Come difenderci?
È il tempo – quello della campagna elettorale – delle promesse. Ed è giusto così: le forze politiche non possono che promettere. Ciò che conta è che le promesse siano credibili: se non lo fossero, non ci troveremmo di fronte a demagoghi? Ma… come stabilire la credibilità delle promesse elettorali? Come, cioè, difenderci, dai demagoghi? Sono demagogiche le promesse del reddito di cittadinanza del M5S, della flat tax della Lega e di Forza Italia, dell’abolizione delle tasse universitarie di Liberi e uguali? Non ho certo la pretesa di stabilirlo io. In questo post io mi limito a segnalare fonti che, in tema di compatibilità economica, hanno di sicuro una maggiore attendibilità: giusto per “ragionare”, per soppesare vantaggi e svantaggi. L’Osservatorio di Carlo Cottarelli, il noto ex commissario alla spending revew, creato dall’Università Cattolica di Milano, in primo luogo, che ha affrontato in questi giorni la promessa della flat tax, un’imposta ad aliquota fissa per tutti i tipi di reddito (la Lega propone un’aliquota del 15%).
Nessuna correlazione automatica
- È vero che tale aliquota fissa, che sostituirebbe le aliquote “progressive”, sarebbe in grado di incentivare la crescita e quindi di far crescere il gettito fiscale? L’Osservatorio di Milano né condanna né assolve, ma esamina la proposta con attenzione. Ci sarebbe indubbiamente una semplificazione del sistema fiscale, ma – si puntualizza – l’attuale complessità non deriva tanto dalla diversità di aliquote, ma dalla “pletora delle agevolazioni varie”.
- Verrebbe meno l’incentivo ad evadere con un’aliquota più bassa? Non è automatico, ma anzi potrebbe accadere il contrario: considerato che la multa se si è scoperti è “proporzionale alle tasse che si sarebbe dovuto pagare […], una riduzione della imposta implica una multa minore, che a sua volta potrebbe incentivare l’evasione fiscale”.
- Ma… non sarebbe assicurata una maggiore crescita economica e di conseguenza un gettito superiore al costo della riforma fiscale (che, per quanto riguarda la proposta della Lega, sarebbe di circa 40 miliardi)? L’Osservatorio di Carlo Cottarelli, sulla base dei dati che provengono dai Paesi dell’Est europeo che hanno applicato tale flat tax, evidenzia il fatto che solo la Russia, la Lituania e la Lettonia hanno registrato un gettito maggiore rispetto al Pil (tre su 8 Paesi) e che “è difficile provare empiricamente la correlazione tra maggiore crescita e nuovo sistema di tassazione”.
Un principio sacrosanto
Rinvio al sito della Cattolica l’analisi ragionata più dettagliata. Da parte mia solo un’osservazione. A prescindere dalle implicanze economiche, la progressività delle imposte è un principio che ritengo sacrosanto di una democrazia (è stato recepito, come sappiamo, dalla stessa nostra Costituzione). Con questo non intendo dire che non si debba semplificare ed, eventualmente, riequilibrare le aliquote, ma sempre nel rispetto del principio: di fronte a disuguaglianze crescenti, non sarebbe scandaloso introdurre riforme destinate ad accrescere ulteriormente tali disuguaglianze.
Commenti
Ho trovato pacata l’analisi dell’Osservatorio curato da Cottarelli: una pacatezza che non riscontro (se non raramente: penso, ad esempio, al ministro Beatrice Lorenzin) nella campagna elettorale.
Dovrebbe essere un buon costume quello di abituare la gente a “ragionare”, a vedere i pro e i contro: non ci sono ricette magiche, ma tutti i politici presentano le loro proposte come, appunto, miracolose!
Io credo che sia normale che in campagna elettorale escano proposte strampalate e demagogiche. Chi vota in base alle parole di une mese prima delle elezioni non ha nessun interesse a ragionare sui problemi e sulle soluzioni. Il cittadino consapevole si è informato molto prima e ha già deciso chi votare, se lasciare la scheda in bianco o se stare a casa (atteggiamento che ritengo ipocrita, ma è una possibilità scelta dalla maggioranza).
Certo non è bello vedere la corsa a chi la dice più grossa, ma conosciamo i personaggi pre campagna elettorale per giudicare.
La Costituzione, continuamente citata e invocata, non parla affatto (né mai si sarebbe sognata) di una tassazione al 68%!!! Perché è questa l’aliquota che pagano i lavoratori non-dipendenti. Si tratta di una rapina in piena regola. Tant’è vero che i negozi chiudono, le partite Iva cessano l’attività, gli artigiani cercano di fare una parte di nero per sopravvivere e pagare l’unico dipendente che hanno, le aziende delocalizzano, i pensionati emigrano all’estero e così via.
Tutti in fuga dal fisco più rapace del mondo.
E’ chiaro che serve una “rivoluzione fiscale”, non un ritocchino all’italiana.
Come dici tu, Piero, l’osservatorio di Cottarelli “né condanna né assolve” la flat tax (come potrebbe prevederne gli effetti?, non è solo una questione di numeri, le variabili sono molteplici) e perciò non ci resta altro che provare. Abbiamo un’altra scelta?
Provo a entrare nel merito con i miei poveri mezzi (vedo che tu, Rita, dimostri sicurezza su tutto: io so benissimo invece di sapere poco e solo solo di alcuni settori).
In tema del prelievo fiscale in rapporto al Pil – leggo – l’Italia è al quinto posto in Europa: in testa è la Francia.
A proposito di aliquote fiscali marginali l’Italia è leggermente al di sotto di Francia, Germania, Spagna e di altri Paesi (noi siamo al 43% contro il 50%, ad esempio, della Spagna).
Con questo non intendo per niente dire che non si debba toccare il nostro sistema fiscale (tutt’altro).
Io ho provato (sempre con i miei pochi mezzi) ad esaminare la promessa della flat tax, giusto per “ragionare”: non dico che si tratti di una “promessa irrealizzabile” e di conseguenza, se vogliamo usare l’espressione del card. Bassetti, “immorale”.
Quello che invito a fare è “ragionare” sui pro e i contro. Tutto qui.
Sicurezza su tutto?
Ma se ho detto “non ci resta altro che provare”!
Via, non giriamo sempre la frittata.
Riprendo ad analizzare la proposta della Lega che, tra l’altro, prevede di eliminare l’obbligo, per i lavoratori dipendenti, della trattenuta alla fonte: non siamo in presenza di una misura destinata a incentivare l’evasione fiscale?
Oggi i lavoratori dipendenti sono gli unici che pagano le imposte fino all’ultimo centesimo (a meno che, nelle ore libere o durante la cassa integrazione facciano lavoro nero). Domani si comporterebbero che molti evasori di oggi.
So bene che si debba eliminare la discriminazione tra lavoratori dipendenti e lavoratori autonomi, ma con un sistema che “incentivi” tutti a non evadere il fisco.
Una ulteriore considerazione a proposito della proposta di Forza Italia e della Lega.
Si tratta di una proposta seria, non irrealizzabile, se è vero che è già stata applicata in 8 Paesi dell’Est europeo. Non solo: l’idea della flat tax è stata proposta anche da un istituto prestigioso che è la Fondazione Bruno Leoni (con delle varianti rispetto alle due formulazioni di Forza Italia e della Lega).
Stando, comunque, all’Osservatorio curato da Cottarelli, solo in 3 Paesi su 8 si è verificata una crescita del gettito fiscale e a proposito dei 3 che invece hanno registrato tale aumento, non vi è alcuna evidenza empirica che questo sia il prodotto della riforma fiscale introdotta.
Non c’è, quindi, alcuna garanzia che che il gettito fiscale aumenti e neppure che vengano recuperati i 40 miliardi che sono il costo della riforma.
La Flat Tax è un falso mito:
1. A livello concettuale non rispetta il principio costituzionale di progressività della tassazione, magari non formalmente, ma sostanzialmente; come giustamente sottolineava Piero.
2. Senza essere grandi economisti, è sufficiente dare un’occhiata ad un grafico che compara il sistema attuale (cattivo finché si vuole) con le proposte elettorali della destra.
[ https://st.ilfattoquotidiano.it/wp-content/uploads/2018/01/22/baldini1-660×385-630×368.png ]
La curva verde parte dallo stesso punto ed è coincidente con la blu fino a redditi di 15-20 mila euro. Il vantaggio parte dopo, in quelle fasce di reddito che possono tranquillamente pagare una percentuale più alta.
3. Sempre guardando il grafico si vede che, più che di flat tax (che sarebbe una linea orizzontale) parliamo di un tetto massimo alla tassazione (un taglio alla parte destra della curva), che di nuovo è a beneficio delle fasce alte di reddito.
4. Che ci siano o meno le coperture, rimane il fatto che servono un sacco di soldi per finanziare una riforma che non ha necessariamente impatto sull’economia reale.
Il problema si chiama LAVORO, non TASSE. Meno TASSE implica più LAVORO? Non credo sia così semplice; soprattutto se, dopo aver dilapidato tutte le coperture disponibili per la flat tax, ti ritrovi a dover riformare il sistema lavoro col cerino in mano.
5. Ricordiamo sempre chi ci sta proponendo questa cosa: Lega Nord (Anche se Nord l’han tolto sono quelli di prima) e Silvio Berlusconi. Come ricorda una simpatica vignetta che gira su facebook in questi giorni: “Quando vai a votare, se metti la testa sotto la sabbia, ricorda che il culo resta fuori (ti fidi di avere intorno Berlusca in tale circostanza? Mah… XD)”.
Beata gioventù: l’Età delle Certezze.
Fortuna che poi passa. Quelli come me che di certezze non ne hanno più, possono solo considerare che “in campo” non c’è una rosa di cinque-dieci progetti di riforma fiscale tra i quali poter scegliere il meno peggio. Anzi, non ce n’è proprio. Tutti offrono buoni-premio ma di tasse non se ne parla. E le tasse, insieme al problema sicurezza/immigrazione selvaggia, sono esattamente ciò che fa vivere male gli italiani.
Come si superano questi due ostacoli?
Dai politici in corsa sento dire ogni giorno (sic!) nient’altro che baggianate.
Continuo ad aspettare la proposta intelligente, se mai arriverà.
…..bella palla “padron Piero”; come si suol dire “sembran palle, ma a ….stringerle fan male”!!!!
Entriamoci dentro in questi “programmi elettorali”, argomento per argomento” e quello che hai scelto come entrée è di quelle che ….contano!
Mattia ci ha dato un bello ….spintone e la voglia di capirci un pò di più sta salendo!
Vien voglia quasi di dimenticare che per questa nuova sceneggiata di Marzo (che già è ….pazzerello di suo!), non si capisce bene chi sono i “personaggi” e, invece purtroppo (salvo rare eccezioni), si conoscono assai bene gli “interpreti” (tralascio per …amor di patria considerazioni su “copione” e “sceneggiatura”).
Certo è che l’incipit: il “berlusca” (vera e propria “maschera” della nuova “commedia dell’arte”!) che va a Bruxelles a “tranquillizzare” l’EU, è al di la di ogni fantasia del più ….spinellato Goldoni! Lui, condannato definitivo, nemmeno candidabile che va a ….tranquillizzare sul futuro del “buffo stivale” a ….. sipario della “sceneggiata” chiuso!
Dai che oggi c’è il sole…..
Sotto questo aspetto siamo un Paese unico al mondo: l’incandidabile Berlusconi va a Bruxelles non si sa bene a quale titolo e in veste di cosa mentre il comico Grillo, che si è premurato persino di far togliere il suo nome dal simbolo pentastellato e non vede l’ora che arrivi il 4 marzo per andare fuori dalle balle, dà indicazioni sul voto da un blog che non è il suo bensì di una società di marketing.
Mi chiedo cosa li paghiamo a fare tanti deputati e senatori.
Anche loro sono lavoratori socialmente inutili.
Ieri sera mi è capitato di vedere (10 minuti perché di più non reggo) un’intervista alla Lorenzin che, dopo aver attraversato tutti i partiti dell’arco istituzionale e siccome nessuno la voleva, ha fondato il Partito Petaloso (la definizione è sua). Una nullità assoluta. Ecco chi va in politica oggi in Italia.
Grazie, Mattia, per le tue osservazioni.
Io mi limito ad aggiungere, sempre sulla scorta dell’Osservatorio dell’Università Cattolica, che a non avere alcun beneficio dalla flat tax è proprio il ceto medio che Forza Italia e la Lega vorrebbero rappresentare. In effetti ad essere avvantaggiati sono naturalmente i ricchi, ma sono anche, per via dell’estensione della “no-tax area”, i cittadini di redditi bassi, mentre i redditi medi pagherebbero sostanzialmente l’aliquota attuale.
Dopo i dati forniti l’altro ieri da Oxfam, a mio avviso (e lo ripeto), sarebbe scandaloso fare ulteriori regali fiscali ai ricchi (all’1% che possiede l’equivalente di quanto posseduto dal restante 99%).
Sulla base poi delle ricerche del Premio Nobel Stiglitz (in questi ultimi mesi sto letteralmente… sbranando i suoi libri), la teoria secondo cui tagliando le imposte ai ricchi si incentivano gli investimenti e quindi l’occupazione è stata dimostrata falsa da quando la svolta è stata applicata dalla Thatcher e da Reagan e lo è a maggior ragione oggi in un mondo in cui a prevalere non è l’economia reale, ma l’economia finanziaria.
E’ il mantra di Renzi che la flat tax dia ai ricchi per togliere ai poveri. Detto da uno che ha salvato le banche per affondare i piccoli risparmiatori, è tutto un programma. E difatti, nessuno gli dà retta.
Se poi, come dici tu, Piero, “i redditi medi pagherebbero sostanzialmente l’aliquota attuale”, mi chiedo cosa abbia da perdere la maggioranza degli italiani. Tanto vale provare.
http://www.brunoleoni.it/tagliare-le-tasse-per-aiutare-il-ceto-medio
….e dopo che “don berlusca” si è ….speso per rassicurare(sic!) Bruxelles, il suo “co leader” dichiara con iattanza da Roma (oramai sdoganata da ogni sospetto di essere “ladrona”!) che , se del caso, dei limiti di Bruxelles ….. se ne fa un baffo, con lo stantuffo!
Pare che da Buxelles abbiano commentato: “….stamo bbbene”!!!
Non si può neanche più dire “siamo alle comiche finali”, perchè il “già doppiopettato” che aveva coniato questa sprezzante sentenza (indirizzata al suddetto don berlusca che fondava il “partito del predellino”) stanno cercando di ….”metterloo dentro” per riciclaggio!
Dai, che ….nemmeno i Simpson!
Insomma, coi “circenses” siamo al massimo, è con il “panem” che …..andiamo così/così!
Come avrai notato, Rita, ho proprio citato il prestigioso Istituto Bruno Leoni tra coloro che propongono la flat tax (c’è anche “Energie per l’Italia”): si tratta di proposte con formulazioni diverse anche se tutte vanno nella stessa direzione. Quanto scrive l’Osservatorio della Cattolica – che ho citato – riguarda la “versione Lega” che estende l’area della non tassazione e quindi salvaguarda i redditi più bassi, avvantaggia i redditi alti, ma non avvantaggia per nulla il ceto medio.
Ho linkato Bruno Leoni perché mi sembra giusto dare dei riferimenti a chi vuole approfondire la conoscenza della flat tax aggirando l’ostacolo pernicioso della stampa istituzionale. Un altro blog da tenere in evidenza, per quanti s’interessano di economia, è quello di Alberto Bagnai, a lungo corteggiato (e pluricitato) dal M5s e oggi candidato nelle file della Lega.
http://albertobagnai.it/blog/
Non essendo nati ieri sappiamo benissimo quale “mercato” ruota attorno agli economisti, che si arrabattano continuamente tra carriere accademiche, consulenze milionarie e cadreghe politiche. E’ dunque meglio sentirli tutti e non fidarsi di nessuno. Tanto, la ricetta perfetta non la sanno, altrimenti non regnerebbe il caos che c’è nel mondo economico.
INVIO QUI, TRA TANTI POST O TEMI CHE SI ACCAVALLANO TUTTI.
Tradizioni: rassegne eno-gastronomiche? Non facciamo gli ipocriti, cari signori. Il problema non sono le nostre radici, che con il mondo globalizzato abbiamo ormai azzerato, il problema è che non ne vengano ad impiantare altre. Tutto questo mi pare solo un immobilismo culturale che non è mai esistito in nessuna epoca, magari oggi con qualche accelerazione, e soprattutto paure in più, rispetto ad altri secoli, dove il cammino della Storia ci appare più lento, perché se qualcuno provasse a definire l’identità occidentale credo che si perderebbe in mille rivoli da non raccapezzarsi più. Valuti ognuno se poi le nostre tradizioni siano servite o meno a costruire ad esempio un’identità italiana oltre gli stereotipi del belpaese. Del resto le differenze sono tali, nonostante la massificazione di cinquant’anni di televisione, che vien da chiedersi cosa mai ci sia da conservare. L’identità cristiana o quel poco di benessere (malessere) economico che ci è rimasto? Perché, guarda caso, il problema “razziale” emerge sempre in momenti di grave situazione economica, in un paese dove le disuguaglianze economiche stanno crescendo a dismisura, dove studi di settore descrivono disuguaglianze tali ben peggiori di tante invasioni, dove l’Italia è in 24esima posizione rispetto a quanto altri paesi europei han fatto per arginare il disastro. Sono questi i problemi di cui dobbiamo occuparci, non di folcloristiche processioni, di sagre di paese, di festicciole fuori porta, tra tartufi, radici, quelle da mangiare, torta Pasqualina o sbrisolona, torrone e tortelli cremaschi, festa del barolo o della frittura. Che van bene naturalmente, il mercato da quel punto di vista funziona, insieme al turismo, al mare, alle città d’arte, ai musei, ma ricordiamoci che è tutta Storia, in una società così frammentata, tra nord e sud, ancora adesso, e terre di confine assolutamente autoctone, tra isole e continente, istruzione e abbandono scolastico, tra ricchi e poveri, giovani e vecchi, e lasciamo stare la politica, quella forse l’unica categoria identificante, ma sarebbe meglio il contrario di questi tempi. Cosa sono quindi queste tradizioni? Non è forse l’economia globalizzata che ne ha decretato l’azzeramento? Del resto basta scorrere i dati di Davos per vedere quanto le rivendicazioni economiche a cui gran parte della popolazione mondiale avrebbe diritto saranno determinanti in questo sovvertimento geografico, dove in molti rinuncerebbero benissimo ai loro usi e costumi in cambio di una vita dignitosa. Popolazioni apparentemente forti se si vuol parlare di identità, ma per carità. Allora cosa invidiare? La nostra identità, se mai etichettabile, cosa mai sarebbe in un disastro economico prossimo venturo? Vorrebbe dire solo arretratezza culturale, che poi è quello che succederà all’occidente, e sempre è successo in altre aree geografiche, nonostante un pil mondiale in crescita ancora da un punto percentuale, che però nelle tasche della popolazione non ha distribuito un bel niente: l’82% della nuova ricchezza prodotta è finita all’1% della popolazione, ogni quattro giorni in questi anni è nato un miliardario che ha fatti i soldi nello sfruttamento intensivo del lavoro mondiale, ci sono ancora bambini che spaccano pietre e cercano cibo nelle discariche delle grandi megalopoli (SimoneWeil aveva visto bene), dove l’intero guadagno di una vita di un lavoratore del terzo mondo corrisponde a quattro giorni di retribuzione di un grande manager. Allora? Difesa delle tradizioni o regole economiche mondiali? Basta prendersela con quattro poveracci quando ormai nel mondo economico vige un’anarchia di regole che avvantaggia sempre di più i pochi a discapito dei molti. Perché quando saremo tutti morti di fame cosa ce ne faremo di quel folclore che sono diventate le nostre tradizioni?
Traduzione per i paladini delle nostre tradizioni, prima che mi si accusi del solito rebelot: QUALCUNO MI VUOLE SPIEGARE COS’E’ L’IDENTITA’ ITALIANA? E anche difese, delle nostre tradizioni, se l’economia non riprendesse, nonostante i proclami ottimistici e le promesse elettorali, cosa ce ne faremmo? Perché ricordiamoci che un’economia sana ha garantito in questi decenni uno sviluppo culturale, almeno rivendicato da alcuni, che possiamo benissimo chiamare libertà e democrazia, o diritti civili, che piacciano o non piacciano, e che non sono stati promossi o garantiti in tante altri parti del mondo, ma che rischierebbe di venir meno anche da noi se ritornassimo poveri. Allora, cosa sono le tradizioni di fronte ad un mondo economico e finanziario come questo? Un fico secco! E ancora, chi determina le trasformazioni identitarie se non le leggi dell’economia?
Ulteriore sintesi: i problemi vanno affrontati globalmente, non localmente, e i miei discorsi contro i separatismi o campanilismi di questi anni di blog trovano ormai conferma nel “così va il mondo”. Che piaccia o no.
Era più ottimista Winston Churchill nel discorso del dopo guerra a .Zurigo:
“…Questo nobile continente,che comprende nel suo insieme le più belle e coltivate regioni della terra,che gode di un clima regolare e temperato,è la casa di tutte le razze imparentate del mondo occidentale.E’ la fonte della fede Cristiana e dell’etica Cristiana. E’ il luogo d’origine della maggior parte della cultura,delle arti,della filosofia e della scienza dei tempi antichi e moderni”.
Devi ammettere, Graziano, che quello di Churchill era un altro mondo.
Allora l’Europa c’era, non era ancora stata disintegrata dall’euro.
Ecco, lupus in fabula. Questo l’ho letto adesso:
http://www.ereticamente.net/2018/01/il-ministero-della-solitudine-roberto-pecchioli.html
Mai, amici, avrei immaginato di approfondire così una promessa elettorale. Lo devo a CremAscolta, un blog che, se non ci fosse, bisognerebbe inventare (quanti libri ho letto in questi tre anni grazie – o anche grazie agli stimoli del blog!).
Un conto è la flat tax di Berlusconi (con un’aliquota del 23%) e un conto quella di Salvini (col 15%) e un conto ancora quella dell’Istituto Bruno Leoni.
Il 23% è, grosso modo, l’aliquota mediana (quella più alta è del 43%), mentre quella di Salvini è notevolmente più bassa. La formulazione poi dell’Istituto Leoni è diversa da quella dei partiti in questione perché non solo prevede un’aliquota fissa del 25%, ma estende tale aliquota anche all’Iva.
Una considerazione sull’estensione all’Iva che è una domanda: è giusto che chi acquista una Ferrari o una Lamborghini paghi la stessa aliquota di chi compra una Panda? è giusto non prevedere alcuna differenza tra chi acquista un bene di largo consumo e chi un bene di lusso?
Un’altra considerazione: la flat tax non viola del tutto il principio della progressività delle imposte prevista dalla Costituzione in quanto prevede un’ampia “no-tax area” e, quindi, l’aliquota unica costituirebbe una “progressività”.
Continuo ad approfondire per i miei 3-4 lettori.
Sulla base dei dati forniti in questi giorni dall’Oxfam (e che lo stesso Ivano ha citato in un suo ampio commento), mi permetto una ulteriore domanda: non è immorale prevedere in generale regali fiscali per i redditi dell’1% più ricco e, in in particolare, una medesima aliquota fiscale per il reddito da lavoro e per il reddito da capitale? Non regaleremmo ulteriori soldi a chi specula sulle Borse?
La flat tax non fa che inasprire le già scandalose disuguaglianze sociali.
E c’è dell’altro (già detto e che qui mi pare doveroso sintetizzare): la flat tax
– non garantisce per nulla una crescita del gettito fiscale (il caso della Russia va visto nella sua peculiarità: la riforma, infatti, ha allargato la base imponibile tagliando esenzioni e deduzioni fiscali),
– non garantisce neppure il recupero dei 40 miliardi che rappresenta il costo della flat tax stessa (nella versione Lega),
– potrebbe incentivare la stessa evasione a causa della minore “multa” che si avrebbe in caso si sia scoperti.
– non dà alcun vantaggio alla middle class, una classe che – come è noto – sta soffrendo non poco.
Tutti rilievi che ho trovato nell’Osservatorio in questione.
Rilievi più specifici, poi, andrebbero fatti a proposito delle singole formulazioni (quella più complessa è quella dell’Istituto Bruno Leoni).
Difatti Piero, rubo una frase a te cara, il problema è complesso. Molto di più dell’idea della lavagna divisa in due con a destra i “pro” e a sinistra i “contro”, poi alla fine si vede chi ha totalizzato più punti e tiriamo le somme.
Abbiamo capito che non ti piace la flat tax, tuttavia non puoi negare che ogni economista stia tirando l’acqua al suo mulino enfatizzando certi aspetti per nasconderne altri. In questa scalcinatissima campagna elettorale la flat tax è inoltre l’unica proposta fiscale presente, altre non ce ne sono, quindi direi che vale la pena di tentare e poi, con tutti i cervelloni di cui disponiamo, si faranno i correttivi necessari per la sua applicazione. E’ così per ogni legge che viene varata.
D’altro canto escludo categoricamente, per quanto mi riguarda, la possibilità di continuare con il tran tran attuale, come auspica il Pd, che dove ci ha portato è sotto gli occhi di tutti.
Quanto all’Oxfam, diciamo anche che è una cordata che raccoglie una ventina di Ong. Sarà mica un po’ parte in causa? No, vero. Non c’è pericolo.
Mi sono proposto, Rita, con questo post, di “ragionare”, di ragionare con i miei pochi mezzi culturali e sulla base di analisi di sicuro più “credibili” (di sicuro un’Osservatorio di una università ha più carte di un provinciale come che ha solo la passione per l’economia e non le competenze).
Ragionare: è quello che dovrebbero fare tutti gli elettori avveduti (quelli cioè che non “bevono tutto ciò che esce dalla bocca dei loro politici di riferimento).
Vedo allora di scavare ancora un po’ (sempre con i miei pochi strumenti a disposizione).
Ho sondato i sistemi fiscali dei Paesi europei e scopro che tutti quelli “occidentali” hanno adottato, anche molto più di noi, il criterio della “progressività”: ce n’è uno che ha addirittura 18 aliquote e noto che l’aliquota più alta è… più alta (rispetto all’Italia) in Germania, in Gran Bretagna, in Spagna, in Grecia, in Belgio, in Olanda, in Svezia, in Austria.
La cosa che sorprende è che i Paesi con più tradizione “capitalista” hanno un regime fiscale più “socialista”, mentre i Paesi ex comunisti hanno un regime fiscale più “capitalista”.
Si, Piero, però di “Osservatori” ce n’è di tutti i generi, tutti sono titolati e tutti fan parlare questo o quel docente universitario che dice la sua (e fa il suo gioco, perché non è che ai prof non piacciano le cadreghe, tutt’altro).
Qui ci vorrebbe un pool di fiscalisti, altro che “ragionare”. Che poi, probabilmente non basterebbe neppure quello. Il mio discorso è molto più semplice: quante proposte fiscali ci sono sul tappeto in questa campagna elettorale?; una, la flat tax. Proviamola.
Non abbiamo assolutamente niente da perdere, mal che vada continueremo a pagare il 68% sul reddito. Di più, è umanamente impossibile.
Io, Rita, non intendo… bere nulla, ma semplicemente ragionare, capire i pro e i contro per poter decidere.
Non intendo qui entrare nel merito dei diversi sistemi fiscali in vigore in Europa (non solo le aliquote sono diverse, ma diverse sono pure gli scaglioni di reddito su cui vengono applicate). Ho voluto solo sottolineare il fatto che la “progressività” delle imposte è la regola di tutti i Paesi dell’Europa occidentale, che la pressione fiscale italiana è perfettamente allineata con quella di Paesi come la Francia, la Germania e la Gran Bretagna e che l’aliquota marginale è, in alcuni casi, decisamente meno elevata rispetto ad altri Paesi (43% contro il 52% dell’Olanda, il 50% del Belgio, il 55% della Svezia solo la Svizzera e il Lussemburgo si permettono aliquote marginali più basse, il 39% il Lussemburgo e l’11,5% la Svizzera).
E’ chiaro, poi, che la pressione fiscale andrebbe confrontata con la qualità dei servizi offerti, ma questo discorso ci porterebbe molto lontano.
Cominciamo a sgombrare il campo dalle… bufale o dalle mezze verità che si mettono in circolo!
Si certo, in Francia ti rimborsano anche lo scontrino della carta igienica e in Olanda sono compresi nella spesa sanitaria anche i cerotti. Noi paghiamo tutto!!! La pressione fiscale italiana è totalmente ingiustificata, serve solo ad alimentare il magna magna statale. Sono soldi portati via, punto e basta.
E basta con la bufala delle bufale!! Non se ne può più di questa caccia alle streghe 2.0. Dai comunisti che mangiavano i bambini siamo passati a siti e blog (i giornali no, sono la voce del padrone) da mettere all’indice. Non è che abbiamo fatto tanta strada, ci siamo fermati ai roghi.
….. sto pagando una bolletta gas di 315,75 € che si articola in queste voci:
– spesa per la materia gas naturale 116,08
– spesa per il trasporto e la gestione del contatore 58,16
– spesa per oneri di sistema 20,67
– imposte 81,92
– altre partite 0,50
– IVA 38,42
E vi assicuro che il fornitore non è uno di quelli che ci…..specula!
Per via della ….pressione!
Non entro nelle polemiche politiche, Rita, tanto più nella campagna elettorale.
A me interessa solo sforzarmi di capire perché lo ritengo un dovere per poi votare con un minimo di libertà.
A questo punto della mia ricerca posso solo dire che la tassazione italiana (mi riferisco alla tassazione statale: immagino che anche in altri Paesi ci siano tasse locali, in primis la tassa sulla casa) è in linea con quella dei Paesi europei con una popolazione affine e che l’aliquota marginale non è certo tra le più alte (e l’ho puntualmente riferito in questa ricerca che mi sta appassionando: ringrazio sempre i miei tre-quattro lettori che mi stimolano).
Con questo non intendo affatto dire che il sistema attuale non vada riformato (finora mi sono convinto, sulla base dell’analisi dell’Osservatorio della Cattolica) che le varie formulazioni della flat tax presentano molte pecche. Spero di poter esaminare anche altre proposte e lo farò con mente aperta, come vorrei esaminare con mente aperta anche la proposta del M5S del reddito di cittadinanza e quella di Liberi e Uguali a proposito della soppressione delle tasse universitarie.
La cosa che non sorprende affatto è che tutte le forze politiche promettono di tagliare le tasse. Ora, ciò che mi incuriosisce è il “come”. Ho già ampiamente esaminato il “come” delle proposte di Forza Italia, della lega e dell’Istituto Bruno Leoni (che è quella sposata da Energie per l’Italia di Parisi).
Non ho ricette (ci mancherebbe!), ma quello che mi pare di poter dire è quanto segue (che mi pare né di sinistra né di destra, ma di buon senso):
se vogliamo (e tutto lo vogliamo) abbassare le tasse – in particolare a favore dei ceti medio-bassi – due sono le opzioni:
– tagliare drasticamente la spesa pubblica,
– o/e riuscire a contenere il più possibile l’evasione fiscale.
Tagliare la spesa pubblica (che non incida, naturalmente, sull’Welfare) è possibile (Ivano Macalli ha elencato proprio oggi alcuni tagli necessari), ma è un’impresa tutt’altro che agevole: l’hanno dimostrato tutti i commissari alla spending revew, tra cui Carlo Cottarelli. Ed è un’impresa difficile anche perché i tagli comportano quasi sempre tagli anche all’occupazione. E’ lo stesso Cottarelli che l’ha sempre detto. Tagliare la spesa pubblica poi deprime la domanda e quindi i consumi.
Le difficoltà, comunque, non dovrebbero fermare iniziative legislative (su questi temi – tagliare sprechi e privilegi – io vedrei uno sforzo unanime di tutto il parlamento).
La lotta all’evasione fiscale, poi, pare sia un’impresa ancora più ardua (è da almeno dagli anni Settanta che tutte le forze politiche insistono su tale lotta).
Il maggiore gettito sarebbe enorme: sempre l’Osservatorio di Cottarelli parla di un’ammontare dell’evasione di “almeno 130 miliardi”, vale a dire l’8% del Pil.
l’Osservatorio in questione ci informa che se l’evasione fosse stata “anche solo di un ottavo più bassa di quella effettiva, le entrate pubbliche sarebbero state di almeno 1 punto percentuale di Pil più elevate di quelle effettive”. Ora, un punto percentuale in più ogni anno a partire dagli anni Ottanta avrebbe prodotto a fine 2017 un rapporto tra debito pubblico/Pil introno al 70% (contro un valore di oggi che è di 131,6%!).
Immaginiamo quanti miliardi di interessi passivi avremmo risparmiato. Non avremo subito neppure il ciclone speculativo nel 1992 e sotto il’ultimo governo Berlusconi con tutte le conseguenze disastrose sia economiche che politiche che ancora stiamo pagando ora (pensiamo alla legge Fornero, ad esempio).
E questo… “se l’evasione fiscale fosse stata anche solo di un ottavo più bassa”!
Piero, io ho solo risposto al tuo invito che recitava “ragioniamo”. Chi se ne frega della campagna elettorale, né tu né io siamo candidati. Se i tuoi “ragionamenti” prendono in considerazione soltanto la tassazione statale, questo non è “ragionare” poiché la tassazione locale, ormai, se non è allo stesso livello di quella statale forse la supera.
Sono sempre soldi che escono dalle nostre tasche.
Le iper-tasse sugli immobili volute fortemente dall’ala sinistra del Pd e concesse dallo stesso in cambio di altri “favori” politici hanno avuto il merito di bloccare l’edilizia (per trasferire gli investimenti immobiliari sui prodotti finanziari), e tu sai, visto che t’interessi di economia, che un Paese senza cantieri è un Paese morto. Non parlo ovviamente di nuove costruzioni, non ne abbiamo bisogno, ma di ristrutturazioni dell’esistente, che nessuno ormai fa più perché oggi in Italia ereditare una casa equivale all’essere stati colpiti da una maledizione divina.
La flat tax, come dici tu, “presenterà anche molte pecche (la legge perfetta non è ancora stata inventata), tuttavia è l’unica proposta fiscale in campo. Vogliamo gettare via anche questa? Per fare cosa, poi?
Di spending review si parla ormai da vent’anni, ma nessuno “osa”, là dove volano le aquile. E dunque, che si fa? Una vera lotta all’evasione fiscale non ci sarà mai, altrimenti al sud morirebbero di fame. Ci resta la flat tax: un pochino, ma tutti. E quando dico tutti, intendo proprio tutti. Perché quelli che presentano un modello Isee al minimo sindacale, di solito, non fanno parte della schiera dei 10milioni di poveri (che con la flat tax sarebbero comunque salvaguardati) bensì dell’altra schiera, quella dei lavoratori in nero.
Sarà anche una goccia nel mare (all’inizio), ma è pur sempre una goccia.
Io continuo a studiare, Rita, e mi auguro che tutti lo facciano.
Tu mi stimoli a studiare la tassazione locale e vedrò di farlo: tutti i Paesi, a maggior ragione i Paesi a struttura federale (pensiamo, ad esempio, alla Germania) hanno – oltre alla tassazione statale, quella locale (su quella statale ho già riferito quanto ho “trovato” nella mia ricerca).
Sulla spending revew sentivo ieri da una trasmissione una considerazione che io avevo esposto proprio su questo post: le forze politiche non ne parlano in campagna elettorale perché i tagli comportano tagli all’occupazione e questo non porta voti, mentre tutti sono interessati a promettere tagli alle tasse (che portano voti).
Pur sostenendo che si debba avere il coraggio di spazzar via tutti gli sprechi (e ce ne sono, e non solo nella sanità: il nostro blog è nato con una battaglia sugli sprechi al museo di Crema) e tutti i privilegi (un’impresa perché nessuno riconosce i propri privilegi, neppure gli ex parlamentari che prendono la pensione col sistema retributivo e, a maggior ragione, gli amministratori delegati che dopo 16 mesi di “lavoro” hanno una buonuscita di milioni di euro!), io ritengo che la via maestra sia la lotta all’evasione fiscale (ho riportato quanto scrive l’Osservatorio di Cottarelli: anche solo con un ottavo in meno di evasione oggi avremmo un rapporto debito pubblico/Pil del tutto normale risparmiando ogni anno decine e decine di miliardi di euro che ci impediscono di abbassare le tasse.
Non sono, certo, un esperto del settore, ma da quel poco che so di economia (ho solo una grande passione e qualche esame universitario alle spalle) posso dire dobbiamo fare tutti gli sforzi per accrescere il livello dei pagamenti elettronici (non ne sento parlare in campagna elettorale), in altre parole non investire enormi cifre per “controllare” ex post l’evasione, ma eliminare alla radice i fattori che portano a evadere.
Pensiamo solo a un dato: nel 2009 le transazioni in contanti erano in Italia 90 su 100 contro una media europea di 70; nel 2012 siamo scesi a 87 e la media europea è scesa a 60.
E’ qui che dobbiamo “investire” (ma chi ne parla?).
Pensiamo che ci sono certi paesi (non solo in Europa, perfino in Africa!) in cui i pagamenti elettronici arrivano all’80%.
Stai sicuro, Piero, che la materia fiscale è la più studiata dagli italiani, non fosse altro che per riuscire a capire “come salvarsi” dalle grinfie del fisco. Al contrario di te, non credo nella maniera più assoluta che la lotta all’evasione fiscale (che è sicuramente da perseguire) sia il problema dei problemi, anche perché i “numeri” che dà lo Stato (è la sua specialità) sono nient’altro che proiezioni e statistiche, non c’è niente di sicuro, né potrebbe esserci: che ne sanno gli organi burocratici di chi lavora in nero, come quando e perché?
I pagamenti elettronici servirebbero soltanto a fare l’ennesimo favore alle banche che incassano le commissioni e a diminuire i consumi interni, già al lumicino. Manca solo questo!!! Un colpo mortale per i negozi e un aumento esponenziale del commercio abusivo che non ha il registratore di cassa. Io mi chiedo dove le pensano.
Sarebbe una genialata alla Bersani come gli studi di settore, che adesso tolgono perché si sono accorti che metà delle partite Iva ha cessato l’attività (che continua in nero) negli ultimi 7/8 anni. Sono incredibili, nel senso che proprio non ci si crede.
La madre di tutte le battaglie è invece la chiusura dei rubinetti dello Stato: basta ministeri che costano come regni, basta regioni a statuto speciale, basta funzionari passacarte che guadagnano più del presidente americano, basta enti inutili (500!), basta pensioni d’oro e d’argento (con reversibilità ai figli!!!) e basta un sacco di altre cose che adesso non ho voglia di scrivere.
Hai sentito un partito che parla di questi argomenti in campagna elettorale?
Sono tutti indaffarati a spartirsi le cadreghe.
Ne consegue, e poi non lo dico più, che la flat tax è l’unica proposta fiscale in campo.
Almeno una c’è, teniamocela.
Non siamo certo noi due a stimare l’evasione fiscale e quindi non possiamo che affidarci ad enti preposti.
Tra evasione fiscale e corruzione superiamo di gran lunga i 200 miliardi. E’ qui che dovrebbero concentrarsi le “promesse” di taglio delle tasse: è solo riducendo anche “solo un ottavo” (lo stesso Osservatorio Cottarelli ammette che è pressoché impossibile eliminare totalmente l’evasione fiscale) di tale evasione che si libererebbero ingenti risorse che servirebbero a ridurre le imposte (altrimenti, saremmo proprio di fronte a “promesse irrealizzabili” e quindi, come direbbe il card. Bassetti, “immorali”).
I pagamenti elettronici, è vero, arricchirebbero le banche (ma dipende sempre “come” vengono governati” dal potere politico), ma sarebbero una misura micidiale contro l’evasione fiscale e la corruzione.
In testa alla classifica per i pagamenti elettronici è la Svezia (continuo a “studiare”, Rita) – un Paese che di sicuro registra una versione di capitalismo ben lontano da quello made in Usa o anche solo di tipo inglese), seguita da Singapore, Olanda, Francia.
Pensiamo che la Cina (la patria del capitalismo rosso) ha in programma di eliminare totalmente i contanti entro il 2012 nei centri principali.
La stessa Turchia è molto avanti nei pagamenti elettronici (il 40%) e ha in programma di eliminare completamente il contante entro il 2023.
E in Italia tutto va a rilento: se in Svezia un cittadino fa in media 290 volte i pagamenti elettronici, in Italia solo 104.
Ma di questo non si parla in campagna elettorale.
Spiacente ma io non mi affido, né mi fido.
Dimostrino come hanno estratto i loro numeri, immancabilmente diversi a seconda di chi li dà. Né servono granché i raffronti con questo o quel Paese straniero poiché ognuno ha le sue peculiarità e l’Italia è “speciale” in tutto. Ciò che funziona in Cina, o in Svezia, qui fallisce quasi sicuramente. Ormai la storia è vecchia, la conosciamo. Se un giorno qualcuno dovesse imporre agli italiani il pagamento elettronico, cosa che peraltro non accadrà mai, l’indomani avrebbero già trovato la maniera di aggirare l’ostacolo e il “nero” crescerebbe a dismisura.
“Ragionare” significa espressamente considerare questi fattori, collezionare numeri e statistiche è un’inutile perdita di tempo se non si fanno poi i conti con la vita reale. E comunque il principale problema dell’Italia non è certo il lavoro nero bensì il pozzo di San Patrizio che divora soldi a palate e si chiama “macchina statale”.
I partiti sono così lontani dalla prospettiva di possibili riduzioni dell’ingranaggio, che non ne parlano neppure in campagna elettorale. Avrebbero potuto prendere qualche voto in più, ma probabilmente sembra “troppo grossa” (la fake in questione) anche a loro.
E parlare di evasione fa perdere un sacco di voti. Basta comparare l’evasione e fare un piccolo, anche se approssimativo calcolo. In Italia le tasse le pagano solo i dipendenti pubblici a fronte di lavoratori privati che non so quanti sono. Ovviamente molti di più, parandosi il culo, piccoli esercenti, artigiani, professionisti…dietro il solito: “altrimenti non ci staremmo dentro”! E quindi, se si vogliono vincere le elezioni, meglio tartassare i soliti noti.
Qualche correzione: intendevo “dipendenti”, pubblici o privati che siano. E nell’elenco degli evasori mancano ovviamente gli imprenditori, grandi o piccoli che siano. Scusate, era la foga del voler dire che per la maggior parte della gente pagare le tasse non è un problema morale, anzi.
Certo, il problema morale e’ diventato dove vanno a finire le tasse. Un patema di coscienza ben piu’ .
Imprenditori grandi o piccoli? Ma non si sono estinti? Prova a chiedere ai pochi rimasti come si fa a “non pagare le tasse” con il fiato sul collo di Agenzia delle Entrate ed Equitalia h24. La solita leggenda metropolitana. Alimentata dai “dipendenti”, che non sanno cosa vuol dire lavorare in proprio. Son buoni tutti a ritirare lo stipendio a fine mese.
Rita, come hai sempre fatto tu e sto facendo ancora io. Comunque, senza tante polemiche, chi evade le tasse in Italia? E di più, esiste davvero l’evasione o è una gran balla? Quanto alle entrate spese male poi non si può che essere d’accordo. Ma anche utilizzate meglio, disincentiverebbero forse il mal costume? Non credo proprio.
Chi evade le tasse è ovviamente chi lavora in nero (quindi, non i piccoli imprenditori con dipendenti in carico) e chi commercia abusivamente senza registratore di cassa (quindi, non i commercianti e i negozianti). L’evasione c’è senz’altro, ed è fisiologica in un Paese che esige il 68% di quello che guadagna il cittadino, che dovrà pur vivere dopo aver tanto lavorato. Che i numeri siano quelli che dà lo Stato è improbabile, il dato viene pompato per depistare l’individuazione dei veri colpevoli dello spreco nazionale, peccato che ormai non ci crede più nessuno.
Sono quasi quarant’anni che mi occupo di evasione fiscale, da quando ne ho parlato su “Ipotesi 80” (articolo che è costato a me e ad Antonio Grassi una condanna in primo grado – siamo stati poi assolti in sede di Appello di Brescia). Qualcosa (qualcosina) so, almeno per quanto riguarda l’evasione nel nostro territorio (ho fatto parte anche del Consiglio tributario e ho toccato con mano la miriade di proprietà di contribuenti che denunciavano meno di un dipendente).
Da allora ho letto le fonti più disparate (non quelle del Padrone) e tutte hanno stimato l’evasione fiscale e contributiva (più la corruzione) per almeno duecento miliardi di euro. Non mi si chieda “come”: si tratta di dati che vengono elaborati sulla base di “incroci di dati” da parte di enti specializzati (compresi centri universitari).
Preferisco fidarmi di questi dati rispetto a quelli dei “politici” (di ogni colore politico).
Evadono in primo luogo coloro che hanno la possibilità di evadere, cioè coloro che “dichiarano” il loro reddito, vale a dire i lavoratori autonomi.
Evadono anche quei lavoratori dipendenti che lavorano in nero durante il loro tempo libero (tra cui anche non pochi insegnanti che arrotondano lo stipendio con un altro stipendio).
Evadono anche non pochi medici (anche dentisti) che lavorano in nero o che rilasciano ben poche ricevute fiscali…
Non so se a Crema ci siano persone che spostano i loro soldi nei paradisi fiscali, ma non lo escludo.
L’evasione fiscale non è un fantasma inventato dalla voce del Padrone (semmai il Padrone dovrebbe diffondere la notizia che i ricchi non evadono), ma la “tocchiamo con mano” noi stessi quando ci fa comodo non chiedere l’evasione fiscale, anche quando vengono a casa nostra gli imbianchini, gli idraulici, i falegnami, gli elettricisti o quando andiamo a fare una visita da qualche specialista (è noto che a Crema la Guardia di finanza ha… pizzicato negli ultimi mesi due cardiologi). I Padroni poi hanno tutto interesse a giustificare l’evasione sparando aliquote che non esistono (ho riportato la pressione fiscale in Europa e le aliquote marginali; andate poi a vedere la tassazione sulle case in Europa).
Da qualche tempo su questo blog mi sono permesso di lanciare un “Osservatorio” sulla mancata emissione di ricevute fiscali, ma sempre l’idea è… caduta nel vento (noi continuiamo ad affrontare mille temi, ma senza mai concludere con qualche proposta “credibile” e “realizzabile”). Certo, occorrerebbe “incentivare” i… clienti a chiedere la ricevuta fiscale (fino ad ora alcuni incentivi ci sono, ma sono ancora troppo pochi).
Quasi quarant’anni sono passati dagli Anni 80 e l'”Italia da bere” è morta e sepolta. Chi a quei tempi faceva i soldi, si è poi trovato in braghe di tela. Basta paragonare i capannoni che allora brulicavano di vita, nel cremasco come altrove, e quelli di oggi semi-inghiottiti da rampicanti ed erbacce, in attesa della ruspa.
Se la “stimata evasione fiscale e contributiva per almeno duecento miliardi di euro” fosse reale, non ci sarebbe in giro la miseria che invece c’è ma decine, o centinaia, di persone che viaggiano per la città in Ferrari. Tu Piero avrai anche fatto parte di una commissione tributaria e avrai visto cose che voi umani ….. eccetera, ma io ho fatto statistiche Istat per decenni, so benissimo come si gestiscono i numeri ufficiali. Dai quali escono poi notizie schizofreniche del tipo che in Italia ci sono 10,5 milioni di persone che vivono in povertà ma, sempre in Italia, andiamo alla grande con un aumento del prodotto interno lordo (Pil) pari all’1,5% e inoltre abbiamo recuperato più di un milione di posti di lavoro. Quale tipo di lavoro non c’interessa perché non fa parte della statistica.
I numeri restano numeri e come tali vanno presi. Quello che “tocchiamo con mano” noi stessi è che si sta molto peggio di quanto non stessimo tutti quanti 10anni fa. Se ci fossero in circolazione tutti questi soldi “in nero” io dico che qualcosa si vedrebbe, o no? Ovvio che ci sarà l’insegnante che fa ripetizione a casa o il dentista che non rilascia la fattura in cambio di uno sconticino (sempre meno, anche loro adesso stanno alla gatta), ma ce ne vuole per arrivare a duecento miliardi di euro!!
Chi fa queste stime dovrebbe spiegare anche il motivo per cui, se in Italia è così facile evadere il fisco, e alla grande, tutti i piccoli imprenditori hanno tagliato la corda e delocalizzato le loro attività all’estero. Non potevano stare qui, a denunciare dieci dipendenti se ne avevano venti? A evadere tranquillamente il fisco?
A mio avviso il focus va spostato. Non serve correre dietro alle allodole (il disgraziato idraulico o elettricista, non ce n’è quasi più, tutti chiudono perché non ci stanno dentro) e non vedere il paracarro (la voragine della spesa pubblica).
Ritengo sia impossibile metter d’accordo i nostri 4 competitor di questo tema e la cosa varrebbe anche per altri argomenti riguardanti la chiamata alle urne del prossimo marzo. La lavagna di Cremascolta è proprio divisa in 2 parti… senza bisogno di titolare i settori “buoni” o “cattivi”.
Per votare bene dovremmo analizzare punto per punto quanto sviluppato in campagna elettorale dai contendenti (e se mentissero?) per poi scrivere sulla lavagna (di Cremascolta oppure quella casalinga-virtuale) e tirare le somme. Andrebbe a finire in parità (o giù di lì), ve l’assicuro… Entreremmo allora nella cabina elettorale e tappandoci il naso (con gli occhi ben chiusi) assegneremmo il voto pensando: “Mi chiedo cosa li paghiamo a fare tanti deputati e senatori”. Rita docet! Anche loro sono (quasi tutti) lavoratori socialmente inutili (sempre by Rita). Rimanendo in argomento, mi rifaccio a quanto scritto da Piero: “E’ chiaro, poi, che la pressione fiscale andrebbe confrontata con la qualità dei servizi offerti, ma questo discorso ci porterebbe molto lontano”. Sono d’accordo che dovremmo votare con cognizione di causa, ma le informazioni che ci propinano non fanno altro che confonderci… e se poi anche i gli Osservatori raccontan balle – beh! – evadiamo. Pardon, intendevo dire “espatriamo”.
Grazie, Altwar, per esserti inserito nel confronto: abbiamo bisogno tutti di “ascoltarci”, ciò che invece non fanno i nostri politici (a maggior ragione in campagna elettorale).
Ho sempre dedicato tante energie per comprendere i pro e i contro in occasione dei referendum (in modo particolare a proposito della Legge 40 – forte è la mia passione per le problematiche bioetiche – e della riforma costituzionale del 2016), ma mai forse ho dedicato così tanta attenzione alle “promesse elettorali”.
E finora mi sono limitato alla promessa della flat tax (so che tu, Rita, metti sempre tanta carne al fuoco, ma io ho bisogno di affrontare un problema alla volta e, quindi, una promessa alla volta: arriverà presto il momento di affrontare le promesse dei Liberi e uguali, del M5S e del Pd).
Sia chiaro: non ho alcuna pretesa di convincere chicchessia, tanto più chi ha già deciso chi votare, ma solo di trovare argomenti forti che convincano me stesso: tocca a ciascuno di noi votare e ciascuno di noi deve essere convinto).
Sintetizzo i passaggi principali del mio “ragionare”:
– la flat tax presenta una serie di problemi: non solo, a mio avviso, è immorale perché viola il principio non soltanto previsto dalla nostra Costituzione e anche applicata in tutti i Paesi dell’Europa occidentale, come ho documentato, ma pure incentiva la stessa evasione e non garantisce affatto quello che promette perché non ci sono evidenze empiriche tra il taglio di imposte, la crescita dell’economia e la conseguente crescita del gettito fiscale (tesi ampiamente documentata dal Premio Nobel Stiglitz in numerosi suoi libri);
– per ridurre le imposte occorre o tagliare la spesa pubblica o/e contenere l’evasione fiscale e contributiva: di sicuro la prima strada è in salita (tagliare la spesa significa per lo più tagliare occupazione – non è un caso che nessuno in campagna elettorale ne parli); non si tratta di tagliare la “spesa sociale” già ridotta all’osso, quanto gli “sprechi” e i “privilegi” (è questa la via maestra, ma anche questa com’è difficile!);
– la riduzione di solo un ottavo dell’evasione fiscale (l’eliminazione totale è impossibile, stando all’Osservatorio di Cottarelli), dall’80 in poi, ci avrebbe fatto risparmiare non solo due bufere speculative pesantissime, ma anche il conseguente incremento ipertrofico degli interessi passivi sul debito pubblico);
– è sull’evasione fiscale e contributiva, quindi, che occorre concentrarsi se si vuole davvero ridurre le imposte;
– l’evasione fiscale, l’evasione contributiva, il lavoro nero, la corruzione, sono un cancro della nostra società: lo dicono (e io ci credo) da decenni istituti autorevoli (anche la Corte dei Conti);
– l’evasione fiscale e il lavoro nero sono diffusi anche sul nostro territorio: non c’è bisogno di aspettare che la Guardia di finanza pizzichi alcuni medici perché lo verifichiamo tutti (tutti abbiamo a che vedere con idraulici, elettricisti, dentisti…),
– so bene che l’evasione di casa nostra è ben poca cosa rispetto alla rande evasione o elusione dei big mondiali dell’informatica o delle grandi corporations che hanno scelto come sede legale dei paradisi fiscali, ma questo non è un buon motivo per tollerare l’evasione… nostrana;
– il contrasto all’evasione fiscale è estremamente costoso (sappiamo tutti il lungo iter processuale e quanto poco arriva di fatto nelle casse dello Stato); per questo io ritengo che si debba puntare molto sui “pagamenti elettronici” (ho documentato che l’Italia è un po’ la cenerentola non solo in Europa, ma perfino rispetto alla Cina, alla Turchia, alla Nigeria. Sappiamo bene come anche questa misura – che potrebbe essere di buon senso (arricchirebbe di sicuro le banche, ma consentirebbe anche di ridurre drasticamente l’evasione fiscale) è davvero difficile far approvare: abbiamo visto i tentativi abortiti a causa della levata di scudi di commercianti e di liberi professionisti.
So bene che ognuno di questi passaggi richiederebbe (come chiede giustamente Rita) degli approfondimenti, ma è quello che mi accingo a fare.
Step by step e un problema alla volta (se si mescolano tanti, poi, si confondono).
Sia chiaro: io non ho deciso chi votare (perché allora mi sarei messo a “studiare” le varie promesse elettorali?) e quindi sono disposto a fare dei passi indietro se qualcuno dei blogger mi convincesse con forti obiezioni (obiezioni che, finora, non mi sono pervenute).
Dopo la flat tax, è il momento di iniziare a “ragionare” (per convincere me stesso, non altri) sulle altre promesse elettorali.
Provo a cimentarmi con la promessa di Liberi e uguali di cancellare le tasse universitarie.
Confesso: non mi sono ancora documentato e quindi esprimo solo le prime reazioni a caldo:
– mi pare una intelligente furbata per catturare il consenso dei giovani: in una fase in cui i giovani si sentono sempre più lontani dalla politica e sempre più disertano le urne, una proposta tagliata su misura per loro mi sembra davvero espressione di un buon fiuto politico;
– mi sembra una promessa di sapore sessantottino, ma adattata all’oggi e questo mi pare positivo;
– si tratta di una proposta in sintonia con scelte fatte da altri Paesi europei: non è quindi irrealistica;
– una proposta che non comporta gli ingenti costi di altre promesse (sia del M5S che del centro Destra)
– una proposta che si propone di sottolineare come l’istruzione sia “un bene comune”, tanto più in un Paese che, in quanto a numero di laureati, è in fondo alla classifica in Europa;
– una promessa che, tuttavia, suona contraddittoria in bocca a chi ha tuonato e sta tuonando contro i regali che vengono fatti ai ricchi: pensiamo all’abolizione dell’Imu sulla prima casa pere tutti;
– perché mai i ricchi non dovrebbero pagare le tasse, tanto più per una istruzione universitaria che non rientra nella scuola dell’obbligo?
A me pare invece che una roba del genere possa interessare al massimo uno zero virgola di italiani. Come Liberi e Uguali, probabilmente. Non ho mai sentito lo straccio di un dibattito sull’argomento.
Io prendo tutte le proposte sul serio.
Già, non sono un politico che ridicolizza le proposte altrui.
Sono solo un “elettore” che vuol capire, “studiare”, analizzare i pro e i contro di ogni “promessa elettorale”.
Ho considerato “dignitosa” la proposta della flat tax (tutt’altro che da disprezzare (anche se, studiandola, ho trovato dei limiti considerevoli che ho scritto) e considero dignitosa anche la proposta di Liberi e uguali, “ugualmente degna di essere presa in considerazione”.
Qualche ragione, indubbiamente, ce l’hanno i proponenti se è vero che in Europa in 9 Paesi su 28 l’università è gratuita. E in questi 9 non troviamo solo Paesi piccoli (come Malta, Cipro e Slovenia), ma anche la stessa Germania e nazioni nordiche come la Svezia, la Danimarca e la Finlandia.
Laddove, poi, vengono fatte pagare le tasse, le borse di studio per le fasce più deboli sono in percentuali maggiori: noi abbiamo solo il 9,4%, mentre in Olanda, Belgio e Portogallo la percentuale sale al 20%.
Le nostre tasse, poi, sono tra le più alte d’Europa: solo in Gran Bretagna si arriva a 13.000 euro l’anno per la laurea triennale.
In Francia le tasse sono decisamente più basse che da noi.
Mettere a confronto i programmi elettorali è valutarne la credibilità è impresa non da poco; ben vengano le analisi sul blog. Grazie Piero.
Le promesse elettorali, purtroppo, restano promesse perché servono solo ad acchiappar voti.
Comunque provo a dire qualcosa sull’evasione. Personalmente penso che manchi la volontà a voler risolvere il problema; basterebbe un misurato tornaconto economico all’ultimo anello della catena, da dichiarare sul 730, che il nero sparirebbe. L’idea è così elementare che evidentemente mi sfugge qualcosa.
Una proposta del genere non sarebbe premiata dagli aventi diritto al voto, incluso gli astensionisti?
In realtà noi tutti noi, credo, avremmo anche avuto voglia di “confrontare i programmi elettorali”, ma non ne abbiamo avuto l’occasione, se si escludono un paio di cosette.
Fino a ieri gli argomenti di punta sono stati le distribuzioni delle cadreghe, vediamo da domani. Chissà che cambi qualcosa. Per la prima volta in vita mia sto “ragionando” sull’astensione.
Concordo con te, Renato: anch’io ho fatto un cenno, seppur di sfuggita.
So, ad esempio, che negli Usa, c’è la possibilità di detrarre delle spese che da noi non sono consentite. Occorre “incentivare” il contribuente, altrimenti diventa oggettivamente complice degli evasori: il contribuente cioè deve avere “convenienza” (o, come dici tu, un tornaconto economico”) a richiedere le ricevute fiscali al professionista, all’idraulico, all’elettricista…
Non ho visto finora una proposta del genere in campagna elettorale, ma immagino che ci sia da qualche parte.
“Studiare” i programmi elettorali, Renato, è quello che mi sono proposto con questo post: troppo spesso si sbeffeggiano i programmi altrui, ma io credo che un elettore serio, prima di condannare, deve conoscere. Più conosceremo i programmi (e gli stessi comportamenti dimostrati dai vari partiti) e più saremo liberi di scegliere al momento del voto.
Non si impara mai a sufficienza, Renato.
Ho letto un intervento del blog Il Post è ho scoperto che negli Usa non è affatto vero che il sistema fiscale consenta la detrazione di tutto: le detrazioni consentite sono sostanzialmente le stesse che abbiamo noi.
L’autore del testo, poi, sostiene, al di là del confronto con gli Usa, la strada delle detrazioni non ci porta per nulla a combattere l’evasione.
Io la mia convinzione me la sono fatta (posso, naturalmente, abbandonarla se mi si convincesse con degli argomenti forti): lavorare per accrescere sempre di più il livello dei pagamenti elettronici che, proprio perché sono tracciabili, consentono di meno di evadere.
Concordo Piero.
Nell’ultimo episodio di “Dataroom”, la serie che Milena Gabanelli tiene per il Corriere della Sera, si parla proprio dell’eccessivo uso di contante.
http://www.corriere.it/dataroom-milena-gabanelli/perche-pagare-contanti-non-conviene-nessuno/a7458654-02b5-11e8-b05c-ecfd90fad4de-va.shtml
Fino ad ora non c’è stato l’interesse a combattere l’evasione. Le tre misure del governo uscente sono state: amento del tetto massimo per i pagamenti in contanti (da 1000 a 3000 €), rottamazione degli interessi sulle cartelle esattoriali pendenti e Voluntary Disclosure, ovvero sconti sulle sanzioni per chi riporta in Italia fondi esteri fin’ora non dichiarati all’Agenzia delle Entrate.
Se queste sono le misure contro l’evasione stiamo freschi… a me sembrano più degli incentivi.
Mi fa piacere, Mattia, che siamo in sintonia.
Se vogliamo ridurre le tasse e, soprattutto, se vogliamo impiegare massicce risorse negli investimenti pubblici (si legga il bel libro della Mazzucato sullo “Stato innovatore”) – investimenti sulla “ricerca di base” – che sono il volano di ogni innovazione (da Internet in poi).
Ho individuato una tabella del 2006 che dimostra, numeri alla mano, perché il contrasto di interessi non può arginare l’evasione. Era l’informazione che mi mancava, nel post precedente, quando ho lanciato l’idea del misurato tornaconto economico all’ultimo anello della catena per evitare il nero.
Ecco il blog che spiega i motivi arricchito anche da diversi commenti
http://www.lavoce.info/archives/23954/come-funziona-o-non-funziona-il-contrasto-di-interessi/
E se la sinistra stesse sbagliando strategia elettorale? Ieri sera da Gramellini vedo una scritta sui muri di non so quale città che invoca: “ basta fatti, vogliamo promesse”. Che è una simpatica provocazione ovviamente. Però non distante dalla realtà. Leggo poco fa, perché il problema sta tra realismo ed utopia, di uno studio pubblicato nel 2017 dal National Bureau of Economic Research, a firme varie, dove viene analizzata l’ascesa elettorale del Partito nazista negli anni trenta a seguito delle misure di austerità attuate in Germania tra il 1930 e il 32. Dall’analisi risulta che ad un punto di restrizione corrispondeva l’aumento di due punti e mezzo di voti ai nazisti. L’aumento, addirittura fino a cinque punti in più, si registrava anche coi tagli alla sanità. Ora, siccome qui si sta parlando di promesse elettorali, e convinto onestamente che il buon senso e la concretezza siano le migliori armi etiche, dopo aver letto di questo studio cominciano però a serpeggiarmi dei dubbi. E siccome immagino che il centro-sinistra voglia vincere le elezioni, e il senso comune si può ingannare come si vuole (Hitler diceva “È più facile ingannare le masse con una fandonia esagerata che con una piccola bugia.“ ) mi pare, non sarebbe opportuno che anche la sinistra cominciasse a sparane di grosse? Anche più delle università senza tasse da pagare propagandate da Grasso?
Da ormai un ventennio la cosiddetta “sinistra italiana”, che sinistra non è poiché il popolo non la vota, sta sbagliando tutto. Dalle vecchie categorie sinistra-destra il conflitto di classe è passato oggi alla semplificazione alto-basso: in alto abbiamo l’alta borghesia finanziaria con la sua corte d’intellettuali pagati per elaborare teorie che ne difendano i privilegi (che votano PD-Forza Italia), in basso ci sono le masse precarizzate che sono il risultato della pauperizzazione del ceto medio e della classe lavoratrice (che votano Lega e M5s).
Da morir dal ridere che due individui che guadagnano al mese rispettivamente 35mila euro (Grasso) e 25mila (Boldrini) abbiano avuto la brillantissima idea di chiamarsi “Liberi e uguali”. Ma uguali a chi? Ancor peggio l’abbreviazione Leu, che ricorda una malattia venerea.
Rispetto a Grasso, forse Crozza, libero senz’altro, libero di non restituire al Pd quanto dovuto una volta eletti. Uguali poi è anche peggio.
Le elezioni si avvicinano e il mio compito non l’ho ancora svolto del tutto.
Ho “ragionato” ampiamente (documentandomi) sulla flat tax e pure, seppure in modo meno approfondito sulla proposta dei Liberi e Uguali di eliminare le tasse universitarie.
E’ il momento di esaminare la promessa del reddito di cittadinanza dei penstastellati.
La pausa che mi sono preso è stata utile, perché oggi sono meno scettico rispetto a una quindicina di giorni fa.
Sono meno scettico perché il reddito di cittadinanza non è per nulla incondizionato, ma soggetto a determinate condizioni ed è temporaneo.
La mia perplessità riguarda il reddito di cittadinanza senza condizioni perché so che in Francia (l’ho già scritto su un altro post) numerose sono le persone che, con un sussidio statale di 700 euro, non cercano neppure un lavoro e vivono sulle spalle della collettività come dei parassiti.
Sentiamo oggi che la soppressione della riforma Fornero verrebbe a costare 85 miliardi.
Non mi scandalizza per niente la cifra. Il problema non è il contenuto della “promessa” elettorale, ma la sua copertura.
Ma, nel caso di Salvini, c’è un altro problema grande come una casa: come può il leader della lega “promettere” di eliminare la riforma Fornero quando il suo principale alleato (Forza Italia) l’ha approvata?
Ho assistito al match televisivo Salvini-Boldrini (su La7).
Ho scommesso che Salvini – conoscendo la sua dialettica – avrebbe vinto a 10 a 0, ma ho perso: Salvini ha dimostrato (la prima volta che mi capita di vedere) la sua estrema fragilità, il suo fuggire le domande.
La Boldrini non ha nulla della dialettica di Salvini, ma ha avanzato una serie di obiezioni – soprattutto in merito all’immigrazione – a cui il leader della Lega non ha saputo rispondere.
Il punteggio che darei?
1 a 1.
Piero, nonostante numero e potere degli ebrei non siano aumentati l’antisemitismo ritorna, come monta l’onda xenofoba. Eppure gli immigrati non stanno aumentando. Non sono i problemi che creano inquietudine, è il contrario. E’ la voglia biblica del capro espiatorio che invece dovrebbe far riflettere. Tornando invece alla demagogia tipica delle campagne elettorali, il mio giornale di riferimento, da alcuni, forse due su questo blog, coconsiderato di regime, non ho ancora capito quale, molto critico anche nei confronti del Pd, denuncia da tempo l’inconsistenza economica di tali promesse. Tutte! Parlando invece di politica, ho sentito ieri mattina un esponente di Forza Italia sparare a zero contro Casa Pound, appellandone gli esponenti come ignoranti che avrebbero bisogno di studiare la Storia. Nonostante questo la Lega strizza l’occhio verso questi gruppetti. Qualora la destra vincesse vorrò vedere come faranno a conciliare tali diverse vedute, almeno apparenti. A meno che….e in questo caso speriamo che predomini il “migliore”. Quanto allo scontro Boldrini/Salvini, torno ora dal bar dove bevo il caffè, e tra gli avventori, non troppo schierati in genere, vinceva la tua impressione. Mi spiace non aver assistito.
Neppure io ho assistito al match (in compenso ho ascoltato la Bonino, completamente fuori dal mondo), ma su youtube ci sono diversi filmati, quindi sei ancora in tempo.
La mia impressione è che Salvini abbia strategicamente scelto il “profilo basso”, pacato, scusante e remissivo per offrire al pubblico di La7, che probabilmente non è il suo ma potrebbe diventarlo, una faccia inedita della sua leadership. Con l’arroganza che le è propria la Boldrini è stata invece particolarmente aggressiva, anche se in definitiva ha detto niente, se si escludono i soliti chichè femministi e le bambole gonfiabili che poco importano agli italiani senza lavoro. Valuteranno i cittadini il 4 marzo.
Invece Berlusconi vorrebbe cancellare la legge sulle Unioni civili, nonostante Carfagna e fidanzata frenino. Non importa se riguarda uno zero percentuale, ma l’elettorato cattolico conta ancora un casino. Gomez dice che le ideologie non ci sono più? Sbagliatissimo, a me pare che stiano ritornando alla grande.
…hai ragione Ivano, mi sono espresso male io (la fretta è quasi sempre cattiva consigliera e quando ho scritto era notte e il sacro letto mi chiamava!) sono gli ideali che sono caduti, non le ideologie!
Le ideologie hanno avuto un “riassetto”, assieme alle “classi”, ai gruppi di interesse si, ma non sono affatto cadute, certo. Chi fa del “populismo” proprio li dentro si butta!
Bonino fuori dal mondo? Nessuno più dei Radicali si è occupato di cose terrene. Tutte le loro battaglie hanno riguardato e riguardano l’uomo. Lontanissime da pericolose ideologie. E io non conosco altra concretezza.
Ivano, hai sbagliato partito. Bonino non c’entra nulla con i Radicali, il suo partito si chiama non a caso “+ Europa” e anche tu come tutti saprai che da decenni Pannella e Bonino non si guardavano neanche in faccia. E te credo! Mentre il folkloristico Marco, un personaggio che se non ci fosse stato bisognava inventarlo, faceva i suoi discorsi peace & love e andava a trovare i carcerati, Bonino partecipava alle riunione annuali del Gruppo Bilderberg e andava a trovare il suo caro amico George Soros.
Non abbiamo dimenticato che grazie al potere concesso dai suoi incarichi Bonino era tra quelli che invocavano l’intervento militare in Afghanistan, Iraq e Libia. Una vera donna di pace. E’ un caso che la Open Society Foundations appoggiasse questi interventi? Bah! Sempre dalla Fondazione sono arrivati finanziamenti alla campagna “Cannabis Legale” promossa dal Senatore Benedetto Della Vedova, all’Associazione Luca Coscioni e a “Rientro Dolce”, il gruppo nato per sponsorizzare la pianificazione demografica mondiale. Cito solo notizie arcinote perché non vorrei sorbirmi il solito rosario del gombloddo.
Ha comunque superato se stessa con la retorica immigrazionista (sempre dalla stessa parte arrivano i soldi alle Ong, finalmente in fase di smascheramento), con gli immigrati che producono l’8% del Pil, che fanno i lavori che gli italiani non vogliamo più fare, che pagano la pensione a più di 600.000 italiani, che senza i loro figli chiuderemmo migliaia di classi, che “abbiamo bisogno di 160.000 immigrati all’anno” per l’industria. Peccato che gli unici che sostengono queste tesi sono Centro Astalli (un’associazione gesuita dedicata all’accoglienza, inserita nel circuito SPRAR e legata a progetti di Open Society) e Fondazione Moressa, finanziata anch’essa dalla Open per “occuparsi di temi migratori”. Questa è Bonino. In realtà negli anni scorsi mi sono sempre chiesta per quale motivo Pannella l’aveva allontanata, dopo le battaglie degli Anni ’70 combattute insieme, poi ho capito.
Quanto a Europa+ anche questo è concretezza. Vorrei vedere l’Italia sola contro tutti.
Più concretezza di così si muore :
https://www.youtube.com/watch?v=qoc4PMFQsR4
https://www.youtube.com/watch?v=UIrZVcg9O28
Tornando al match, mi preme dire che la campagna elettorale ha bisogno proprio di “confronti televisivi”: è qui – dal dialogo serrato sui singoli temi – che viene fuori la consistenza o l’inconsistenza dei nostri leader politici.
Salvini ieri sera ha dimostrato la sua inconsistenza su certi temi e la fragilità del castello di slogan che ha costruito (non ha saputo neppure rispondere alla obiezione del suo compagno di partito, Maroni – che è stata riportata – secondo cui non si può rimpatriare un migrante senza accordi con i Paesi di origine.
Laura Boldrini non doveva difendere nulla in quanto non faceva parte né del governo né di una maggioranza e non ha neppure votato alcuna legge stigmatizzata da Salvini: questi, quindi, pur insistendo a battere questo chiodo, sbagliava bersaglio.
Sarebbe bello vedere un match tra Berlusconi e Calenda sulla flat tax.
Sei troppo partigiano, Piero.
“Laura Boldrini non doveva difendere nulla in quanto non faceva parte né del governo né di una maggioranza”??? Ma come, non è stata eletta nelle file di Sel? Se Sel non avesse sostenuto il governo Letta, la Boldrini (una perfetta sconosciuta politica, militante di una Ong) sarebbe finita alla presidenza della Camera? Non facevi prima a dire che tra i due, Salvini e Boldrini, ieri sera hai preferito Boldrini? Era più semplice.
Non so cosa abbia dichiarato Maroni, né personalmente m’interressa visto che Maroni non è candidato da nessuna parte, ma non è affatto vero che non si possono reimpatriare i clandestini. E’ vero invece che si possono rimpatriare solo coloro che provengono dagli Stati con cui l’Italia ha siglato accordi: Nigeria, Tunisia, Marocco, Egitto. Il che significa che oltre la metà dei 600mila attualmeente bighellonanti sul nostro territorio ce li possiamo togliere dalle scatole fin da domani mattina. Per gli altri, si continuerà a lavorare.
Nessuna partigianeria, Rita, e credo di averlo dimostrato (o almeno ci ho provato) nei numerosi commenti al presente post.
Non mi interessa né applaudire né condannare, ma capire per poter essere più libero di scegliere: tutto qui.
Salvini è un grande retore e per questo ieri sera mi ha deluso perché di fronte a precise obiezioni ha… dribblato. Per questo che ho avuto la sensazione di avere di fronte un… colosso d’argilla.
Questo non significa che non avrà fortuna elettorale: sono anni che sta lavorando sul tema della sicurezza perché sa benissimo che è su questo fronte che può intercettare un’ampia fetta di elettori, una fetta che è cresciuta a dismisura nel tempo.
La sua abilità, quindi, non è fuori discussione.
Che poi tu sia più brava di lui a rispondere alle obiezioni sul rimpatrio dei non aventi diritto non ho dubbi: mi piacerebbe vederti nel ruolo di ministro degli Interni e magari anche degli Esteri (per affrontare un tema del genere ci vogliono ambedue le figure).
Sarebbe interessante vederti all’opera e passare dalle “parole” ai “fatti”!
Ma, non so, da quello che ho visto su you tube (abbastanza per non fare indigestione) ho avuto la netta sensazione che Salvini stesse “tatticando” e offrendo la versione “moderata” di se stesso. Immagino che sappia fare i suoi conti, avrà valutato che in quel contesto era meglio così piuttosto che mettersi a insultare la sciamannata. Te li immagini i media del giorno dopo?
Sui rimpatri, è noto, non c’entra la bravura (cos’hanno gli altri Stati europei rispetto a noi?) ma la VOLONTA’. Inesistente, come sappiamo. Di cosa vivrebbero altrimenti centinaia di associazioni, albergatori, cooperative e compagnia bella? I quattro Stati che ho menzionato hanno tutti siglato i rimpatri. Sai dirmi perché non vengono fatti? Ovviamente, si, certo che lo sai, ormai lo sappiamo tutti.
Il 75% degli italiani non vede l’ora che qualcuno passi dalle “parole” ai “fatti”, e prima o poi, stanne certo, saranno obbligati a farlo.
Se ci fosse qualcuno in grado di fare di più sul fronte dei rimpatri, io lo voterei, ma chi mi garantisce che coloro che promettono oggi di farlo, viste le difficoltà, opteranno per la scelta di Maroni di legalizzare i clandestini?
Anch’io lo voterei, Piero. Ma come tu ben sai i politici (tutti, nessuno escluso) sono dei fanfaroni spesso ignoranti e sempre ammaliati dal profumo dei soldi.
Lo abbiamo detto innumerevoli volte anche su questo blog: essendo l’Italia, per tradizione secolare, un Paese culturalmente mafioso e costituendo l'”affare migranti” un business a triplo e quadruplo zero, i rimpatri non si fanno anche se si potrebbero fare. Non c’è bisogno di andare a ravanare in chissà quali meandri oscuri, la verità è semplice.
Questa sera un altro match: Brunetta e una economista.
E’ così che si fa la campagna elettorale: è in tale confronto che si misura chi ha davvero le carte da giocare.
Brunetta, di sicuro, se l’è cavata meglio di Salvini (anche Brunetta è un economista), ma ha anche ammesso candidamente che le ottimistiche stime di crescita sono state effettuate perché “siamo in campagna elettorale”.
E’ qui, allora, che si svela la credibilità delle promesse: far quadrare i conti sulla carta perché poi nella realtà sarà un’impresa “difficile”. Questo vale anche per l’azzeramento della riforma Fornero.
Brunetta non ha saputo rispondere ad alcune obiezioni forti: alleggerire i conti sul fronte delle pensioni e puntare sulla piena occupazione dei giovani è una contraddizione (si tratta di interessi contraddittori).
Non ha saputo giustificare la sostenibilità di una discesa (pilotata) del debito pubblico.
L’economista (Veronica De Romanis, che collabora con Carlo Cottarelli all’Osservatorio della Università cattolica), da parte sua, ha ammesso – contro le critiche di tanti politici – che la flat tax, così come è stata concepita da Forza Italia, non manca di una certa “progressività”, prevedendo una tax-area.
Ha anche affermato che le due impostazioni della flat tax (di Forza Italia e della Lega) non sono conciliabili.
Rimpatriarne 600mila? È stato fatto un calcolo: per rimpatriarne 200 al giorno ci vorrebbero 8 anni. Senza considerare i costi.
Siamo pazienti. Una volta era di moda autotassarsi a favore di una certa famiglia africana (ora non piu’ perche’ s’e’ capito dove andavano i soldi), se dovessero chiedere alle famiglie italiane 10 € al mese per un anno per pagare i biglietti di ritorno, gli italiani aderirebbero in massa.
Complimenti, comunque, ai buontemponi che fanno conti del genere (900 mld. all’anno di spesa pubblica!!! non avremmo fondi?) chissa’ su quali parametri, Alitalia o Ryanair? Buisiness class o popular? Ci sono anche gli aerei dell’aeronautica, invece di andarmi a prendere li riportiamo.
“andarli”, io sono gia’ qui.
Il bello di Rita è che ha sempre una soluzione per tutte le cose. Ma forse ha ragione, cosa ci vuole? Una coletta, una bella caccia al clandestino che a trovarli tutti ci vuole niente, da chiudere man mano dentro un filo spinato, militari, cani lupo, altrimenti scappano, del resto sono un numero esiguo, non tutti insieme naturalmente, difficili da tenere a bada, magari recuperiamo le carrette del mare con cui sono arrivati e via. Rubando la battuta a Piero, Rita prossimo Ministro degli interni. Altro che quel pappamolla di Minniti. Qui ci vuole qualcuno con le palle. Basta volerlo.
Hai visto troppi film a tema.
Rilassati con un po’ di fantascienza, c’è sempre da imparare.
Sul prossimo Ministro degli Interni (battutona) è inutile fare pronostici, tra poche settimane sapremo chi sarà. Ma, soprattutto, vedremo cosa farà.
“Colletta”.
E comunque, visto che il prossimo Ministro sarà presumibilmente di destra, se non leghista, vedremo cosa riuscirà a fare. Per quanto mi riguarda credo che voterò chi le spara meno grosse. Basta informarsi un po’ e la graduatoria è bellefatta.
Spesso e volentieri si spara contro la tv e la stessa Rete, ma è un fatto che i massi media possono diventare uno strumento importante di controllo dello stesso Potere: oltre ai siti che ho più volte citato (dall’Osservatorio di Cottarelli a lavoce.info, da valigia blu a pagina politica e al post. Ora vedo volentieri anche La7: oltre ai due match Salini-Boldrini e Brunetta-De Romanis, ho scoperto i queste sere il programma, sempre su La7 “Var condicio” dove degli economisti passano al vaglio le dichiarazioni e le promesse elettorali dei politici.
So che sono programmi di nicchia, ma sarebbe una bella cosa che avessero una maggiore diffusione.
La democrazia non può poggiare sulle menzogne o, meglio, sulle mezze menzogne.
Segnalo che il programma di La7 “var condicio”, che verifica le dichiarazioni dei politici di giorno in giorno, è trasmesso alle 19,15.
Cercando, poi, detto programma su Google, troviamo tutte le puntate precedenti.
Una documentazione utile per chi volesse arrivare al voto con un minimo di preparazione.
La democrazia non è solo… sfogo, ma anche… studio paziente (di più “verifiche”).
Con un ampio e corposo articolo su La Stampa Carlo Cottarelli (a cui ho fatto molti riferimenti a commento del presente post) scrive sconsolato che, a leggere i programmi delle forze politiche, verrebbe voglia di non andare a votare, tanto sono contraddittori, vaghi e senza coperture.
Complessivamente i costi delle promesse dei partiti ammontano a 420 miliardi (di cui 140 solo l’abolizione della Fornero).
I più generosi nelle promesse sono, naturalmente (essendo una coalizione), i partiti del centro-destra, il più contenuto – tra le forze maggiori – è il Pd (56 miliardi).
Il M5S non è – a dispetto dei critici – particolarmente generoso: … solo 63 miliardi, mentre Leu si assesta sui 30 miliardi.
Una considerazione più che ovvia: grazie al sistema elettorale voluto da Pd, Forza Italia e Lega, nessun partito si sente responsabilizzato a fare “promesse credibili” perché quello che si realizzerà non sarà il loro programma, ma un compromesso di più programmi.
La legge elettorale, quindi, di fatto deresponsabilizza le forze politiche.
Ma… se si fosse scelto il Mattarellum, qualcuno avrebbe gridato alla morte della democrazia perché avrebbe sacrificato la “rappresentatività” a favore della “governabilità”.
Continuo a sentire da Berlusconi che la flat tax ridurrà le tasse per tutti.
A me pare che questo significhi “ingannare il popolo”. La flat tax, infatti, si alimenta sulla base della soppressione di sconti e deduzioni. Questo vuol dire che la “pressione fiscale” rimarrà invariata e ci sarà chi “pagherà di meno” e chi “pagherà di più”.
Perché non dire tutta la verità?
Un politico serio non deve mai dire le mezze verità, che posi sono le mezze menzogne.
Chiedo troppo, tanto più i campagna elettorale?
Nessuno sta dicendo la verità in questa campagna elettorale, gli italiani lo hanno capito ampiamente, ma non è importante visto che a decidere non saranno i vincitori della singolar tenzone bensì Bruxelles.
Perché non hanno mai promesso tanto come stavolta?
Semplice: poi diranno “l’Europa non vuole, noi avremmo voluto ….. ma ….”
E’ la legge elettorale – voluta da Pd, Forza Italia e Lega – a spingere i politici di ogni colore a… sparare promesse: considerato che nessuna forza avrà la maggioranza (a meno che succeda ciò che oggi appare come improbabile), ogni partito potrà dire che non potrà mantenere le promesse per colpa dei futuri alleati.
Che poi ogni Paese dell’Unione europea abbia dei “vincoli”… europei, è un fatto, ma si tratta sempre di vincoli approvati all’unanimità non dai burocrati di Bruxelles, ma dai capi di governo (sappiamo tutti che i poteri della Commissione sono ben poca cosa rispetto alle decisioni dei capi di governo).
Sottovaluti il problema-Europa, perche’ di un problema si tratta, e dai per scontato che l’Italia sia un Paese sovrano. Mi se.bra che con questi due presupposti sia difficile ragionare.
Certo questa legge elettorale e’ stata voluta da tutti (per ignoranza, e malafede, piu’ che altro), ma il problema e’ a monte e dal 5 marzo ne avremo la prova provata.
Non c’è nessun Paese sovrano laddove c’è una “Unione” (Stati Uniti) o una “Federazione” (Brasile, Russia…).
Noi non siamo ancora Unione “politica” e neppure una Federazione, ma se vogliamo puntare a quell’obiettivo (a mio modesto avviso, gli Stati Uniti d’Europa, almeno per ora, sono un’utopia), ogni Stato dovrà progressivamente delegare competenze.
L’alternativa è tornare indietro, agli Stati “monadi”, magari alla… repubblica del tortello.
Così saremo molto più attrezzati ad affrontare le grandi sfide “globali” che abbiamo di fronte.
Laddove c’è “unione” o “federazione” ci sono valori condivisi, una stessa carta costituzionale, stesse leggi e stesso regime fiscale, dopodiché gli Stati confederati fanno capo ad un unico Stato sovrano, che si riconosce come Nazione. E’ cosa ben diversa.
In Europa di unico c’è solo la moneta, voluta dalla Germania e creata a immagine e somiglianza del marco tedesco. Non c’è alcuna volontà di procedere verso un'”unione politica” (anche tu, parli di utopia). Anzi, più passa il tempo e più ci si dirige verso il fuggi fuggi generale. L’Europa non potrà mai competere, per una serie di motivi che sarebbe lungo elencare, con la Cina, l’India e gli altri Stati emergenti. Quella che tu chiami “sfida globale” la potrà tutt’al più subire, mai affrontare. Nell’ottica del si salvi chi può, dunque, ben vengano le monadi, alle quali sicuramente torneremo perché il Sistema così com’é non può funzionare e un “ritocchino” non basta.
Piero, mai come ora il titolo del tuo post è disatteso. Accendiamo candele alla Madonna, oggi sabato 24 febbraio, prima di dover dire quattro ostie lunedì 5 marzo. Riferendoci pure alla sola Europa, anche se tutto il resto è conseguente.
Con la Meloni che una volta al governo farà sciogliere i Centri sociali, ha PROMESSO. Casa Pound e Forza Nuova no.
Spesso, Rita, la storia viene piegata dalla faziosità politica.
Cerchiamo, per quanto possibile, di non cadere anche noi in questa tentazione.
Sono cosi’ faziosa, caro Piero, che non andro’ a votare il 4 marzo. Tu, invece, vorresti sostenere che l’Europa e’ una federazione di Stati? A smentirti sono i fatti.
Non votare è assolutamente da irresponsabili. Pensate un po’ cosa succederebbe se nessuno lo facesse. Nella migliore delle ipotesi si arriverebbe alla fine dei Partiti, all’anarchia, nella peggiore ai colpi di Stato e alle dittature. Speriamo che la nostra Grande firma non funzioni da influencer. “Ma questo non credo”, come direbbe Razzi.
Forse si sta andando, lentamente ma costantemente, verso una frattura istituzionale, una crisi strutturale del sistema parlamentare italiano introdotto settant’anni fa, a un ammaloramento non guaribile dei meccanismi operativi e gestionali dei partiti esistenti. In effetti, se in un paio di tornate elettorali la soglia dei votanti scendesse sotto un terzo degli aventi diritto, le premesse per quanto dice Ivano Macalli ci sarebbero in tempi brevi. Ma forse, anche se ci si attestasse intorno alla metà o poco più, il percorso involutivo potrebbe restare quello, magari nell’arco non di due lustri ma di due decenni. Difficile dirlo. Certo, in questo stato, anzi in questo Stato, ci potrebbero essere rischi per la nostra democrazia. Tuttavia, anche un possibile rinnovamento vitale di spazi, energie, opportunità.
Stiamo infatti assistendo a una campagna elettorale veramente interessante. L’esame delle promesse elettorali e dei temi dibattuti è davvero istruttivo e fornisce elementi di analisi molto significativi. E, per chi contasse su quella prospettiva di frattura, caduta e rigenerazione, anche di aumentata speranza. Per tre motivi: il sistema elettorale recentemente introdotto; il conseguente stallo, ingessamento ed esito compromissorio; l’ulteriore perdita di credibilità economica e politica di buona parte delle promesse elettorali esternate dai partiti attuali.
Che i tempi siano più brevi o più lunghi, questo malato nato una settantina di anni fa, la partitocrazia italiana alimentata da un parlamentarismo ad hoc, non sembra intenzionato a curarsi da se’. Potrebbe quindi far venire voglia a sempre più italiani di dargli, presto o tardi, la “cura” che da qualche tempo si potrebbe meritare. Sarebbe un peccato. Ma la storia non perdona, da sempre. Quo usque tandem abutere, Catilina, patientia nostra?
Pietro Martini, “Difficile dirlo. Certo, in questo stato, anzi in questo Stato, ci potrebbero essere rischi per la nostra democrazia. Tuttavia, anche un possibile rinnovamento vitale di spazi, energie, opportunità.”, con un po’ di preveggenza tutto questo si potrebbe evitare, ma in genere la gente non vede oltre la punta del proprio naso, e in questo caso, mi fermo a queste latitudini. E’ come la questione del Fascismo buono e quello cattivo. Propaganda rischiosa per la ricettibilità dei singoli, soprattutto in periodi di vacche magre e quindi vulnerabilissimi. Quindi lo scenario che Lei duplica, auspicando una nuova età dell’oro, non potrebbe mai passare se non attraverso a quello che in embrione già si prefigura adesso. Il probabile ingresso in Parlamento di forze dell’estrema destra già prefigura scenari dall’evoluzione imprevedibile, e la Sua analisi, correttissima, anche solo restando al campo delle ipotesi, come le mie del resto, storicizzerebbe come peccato veniale, ad esempio, il famoso Editto bulgaro che mise alla porta ricordiamo tutti chi. Eppure a quell’epoca eravamo ancora in democrazia. Nonostante quello il provvedimento mise un bavaglio alla libertà di stampa, non dico come quello di Erdogan che i giornalisti li condanna all’ergastolo, ma insomma. Ritornando invece alla citazione io credo che per la prima ipotesi i tempi , come Lei dice, potrebbero essere relativamente brevi, per la seconda non si sa, e soprattutto non si sa a quale prezzo di acconto.
Credo che a questo punto non rimanga altro che insistere rivolgendo per esteso l’invocazione di Orazio: ”Quanto a lungo ancora codesta tua follia si prenderà gioco di noi? Fino a che punto si spingerà la tua sfrenata audacia?” Sperando di essere ascoltati.
E scusi l’impertinenza, ma secondo me questa campagna elettorale non ha niente di interessante, come non è interessante un asfittico moribondo che pur di inspirare un po’ d’aria forza a dismisura i muscoli ”involontari” della respirazione. E’ solo l’estremizzazione della disperazione, o la deriva delle precedenti, di cui hanno coscienza i nostri politici, ma non lo riconoscono. E allora via alle mirabilia. E qui mi viene ancora in mente quello coi baffetti che diceva che È più facile ingannare le masse con una fandonia esagerata che con una piccola bugia.
Mi pare che con questo suo intervento, caro Macalli, si stia arrivando al nocciolo della questione, non in riferimento all’immediato dopo elezioni ma in una prospettiva a due o tre lustri. Vale a dire, non che cosa si sta rischiando che succeda in Italia ma quando succederà. Che gli autori della svolta istituzionale siano di destra, di sinistra o rappresentino nuove realtà non più ascrivibili a queste geografie politiche. Non appartengo agli italiani del “tanto peggio, tanto meglio”. Andrò infatti a votare. Non so ancora, da uomo di destra, chi voterò. Fossi di sinistra, non avrei dubbi. Fossi di centro, pure. È dalle elezioni del 1919, con la legge Nitti e il suo proporzionale, col metodo D’Hondt e il panachage, che in Italia noialtri abbiamo questo problema. Invece, un sistema maggioritario uninominale, a candidatura libera e a doppio turno, con ballottaggio eventuale, faciliterebbe la scelta di persone credibili e non costringerebbe a scegliere tra le varie facce di una partitocrazia sempre meno credibile. Ovviamente, allora si trattava di avvantaggiare il PPI e il PSI. Oggi i loro epigoni ed emuli.
Per questo ho indicato il sistema elettorale come una delle tre concause dell’attuale stato di cose. È un sistema che offre ai fautori del “tanto peggio, tanto meglio” ottimi argomenti. Anche le altre due concause offrono ricchi spunti. Ma il presente meccanismo elettorale è la chiave di volta iniziale. Il che non è certamente casuale, risultando evidente nelle sue ragioni e nei suoi effetti, tutti a vantaggio del regime partitocratico a parlamentarismo ancillare instaurato in Italia dal secondo dopoguerra e ormai in stato comatoso.
Dopo anni di discussioni tra i partiti sulla riforma elettorale, il risultato appare infatti miserrimo. Tra i tanti possibili compromessi, eccone uno di pessima qualità istituzionale ed evidente interesse di parte. Ovvio di quale, a prescindere dal fatto che gli apprendisti stregoni rischino di fare la fine ben nota. Insomma, un rantolo politico e giuridico, coi cittadini che non si raccapezzano e una consorteria partitocratica parassitaria e fin-de-race che sulle locuzioni “rappresentatività” (solo di se stessa) e “governabilità” (solo a beneficio di se stessa) recita il proprio canovaccio sepolcrale. Questo sbugiardamento completo davanti agli italiani, col mantenimento di liste e meccanismi di ampia rassicurazione partitica, non manca di dar fiato alle trombe di chi auspica la frattura, la caduta e la rigenerazione a cui facevo cenno.
Io, Rita, avrei sostenuto che l’Europa è una federazione di Stati? Quando mai? Una Confederazione (o Unione) è per ora solo un meta a cui tendere. Occorre tenere presente che gli Usa sono diventati “Stati Uniti” in tempi lunghissimi, con profonde lacerazioni interne, con organismi come la Federal Reserve che sono sorti solo agli nel XX secolo.
E i tempi dell’Europa saranno ancora più lunghi perché, oltre al fatto che non tutti gli Stati hanno la medesima forza contrattuale, abbiamo alle spalle storie e tradizioni che gli Stati americani non avevano.
Il mio discorso sulla faziosità non c’entrava niente con questo discorso, ma sull’uso strumentale della storia: se leggi i libri di storia, scopri che l’euro è stato di fatto “imposto” da Mitterand a Kohl in cambio del suo ok alla riunificazione tedesca e che Kohl ha faticato a lungo per convincere i tedeschi (in gran parte contrari) a rinunciare al (super) marco.
Che poi la Germania abbia saputo sfruttare la moneta unica a suo favore è un fatto, ma questo non c’entra per nulla con la genesi dell’euro.
“…Abbiamo i mezzi più raffinati e sofisticati di comunicazione di massa,ed è sempre più difficile conoscere la verità…
Forse mai come oggi siamo tutti vittime del consenso manipolato.
Rivendichiamo più che mai-e forse proprio per questo-la centralità dell’individuo,e,nel contempo è proprio l’individuo a sentirsi impotente e inutile quanto mai si è sentito finora
di fronte all’apparato, di fronte al sistema.
Ma è del tutto vero che sia cosi impotente e inutile? Non resta almeno il sogno?
E io lo so,e lo dovremmo sapere tutti,che continuare a sognare non è mai inutile…”
(Dal libro ” Perché la verità sia libera ” di Padre Turoldo ).
Forse l’individuo si sente impotente e inutile anche perché è messo in condizione di essere tale. L’individuo isolato può poco o niente. Solo aggregandosi in realtà coese e determinate si possono tentare vie d’uscita dagli attuali assetti istituzionali partitocratici. Purtroppo le prossime elezioni potrebbero aggravare la situazione di scollamento tra il cittadino e l’apparato, il sistema, il potere politico.
Dopo le elezioni, si verificherà probabilmente uno stallo di natura compromissoria tra gli attuali partiti, finalizzato a mantenere il controllo del nostro ordinamento. Nel frattempo, i problemi reali degli italiani, da tempo irrisolti (debito pubblico, criminalità organizzata, evasione fiscale, distruzione dell’ecosistema, immigrazione incontrollata e via dicendo) si aggraveranno a causa dell’incapacità gestionale e del bradipismo parlamentare. Questa sarà la seconda concausa dell’ulteriore divaricazione tra il popolo italiano e gli apparati partitici di comando, dopo quella del sistema elettorale in essere.
Nessuna fazione di questa partitocrazia potrà infatti prevalere troppo sulle altre. Nessuna vincerà a sufficienza. Nessuna perderà eccessivamente. Anche certi candidati pluricondannati potranno tentare l’ennesimo bingo. Tutti tranquilli, mal che vada ci sarà un posto di ripiego in burocrazia, perché il regime dei compromessi e della mano che lava l’altra continuerà a favorire la cleptocrazia partitica. Continuerà la paralisi del nuovo e l’avanzata, sempre più artritica, del vecchio. Gli ulteriori compromessi continueranno a basarsi sulle logiche spartitorie di sempre. Un establishment partitico ingessato e ingessante proseguirà nella sua lenta agonia. Resteremo una nazione seduta, in grado di dare all’Europa solo la parte anatomica relativa. Intanto, nonostante tutto, ci sarà un’Italia che ancora resiste, un’Italia dalle potenzialità enormi, dalle energie immense.
Questa divaricazione di interessi tra gli italiani e i centri del potere partitico darà rinnovato impulso a chi intende farla finita con gli attuali assetti istituzionali. Difficile dire chi, come e quando occuperà questi spazi, libererà quelle energie e darà la spallata decisiva. I rischi di una svolta autoritaria si faranno sempre più forti e sarebbe un peccato non riuscire a trovare vie d’uscita democratiche da questo stallo politico di natura compromissoria e parassitaria.
Concordo, Pietro, sulle potenzialità enormi e sulle energie immense.
Ci sono e ci sono ovunque: sia nella cosiddetta società civile che nella classe politica (in tutte le forze politiche). Sono tante le persone che vorrebbero affrontare e risolvere i problemi che tu evidenzi. Ma come risolverli, se tutti fanno la guerra contro tutti? Se tutti fanno di tutto per sfasciare invece che avanzare proposte costruttive?
Ho paura, Pietro, di questo… sfascismo: mi ricorda l’homo homini lupus, una situazione da cui uscire con un Potere Forte.
Quello di cui abbiamo bisogno non è di sfasciare tutto, ma di metterci intorno a un tavolo e affrontare un problema alla volta. Tutti insieme. A partire dalla montagna del debito pubblico di cui pochi hanno parlato in questa campagna elettorale perché tagliare la spesa “costa” in termini elettorali, come costa fare una seria lotta contro l’evasione e l’elusione fiscali. Quello che costa e che non paga elettoralmente è rimasto fuori dalla campagna elettorale. ma dopo sarà un’altra cosa: ci si dovrà per forza confrontare in concreto, su misure concrete.
Tutti – se sono politici che guardano all’interesse generale e non al proprio orticello elettorale, avranno interesse a “risolvere” i problemi.
E io ho fiducia. Ho fiducia, ad esempio, che il centro-destra – se dovesse vincere – darà un contributo serio per affrontare il tema dei flussi migratori: farà quello che è impossibile politicamente che faccia il centro sinistra, ovvero una sanatoria come ha fato a suo tempo saggiamente il ministro della Lega Maroni, a meno che si riuscirà a convincere i Paesi di provenienza ad accogliere i non aventi diritto, a fare cioè quello che non è riuscito a fare un ministro come Minniti apprezzato dalla stessa Lega.
Condivido, Piero, la tua diagnosi sui rischi del bellum omnium contra omnes, dell’homo homini lupus. E molte delle tue considerazioni sulle “promesse demagogiche”.
Mi sembra tuttavia che queste conflittualità e animosità vengano soprattutto ostentate politicamente, rappresentate mediaticamente ed enfatizzate popolarmente. Siamo sotto elezioni e non c’è da stupirsi. Temo però che le esternazioni polemiche conclamate in campagna elettorale dai partiti sui grandi principi e sui massimi sistemi lasceranno poi il posto soltanto a una prosaica operazione spartitoria dei centri di potere politico ed economico tra quegli stessi partiti, con le solite modalità compromissorie. Insomma, non una lotta tra lupi ma l’ennesima scorpacciata in branco della carne d’agnello del popolo italiano.
Per questo ho rilevato che la terza concausa dell’ulteriore perdita di credibilità della partitocrazia italiana sarà quella delle mancate promesse elettorali dopo il voto. Situazione non nuova ma, in questa circostanza, ancora più plateale, in ragione della sconsiderata enormità, in termini economici, e quindi della dolosa inaffidabilità, in termini politici, di tali promesse. Visto che nessun partito vincerà a sufficienza per superare in modo autonomo l’impasse parlamentare, nessuno dovrà render conto delle promesse fatte. Si potrà accusare questo o quello di ogni inadempienza e inottemperanza. Ecco la ragione di tante promesse impossibili. Numeri in libertà e coperture finanziarie oniriche. Una declinazione sonnambulica dei conti pubblici, evocati come vago ectoplasma, fiction mediatica, fiabesco favoleggio. In vista dell’ennesima abbuffata.
Sono promesse di nessuna credibilità. Come bambini al luna park, voglio questo, voglio quello. Per fortuna che l’Europa ogni tanto ci lascia giocare nel nostro kindergarten, così ci illudiamo di essere adulti, mentre ci sbrodoliamo addosso un po’ di zucchero filato. Mai proposte serie per diminuire l’enorme debito pubblico nato dal craxismo e ancora in aumento. Mai qualcosa di adulto. Solo un’infantile, gioconda fiducia nella provvidenza, nella fortuna, nel popolo, nel gioco del lotto, in Padrepio, come un tempo in Mazzini, nel Duce, nell’ha da venì Baffone, ieri nel Papabuono e oggi nel Papashow, fate come gli uccelli del cielo che non seminano eppure eppure, Franza o Spagna purché se magna, io speriamo che me la cavo. Il nulla più nullo. La politica attuale come assenza di ogni valore, come inesistenza, come zero assoluto nella mente e nel cuore degli italiani. Un cimitero. Spettri partitici come fuochi fatui. Un vuoto totale.
Ecco allora tutte le premesse, le premesse migliori, per l’affermazione di qualcosa che potrebbe essere, nel nostro futuro, completamente nuovo, diverso, proiettato nell’avvenire. Difficile dire di quale politica si tratterà. Ma dal de profundis per gli attuali partiti si potrebbero originare spazi inimmaginabili, energie incredibili, opportunità oggi impensabili. Potrebbe arrivare, non si sa quando, un momento decisivo per l’Italia. La storia a un certo punto potrebbe voltare pagina. E gli italiani potrebbero essere capaci di voltarla.
Quello che non capisco è come uomini moderati, pur di destra, nonostante paventino possibili derive autoritarie, persistano con lo stesso voto. Sarà per i valori? Perché è innegabile che alcune velleità autoritarie “non si nascondano” in forze politiche rispetto ad altre. Quindi? Il gioco vale la candela in virtù di quale pensiero? Ripeto, i valori, le tradizioni, l’identità? O non sarebbe piu facile condurre il gioco in nome dell’unico valore che tutti dovremmo condividere? Non si crede che nella libertà ci sia spazio rispettoso per tutti? Cos’è mai questa violenza politica esplosa quando sappiamo tutti che la Politica nulla può, ad esempio, contro l’Economia? Val la pena dividersi nell’effimero quando il concreto offrirebbe tanti spunti di collaborazione? Cosa ci vuole in Politica se non tornare ad essere un valore forte in grado di contrastare quelle tragiche leggi di mercato che ne hanno preso il posto?
Mi commento da solo dividendo il mio intervento delle 13:46. Le prime righe erano un chiaro riferimento a Pietro Martini, e in questo caso non avrei niente da aggiungere, se non ricordargli che una destra moderata non esiste proprio, e quindi il suo dilemma su chi votare gli darà certamente filo da torcere. Perchè credo che i vari Salvini che sventola Costituzione, Vangelo e rosario insieme, Meloni, e ci metterei anche i Grillini e Berlusconi, siano tutto tranne che espressione della moderazione, per non parlare di altri gruppetti neri (quelli che tuonano contro i Centri sociali che occupano case, dimenticando di dire che Casa Pound a Roma fa la stessa cosa), se non nel compromesso che anche loro dovranno affrontare nel caso vincessero, non raggiungendo nessuno di loro la maggioranza necessaria per governare. A meno che il signor Martini sia tutto tranne che il moderato da biglietto da visita. Quanto al resto del mio intervento invece, che avrebbe voluto maggior articolazione, lasciando perdere l’utopia del “mettiamoci d’accordo tutti per contrastare l’Economia che da sempre la fa da padrone”, anzi no, vorrei ricordare il caso Embraco che sta per delocalizzare, dopo aver sfruttato finanziamenti italiani, lasciando a casa qualche centinaia di lavoratori. Naturalmente dalla Slovacchia fanno sapere di non saperne niente, mentre Calenda chiede all’Europa di aprire un’inchiesta per verificare che tutto avvenga nel rispetto delle regole e senza fondi europei. Quindi già c’è qualcosa che insospettisce. Che naturalmente non è l’unico caso. Negli ultimi dieci anni 270 imprese straniere hanno deciso di lasciare l’Italia. Ora, e qui ritorno all’utopia, all’utopia di una Politica che costringa l’Economia a scendere a patti, dove le regole vengano concordate insieme e che vengano da tutti rispettate con un unico presupposto, da estendere mondialmente, perché ormai è guerra dichiarata tra i soldi e la morale e la globalizzazione. Basterebbe dire agli avidi, multinazionali o singoli approfittatori, che se vogliono diventare ricchi qualche compromesso lo devono accettare, a costo di diventarlo meno. Ecco, questo dovrebbe essere la regola, perché le rivolte e gli assalti ai forni hanno portato prima o dopo alla ghigliottina. Sia chiaro, niente di evangelico, solo equilibrio, superando quelle stupidate contrapposte, solo ideologiche e di ritorno, che vedono sbandierare stupidate che porteranno solo ad ulteriori divisioni e che di sostanziale non hanno proprio niente, tra capri espiatori e falsi problemi. Viva l’utopia.
…Continuare a sognare non è mai inutile…
Che fra i politici eletti ci sia ancora qualcuno che abbia bisogno di essere buono.
Sono meno pessimista di te, Pietro. Io sono convito che questa classe politica tanto vituperata sia migliore della rappresentazione che ne fanno i manichei o gli sfascisti o i barricaderi o i puri…
So bene – e l’ho scritto anch’io nei tanti miei interventi sul tema – che l’attuale legge elettorale di fatto copre i partiti che possono promettere mare e monti senza dover rispondere a nessuno (troveranno sempre il colpevole nell’alleato infedele), ma so anche bene che noi società civile preferiamo gli slogan dei social (non mi riferisco, certo, a te che sei una persona che si documenta) piuttosto che studiare i “programmi” dei singoli partiti.
Io stesso – lo confesso vergognandomi – a pochi giorni dal voto non ho ancora avuto il tempo di studiarli a sufficienza, ma posso dire che le promesse che ho studiato sono tutt’altro che banali e l’ho dimostrato nei miei commenti.
Noi vogliamo una classe politica all’altezza, ma noi… società civile, siamo davvero all’altezza dei nostri “doveri civici”?
E mi permetto di chiederlo anche a CremAscolta: abbiamo davvero fatto di tutto per evitare le semplificazioni da comizio o da bar e studiare sul serio quanto i pentastellati, il centro destra, il centro sinistra, i Liberi e Uguali… ci sottopongono?
Io dico di noi.
Non ho dubbi, Piero, di essermi documentato su questi programmi elettorali meno bene di tanti cittadini più versati di me nelle attuali dinamiche politiche. È come con gli esami che devi fare solo per rispettare il piano di studi: ti riduci alle ultime settimane e la preparazione rischia di soffrirne un po’. Soprattutto se i docenti (in questo caso gli eligendi) non son proprio dei gran motivatori.
Ma un poco, a febbraio, ho studiato. E non mi sembra che abbondino elementi credibili su tre cose che mi parevano (forse sbagliavo) di un qualche rilievo per gli italiani. Prima cosa, il debito pubblico. Non dico Quintino Sella. Ma almeno non arrivare alla Commedia dell’Arte. Seconda cosa. L’evasione fiscale. Taccio per carità di Patria. Terza cosa. La distruzione dell’ecosistema. Devo andare avanti?
Alle propaggini del vecchio Moso, tra Casaletto e Cremosano, è stata avvistata una cicogna nera, estremamente rara. Ricordo quando, diciassette anni fa, abbiamo realizzato a Castiglione il centro di reintroduzione della cicogna bianca. In molti dicevano a noi GEV che eravamo matti. E invece è andata bene. Visto il clima politico elettorale e la caccia al nero, mi stupisco che nessuno abbia ancora accusato quella cicogna di essere una cicogna fascista portatrice di un neonato autoritarismo.
Se vogliamo, Ivano, che non ci siano Paesi che fanno dumping fiscale (dall’Irlanda a Lussemburgo all’area dell’Est europeo), non c’è altra via che rendere l’Unione europea più “integrata” e quindi più capace di imporre una uniformità fiscale, se non altro nei confronti di aziende multinazionali.
Finché ci daremo da fare per sfasciare l’Europa, invece che rafforzarla, non avremo nessuna forza contrattuale nei confronti delle multinazionali: non è un caso che i colossi digitali oggi abbiano scelto, anche all’interno della Unione europea, i paradisi fiscali.
E Di Maio ha già presentato la sua lista di Ministri. Provocazione o nessuna conoscenza istituzionale? Ovviamente Mattarella non la vedrà mai.
Altra perla: la maestra che urla ai poliziotti: dovete morire. Un delirio dietro l’altro. Anche per me andrebbe licenziata, o sanzionata in modo significativo per mancanza di equilibrio, presupposto necessario di tutte le Agenzie educative. Un amico mi manda poco fa un articolo di Gramellini che cita Flaiano. “in Italia i fascisti si dividono in fascisti e antifascisti. Magari discutibile, bisognerebbe che tutti ci assumessimo le nostre responsabilità, anche se la tentazione di maneggiare temporalmente la relazione di causa-effetto porterebbe a discussioni mai finite. Perchè la domanda sarebbe: chi ha iniziato prima?
In attesa delle elezioni teniamo sempre alta la guardia contro i rigurgiti fascisti, anche nel Kekistan: http://blog.ilgiornale.it/valle/2018/02/27/fiano-repubblica-e-i-trolls-del-kekistan-scherzi-del-web/
“Quat buntemp “.
Basicamente, anche a me Piero piacerebbe poter “……capire per poter essere libero di scegliere”, ma la possibilità di “capire” è stata tolta all’elettore, che è stato proiettato in una “fiction” dove “….. l’attuale legge elettorale di fatto copre i partiti che possono promettere mare e monti senza dover rispondere a nessuno”!
In questo “teatrino dell’assurdo” pre/elettorale, fatto di speudo alleati “separati in casa”, nn ho difficoltà a riconoscere che la scelta del Movimento 5 Stelle ha ….sparigliato le carte, indicando con chiarezza 20 punti programmatici comprensibili, da un lato, ed una possibile “squadra” di “esperti per competenza” da utilizzare comunque in Parlamento, posto che è in Parlamento che si fanno le Leggi, dall’altro.
Il mio non è un “endorsment”, è un presa d’atto, a occhi aperti e ……naso libero ( tenendo bene a mente, ovviamente, tutto il ….pregresso, fatto di promesse non mantenute, menzogne spudoratamente pronunciate senza ritrattazione, incapacità dei ….”partitoni” di generare almeno una legge elettorale degna di questo nome!)
Credo che questi nostri tempi non consentano di più!
Se siamo arrivati a questa legge elettorale, Franco, la colpa è di tutte le forze politiche: il Mattarellum (già sperimentato e mai sospettato di essere anticostituzionale) – proposto dal Pd – non andava bene neppure ai pentastellati (altrimenti Pd e M5S avrebbero avuto una larga maggioranza per approvarlo).
Nel nuovo scenario tripartitico il Rosatellum che introduce ben 2/3 di proporzionale andava bene a tutti, anche a quelli che non l’hanno votato. Tutti volevano “contarsi” per poi far “pesare” i loro voti dopo le elezioni.
Dei buoni spunti programmatici, Franco, li ho visti in tutti partiti,a è certo che una volta al governo ciascuno di loro – dopo la stagione delle promesse per catturare gli elettori – si misurerà con i conti (oltre che con i loro sogni), con tanti vincoli (non penso a quelli imposti dalla… cattiva Europa).
Io non ho dubbi (potrò essere smentito): qualsiasi governerà, governerà “in continuità” col governo Gentiloni (anche se nessuno lo dirà) sia negli incentivi alle imprese (perché assumano a tempo indeterminato) sia per sostenere i redditi bassi e le famiglie, sia sul fronte della politica europea. Per quanto poi riguarda i grandi problemi del debito pubblico, dell’evasione fiscale e della corruzione tutti seguiranno la strada finora seguita della “gradualità” (tutti sanno bene che “tagliare” spesa pubblica quasi sempre “costa”).
Non mi scandalizzo, Ivano, sulla lisa dei ministra del M5S: si tratta di una mossa politica intelligente (i pentastellati hanno imparato in fretta ad affinare la propaganda), anche se non ha alcun supporto costituzionale, tanto più con la legge di fatto proporzionale (una squadra di governo avrebbe senso – eccome ! – in un sistema maggioritario e sarebbe un chiaro atto di “trasparenza”).
Hai ragione, i Cinquestelle lo hanno fatto e hanno anche cercato di indicare le coperture economiche. E il bel libro di Maurizio Martina “Dalla terra all’Italia”, che avevo letto prima delle feste di fine anno, di ambiente parla parecchio, indicando anche alcune direttrici “agricole” italiane molto interessanti. Insomma, le eccezioni ci sono (e ce ne sono altre, seminascoste nel circo mediatico pre-elettorale). Ma mi pare che si tratti delle tipiche eccezioni che confermano la regola.
Anch’io, Pietro, mi sono soffermato (… ragionando un po’) sul debito pubblico e sull’evasione fiscale.
A dire il vero, si tratta di temi che tutte le forze politiche hanno affrontato nei loro documenti programmatici, ma non li hanno certo sbandierati in campagna elettorale perché “non pagano elettoralmente” (paga di più promettere meno tasse a tutti – ? – o più redditi a tutti).
Quando però chi vincerà si troverà nella stanza dei bottoni e si misurerà in concreto con i vincoli (non esterni) imposti dalla montagna del debito pubblico e dal cancro della evasione fiscale/contributiva e della corruzione), le cose cambieranno e vedremo che diventeranno “responsabili (tutti i partiti).
Mi associo al tuo auspicio, Piero. Speriamo. Leggevo la scorsa settimana l’ultimo libro di un autore che trovo a volte interessante e mi sono imbattuto in un paragrafo che tratta di un tema collegabile alla discussione in corso.
“Le moderne democrazie tendono a essere oligarchie o poliarchie, di tipo plutocratico e partitocratico. Nonostante i periodici riti delle elezioni, non solo le promesse elettorali non vengono mantenute, ma addirittura i risultati dei referendum vengono disattesi. I pronunciamenti del corpo elettorale sono dunque ininfluenti sulle decisioni assunte nei veri centri del potere, che non sono i parlamenti o i consigli dei ministri, ma le segreterie dei partiti e i consigli di amministrazione delle banche. Poiché la plutocrazia è affarista per vocazione, e la partitocrazia lo diventa per elezione, le democrazie sono dunque spesso anche cleptocrazie.
Lo dimostrano gli innumerevoli scandali planetari, dai quali affiora la corruzione endemica del potere già denunciata da Aristofane nei Cavalieri: il protagonista Paflagone si difendeva sostenendo di aver rubato per il bene dello Stato, come molti altri in seguito. In Italia, in particolare, la corruzione ha portato alle dimissioni di un presidente della Repubblica (Leone) nel 1978, a un intero “Parlamento degli Inquisiti” nel 1992-1994, e alla condanna di tre ex primi ministri (Forlani, Craxi e Berlusconi) negli ultimi vent’anni.
Corruzione a parte, l’ossimoro della “democrazia indiretta e rappresentativa” è stato inventato appunto per nascondere agli elettori una triste realtà: che le loro preferenze vengono diluite da una serie di filtri a maglie sempre più strette, che sono i partiti, il parlamento, il governo e il presidente della Repubblica. A ogni passaggio aumenta la distanza che il popolo ha dal potere che dovrebbe detenere, secondo l’ottimistica etimologia della parola “democrazia”.
L’unica debole leva che l’elettore può manovrare nel gioco del potere è la cambiale in bianco del voto che egli esprime, in Italia, una volta ogni cinque anni. Per tutto il tempo della legislatura egli rimane impotente e passivo nei confronti delle scelte del parlamento, del governo e del presidente della Repubblica, perché nessuno di questi organi risponde a lui: non solo direttamente, ma nemmeno indirettamente, attuando i programmi e mantenendo le promesse elettorali che hanno portato l’elettore a esprimere il proprio voto”.
Piergiorgio Odifreddi, “La democrazia non esiste – Critica matematica della ragione politica”, Rizzoli, 2018 (pagg. 105-106).
Odifreddi, Pietro, è sempre stato un… “provocatore” (in senso buono). Qualcuno l’ha definito il Voltaire di oggi. Tagliente lo è, ma non so fino a che punto credibile. Ho la sensazione che lui (ma anche molti di noi) abbia in mente un “modello” di uomo più che gli uomini in carne ed ossa, un “modello” di democrazia più che la democrazia che si manifesta concretamente nella realtà.
Che gli elettori non abbiano più potere, una volta hanno votato gli eletti, è vero, ma non lo prevede la Costituzione: questa dà in mano al popolo la facoltà di avanzare petizioni popolari, perfino disegni di legge, anche dei referendum . Che poi questi strumenti di democrazia diretta (che la riforma costituzionale bocciata dal popolo sovrano il fatidico 4 dicembre aveva allargato) non siano utilizzati o scarsamente utilizzati è un fatto.
Ma non dimentichiamo il grande potere che possiedono i mass media (e non solo negli Usa).
Oggi, poi, sono in molti che stanno lavorando per andare “oltre” i social (dove si condivide tutto tra amici) e realizzare quelli che si chiamano “MEDIA CIVICI”, siti o blog che hanno l’obiettivo di controllare il Potere (ogni Potere) e di avanzare delle proposte costruttive.
E’ quanto abbiamo realizzato nel nostro piccolo, giusto cinque anni fa (era proprio il primo marzo) con CremAscolta: lo spirito era proprio questo (anche se allora non conoscevamo la nuova denominazione).
E’ così che si riduce il gap tra eletti ed elettori, quando cioè gli elettori, documentandosi rigorosamente (e non sparando nel mucchio) dimostrano di essere in grado di evidenziare errori degli eletti e di suggerire delle proposte alternative.
Questo autore non è un mio riferimento culturale di particolare spicco o significatività. Ma a mio parere quanto dice qui (nel contesto di un intero libro che, se non letto, diventa difficile valutare) mi sembra condivisibile. Perché abbiamo visto che fine fanno gli esiti di certi referendum. Perché sappiamo quanto teorica sia la possibilità di interventi d’iniziativa popolare in campo legislativo. Perché le sovrapposizioni dell’esecutivo sul legislativo non allargano l’area della rappresentatività popolare. Perché l’intero ordinamento è stato strutturato settant’anni fa per dare ai partiti un ruolo di primazia. E per altro ancora, che non aggiungo per motivi di spazio.
Forse, leggendo un libro o dialogando con una persona, si può partire dal qualificare “chi è” l’autore o l’interlocutore e quali opinioni su questo “chi” abbiano espresso altri che con questo “chi” non abbiano o abbiano condiviso i contenuti da lui espressi. È un approccio. Mi pare però che si possa anche avere un approccio ai contenuti in quanto tali del libro di un autore o degli argomenti di un interlocutore, partendo dal “che cosa”, con un’analisi e una valutazione del testo del libro o delle argomentazioni recepite, dialogando nel merito di quanto oggettivamente rilevato in proposito, prima di appuntarsi sul profilo soggettivo, ad esempio giudicando l’autore o l’interlocutore come “provocatore” o “non credibile” o “populista” o altro ancora.
Sul fatto che la soluzione ai problemi italiani stia, in buona parte, nei media, nei social e nei civic social, non ho sufficienti competenze specifiche per esprimermi. La rete come strumento per contrastare la partitocrazia spartitoria, la plutocrazia finanziaria, l’evasione fiscale, la criminalità organizzata, l’immigrazione clandestina? Come soluzione per “controllare il potere” e “ridurre il gap tra eletti ed elettori”, come viatico mediatico di democrazia vera, di legge uguale per tutti, di giustizia e libertà? Da dopodomani in poi potremo verificarlo.
Martini, io penso invece che lo scritto di Odifreddi sia solo populista, e non me lo aspetterei da un uomo di scienza come il matematico. E insisto con la mia opinione, quella che vede vittima anche il potere politico dell’Economia. Basterebbe, anche se lavoro immane, analizzarne le dinamiche, le leggi di mercato, la globalizzazione, e non lo dico per giustificare, perché credo anche che un margine di azione la Politica ce l’abbia ancora. È solo la resa che porta a sbandierare tutte le promesse elettorali che tolgono la credibilità ad una classe che ormai si barcamena impotente di fronte ad una forza che mai come ora governa il mondo. E ribadisco il concetto utopico di un’alleanza, anche se di contrapposizione, un po’ da convergenze parallele, tra poteri economici e politici che mai come adesso sono distanti tra di loro. È come se si dicesse: voti fate pure i vostri affari, noi vedremo di distribuire le briciole cadute sotto il tavolo. E l’elettore ne ha ormai coscienza, chiamasi astensione elettorale o scollamento tra base e partiti. Se la Politica riconoscesse onestamente questo impasse, senza ergersi a governo del mondo, ritroverebbe credibilità e nuova partecipazione. Invece no, continuano a darsi delle arie facendo credere di poter salvare il mondo. Senza rendersi conto che questo è cambiato e cambia sempre, e mai così velocemente, quando la Politica, coi suoi meccanismi, rimane sempre uguale.
Per Francesco: nel programma dei pentastellati c’è il reddito di cittadinanza fino al terzo rifiuto. Se, come leggo, il problema del lavoro esiste, e tra una chiamata e l’altra potrebbero passare mesi e anni, mi dici come fanno a parlare di copertura finanziaria? Come la quantificano? Sai Francesco, di paludi da bonificare o Sabaudie da edificare non ce ne sono più.
Ivano, senza entrare nel merito specifico, anche perché, da un lato non intendo in alcun modo partecipare allo “sport condiviso dai partitoni” di individuare nei i five stars il “nemico da battere” (al solito ci si accanisce a combattere l’effetto e non la causa, il sintomo e non la malattia!) e dall’altro non credo affatto al “potere salvifico” della formazione del “capo-DiMaio” per portare l’Italia fuori dalla palude nella quale tanti anni di pessimo governo delle istituzioni democratiche l’hanno impelagata, ho semplicemente detto (e lo ripeto) ” nn ho difficoltà a riconoscere che la scelta del Movimento 5 Stelle ha ….sparigliato le carte”.
Nessun potere salvifico ( temo assai di più il possibile delinearsi di un “potere salvini/fico”!), eccimancherebbe, però provare a uscire dai “riti” di ….collaudata inefficacia” dei “partitoni”, questo non si può non riconoscerglielo! Ho parlato di “sparigliare le carte”, non di …”sol dell’avvenire”.
Credo che dai risultati di queste elezioni e dall’innesco di ….. “scosse di assestamento” che ne seguiranno, potremo capire se si delineino orizzonti di possibile recupero di credibilità ed efficacia per questa democrazia parlamentare, oppure se il suo declino debba essere irreversibilmente inarrestabile.
Le mie possibilità personali di influire su tutto ciò sono talmente irrilevanti che …..sono tranquillo!
Come quando prendo posto in un aereo: totalmente inutile, avere paura!
Mi accomoderò in …. cabina, farò il mio dovere di cittadino elettore e se ne riparlerà a ….atterraggio avvenuto!
Un’operazione, quella dei pentastellati, di straordinaria efficacia.
Prima la marcia verso la… moderazione, il senso di responsabilità.
Ora, addirittura, la lista di ministri… competenti.
E’ la loro la migliore campagna elettorale.
E’ irrilevante se tale lista abbia solo un valore propagandistico.
La cosa che conta è che è una “mossa mediatica” di grande intelligenza.
Gli avversari li bollano come “anti-sistema”? Loro vogliono dimostrare di avere tutte le carte in regole per essere una “forza di governo responsabile”.
Gli avversari li accusano di essere degli sprovveduti, senza competenze e senza esperienza? Loro presentano una squadra che esprime delle eccellenze in vari ambiti.
Sono cresciuti in fretta. Molto in fretta.
Il velo di Maya.
Un velo? Una mera operazione di facciata?
Tutte le forze politiche fanno largo uso di propaganda. Da sempre. Ma si tratta di una propaganda efficace che – immagino – regalerà al M5S un consenso in più rispetto al già ampio consenso raccolto fin qui.
Un consenso dovuto al demerito altrui?
Forse, ma io credo che fondamentalmente la voglia di cambiare non dipenda da fattori endogeni, ma da quelli esogeni: non sono tanto i governi ad avere creato un diffuso disagio, ma la crisi che si è trascinata a lungo e non è ancora completamente chiusa e all’effetto combinato di globalizzazione non governata, di applicazione sempre maggiore di tecnologie digitali (che non solo sta mettendo a rischio posti di lavoro, ma che sta creando lavori sempre più precari) e di una Unione europea paralizzata.
Leggo tanta ironia sulla stampa, ma non vi è dubbio – almeno io lo credo – che l’operazione squadra di governo di competenti (solo due sono “politici”) è di grande intelligenza politica e genererà effetti positivi per i pentastellati.
Hanno ben da dire che si tratta dell'”epilogo esoterico di una campagna elettorale da realtà aumentata”, di programmi che altro non sono che “mondi palingenetici che non esisteranno almeno per un paio di secoli”…
Tra due giorni lo vedremo.
Hanno vinto le forze più dirompenti, più combattive, più intenzionate a “cambiare”, le forze cioè che più hanno intercettato il diffuso disagio della gente (dal lavoro dei giovani che non c’è all’immigrazione mal governata), al suo bisogno di sicurezza, alla sua volontà di girare pagina.
L’alternanza è il sale della democrazia: benvenuta, quindi. In democrazia “vince” chi “convince” di più ed è indubbio che Di Maio e Salvini – era già nell’aria – abbiano convinto di più.
Il Rosatellum, col suo privilegiare il proporzionale, ha fotografato la volontà del popolo sovrano: un popolo diviso territorialmente, ma unito nella voglia di cambiare: Di Maio al Sud e Salvini al Nord.
Ora, come dice Salvini, … incomincia il bello. Già, riuscire a costruire una “maggioranza che governi”.
Non sarà facile nelle prossime settimane (ognuno dei due leader dovrà dimostrare di essere “coerente”), ma col tempo, di fronte alla prospettiva di tornare al voto, si arriverà – personalmente non ho dubbi – a una “mediazione” tra i due vincitori.
Siamo di fronte, certo, a due personalità che difficilmente riescono a “convivere” (chi cederà il ruolo dei premier all’altro?), ma prima o dopo a un accordo si arriverà.
E si arriverà perché è giusto che i due vincitori assoluti (non c’è dubbio che tutti gli altri hanno perso, non solo il Pd che è collassato, ma anche Forza Italia e, a maggior ragione Leu), coloro che hanno interpretato al meglio le aspirazioni degli italiani (del Sud come del Nord e in larga parte anche del Centro) abbiano l’onore e l’onere – come dice Salvini – di “governare”.
Sarà una cosa diversa dalla Grosse Koalition: da noi non si tratta di un’alleanza tra due partiti tradizionali “governativi” come in Germania (un’alleanza che ha lacerato lo stesso Spd), ma di due partiti “alternativi”.
Il mio auspicio è che riescano a “risolvere” con misure adeguate i “problemi” del Paese, con pragmatismo e nello stesso tempo, guardando avanti, puntando a contenere drasticamente il debito pubblico che è il nodo dei nodi di tutti i governi (di destra come di sinistra) degli ultimi decenni.
Non è più il tempo delle “promesse” (più o meno demagogiche che tutte le forze politiche hanno sbandierato), ma di misurarsi con la complessità della realtà, nella consapevolezza che i governi nazionali possono fare molto in casa loro, ma anche be poco – se non in un concerto più ampio – per risolvere problemi “globali”.
Ci vuole – lo ripeto – un po’ di tempo, ma a un accordo si arriverà tra i due vincitori.
Nessuno, credo, vuole tornare alle elezioni perché ciascuno dei due vincitori teme che l’altro possa raggiungere la fatidica soglia del 40%.
E nessuno, credo, vuole un’altra legge elettorale: non dimentichiamo che questa legge è stata voluta da Forza Italia, approvata dalla Lega e dal Pd (ma il Pd, originariamente, aveva proposto il Mattarellum che il M5S aveva rifiutato).
Non conviene a nessuno, poi, un governo di scopo: quale scopo?
A dire il vero, uno scopo ci sarebbe: mettersi intorno a un tavolo e trovare “insieme” delle soluzioni credibili per contenere in modo drastico il debito pubblico che ogni anno ci costa, per interessi, dai 60 agli 80 miliardi. Con questi miliardi si potrebbero davvero effettuare investimenti massicci che creino col tempo lavoro (anche nella stessa “ricerca”: tutte le grandi innovazioni degli ultimi decenni hanno beneficiato degli investimenti “pubblici”).
“il debito pubblico che ogni anno ci costa, per interessi, dai 60 agli 80 miliardi”. Piero, mi spieghi una volta per tutte perché la BCE può creare dal nulla una cifra simile OGNI MESE e l’Italia, che è uno stato sovrano, deve invece farsi prestare i soldi? Ti ricordo che la BCE è una Spa, non uno Stato sovrano.
Il debito pubblico è un… affare nostro: siamo noi che l’abbiamo creato dagli anni 80 in poi, grazie quindi a tutti i governi che da allora si sono succeduti.
Come del resto è un affare nostro la mega evasione fiscale (nonché contributiva – pensiamo al diffuso lavoro nero).
Sono problemi che dobbiamo risolvere noi, a prescindere dai vincoli “esterni”.
Proprio perché ci indebitiamo, dobbiamo pagare interessi ai nostri creditori e i nostri creditori non sono solo italiani, ma anche stranieri (in Giappone, invece, l’enorme debito pubblico è finanziato esclusivamente dal risparmio dei giapponesi).
Anche gli Usa hanno un debito pubblico mostruoso che è finanziato in larghissima parte dai cinesi.
Quello che sta facendo Draghi da anni (col voto contrario dell’esponente della banca centrale tedesca) è acquistare sul mercato secondario (direttamente non può farlo per statuto) titoli di Stato al fine di evitare spread elevati (che hanno come effetto quello di accrescere gli interessi da pagare).
Draghi sta per scadere e quindi non è detto che la sua politica sia mantenuta.
….stare “fermi un giro” e rimettere in moto la manfrina per la ricerca di una legge elettorale, per ….. favorire chi?!?
Credo sarebbe davvero troppo nei confronti dei cittadini elettori e (soprattutto) della UE , in “ambiente post Draghi” per di più!
Potrebbe innescarsi una reazione spread/speculazione internazionale dalle conseguenze incalcolabili!
Che non accada, potrebbe davvero rappresentare la fine ingloriosa della democrazia nel “buffo stivale”!
Riprendo la mia riflessione sull’esito del voto (magari, può essere utile per aprire un confronto).
Settimana scorsa ho sottolineato le idee a dir poco geniali (politicamente) che hanno contrassegnato la campagna elettorale del M5S: un movimento anti-sistema che gradualmente ha dimostrato di sempre più “responsabile” (spettacolare l’operazione mediatica presso le capitali europee, presso la stessa Unione europea, perfino nel cuore della City) fino al colpo finale della squadra formata quasi tutta da docenti universitari, cioè da “competenti” (una risposta a tutti coloro che temevano un movimento di ragazzotti senza senza esperienza e senza competenze).
Una genialità che ha dimostrato anche Salvini: col cavallo di battaglia della immigrazione (o meglio dei clandestini) ha intercettato le paure che ci sono, il bisogno di sicurezza che c’è. Con l’altro cavallo di battaglia, l’azzeramento della Fornero, poi, ha raccolto il rancore covato da milioni di persone contro una legge che le ha penalizzate
Sentivo oggi da Salvini che la sua è stata una campagna elettorale bellissima: in effetti lo è stata sotto il profilo della efficacia.
Non lo dico oggi ex post: ho sempre pensato che Salvini avrebbe scavalcato Forza Italia (decisamente più incisivo e, soprattutto, più radicale – anche sul fronte della flat tax), tanto più che tutti ben sapevano che Berlusconi non solo ha governato a lungo, ma che in queste elezioni non era anche candidabile (perché allora votarlo?).
Ognuno raccoglie quello che semina.
Di Maio e Salvini, gli unici leader nuovi (espressione di forze politiche nuove) hanno seminato bene.
Molto bene.
Governare, naturalmente, è più difficile, ma ce la metteranno tutta per dimostrare una “discontinuità” con i passati governi.
La prima cosa da fare è trovare una “maggioranza”: è ora della… caccia.
Genialità? No, semplice buon senso.
Buon senso? Certo: Salvini ha saputo cogliere bene le aspettative di tanta gente, non solo il bisogno di sicurezza, ma anche il malumore diffuso in tema di immigrazione.
Personalmente l’ho scritto un sacco di volte su questo blog: non c’è alcuna ragione al mondo perché gli italiani mantengano per due-tre anni dei giovanotti senza alcun progetto su di loro. Un conto è l’investimento che ne ha fatto la Merkel in formazione perché i migranti siano integrati (anche linguisticamente) e diano il loro contributo a un Paese che ha un bassissimo tasso di natalità) e un conto lasciarli per certi aspetti allo sbando – a parte eccezioni -.
La mia modesta idea l’ho lanciata più volte: l’unica ragione è quella di investire (con le risorse della Comunità europea) nella loro “formazione professionale” – in pieno accordo con le ambasciate dei Paesi di origine – perché poi possano tornare e dare il loro contributo di competenze acquisite al “risveglio” economico dei loro Paesi. Sarebbe una “mission” nobile dell’Europa, una mission che avrebbe come risultato – almeno nel lungo termine – un vantaggio reciproco (win-win, come si dice in gergo).
Un fatto è certo (e io non lo dico solo ora, ma da tempo per i due o tre lettori che hanno la bontà di leggere le mie pacate riflessioni): la gestione dell’immigrazione è stata “disastrosa”.
So bene che di fronte a certi numeri qualsiasi governo avrebbe avuto molte difficoltà (nella stessa ordinata Germania centinaia di migliaia di migrantes si sono volatilizzati nella clandestinità), ma non ho visto, se non con Minniti, una inversione di tendenza.
Personalmente, mi auguro che chi avrà l’onore e l’onere di governare sappia gestirla meglio.
Continuo a riflettere, cercando di essere il più “staccato” possibile, più staccato anche di tanta stampa cosiddetta “indipendente”: la mia passione è la “ricerca”, la volontà di capire per poi, magari, di suggerire qualche idea costruttiva (sulla base dei mie pochi strumenti che ho a disposizione).
Leggo sulla stampa internazionale una forte preoccupazione per la vittoria dei “populisti” in Italia.
Io, da italiano, non ho alcuna preoccupazione.
A distanza di poche ore da voto, già i veleni della campagna elettorale si sono dispersi nel vento. E’ la dura realtà che conduce tutti a moderare i toni, perché senza un “dialogo” con altre forze politiche nessun vincitore è in grado di governare.
Gli stessi difensori a oltranza del “vincolo di mandato” si stanno guardando intorno per andare a caccia di uomini e donne eletti in altri partiti. Vedo, addirittura, che un po’ tutti e due i vincitori stanno cercando di costruire dei ponti col Pd (de-renziato) perché questo partito, tanto vituperato in campagna elettorale, viene visto come “l’ago della bilancia”.
So che è Berlusconi il più intenzionato a tendere la mano al Pd, ma so che anche i pentastellati, nonostante la campagna elettorale durissima contro i responsabili di tutti i misfatti targati dem, vogliono parlare “con tutti” e qualcuno di loro anzi vede proprio nel Pd l’unica possibilità di formare un governo.
Non so quale maggioranza uscirà, ma perché ne esca una, non vi è altra strada che “dialogare”, cercare delle “mediazioni” dignitose per tutti.
Già, non vi è un’alternativa, a meno che si voglia formare un governo di scopo per qualche mese e poi andare di nuovo al voto.
Un’altra possibilità, in effetti ci sarebbe: arrivare a un accordo su una nuova legge elettorale che favorisca la governabilità.
Si tratta di una possibilità a mio avviso molto remota: c’era già una legge che puntava alla governabilità ed era il Mattarellum che Forza Italia, lega e Cinque Stelle hanno rifiutato.
Nessuno, certo, vorrà rimangiarsi quanto deciso.
A mio avviso si è persa una grande opportunità: se tutte le forze politiche avessero “collaborato”, offrendo ciascuno il proprio contributo e mettendosi tutti intorno a un tavolo (una legge elettorale ha a che vedere con le “regole” del gioco ed è per questo che tali regole dovrebbero essere condivise da tutti), avrebbero affinato e integrato l’Italicum per renderlo “conforme alla Costituzione. Ci sarebbe voluto poco: prevedere, ad esempio, una soglia per il ballottaggio.
Già, col ballottaggio alla francese (se non ricordo male Macron al primo turno ha avuto circa il 25% dei voti), la situazione attuale si sbloccherebbe: andando al ballottaggio, o vince il centro-destra o vince il M5S.
E così si procederebbe con un governo che rispecchi il “programma” con cui le forze politiche si sono presentate all’elettorato.
Piero, dici cose sensate e condivisibili, in particolare sul ballottaggio. Il punto su cui non siamo d’accordo è che, secondo te, queste cose sensate non si realizzano per incapacità dei politici, secondo me perché dietro c’è un disegno ben preciso che tira in senso opposto. E non parliamo di complotto: la politica è sempre stata fatta da complotti di questo tipo.
….la cosa che mi lascia esterefatto, è che contemporaneamente,in altra parte del blog, con lo stesso nome, si commenta così:
“Rita, prendiamo atto che in questa piazza suscita molto più interesse un filmetto sui sodomiti (anche perché ambientato a Crema) che una svolta epocale come quella avvenuta Domenica. Abbiamo assistito in diretta al suicidio della sinistra radical-chic, quella che legge Re Pubica, che predica l’accoglienza indiscriminata sulla pelle dei poveracci che abitano le periferie, che pensa che andando in bicicletta o mangiando verdura si risolvano tutti i problemi, che nomina personaggi demenziali alle massime cariche dello Stato e li lascia pure parlare a ruota libera. E quindi cosa vuoi che dicano adesso? Per il momento sono ammutoliti ma purtroppo, elaborata la batosta, tra poco ricominceranno a pontificare. Intanto godiamoci Renzie che si “dimette” in gioco”
……doctor Jekyll and mr Hyde? Un caso di omonimia? (sappiamo tutti cosa vuol dire vero?).
Mah ……
Non mi sembra molto difficile da capire: c’è qualcuno in alto che tira i fili e altri in basso che, senza capire bene, si agitano. La politica è sempre stata così.
PS. Poiché mi sono stancato delle tue continue e noiose provocazioni d’ora in avanti le ignorerò.
….e Salvini gioca un ….carico da 11:
!
Residente a Spirano in provincia di Bergamo, responsabile immigrazione della Lega e nel Carroccio da 25 anni, Iwobi è entusiasta dell’elezione arrivata dopo “tanti anni di appartenenza” al partito.
Si volta pagina?
Per me, solo bene! Eccimancherebbe!
Vuol dire che l’ex sindaco di Treviso Giancarlo Gentilini che, riferito agli immigrati diceva “bisognerebbe vestirli da leprotti per fare pim pim pim col fucil” fino a Roberto Calderoli che aveva paragonato Cecile Kyenge, allora Ministro all’integrazione, a un orango ( “delle sembianze da orango”), sono personaggi che appartengono a un passato da sconfessare con fermezza in modo dichiarato!
Che avvenga allora e sarà una crescita socio/culturale per tutti!
per Bruno Cordani 6 marzo 2018 alle 20:58 – rispetto alla tua dichiarata “ignoranza” nei miei riguardi: liberissimo! Con tutto il rispetto però, prof non ti ha sfiorato l’ipotesi di avere, così in generale, un approccio meno aggressivo, con un linguaggio meno provocatoriamente volgare? Oramai anche la Lega ha cambiato “registro” no? pensare ad un “reset” ?!?
Io mi sono… rifugiato, Francesco, nel percorso che ho iniziato un mese fa all’insegna del “ragioniamo”, perché vorrei tenermi lontano da un certo linguaggio: per mio carattere preferisco dialogare con pacatezza, senza farmi travolgere da passioni partitiche.
Quello che mi sono sforzato di fare è di formulare alcune “riflessioni” (di una persona da sempre attenta alle vicende politiche, senza tuttavia farmi travolgere dalle… risse partitiche).
Ed è dentro queste riflessioni che ho evocato l’ipotesi di una legge elettorale col sistema maggioritario col ballottaggio alla francese.
So bene che non è all’ordine del giorno, ma se tra qualche mese ci troveremo di fronte a una situazione di stallo (uno scenario per nulla improbabile), l’ipotesi verrebbe presa sul serio: anche nell’ipotesi dei tre poli, col ballottaggio (con una soglia come prevista dalla Consulta) consentirebbe la governabilità.
Ma ci vorrà tempo: sarà il tempo che stempererà le tensioni (aggressioni reciproche) della campagna elettorale.
Torno a riflettere, sempre da osservatore, e sempre con l’intenzione di vedere delle possibili soluzioni.
Una delle prime considerazioni è stata questa: è giusto che “governino” le due forze che hanno vinto le lezioni (M5S e Lega).
So che questo scenario appare quanto mai “utopico”: è difficile se non impossibile (almeno nei tempi brevi) che uno dei due “salvatori della patria” ceda il posto all’altro governando insieme.
Siamo di fronte a due personalità, ma anche a due storie che, pur tra loro in sintonia su determinati temi, non possono (almeno per ora) convivere.
Ecco, allora, che ciascuno dei due guardi con interesse al Pd (nel Centro-destra è Berlusconi che si muove in tale direzione): già questo è il segnale del… disgelo ed è la dimostrazione che in politica occorre misurarsi con le forze in campo e, soprattutto, con le scelte sovrane del popolo.
Uno scenario che riabilita un Pd che ha ormai esaurito la sua carica propulsiva (per usare una vecchia espressione)? Al contrario: un abbraccio del Pd con la Lega o con i pentastellati sarebbe… mortale.
Ma… le forze politiche servono a se stesse o devono essere utili al Paese?
Anche la Spd tedesca, dopo l tonfo elettorale, ha considerato il nuovo abbraccio con la Merkel come un abbraccio… mortale, ma poi, su pressione dello stesso presidente della Repubblica e di fronte allo scenario di un ritorno al voto con la prospettiva della vittoria di Alternativa per la Germania, il partito, pur lacerato, con un referendum ha dato l’ok.
Accadrà lo stesso anche in Italia (con un Pd, naturalmente, senza Renzi)?
Piero, Renzi , restando alla guida fino alla composizione di un nuovo governo, ha già congelato la possibilità di partecipare a un governo con i 5S. Certo vi sono tensioni dentro il PD ma, a parte Emiliano, non mi pare che nessuno degli esponenti si sia pronunciato chiaramente a favore.. L’esempio CDU/SPD è poco comparabile, credo. Questi due partiti avevano già governato insieme, non hanno fatto una campagna tanto esacerbata e sono due partiti dell’establishment. Non vedo sinceramente come possa il PD governare, per puro senso di responsabilità, con un movimento che si è costruito sulla critica al sistema. La politica è compromesso ma PD e M5S sono l’antitesi. Anche se di Maio è andato a Washington alla Fed e a Londra per tranquillizzare i “poteri forti”, propone un ministro dell’economia favorevole alla descrescita e un ministro degli Esteri molto critico verso Israele. La real politic prevarrà ? Ad ogni modo penso che un’alleanza sarebbe fatale al PD. Le forze politiche servono a se stesse o devono essere utili al paese ? Se spariscono non servono più a niente e a nessuno.
Mi sembra più probabile che il centro destra, se non si spacca, possa racimolare, qua e là i seggi che mancano, anche se non sono pochi.
Pragmaticamente mi viene da dire che la tua analisi, Natalina fotografa bene la situazione, ….come dire? Lo scopriremo solo vivendo?!?
Certo è che questa pazza legge elettorale ha innescato un “sisma” che ha fatto saltare le penne dei sismografi! ( ha fatto fare addirittura un sorprendente “ribaltone” anche a “barba bianca Eugenio” che nei confronti dei 5* aveva sempre tenuto comportamenti addirittura insofferenti, al limite della decenza!)
Nulla sarà come prima ….. o invece siamo al ” cambiare tutto perchè nulla cambi” del Principe di Salina, tornando ai “giri di valzer” della “prima repubblica”?
Si, lo scopriremo solo vivendo, mettiamoci comodi …..
Il Partito Democratico subisce una netta sconfitta però mantiene una quantità di consensi e di seggi in parlamento di tutto rispetto. Percentuali che per altri sono un punto di arrivo inaspettato ed esaltante sono per questo partito la misura di quanto abbia toccato il fondo. Per cui, attenzione a dare per spacciato il Partito Democratico, ancora forte e temibile. La sua notevole struttura organizzativa è già al lavoro per contenere i danni, ristrutturare quanto necessario e preparare la rivincita. Non facciamo come i milanesi dopo le Cinque Giornate: l’esercito avversario è in ritirata ma ha ottime possibilità di ricompattamento e contrattacco.
Colpisce la passerella dei rappresentanti di questo partito che ora escono dalle loro tane dopo essere stati messi in fila e trombati alla grande da Renzi. Sia quelli rimasti nel partito con le loro querule lamentazioni, sia quelli usciti con proclami di vittoria e stendardi che garrivano al vento. Mai Renzi mi è stato simpatico come ora, mentre i Cuperlo, i Civati, gli Emiliano e tutti gli altri frondisti sgambettano sui palcoscenici mediatici. Sarebbe più dignitoso e decoroso, quando il proprio partito, la propria squadra, il proprio gruppo perde, serrare dignitosamente i ranghi e restare silenziosamente uniti. Le disparità di opinione, nella sconfitta, cedono tra galantuomini allo spirito di corpo e al senso di appartenenza. E anche senza andare troppo lontano, certe derive hanno avuto bisogno del salutare intervento di chi i consensi li ha presi davvero più di tutti, per non degenerare.
Non dimentichiamo un grande merito di Renzi: l’aver rottamato una sfilza di personaggi esponenti di una sinistra morta e sepolta, facendosi sì molti nemici ma anche evitando che il partito in queste elezioni subisse una sconfitta ancora più pesante. Non faccio nomi ma certi tre per cento e certi ripescaggi col proporzionale non lasciano dubbi sul perché almeno questi zombie non vadano a pontificare in televisione.
E poi, da sempre è corretto riconoscere, a chi perde senza infamia, l’onore delle armi. Cosa che personalmente, da uomo di destra, riconosco a questo partito storico della nostra nazione.
Montanelli nel suo ufficio teneva in bella mostra il ritratto di Stalin che, a suo dire, aveva il grande merito di aver ammazzato più comunisti di chiunque altro. La destra dovrebbe fare la stessa cosa con Renzie.
Una premessa doverosa la tua, Pietro, “a chi perde senza infamia, l’onore delle armi”. E’ il caso di Renzi? Sinceramente, a me non sembra. Al popolo italiano ha raccontato un sacco di balle con l’unico scopo di salvaguardare se stesso, a cominciare dal mantra degli ultimi mesi secondo cui l’Italia sarebbe stata meglio, molto meglio, sempre meglio. Oggi si scopre invece (lo ha dichiarato la UE) che il Belpaese continua a registrare “squilibri eccessivi”, tra cui l’alto debito e una protratta bassa produttività, elevati tassi di disoccupazione e crediti deteriorati a oltranza. Non siamo per niente competitivi, tanto per dirla in due parole, e rimaniamo al palo con Cipro e la Grecia.
Domenica gli italiani non hanno votato contro Renzi ma contro i Monti, i Letta, i Gentiloni e i Berlusconi. E anche, perché no, contro i media cani da guardia dell’establishment, gli stessi che quotidianamente sbeffeggiavano Di Maio e ignoravano Salvini che per mesi ha riempito le piazze senza che loro lo dicessero.
Storicamente parlando, il discorso è molto più ampio e va ben oltre la “caduta” di un singolo leader o di un singolo partito, poco importante visto che morto uno se ne farà subito un altro. E’ morta la Democrazia Cristiana (quasi), figuriamoci se non può morire il Pd. Resta invece l’amaro fatto che tutta questa gente, incompetente e strapagata, non ha saputo interpretare i bisogni e le preoccupazioni reali di un’Italia sempre più in affanno. Altro che “va tutto bene”. Una cosa molto grave per chi si dedica alla politica, perché vuol dire che non sa fare il proprio mestiere, e forse è meglio che lo cambi.
Sono d’accordo su molte cose che dici, Rita. Del resto, molti miei commenti sul blog prima delle elezioni te lo dimostrano. E confermo in pieno le mie opinioni sulla partitocrazia italiana, sulla sua cleptocrazia spartitoria e sul fatto che non sarà certo con queste votazioni che la sostanza delle cose potrà veramente cambiare.
Tuttavia, mi permetto di dissentire su un paio di elementi. Il primo è che Renzi, con tutti suoi errori e i suoi atteggiamenti indisponenti, è stato per me molto meglio, come politico, delle mummie da museo egizio di D’Alema, Veltroni, Fassino, Bersani e compagnia. Meglio di quegli oppositori interni con zainetto e ciuffo laccato che oggi esibiscono l’ardimento di Maramaldo verso Francesco Ferrucci. Meglio di quegli oppositori esterni che han preso una batosta molto peggiore della sua, dando vita a un partito che non si capisce se abbia preso il nome da un dopolavoro ferroviario o da una palestra di paese.
Il secondo è che non credo nella prossima estinzione del Partito Democratico. Proporrò un post in proposito alla vostra redazione per indicarne i motivi. La Democrazia Cristiana, il Partito Socialista e le altre formazioni di allora non avevano tutti i punti di forza del Partito Democratico. Ometterò tra questi punti di forza qualcosa che dalla politica travalica in altri ambiti dell’umano sentire. Tra l’altro, ho visto che a Crema esiste ancora il Partito Repubblicano, coraggioso nel sopravvivere ma sfortunato: 15 voti alla camera e 16 al senato.
Questa di Montanelli non la sapevo, prof. Cordani. Grazie per il suggerimento. Però prima di andare dal corniciaio aspetto le prossime settimane, per essere sicuro. Nella taiga siberiana, col burian, l’esito era certo. Ma sui sette colli, col ponentino, lei mi capisce.
Fai un post, Pietro. Sono curiosa di sapere quali sono, secondo te, i punti di forza del Pd rispetto alla DC, o al PSI. C’entra il trasformismo? In fondo cambiano nome ma sono sempre loro: PCI, PDS, margherite, querce, ulivi e altri elementi vegetali. La Lorenzin s’è inventata persino il “partito petaloso”. Non saranno dei bravi politici, ma sono dei commedianti eccezionali.
Condivido, Natalina, la tua analisi.
In effetti, nell’esaminare l’ipotesi in questione (sono i pentastellati e il centro-destra che hanno bisogno del Pd, se non vogliono fare un’alleanza tra loro), ho parlato di Pd senza Renzi e Renzi, già nella Direzione prossima (me lo auspico da osservatore) dovrebbe essere silenziato.
Dici bene che un partito per poter essere utile al paese deve sopravvivere: sarà appunto questo il dilemma che travaglierà il partito nelle prossime settimane (o mesi?): accettare obtorto collo l’abbraccio mortale o con i 5 stelle o col centro-destra oppure prepararsi a nuove elezioni ancora più punitive: Scilla e Cariddi!
Concordo con te, Pietro.
Il merito di Renzi come uomo di partito (lasciamo agli storici quello che ha fatto come capo di governo) è di sicuro quello di avere rottamato la sinistra della sinistra.
E’ un fatto, tuttavia, che alcune istanze di Liberi e Uguali (pensiamo alla bandiera dell’art. 18) sono state fatte proprie anche dal M5S.
Non è il caso in questo momento di tornare a parlare di jobs act, ma non vi è dubbio, a prescindere dai nostri rispettivi punti di vista, che l’esigenza di un lavoro meno precario è una esigenza diffusa a cui si dovrà pure rispondere con delle misure adeguate.
Personalmente, ho qualche dubbio che si possano trovare delle risposte adeguate: i governi di centro-sinistra hanno investito decine di miliardi per agevolare le assunzioni a tempo indeterminato, ma con scarsi risultati.
Siamo in presenza di un problema che si può affrontare a un altro livello (un livello “globale”, non “nazionale”).
O, come suggerisce Cacciari : mandare i 5* al governo con l’astensione e lasciarli governare da soli . Forse il modo migliore per capire finalmente chi sono, cosa vogliano veramente e quali capacità di governo abbiano.
Referendum del 22 ottobre 2017 per una maggiore autonomia e più risorse per il territorio lombardo, forti di una forza contrattuale che prima o dopo metteranno in campo. Reddito di cittadinanza senza aver ancora quantificato la copertura. Anch’io li lascerei governare da soli. Un’Italia spaccata in due per bisogni e aspettative con due compagini politiche che più distanti di così si muore. E poi il problema dell’immigrazione. Perché al di là di analisi politiche o intellettuali tutta la campagna elettorale si è giocata su questi temi, di così difficile soluzione, che vorrei proprio vedere quei faciloni con la voglia di governare. E’ per questo che il Pd non deve e non può entrare in un governo a fare da stampella, quando affrontando la complessità delle promesse lo scontro sarà tale che la patata bollente inevitabilmente ricadrà anche sulle spalle complici di questo partito senza guida e con numeri che mai potrebbero condizionarne gli esiti. Quindi si arrangino, dimostrino di saper fare quello che han promesso, e in quel caso i loro numeri potrebbero anche aumentare, altrimenti a casa. Che poi, se si andasse a nuove elezioni, è chiaro che dopo le dichiarazioni di ieri che per il Reddito di cittadinanza potrebbero servire dai 2 ai 2 anni e mezzo, è scontato che perderebbero la metà dei consensi, checchè ne dica Cacciari. Perché non credo che i disoccupati di Scampia, Zen e tutte le altre esclusioni geografiche abbiano ancora la pazienza di aspettare.
Ah, complimenti a Martini per il suo nuovo post.
Natalina, qui non si tratta di “lasciare” o “non lasciare” il M5s governare da solo, è che non può, non ha i numeri :
– coalizione centrodestra 264 seggi
– Movimento 5 Stelle 221 seggi
– coalizione centrosinistra 112 seggi
Se pensi che il partito più numeroso in parlamento è il cosiddetto Gruppo Misto, formato da fuoriusciti e traditori a vario titolo, ti sei già risposta da sola.
….. dalla Casella “imprevisti” ci è toccato un ” RITORNA ALL’8 MARZO” (senza passare dal VIA!) e ….. siamo ritornati a Cottarelli. A chi tocca tirare i dadi?!?
A nessuno. Cottarelli (un uomo del FMI) durerà poche ore, la sua nomina non passerà mai in parlamento. Al posto suo, non avrei accettato, così si brucia per eventuali prossimi incarichi. Game over.
….which kind of game? This is the question!
Dopo tutte le promesse elettorali siamo al dunque.
La legge finanziaria inizia il suo percorso, sarà in parlamento tra tre giorni, per l’approvazione.
Cosa ne pensate della proposta di P. Savona illustrata a “Mezz’ora in più” su Rai3 di ieri?
Ne capisco poco ma a me sembra sensata per rilanciare l’economia.
Savona ha snocciolato dei numeri. Quello che mi ha colpito di più è l’avanzo dell’euro-area di 476 MLD di $ (Italia 57 MLD di $) che in parte potrebbero essere utilizzati per investimenti nelle infrastrutture (ciascun paese ha le sue su cui intervenire).
I politici tutti dovrebbero cogliere questa opportunità per creare la vera Europa unita che oggi non c’è.
Saranno capaci?
Speriamo che stacchino lo sguardo dal proprio orticello e pensino al bene comune, soprattutto al futuro dei nostri giovani.
So, Renato, che da buon manager sei molto interessato ai problemi economici (come dovremmo esserlo tutti perché solo di economia viviamo).
Io non sono né Savona né Cottarelli, ma proprio in seguito al crollo del ponte di Genova, ho sottoposto ai lettori del blog un post dal titolo “Una quadratura del cerchio” che propone proprio un piano straordinario di investimenti in infrastrutture a livello europeo (una sorta di New Deal alla Roosevelt), un piano che risolverebbe un sacco di problemi (appunto… la quadratura del cerchio).
Sarebbe il volano dell’economia stagnante dell’Europa e un abbandono “intelligente” – in quanto iniziativa europea – della tanto odiata (da alcuni Paesi) politica di austerità.
Piero, peste contemporanea a parte, con tanta sensibilità, sofferenza e infelicità degli autori, arrivati forse al dunque, e mettendo i piedi per terra come invita a fare Pietro, non sarebbe ora di riprendere il tuo post? Perchè a questo punto mi piacerebbe ricominciare a sentire il parere dei sostenitori di questo Governo. Cosa ne dici? Perchè io, grande preveggente, da subito dissi che avremmo fatto la fine di Tsipras: tanti proclami per poi abbassare la cresta. Nonostante la “paura che stiamo facendo a tutta Europa” Mi pare che questo lo ribadisca continuamente Rita. Buona giornata a tutti.
Caro preveggente, noi non possiamo fare la fine di Tsipras perché, banalmente, l’Italia non è la Grecia, né mai lo sarà. Le banche tedesche sono messe peggio delle nostre e i lavoratori e disoccupati francesi stanno dimostrando di soffrire tanto quanto i lavoratori e disoccupati italiani. E’ l'”impianto-Europa” che sta saltando per aria, non l’Italia.
Nonostante il livido furore dei media, nessuno ha abbassato la cresta davanti all’ubriacone (Juncker) e all’incarognito in procinto di lasciare la cadrega (Moscovici), perché le riforme previste si faranno, e chi se ne frega se partiranno a gennaio o ad aprile. Quando, fuor di pettegolezzo da giornalini inviperiti, si avranno notizie precise, sarà mia premura aprire un post in modo che la discussione possa continuare. E’ giusto parlare dei fatti nostri, ma non per sentito dire, o citando questo o quell’editoriale; noi non abbiamo una testa con cui pensare?
Cara Rita, ormai si sta tutto così ridimensionando che comunque l’ultima parola te la lascio. Del resto sei stata la prima a credere in tante promesse demagogiche da governo del cambiamento. In tutti i casi i miliardi a disposizione stanno diminuendo parecchio. Staremo a vedere, anche se a pensar male qualche volta ci si azzecca.
Guarda, io l’ultima parola la lascio sempre ai fatti. Non è nelle mie corde commentare libri che non ho letto o riforme istituzionali che ancora non sono state scritte. Commenterò quando ci sarà qualcosa da commentare, non prima.
Lascio volentieri ai media e ai loro adepti i giochini di società.
Il problema non è creato dagli ubriaconi: non dimentichiamo che il via libera alla procedura di infrazione è stato dato a tutti i partner europei, inclusi i governi amici di Salvini.
Il problema, poi, non è neppure l’Europa, ma siamo noi: non è tanto il disavanzo quanto la qualità del disavanzo stesso (la Francia spende molto più di noi in innovazione e in istruzione, come spende di più per sostenere la natalità).
Il problema, poi, a monte di tutto, è costituito dai mercati: la Francia, nonostante il suo debito pubblico che pare abbia superato quello italiano, ha uno spread che si aggira intorno! a quota 45 quando noi siamo arrivati negli ultimi due mesi a toccare quota 320!
Possiamo soddisfare tutte le richieste degli elettori (o, meglio, tutte le promesse dei partiti) solo se troviamo le risorse per farlo non perché ce lo impedisce qualche “nemico”: risorse che possiamo trovare o tagliando le spese improduttive o contenendo con misure drastiche l’evasione fiscale e contributiva nonché la corruzione o chiedendole ai mercati.
Più… lapalissiano di così!
Ma dai Piero, la Francia è “politicamente corretta”, ovvero allineata, basti dire che il suo odiatissimo presidente è un impiegato Rothschild, il segreto è tutto qui. I “numeri” sono nient’altro che manovre politiche. È bastato un “provocatorio” 2,4% di deficit, che lo Spread ha ricominciato a crescere. Prevedibile come il sole che sorge all’alba. A conferma che l’art.1 della Costituzione andrebbe cambiato: “L’Italia è una Repubblica non democratica, fondata sulla schiavitù. La sovranità appartiene alla Finanza, che la esercita nelle forme e nei limiti dei mercati finanziari“.
“noi non abbiamo una testa con cui pensare?” Rita, te lo dovresti chiedere anche tu, perché per informarsi e riflettere ognuno sceglie i propri editoriali o fonti. E tu lo dimostri quanto me, ti incaponisci allo stesso modo. È mai per arrivare a riconoscere, e non sono pettegolezzi, che il tempo sta dimostrando che buona parte delle promesse elettorali se le stanno rimangiando in buona percentuale. Già la base se ne è accorta, come sta avvenendo in Ungheria dove in molti si stanno rendendo conto delle balle di Orban. A questo punto lo dico io: forse inizia a tirare un’altra aria. Anche i sovranismi e populismo stanno mostrando delle pecche.
Hai proprio ragione, Ivano. Gli italiani muoiono tutti dalla voglia di tornare nelle amorevoli braccia di Speranza e Boldrini ridando fiato al Business Compact, rivogliono indietro il tosco-cipiglio-fiero di Renzi e Boschi che sanno come investire i nostri soldi, desiderano sorbirsi le minestrine di Tajani e Bernini, che se non la pianta con la chirurgia plastica tra un po’ non la riconosciamo più. Messo sull’attenti dall’ubriaco e dall’incarognito, finalmente il popolo ha aperto gli occhi e reclama un rapido ritorno al passato. Tira aria di cataplasmi e pannoloni, ognuno pretende il suo clandestino nel presepe, la sua “O bella ciao” della vigilia al posto di “Jingle bells”. Arridatece l’italica monnezza, vogliamo trascorrere un Natale sereno.
Firmato: quelli che il 27 (o l’1) arriva ogni mese.
….raga, sem trop fort!
Riusciamo a ….riesumare un post di “padron” Piero del 22 Gennaio (praticamente un anno fa’!) e da li, far ripartire i ….”duellanti”.
Quante, troppe…. troppissime parole, praticamente abbiamo già detto tutto!
Mi sono rivisto (per sommi capi) i 170diconsi170 e, con spirito dichiaratamente “partigian/narcisistico”, ripropongo il mio del 1^ Marzo:
“….senza entrare nel merito specifico, anche perché, da un lato non intendo in alcun modo partecipare allo “sport condiviso dai partitoni” di individuare nei i five stars il “nemico da battere” (al solito ci si accanisce a combattere l’effetto e non la causa, il sintomo e non la malattia!) e dall’altro non credo affatto al “potere salvifico” della formazione del “capo-DiMaio” per portare l’Italia fuori dalla palude nella quale tanti anni di pessimo governo delle istituzioni democratiche l’hanno impelagata, ho semplicemente detto (e lo ripeto) ” nn ho difficoltà a riconoscere che la scelta del Movimento 5 Stelle ha ….sparigliato le carte”.
Nessun potere salvifico ( temo assai di più il possibile delinearsi di un “potere salvini/fico”!), eccimancherebbe, però provare a uscire dai “riti” di ….collaudata inefficacia” dei “partitoni”, questo non si può non riconoscerglielo! Ho parlato di “sparigliare le carte”, non di …”sol dell’avvenire”.
Credo che dai risultati di queste elezioni e dall’innesco di ….. “scosse di assestamento” che ne seguiranno, potremo capire se si delineino orizzonti di possibile recupero di credibilità ed efficacia per questa democrazia parlamentare, oppure se il suo declino debba essere irreversibilmente inarrestabile.
Le mie possibilità personali di influire su tutto ciò sono talmente irrilevanti che …..sono tranquillo!
Come quando prendo posto in un aereo: totalmente inutile, avere paura!
Mi accomoderò in …. cabina, farò il mio dovere di cittadino elettore e se ne riparlerà a ….atterraggio avvenuto! “
Devo ammettere, col senno del poi, che le “scosse di assestamento” (leggasi “ossimoro” 5*/lega) sono state fuori da ogni mia possibile ….fantasia possibile, il primo Marzo.
Devo però anche ammettere, con soddisfazione, che quello che sta gestendo la “trinità” (absit!) Conte/DiMaio/Salvini (strettamente in ordine alfabetico ovviamente) nel metodo e nella sostanza è un esempio di “democrazia applicata” che, soprattutto considerate le “condizioni al contorno” (giornaloni tutti contro, partitoni non parliamone neanche, poteri forti ….lassem pert!) ,….era follia sperar!!!
Fare evolvere contenuti “a effetto” di programmi elettorali tanto (a dir poco) diversi, in operatività di governo contando sul solo “CONTRATTO” sottoscritto tra le due parti, è fatica che …..nemmeno Sisifo!
Sempre stato per il bicchiere mezzo pieno, e continuo ad esserlo anche in questa folle temperie.
E pensare che se il primo Marzo uno mi diceva “Conte” pensavo all’ex allenatore della Juve!
Concordo. Il bello dell’esperimento italiano (siamo riusciti e riesumare persino la triade di matrice indoeuropea: il re-sacerdote/Conte, il guerriero-sacro/Salvini, l’artigiano-divino/Di Mario!!!) è che nel 3 c’è già tutto dentro: governo, azione, opposizione. Non per rubarti il copyright, Franco, ma “sem trop fort!” Ne sappiamo una più del diavolo.
Io dico e ridico che il problema della povertà in Italia esiste, eccome, e va affrontato. Ma l’affronto dev’essere strutturale, non tampone. E mi verrebbe anche da dire, e non da solo, che in Italia esiste un sommerso che aldilà dei dati ufficiali consente ad un sacco di gente di sopravvivere. In tutti i casi il problema va affrontato alla radice. Se esiste un problema lavoro, e conseguente sostentamento, tutto questo non può essere delegato alla politica che da sempre amministra le briciole. Per questo vedrei più efficace un aiuto alle imprese, e incentivi ad assumere che non regalie, che sarebbero in tutti i casi temporanee, come lo sarebbe la quota cento per un breve periodo che poi lascerebbe spazio ad un reiterato spostamento progressivo che riporterebbe allo status quo. E poi cosa volete che vi dica. Quando sento parlare di contratto col solito slogan “l’abbiamo promesso e quindi lo dobbiamo mantenere” mi viene la pelle d’oca. Ne sappiamo più del diavolo? Non sono assolutamente d’accordo. O magari sì, ma sempre ricordando che il diavolo fa le pentole, ma non il coperchio, e forse un’occhiata non di parte al contenuto farebbe bene a tutti, all’economia, alla politica e a noi poverini che ne raccoglieremo i frutti.
…..Rita, ustiasa, ta l’et fat dientà “Di Mario!!!
Correttore , ééé …..of course
Ho la netta sensazione chi si stia passando dal… principio del piacere di freudiana memoria al… principio della realtà.
Si tratta di un passaggio obbligato della crescita e il fatto che i due capi giovani di governo italiani stiano approdando alla realtà dopo l’imagination au pouvoir è un buon segno da salutare con soddisfazione.
Non si tratta di “tradire” gli italiani, ma di fare i conti con delle “promesse elettorali” e questo non potrà che segnare – almeno lo spero – il prossimo appuntamento elettorale, quello europeo: le promesse – ora che i due partiti stanno passando dall’infanzia all’adolescenza – saranno più realistiche.
Da qui, poi, a maggio, si vedranno i primi ostacoli a livello “applicativo”: pensare che che gli uffici degli impieghi siano in grado nell’arco di pochi mesi di riconvertirsi e diventare quello che sono in Germania (si è copiato dalla vituperata Germania!) pare ai più poco realistico.
E si vedranno, poi, i primi risultati: se la manovra in questione sia davvero coraggiosa ed espansiva (che faccia da motore dello sviluppo) o deflattiva lo si potrà vedere – credo – prima di maggio.
Che sia più espansiva delle manovre dei governi precedenti sarà difficile dimostrarlo, considerato che il deficit effettivo degli ultimi anni si aggira intorno al 3% e che l’avanzo primario negli ultimi anni ha evidenziato una politica più espansiva della media europea (di sicuro dal 2014 al 2016).
Una buona idea quella di riprendere, a quasi sette mesi dal pactum sceleris rossonero, il post di Piero. Grazie, Ivano.
Rileggere i nostri commenti di allora è stato per me di notevole interesse.
Infatti, si consolidano in fatti e dati di realtà le prime impressioni e sensazioni di allora.
Come sempre, in casi del genere, il tempo è galantuomo e, per chi non ha problemi cognitivi di carattere mnemonico, il confronto tra le promesse e i risultati dice tutto.
Tuttavia, trovo sbagliato continuare ad accusare Robin Hood, lo Sceriffo di Nottingham e Lady Marion di non aver mantenuto quelle promesse economicamente impossibili. Stiamo zitti, diciamo loro che le hanno mantenute tutte (bravi, bravissimi): così, saranno contenti loro che hanno le natiche al posto delle guance e saremo contenti noi di aver visto meno scempiaggini di quelle temute.
Una cosa adesso è chiara: basta offendere il fascismo, Mussolini e la società italiana di allora.
Basta con certi paragoni. Denunciatemi per ricostituzione di quel che volete ma ribadisco che gli anni dell’Arditismo, del Legionarismo Fiumano, del Sansepolcrismo e dei primi Fasci di Combattimento, per quanto invisi a tanti italiani di oggi, non meritano di essere confusi con questo eia, eia, eia, quaquaraquà.
😀😁😂
😂🤣😃😥😥😥
Francesco, non è vero che è stato già detto tutto. Anzi, è proprio il caso di ricominciare a parlarne, fosse l’immediato o quasi, o le prossime europee. E non bastano di certo i miei ultimi emoji. In verità questo non serve a far cambiare idea a nessuno, tanto meno a te che tra le righe hai sempre espresso simpatia per questo Governo del cambiamento. Però, siccome anche noi cittadini siamo in continua campagna elettorale, esattamente come i due “giovani” che ci governano, è sacrosanto continuare a parlarne. Anche perchè senza i due giovani, uno fotografato con l’ultrà plurinquisito e condannato, “tanto lo siamo tutti”, non leggeremmo il simpatico commento di Pietro di poco fa. E neppure quello dubitativo di Piero.
Hai ragione, Ivano: siamo al redde rationem e quindi è il caso che il tema torni al centro delle nostre riflessioni.
Personalmente, non sono molto interessato ai colori dei partiti, ma a come tali partiti sanno affrontare e risolvere i problemi della collettività.
Stanno risolvendo i due giovanotti questi problemi?
Ho molti dubbi.
Di sicuro il reddito di cittadinanza risponde a un diffuso bisogno di “protezione sociale” (i benedetti “diritti sociali” che troppo a lungo sono stati trascurati a favore dei “diritti individuali” o presunti tali). Ciò che conta è che la risposta sia adeguata e non sia equivalente alla montagna di miliardi di vecchie lire che lo Stato ha dirottato al Sud per decenni con risultati quasi nulli.
E’ vero che il modello è quello tedesco (e non quello della Cassa del Mezzogiorno), ma è anche vero che in Germania gli uffici del lavoro sono in grado di offrire “opportunità di lavoro” oltre che di “formazione”), anche nell’ex Germania dell’Est ed è legittimo dubitare sulla nostra capacità di fare altrettanto. Gli uffici per l’impiego lavoreranno bene al Nord dove la domanda di lavoro c’è (seppure lavori precari o part-time come in Germania), ma come faranno al Sud se tali opportunità non ci saranno?
Io continuo a pensare (e ormai quasi tutti gli osservatori, anche internazionali, lo dicono) che la soluzione a tanti problemi è quanto ho espresso in un altro post dal titolo molto significativo LA QUADRATURA DEL CERCHIO (mi sono permesso di lanciare l’idea dopo il crollo del ponte Morandi). Non era una genialata, ma solo un suggerimento di “buonsenso” : non avrebbe creato una miriade di opportunità di lavoro un piano straordinario “europeo” di manutenzione/realizzazione di infrastrutture, scuole… finanziato con eurobond?
Un’idea utopistica? So bene che oggi, a causa dell’esplosione di nazionalismi (tutti alla caccia del consenso elettorale immediato), non ci sono le condizioni, ma le condizioni si creano se si ha la volontà di “risolvere” i problemi, non di accarezzare il proprio elettorato.
L’alternativa al piano europeo poteva essere rappresentata da una manovra che avesse come obiettivo strategico proprio questo piano in ambito nazionale: l’Europa avrebbe… benedetto il piano anche se avesse sforato il 3% e i mercati avrebbero approvato un progetto che va oltre le scadenze elettorali e che sarebbe destinato a “creare lavoro”, vale a dire ricchezza, a mettere in atto un circolo virtuoso (a creare opportunità di lavoro anche al Sud – anzi forse di più al Sud dove le infrastrutture – anche immateriali – sono più carenti).
Non sarebbe stato il migliore “reddito di cittadinanza”?
Non sarebbe stato un piano pensato anche per le nuove generazioni?
Non avrebbe aperto, poi, opportunità di lavoro (in subordine rispetto ai “nazionali”) ai tanti immigrati a cui non è stato riconosciuto lo status di rifugiati (immigrati che, altrimenti, si tufferanno nella clandestinità alimentando lavoro nero, concorrenza sleale, e delinquenza)?
Già, la… quadratura del cerchio.
Ma ai due giovanotti interessa conquistare più consenso possibile alle prossime elezioni europee.
E ci riusciranno.
Piero, io continuo a nutrire dei dubbi circa la tua proposta un po’ autarchica di quadratura del cerchio. Di fatto si assiste di nuovo ad una frattura identitaria tra un paese assistito e uno produttivo, checché si dica che numericamente il reddito di cittadinanza riguarderà più
Il nord che il sud. E numericamente potrebbe essere così. Insomma, fatta l’italia non si sono ancora fatti gli italiani. E questo governo ne è l’emblema. E la questione meridionale si ripropone drammaticamente, anche con una Lega contraddittoria che da regionale diventa nazionale. E qualora ci fosse un progetto proprio non si capisce dove voglia andare a parare. Sempre di più si ha la certezza dell’improvvisazione. È non c’è niente di più pericoloso.
Nessuna scelta autarchica, Ivano.
Dico solo che l’optimum sarebbe un Piano straordinario europeo da finanziare con gli eurobond, ma considerate le condizioni attuali (cioè l’assenza di condizioni per pensare a un Piano europeo che, tra l’altro, potrebbe accelerare l’unificazione “politica” dell’Europa: questo è un altro vantaggio della… quadratura del cerchio!), sostengo che una manovra italiana contrassegnata da da Piano su base nazionale non avrebbe avuto nessun ostacolo né dai mercati (ci saremmo risparmiati un miliardo e mezzo di euro per via dello spread) né dall’Unione europea.
Non se ne può più del terrorismo mediatico “perso 1,5 mld! persi 11 mld! persi 100 mld! Il tutto ben sapendo che l’italiano medio sta esattamente come stava prima. Non c’è bisogno di essere economisti per sapere che, mentre i mutui già stipulati (siano essi a tasso fisso o variabile) non risentono dell’aumento dello spread, quelli futuri “potrebbero”. Se la situazione non migliorasse, i costi per le banche sarebbero così importanti che potrebbero chiedere interessi più alti sui mutui per coprirli. Se, se, se ….. quindi non è il caso di gridare a una perdita prima di averla subita. Il 90% dei mutui in Italia sono a tasso fisso, sono collegati all’Euribor, non c’entra niente lo spread. Seconda questione: gli italiani, per cultura e in controtendenza assoluta con il resto del mondo occidentale, tendono a chiudere anticipatamente (la media è 9,3 anni) i loro mutui con le banche. Non siamo gente a cui piace avere debiti con gli strozzini, ovvero con le banche. Qualcuno mi spiega cosa gliene viene degli alti e bassi dei numerini strombazzati dai media a scopo intimidatorio? Si pensa di fiaccare così il consenso al governo in carica? Tu Piero, io, tutti gli amici di Cremascolta, siamo più ricchi o più poveri di sei mesi fa? Sempre che non ci siamo giocati i nostri risparmi al lotto, ovvio.
E, per pietà, smettiamo di parlare di cosa dovrebbe fare l’Europa in assenza dell’Europa. Quando, dopo il mese di maggio, ci sarà una nuova Europa da guardare negli occhi, penseremo al da farsi. E ce ne sarà da fare, caspita se ce ne sarà …. siamo a pezzi.
Mi sono o, Rita, a riportare quanto scritto dal governatore d’Italia a proposito di quanto è costato finora lo spread e non ho toccato minimamente i costi dei mutui.
Nessun terrorismo! Del resto era lo esso Tria che voleva evitare questo costo salato e sono stati gli stessi mercati a costringere il governo a fare retromarcia.
Più chiaro di così!
Prima puntualizzazione. Più è alto lo spread, più è alto il rendimento dei titoli di Stato, più di conseguenza è alto il costo dello Stato quando scadranno i titoli acquistati. Ora, la Banca d’Italia ha già “calcolato” il costo in più dello Stato per il rialzo di questi mesi (come ha già calcolato i costi dei prossimi anni nell’ipotesi lo spread dovesse rimanere elevato).
Seconda puntualizzazione. Non è tanto l’entità del debito pubblico di uno Stato o il disavanzo a far alzare lo spread, ma la credibilità di un governo, vale a dire il grado di fiducia dei mercati sulla sostenibilità del debito in questione.
La Germania può permettersi di pagare un tasso di interesse molto basso (talora… sotto zero), anche se ha un debito pubblico che, per entità, è il più grande d’Europa.
La Francia può annunciare 10-11 miliardi in più nella manovra senza che i mercati dia qualche segno di irrequietezza: lo spread è circa un sesto ( o un quinto – se teniamo presente lo spread italiano di oggi – dopo l’annuncio dell’intesa governo-Commissione europea).
Il Giappone, poi, può permettersi di pagare un tasso di interesse modestissimo nonostante abbia un rapporto deficit/Pil che è vicino al 300%.
Il governo italiano saggiamente ha preso atto della “realtà” (ha accettato il… principio di realtà dimostrando di essere passato dalla fase… infantile del “tutto subito) e noi italiani – tutti – dovremmo salutare questa decisione con soddisfazione.
Manca sempre il soggetto in queste affermazioni: “quanto è costato” a chi? Vagamente, “agli italiani”? Quali italiani? A quelli che trafficano in Borsa, non c’è dubbio. Il piccolo risparmiatore che ha messo qualche euro in titoli di Stato non è così idiota da andarli a vendere quando lo spread sale a 400. Aspetta che scenda, come infatti è già sceso, e poi vende. La Banca d’Italia che adesso è così zelante nel dare numeri a raffica, dov’era quando 150mila famiglie italiane (quelle, sì, formate da piccoli risparmiatori) sono finite sul lastrico in seguito al tracollo delle banche pidine? Non aveva “calcolato” bene in quegli anni? Ma tu guarda un po’ che combinazione, si vede che i conti li fanno a fasi alterne.
Mettiti comunque il cuore in pace, Piero, lo spread è rientrato nei ranghi e oggi Piazza Affari ha avuto la performance migliore d’Europa. So che la cosa dà fastidio a molti cugini d’Oltralpe, ma l’Italia è solida. Lo sanno tutti, anche se ogni tanto qualche galletto giunto a fine carriera fa chicchirichì per farsi notare perché non vuole andare in pensione.
E cerchiamo di non fare paragoni che non reggono.
La Germania non ha mai smesso di violare le regole europee registrando annualmente un surplus commerciale intorno al 9% (il massimo consentito “agli altri” è 6%).
La Francia è letteralmente alla canna del gas, e nei prossimi mesi ne vedremo delle belle.
Il Giappone è uno stato sovrano (beato lui) e stampa moneta quando e come vuole.
Condivido in pieno la proposta di Piero del piano europeo per le infrastrutture, peraltro lui lo caldeggia e sponsorizza da tempo.
Quanti in Europa hanno le infrastrutture che necessitano di manutenzione?
Questa proposta avrebbe avuto, sicuramente, il consenso europeo e rilanciato l’Italia nel ruolo di leadership.
Il coraggio è la condizioni indispensabili per ricompattare l’Europa sfilacciata.
Ci vorrebbe un politico dello spessore del cancelliere Kohl, artefice dell’unificazione della Germania nel ’90, per quel colpo d’ali che manca da tempo.
I politici farebbero bene a bucare meno lo schermo e diventare statisti lungimiranti per il bene di tutti i cittadini.
L’immagine è un bene effimero. Serietà e reputazione beni durevoli.
Perfetto. Tutela del territorio, infrastrutture scolastiche, trasporto pubblico, beni culturali.
E rilancio del lavoro, come concreta realtà e valore sociale, non del fancazzismo.
Benissimo. Prima di tutto questo, però, 1) riforma energica della giustizia, 2) revisione totale del codice degli appalti. Se ci avessero permesso di ignorarlo, a Genova saremmo ancora lì con scopa e paletta a tirare su i calcinacci.
“non ci avessero … ” Sorry.
Ci auguriamo tutti, Rita, che lo spread scenda ai livelli almeno precedenti rispetto all’attuale governo, ma è un fatto che se alcuni Paesi si possono permettere di remunerare i titoli con lo zero virgola di interessi (anche la Francia che, secondo te, è alla canna del gas), noi abbiamo superato il 3% (costo che viene pagato alla scadenza dei titoli in questione se uno non li vende prima).
Il fatto che stia scendendo è la prova che i mercati (forse anche tu e io che acquistiamo fondi di investimento che includono titoli di Stato) non guardano al… colore del governo, ma alla sostenibilità del debito: non è un caso che lo spread sia salito quando i due nostri baldi giovanotti mostravano i muscoli con la Commissione europea (pur sapendo che la decisione di avviare la procedura aveva avuto l’ok di tutti gli altri partner europei) e stia scendendo da quando i due vice-ministri sono passati dal principio del piacere a quello della realtà e abbiano deciso di trattare con la Ue, cioè di fare i conti con i… numeri, con le risorse disponibili, con le risorse che si possono chiedere ai mercati con interessi… sostenibili.
Vedo, Rita, che il governo ha guardato una buona volta al “Paese” e non solo al proprio “elettorato” dimostrando un po’ di saggezza di cui va preso atto.
I giovani hanno bisogno di crescere e la trattativa con la Ue è stata un’ottima occasione per “crescere”.
Una mia opinione? Il governo non si è arreso ai burocrati (?) di Bruxelles, ma semplicemente a chi presta i soldi, vale a dire ai mercati: non è questo prendere atto del principio della realtà?
Piero, il tuo approccio pedagogico verso la gioventù, in questo caso quella politica, è ammirevole. Il fatto è che questo kindergarten, dopo sette mesi, comincia a costare un po’ troppo agli italiani. Tuttavia, adesso le cose si sono messe in un certo modo (non per “saggezza” ma perché due più due non fa cinque, bastava il pallottoliere), per cui possiamo cominciare a consolarci: questo montessori avrebbe potuto infatti costarci il doppio e far danno il triplo. C’è andata ancora bene. L’unico vero bicchiere mezzo pieno è questo. Facciamo dunque finta che il loro vittorioso sventolio di bandiere sia giustificato, diciamogli bravi e aspettiamo le elezioni europee. Tanto abbiamo visto come si trattano fra di loro gli arruffapopolo di campanili diversi. Non è difficile immaginarsi come i nazionalisti mitteleuropei tratteranno questi tartarini autonominatisi tribuni del popolo ausonio. E non dimentichiamoci, comunque, che i biancorosei di prima un certo costo agli italiani l’avevano inflitto pure loro, magari per pagare i fancazzisti clandestini invece dei fancazzisti nostrani. Tutto sommato, tolti gli alibi vittimisti europei, fissato il programma che volevano, adesso vediamo che cosa combinano per davvero. Hanno voluto la bicicletta che piaceva a loro. Gli italiani sono curiosi di vedere, dopo tanto menar di lingua, come pedalano. Le masaniellate stanno finendo e il Termidoro sta arrivando. Speriamo che, dopo le elezioni europee, arrivi qualcosa di ancora meglio.
Ovvio che il governo non si è arreso ai burocrati, sono i burocrati che si sono arresi alla finanza. Un’unione monetaria che deve sottostare all’uso del dollaro americano e non della sua moneta euro in gran parte delle transazioni internazionali è una palese manifestazione della sudditanza culturale di un modello che ha cancellato i diritti universali dell’uomo scritti nel 1948 . All’origine del debito pubblico italiano, prima ancora degli sprechi che comunque ci sono stati, c’è l’usura. Da 25 anni lo Stato non ha, o meglio non avrebbe, bisogno di indebitarsi perché incassa più tasse di quello che spende: nell’ultimo anno circa 30 miliardi di tasse in più delle spese, ma risulta in deficit di circa 40 mld l’anno perché paga circa 70 mld l’anno di interessi. Dagli Anni ’90 ad oggi abbiamo tirato fuori 2.500 miliardi di interessi, più del debito. E’ una follia! Lo Stato, a differenza di una famiglia o impresa, non è obbligato a indebitarsi, può emettere moneta ottenendo un rating più alto di uno Stato che cede l’emissione di moneta a una Banca centrale sovranazionale come la Bce. Chi ci ha messo in questa condizione? Nomi e cognomi? Tutti impuniti? Comodo.
Non io dico che la Francia è alla canna del gas, lo dicono i francesi.
“I politici farebbero bene a bucare meno lo schermo e diventare statisti lungimiranti per il bene di tutti i cittadini.
L’immagine è un bene effimero. Serietà e reputazione beni durevoli”: condivido appieno, Renato!
Ti invidio, Pietro: hai il dono di sapere coniugare la satira più feroce con un tocco di leggerezza!
Troppo buono, Piero. Grazie, anzi, di ammettere qualche mia intemperanza verbale su questo blog, forse un po’ troppo sopra le righe in un dialogo tra persone di solito pacate. Il fatto è che ne stanno succedendo di troppo spassose. Ti faccio un esempio.
Ieri ho sentito che la procedura di infrazione europea è solo temporaneamente evitata e che da gennaio saremo sorvegliati speciali. In pratica, non siamo bocciati ma, come si diceva un tempo, siamo rinviati a settembre. Tu sai meglio di me che cosa succede nei consigli dei professori in questi casi, con certi alunni.
Stamattina ho letto la tonitruante dichiarazione dei nostri governanti per cui nei prossimi mesi vigileranno, proprio loro, sui conti pubblici europei. Pensa, Piero, se quando insegnavi e ti capitava di rinviare un asino a settembre, il ciuco ti avesse baldanzosamente dichiarato che nel frattempo avrebbe vigilato sul tuo livello culturale, proprio nella tua materia, per poi verificarlo al momento di sostenere con te l’esame sul suo debito formativo.
Ma dai Pietro, non è che l’hai letto su qualche giornalone di sinistra?
Posso capire il dolore dei tanti orfani di Pd, Forza Italia e zone limitrofe. Ma arriva il momento in cui è necessario elaborare il lutto. Mica si può piangere per cinque anni di fila, abbiate pietà di noi, e di voi, la vita continua. “Passo” agli addolorati che ci leggono questo scritto lieve ma intenso del brillantissimo Pietrangelo Buttafuoco. Se ancora lo si può chiamare così, visto che da quando ha abbracciato la fede islamica il suo nome è Giafar al-Siqilli, che significa “Giafar il Siciliano”.
https://www.ariannaeditrice.it/articolo.php?id_articolo=61364
“Se invece che con la Lega, oggi, a far da tutor ai ragazzi di Beppe Grillo al governo ci fossero i luminosi eredi del fu Partito comunista – felicemente saldati ai vecchi poteri culturali, strategici e finanziari – non ronzerebbe una mosca intorno alla manovra.” GRANDE CAZZATA: la manovra non sarebbe stata la stessa!
“La storia non si fa con i se (e comunque il sostanzioso consenso del M5S non si confermerebbe con il Pd nei paraggi), ma siccome l’altra ipotesi – un governo della Lega con il redivivo centrodestra – è considerata fattibile, previo l’acquisto di almeno trenta parlamentari del M5S, urge mettere le mani avanti e dirla tutta sul ribaltone: il ritorno di Silvio Berlusconi, determinantissimo nell’operazione, farebbe di Matteo Salvini un’anatra zoppa.” SE LA STORIA NON SI FA CON I “SE”, ebbene, non la faccia neanche lui.
Beh, si può essere d’accordo o in disaccordo su tutto e su niente, ma dire che le opinioni altrui sono “grandi cazzate” è infantile, oltre che inutile. Quanto meno si dovrebbe argomentare il contrario, se si è in grado di farlo. Tanto di cappello a Buttafuoco, per quanto mi riguarda, che oltre ad esprimere l’idea di molti, esprime anche la mia.
Lo spread è sceso da 320 punti a 250 e questo è un motivo di soddisfazione per tutti. Rimane comunque piuttosto elevato se pensiamo che siamo a 100 punti in più rispetto al pre-governo del cambiamento: 100 punti che costano alla collettività 2-3 miliardi l’anno.
I nostri dioscuri avrebbero potuto portare fino in fondo, lancia in resta, la loro Lulturkampf contro i burocrati di Bruxelles, una battaglia che avrebbe dato ottimi frutti elettorali alle elezioni europee se queste fossero a breve termine, ma di fronte allo spread e alla reazione in generale dei mercati (pensiamo alla Borsa) e pensando a quanto sarebbe salito lo spread in caso di rottura con l’Unione europea, hanno dimostrato non solo “realismo”, ma anche “intelligenza politica”.
L’incubo, comunque, non è finito perché finora abbiamo solo numeri: tutto dipenderà dalla effettiva capacità del governo di “trovare” le risorse.
Non sarà solo l’Europa a monitorare i conti, ma in primis i mercati.
….ciuri, ciuri/ ciuriddi tuttu l’annu/l’ammuri che …. Giafar Buttafuoco (nomen/omen) el ghe da denter, mia mal!
E del resto sarà pur vero che “ i soldi non sono tutto nella vita”, però ……aiutano! E con quel pò/pò di rappresentanti del “popolo sovrano” che ci ritroviamo in Parlamento, la “campagna” acquisti del B va a finire che non si prospetti nemmeno granchè dispendiosa!
Personalmente confido nelle clausole “capestro” fatte firmare agli eletti “five stars”, almeno il B ci avrà un sovrapprezzo (in nero) da cacciare.
Che se poi “il capitano” invece, la pensa davvero “in grande” e rottama definitivamente l’ipotesi di rottura del “contratto” a breve …..Quién sabe?
Dubito che il contratto sarà rottamato a breve, principalmente perché non c’è alternativa al governo giallo/verde. Inutile, comunque, fare previsioni prima delle elezioni europee di maggio da cui potrebbero uscire equilibri “diversi”. E poi ci sono ancora cinque mesi di lavoro, durante i quali potrebbe accadere di tutto. La Lega è già passata al contrattacco con la bozza per l’autonomia di Lombardia e Veneto, la cui legge dovrà essere approvata a maggioranza assoluta da Camera e Senato per essere applicata. In questo passaggio sarà fondamentale l’intervento di mediazione di Conte, che si sta rivelando un personaggio di spessore, nonostante i giornalini di sagrestia stiano lavorando da mesi per dare di lui l’immagine di un cretino. Un’altra delle loro operazioni fallite. Ma per chi parlano?
Difatti io mi chiedo quale sia la strategia di Salvini. Mi chiedo come il reddito di cittadinanza sia compatibile con la richiesta di autonomia da parte della realtà produttiva del paese, e mi chiedo anche come l’aver nazionalizzato la Lega possa non portare a una sua perdita di consenso, almeno al nord, suo bacino storico di voti. Sapendo anche che il ridimensionamento delle due bandiere del governo gialloverde potrebbe pacificare gli animi. Almeno per un po’. Contraddizioni del potere e del consenso “temporaneo” a tutti i costi.
Con il 17% dei voti, Ivano, Salvini non avrebbe potuto fare nulla: alleandosi con Di Maio è diventato il vero capo di governo (Conte, è vero, in questi ultimi giorni si è riscattato, ma nei sondaggi Salvini precede non solo Di Maio ma anche Conte): un capolavoro assoluto.
Siamo di fronte a due linee politiche contraddittorie? Nessun problema: i due leader si sono divisi i territori e ognuno coltiva il proprio elettorato: anche questo è un altro capolavoro assoluto.
Ma il capolavoro ancora più… assoluto è che Salvini, grazie all’astuta scelta politica di allearsi con Di Maio, è riuscito a dominare la scena politica e ad accrescere il suo consenso fino ad arrivare a oltre il 30%.
Il politico dell’anno è di sicuro Salvini, tanto più che con l’alleanza con Berlusconi ha di fatto svuotato una parte dell’opposizione.
Io non ho dubbi (naturalmente potrei essere smentito): Salvini non mollerà mai il Potere a costo di ingoiare qualche rospo dei pentastellati perché un palcoscenico del genere gli offre un’opportunità straordinaria.
Magari, nel 2019, diventerà il politico dell’anno a livello europeo. Le premesse ci sono tutte: se dovesse arrivare al 40% (ma andrà ben oltre) alle europee, sarà il leader indiscusso di tutti i leader sovranisti.
Sono d’accordo. Salvini è chiaramente un politico che ha fatto suo il celebre motto cinese “siediti lungo la riva del fiume e aspetta, prima o poi vedrai passare il cadavere del tuo nemico”. Non potendo fare subito la voce grossa per via della s-proporzione elettorale (17% contro 31%) e dovendo mandar giù il rospo del reddito di cittadinanza (enormemente sminuito rispetto alla proposta iniziale) in virtù di un patto di governo, sta aspettando pazientemente le elezioni europee di maggio. Dopo di che, in un senso o nell’altro, ci sarà da scrivere tutta un’altra storia. La Lega è ormai un partito nazionale (la secessione di bossiana memoria fa sorridere ormai anche i leghisti) mentre il M5s si colloca chiaramente al Sud, la differenza di forze è enorme. La Lega ha “realizzato” due sogni del suo elettorato su tre (sicurezza, quota cento) lasciando in sospeso il terzo (flat tax per tutti) mentre i pentastellati sono un’armata Brancaleone dove uno tira a destra e l’altro a sinistra. L’ha capita anche Grillo che ormai si è dato al footing in passeggiata a mare e quattro chiacchiere con gli amici del Pesca Club.
All’inizio dell’avventura giallo-verde avevo ipotizzato “ne resterà soltanto uno!”, scimmiottando Highlander, e mi sembra che si stia andando proprio in questa direzione. Sbagliano le minoranze che hanno imperniato tutta la loro linea di opposizione (non avendo argomenti) su “consenso” e “propaganda”, parole pronto-uso inventate dall’apparato mediatico ma sostanzialmente vuote di significato. Non ho mai visto tante “strategie” come in questi ultimi tempi.
Cosa dire di fronte a tanta sicurezza quando ancora i decreti non ci sono? Quota cento, vedremo in quanti ne usufruiranno, si sa, per pochi anni, forse tre, con fondi stanziati che forse non ci sono neppure per quest’anno, ma si sa Boeri fa politica. In tutti i casi con una progressione verso i 41. Sicurezza, conti alla mano, ci vorrebbero 80 anni per rimpatriare tutti i clandestini che gioco forza verranno arruolati chissà da chi, considerando anche solo questo aspetto della legge. Il reddito di cittadinanza? Vedremo quanti spiccioli e a chi. Ma, ripeto, di fronte a tanta lungimiranza, stiamo salvando l’Italia, la pace sociale, la povertà vinta, cosa dire? Non è che la propaganda la stanno facendo soprattutto loro? Insomma, io andrei piano a cantar vittoria, perché una boccata d’ossigeno non risolve il cancro al polmone. E anche le previsioni ed elogi di Piero forse sono troppo ottimistici. In Francia la Le Pen ha perso, dopo aver fatto sperare chissà che, e L’Ungheria di Orban sta rialzando la testa. Perché i miracoli non li fa nessuno e in questa manovra di rilancio dell’economia non c’è ombra. I soldi la politica non li tira fuori dal cappello del prestigiatore. Con tutte le aziende che stanno chiudendo purtroppo.
Per chi non legge i giornaloni: http://www.votofinish.eu/4786/il-discorso-di-emma-bonino-in-senato-sulla-manovra/
Anche se si sa che Emma Bonino è amica di Soros, ed è quindi connotata, vero?
Esatto.
Rita, o si hanno argomenti per contrastare o si sta zitti. Il senso del discorso della Bonino è la Democrazia! E il senso istituzionale. Il mio riferimento a Soros era solo un’esca superflua. Ma non c’è niente di peggio dei pregiudizi.
La Bonino, infatti, farebbe bene a stare zitta. Ce la ricordiamo tutti abbracciata al suo finanziatore Soros mentre diceva orgogliosamente: “Se non ci fossero gli immigrati nessuno raccoglierebbe i pomodori, le olive… (…).. I figli degli immigrati sono 800mila e senza di loro migliaia di insegnanti non lavorerebbero”. Sono dichiarazioni che ognuno può sentire con le sue orecchie da You Tube e dalle quali emerge con chiarezza la “filosofia” della vecchia volpe (che il buon Pannella poteva vedere come il fumo negli occhi). Altro che democrazia!, quello che viene fuori da questa spazzatura ideologica è il ruolo degli immigrati come esercito di lavoratori di riserva per tenere in vita un capitalismo agonizzante. Vada a rileggersi Marx, la Bonino, ammesso che mai lo abbia letto, perché lo spirito cannibalistico del neoliberismo da lei decantato ha fatto perdere ogni traccia della teoria del valore-lavoro, soprattutto in quella corrente politica o ideologica sedicente di sinistra.
Quanto poi alla farsa del “povero Parlamento umiliato, esautorato, ridotto all’irrilevanza” (hanno la faccia come il c***, l’aula è sempre deserta!!!!), abbiamo capito tutti benissimo cosa volevano fare PD, Forza Italia e zone limitrofe: perdere tempo, fare melina, far diventare ogni paragrafo del Def una prima pagina di giornale, l’argomento principe di un talk-show televisivo, di modo che si potesse sparlare a ruota libera sull’incompetenza dei giallo-verdi (la loro, già la conosciamo), e possibilmente arrivare al 31 dicembre senza aver concluso niente. Piano sventato, credo bene che sono inviperiti.
Bene. D’ora in poi vedremo le piane del sud piene di lavoratori italiani a paga sindacale e contributi versati. Ma allora sorge spontanea la domanda: a cosa serve il reddito di cittadinanza? E noi, intellettualmente onesti, non ci lamenteremo di passate di pomodori e spremute pagate oro. A meno che i nostri Salvini e Di Maio non provvedano con una nuova legge stile ungherese capace di sovvertire le regole del lavoro. Almeno per tre anni aranciai e pomodorai non ci rimetteranno e noi potremo continuare con la nostra sanissima dieta mediterranea. E la nostra identità di italiani veraci sarà salva.
Oltretutto mi pare che in Ungheria di clandestini che rubano il lavoro ai magiari non ce ne siano. Ma sono certo che da noi, rimpatriati tutti, i nostri sovranisti saranno molto più bravi di quell’Orban che sta facendo scendere in piazza migliaia di manifestanti.
Viva il caporalato, dunque. Non mi stupisce che tu la pensi così, visto che i governi precedenti che ti piacevano tanto se lo sono tenuto e stra-coccolato, facendo di facciata una leggina che deliberatamente nessuno ha mai rispettato, con buona pace dello spirito di tanti buoni samaritani tutti casa e chiesa. Non ho ben capito cosa c’entri la Bonino con l’Ungheria (Soros, forse?) ma ti assicuro che tanti trentenni e quarantenni italiani farebbero carte false per lavorare con il “sistema ungherese”: sei giorni lavorativi alla settimana + 1,5 ora di straordinario al dì ove lo straordinario si renda necessario. Una pacchia. Senza andare troppo distante cito ad esempio mio figlio che ieri (sabato) ha lavorato 12 ore e oggi (domenica), se tutto va bene, ne farà altrettante. Il tutto, ovviamente, a zero tutele perché quando l’attività è la tua funziona così: se ti ammali non lavori e se non lavori non guadagni. Il neoliberismo cannibale lo impone.
Casomai non lo sapessi le passate di pomodoro (Mutti e Pomì, ad esempio) e i succhi di frutta vengono prodotti in quantità industriale anche al Nord (la filiera Coop, altro esempio, è prevalentemente emiliana) dove gli schiavi neri non vengono sfruttati in campagna. Si può fare, credimi. Non è che senza sfruttamento di manodopera a 2 euro all’ora smettiamo di mangiare, non diciamo sciocchezze.
Appunto, non diciamo sciocchezze. Rimango del mio parere: il problema dell’Italia non sono gli immigrati, come non lo sono in Ungheria. Perchè dimentichi che l’ascesa di Salvini è dovuta ad un solo fattore. Inesistente.
La riforma del lavoro ungherese? I giovani farebbero carte false per entrarci? Altra sciocchezza. Stanno scendendo in piazza a migliaia. Evidentemente tu non la conosci: straordinari pagati anche tre anni dopo. E in tutti i casi gli italiani gli italiani preferiscono il reddito di cittadinanza. Spessissimo, almeno dalle mie fonti, sempre di più, molti imprenditori non trovano nessuno da assumere.
M’inchino a cotanta saggezza e sapienza, e mi taccio. Amen.
Per sempre?
Applausi a scena aperta per questi pericolosi buffoni al governo: Dovevano abolire la povertà, ora aboliranno, sopprimeranno i poveri. Colpito al cuore il mondo del volontariato che si occupa di poveri, anziani, disabili, malati di cancro o di altre gravi patologie. Raddoppia il peso fiscale. Aliquota Ires dal 12 al 24 per cento! Imposte per 118 milioni. Colpito l’intero universo no-profit. Dalla Croce Rossa al Don Gnocchi, al Cottolengo allo IEO, all’Humanitas! Complimenti!
Hai ragioni da vendere, Viviana!
Il mondo del volontariato – una delle grandi ricchezze del nostro Paese – va incentivato, non penalizzato: è il cuore pulsante della nostra identità. Pardon, è il cuore tout court.
Una domanda: come possono i “populisti” ergersi a interpreti del “popolo”?
Su questa domanda cruciale di Piero si concludevano i commenti a questo post, uno dei tre in cima alla classifica di CremAscolta per numero di interventi.
Sono passati sei mesi ma personalmente ritengo questa domanda ancora molto importante. Anzi, forse ancor più importante oggi di sei mesi fa.
Forse tutti i politici mentono. Più o meno. Tanto o poco. Non sono l’unica categoria umana, ovviamente, a mentire. Ma ho l’impressione che la menzogna sia più profondamente innervata nella politica che in altri mestieri. Perché la politica è un mestiere come un altro, probabilmente sempre meno dignitoso di altri.
Ebbene, come si fa a “ergersi a interpreti del popolo”?
Penso ci siano diversi modi. Più difficili o più facili. Certo, dipende anche dal popolo con cui si ha a che fare. Non tutti i popoli sono gonzi e creduli. Comunque, essendo i politici dei mentitori professionali, un modo molto facile e sporco, il classico modo quick and dirty, è di mentire al popolo dicendogli che è più buono e meritevole di quello che è in realtà, dicendogli che è forte quando è debole, che è bello quando è brutto, che se si fida delle promesse tutto si risolverà per il meglio. In questa logica, la verosimiglianza delle sparate non conta. Conta che le sparate siano belle grosse. Più sono clamorose, più funzionano.
Il miglior interprete dell’interlocutore è, in questi casi, chi incensa, abbellisce, rassicura il soggetto interpretato. Quindi, chi mente. Chi mente di più.
Hanno sempre fatto così, mutatis mutandis, o calatis mutandis, anche certe signore. Dal che emerge una evidente sintonia di scopi e di metodi tra la politica e un’altra, altrettanto antica e forse più meritevole, professione.
Spero, Piero, di aver contribuito a facilitare una risposta attendibile e verosimile alla tua domanda di sei mesi fa.
Grazie, Pietro, di avere ripescato una domanda di sei mesi fa.
E’ di sicuro utile, almeno periodicamente, fare il punto della situazione.
Personalmente (ma vedo che anche tu sei sulla stessa lunghezza d’onda) non ho pre-giudizi nei confronti di chicchessia. Non a caso in un altro post ho parlato provocatoriamente di Salvini l’europeista nel senso che con il suo ruolo di sceriffo ha di fatto costretto gli altri partner europei ad accollarsi, anche se a titolo di… volontariato, il problema delle emergenze migranti.
E oggi, pur avendo visto Salvini e lo stesso Di Maio nel ruolo di demagoghi – e demagoghi lo sono – comincio a vedere nella determinazione di Salvini a mettere in atto, a tutti i costi, le promesse fatte in campagna elettorale una strategia che potrebbe rivelarsi “vincente”, nel senso che potremmo finalmente, alla ricerca di denaro per soddisfare le promesse, risolvere problemi antichi come l’evasione fiscale (la stessa decisione/ipotesi di stanare – far emergere alla luce del sole – i contanti contenuti nelle cassette di sicurezza – si stima siano non meno di 150 miliardi anche se le stime valgono quello che valgono, va in questa direzione.
In altre parole la strategia è questa: manteniamo le promesse elettorali, dopo di che i soldi dovremo pur trovarli per evitare di dipendere troppo dai mercati.
Non è detto che funzioni, ma, grazie a tecnici come Tria e Conte, non è escluso che si arrivi a ottenere una flessibilità leggermente maggiore rispetto agli anni scorsi e ad avere – l’abbiamo visto anche oggi – uno scudo protettivo dalla Bce che ci ripari da uno spread troppo elevato.
“Personalmente (ma vedo che anche tu sei sulla stessa lunghezza d’onda) non ho pre-giudizi nei confronti di chicchessia.”. Piero, sei certo di aver ben inteso il pensiero di Pietro? Rispetto invece al promettiamo che poi i soldi si trovano non sono poi assolutsmente d’accordo. Stanno raschiando il fondo del barile, e questo è pericolosissimo oltre che infruttuoso. Invece, relativamente ai migranti, la Germania ne sta deportando in Italia a migliaia, pare addirittura sedandoli in caso di ribellione, e i porti italiani non sono assolutamente chiusi, se non alle Ong. Ma in questo caso è più una questione ideologica. I barchini continuano ad arrivare.
Mi sembra, Piero, che Draghi venga visto come l’anticristo e Borghi come un grande economista. Vedi tu. Del resto, il fatto che la lotta all’evasione e all’elusione fiscale venga indirizzata soprattutto verso le cassette di sicurezza, mi pare dica tutto. Come se, a fine corrida, l’espada non infilzasse con l’estoque il toro ma moscardones y avispones.
Le vicende dei clandestini impacchettati dai francesi e riportati da noi dietro il confine in camionetta era già uno spasso. Quest’ultima vicenda dei clandestini sedati dai tedeschi e riportati in Italia in aereo è poi del tutto esilarante. Chissà che cosa ci staranno combinando anche gli altri paesi europei, vista la fama di tonitruanti superciula che abbiamo da un anno.
Io, cmq, così come ho cominciato ad evitare qualsiasi tipo di confezione/imballaggio in platica usa e getta non ricilabile, allo stesso modo ho eliminato dal vocabolario la locuzione “portare a casa”, che davvero non sopporto più!