per farlo, da sempre nella nostra storia, la valutazione mercantile è di commisurare l’offerta di beni e servizi alle norme sociali e alle abitudini di costume del tempo. Poiché oggi tutto è possibile e tutto è lecito, anzi accattivante e intrigante, visto il pubblico dei consumatori, vista la scomparsa del “contegno” (da “continere”, come manifestazione di dignità), ecco il pressing mediatico pure su rutti e peti. Ma non in modo “sdoganato”, per cui l’orifizio è tale e la funzione è quella. No, tutto è solo accennato e alluso, celato quanto serve e riformulato in una versione improntata al candore corporeo e all’asetticità. Tutto diviene favola. Una bella favola a cui credere, basta pagare. Un sistema sperimentatissimo sin dall’antichità, tra fonti della giovinezza, elisir toccasana, reliquie miracolose e pietre filosofali, spinto oggi all’estremo da media potentissimi e platee lobotomizzate dalla dipendenza digitale.
Il nostro corpo fisico resta quello che è, nel suo bene e nel suo male. La favola propalata per svuotarci le tasche è un’ennesima, aggiornata modalità della sua strumentalizzazione e, oggi più che mai, negazione.
Analisi interessante Martini, ciò non toglie che di fronte al biologico io distolga lo sguardo. Perché se tutto fosse sdoganato la mia smorfia di disgusto sarebbe meno accentuata e nessuna immagine, slogan o jingle pubblicitario mi porterebbe a considerare gradevole che il mio vicino di sedia, magari in estate, abbia un odore respingente. E’ questo che io intendo per sdoganamento. Altrimenti pensiamo ad alcuni lavori che nel biologico trovano nel senso comune l’unica definizione o interpretazione. Cambiare un pannolino ad un bambino non è come cambiarlo a un vecchio. Per alcuni gli odori e i corpi sono tollerabili, per altri no. Il mio senso dello sdoganamento voleva portare proprio qui. Nel senso che quello che è normale, in estate si suda ei bagni pubblici, anche con delle accortezze, puzzano, normale non lo è. Sempre proveremo repulsione e non sarà di certo la pubblicità a ricordarmi di quali entrate, uscite o sistema endocrino siamo fatti, e che esistono espedienti per porvi rimedio. Perché non ce ne sono. Anche per questa ragione mi stupisco della confidenza che padroni di cani hanno con le deiezioni dei loro animali, ma questo è altro discorso. Che però vorrebbe anche dire che se ste cinefili raccogliessero con la stessa naturalezza anche quelle umane, se mai fosse necessario, allora lo sdoganamento sarebbe realizzato. Ma non è così.
Stiamo sconfinando nel disturbo ossessivo compulsivo, tipico di quelli che si lavano le mani ogni dieci minuti nel tentativo di dominare l’ansia. E’ un bel problema, se si considera che viviamo in Europa, uno dei luoghi più popolosi della Terra. Hai voglia, odori ……. in Antartide non hanno di sicuro questi problemi. A meno che i pinguini ……..
Interessante il discorso di Ivano Macalli sulla diversità di reazione degli esseri umani rispetto alle deiezioni animali. Sia in confronto a quelle umane, sia in confronto tra loro. Sono consapevole di commettere empietà in questa ripresa di argomenti coprologici, così lontani dalla politica, dall’impegno politico e dall’arte della politica (magari forse no, chissà, vediamo un po’ quel che succede in Italia).
So per esperienza che i carnivori differiscono, anche in questo, dagli erbivori. Ho avuto per amici sia cani che cavalli e so di fare un po’ più di fatica a riempire quei piccoli sacchettini in certe viette piuttosto che portare via dal paddock una carriolata di fiande (può succedere, ogni tanto, a chi non tiene il proprio miglior amico in maneggi frequentati solo da sceicchi). Un pochino peggio coi ruminanti bovini. Molto peggio con gli onnivori suini. Girando a campi, soprattutto in certi mesi, le variazioni concimistiche ci son tutte. In fondo, ci si fa l’abitudine. È una fortuna non essere dei fighetti metropolitani, non abituati alle nostre rustiche, afrose ruralità.
Insomma, certe cose fatte dall’uomo, all’uomo fanno più ribrezzo, è assodato. Ammettiamolo, in questo ci facciamo proprio schifo.
Girate in campagna e imbattetevi in certe sorpresine, frutto di malcelati sforzi agresti. “Homo sum, humani nihil a me alienum puto”? Non lo so, avrei voluto vederlo, Terenzio (anzi Cremète, forse era antenato del nostro fondatore), dopo un’incauta pestata. A meno che, il “punitore di se stesso” si chiamasse così proprio a causa di determinate disavventure. Ma portiamo pazienza, presto o tardi qualche geniale pubblicitario riuscirà a convincerci che, comprando un certo prodotto, anche quella cosa ci piacerà da matti.
Molto simpatico Martini. In visita ad una azienda agricola di una bambina della mia classe, accompagnati dalla mamma, veterinario, e dal padre, allevatore, prendendo spunto dalla differenziazione tra erbivori, carnivori e onnivori del suo ultimo commento, siamo stati immediatamente richiamati, di fronte alla schizzinosita’ di bambini quasi metropolitani, con la spiegazione che i bovini mangiano solo fieno e paglia. A sottolineare cosa fermenta in pancia, a noi e alle mucche. Ci siamo subito rilassati tutti proponendoci di diventare vegetariani. Le cose si devono sapere. Però poi, pensandoci bene, e considerando che le puzze sono sempre quelle degli altri e mai le nostre, ci siamo fondati su pane e salame.
….gustoso il lapsus calami da “fiondati” (I suppose!) a “fondati”!!!
Fiondati, senza dubbio!
Lo spot denominato da qualche sagace commentatore: “Chicco, dove c’è un cretino”.
https://www.youtube.com/watch?v=upxsL__Wm_U&feature=youtu.be
Se non si arriva al fanatismo,un po di gel da un tono, e…
truccata e profumata è meglio.
Non vi è alcun dubbio, amici, che tutto è edulcorato (mascherato, … doganato) dagli spot pubblicitari, ma questo appartiene intrinsecamente alla loro “logica”: io mi riferivo, ovviamente, ai “contenuti”, non alla “forma”.
Chissà ad esempio cosa direbbe Livio Cade’, ormai sparito, peccato, su questo argomento.
Livio Cadè, se ti interessa, Ivano, potrai sentirlo al Caffé filosofico di dicembre quanto, assieme a Secondo Giacobbi, Guido Antonioli, Bruno Cordani e la nostra Rita Remagnino (a dire il vero, sono tutti… nostri collaboratori o ex collaboratori) presenterà un pamphlet a dir poco dirompente.
Secondo il mio pensiero non è in buona compagnia … ma chissà. Ricordo bene i miei contrasti con tutti loro … ma chissà. Già il “dirompente” mi inquieta parecchio.
….che gustosa combriccola! Grazie dell’anteprima Piero….
E poi dicono che gli intellettuali sono tutti di sinistra.
Solo quelli con il Rolex e la maglietta rossa, l’attico in centro storico e il monolocale a New York, attualmente un po’ fuori fase per il crollo di un’egemonia culturale durata 70anni, i quali, riuniti nei loro salotti esclusivi si stanno chiedendo l’uno con l’altro: com’è possibile che abbiano vinto i barbari?; il popolo licenzia proprio noi che siamo «il meglio», i civili, gli illuminati? Si poneva le stesse domande il patriziato alla vigilia della caduta dell’Impero Romano, e comunque ogni élite prima dell’estinzione. Non sempre uguale ma seguendo le stesse tappe, la Storia si ripete.
Colgo l’occasione per annunciare che nei prossimi giorni Cremascolta, a grande richiesta, pubblicherà l’e-book di Livio Cadè “BLOGOMACHIA – come mangiare cavoli a merenda”, scaricabile anche in pdf, che raccoglie i “domenicali” dell’autore. Sarà l’occasione per aprire nuove discussioni e fare altre riflessioni su problemi d’intramontabile attualità.
Un piccolo aggiornamento. Gwyneth Paltrow ha messo in vendita sul suo sito, per 58 euro, una candela al profumo della sua vagina, ottenuto con bergamotto, geranio,cedro alla rosa e altre essenze. Andate subito a ruba, ora, sui vari siti, vengono cedute al modico prezzo compreso tra i 160 e i 400 euro, con buona pace di feticisti/e che non vedono l’ora di trovare sul mercato un candelotto al profumo di c++++ di non so quale furbissimo maschietto, famoso naturalmente.
Dopo affannosa ricerca, archivio cambiando nome, non catalogo, aggiorno il post per segnalare il nuovo spot in materia di assorbenti femminili “Nuvenia pure sensitive” che senz’altro avrete visto. Per dire che alla volgarità contemporanea non c’è fine. Non dico il pudore a tutti i costi che potrebbe limitare tanti divertimenti, capisco i doppi sensi o le allusioni che però spesso infastidiscono pure loro, capisco lo smantellamento di tante pruderie, ma sbattertela in faccia in periodo “impuro” forse è un’esagerazione, quella di una cicciona tutta soddisfatta oltretutto. Si vedono pubblicità che alludono a freschezze vaginali, a ragadi o emorroidi e perdite varie, ma sempre col buongusto di usare attrici o figuranti di bellezza rassicurante, che evochino parti anatomiche non così devastate dalla pinguedine e dai cedimenti umani certamente poco estetici. Naturalmente tutto il rispetto per l’umana involuzione corporea di tutti, magari si superi un po’ la prova costume, femminile o maschile che sia, perchè non si deve esagerare coi miti della giovinezza e bellezza a tutti i costi da ricordare epurazioni razziali o solo estetiche che siano. Immaginate L’origine del mondo di Courbet con tanto di rivolo…Insomma, un po’ di buon gusto per favore.
Non fosse che per il gustosissimo “come eravamo” (estate 2018!), grazie davvero Ivano!
Parafrasandoti Francesco: come siamo purtroppo. O sarà la senilità? Noi che dicono che ai nostri tempi abbiamo sperimentato il libero amore, le coppie aperte e altre trasgressioni. Adesso siamo qui a scandalizzarci per un po’ di rosso? Non è che la morale è solo anagrafica? Poi sai che i vecchi amori non si scordano mai.
Credo che semplicemento si tratti di moderare la volgarità esibita e avere un minimo di buon gusto e non incentivare a bella posta (il profumo dei dollars attira sempre!) feticismi e pruderie varie spesso li latenti, solo in attesa di ….innesco!