Termino questa breve “Controstoria della Rivoluzione” ringraziando Cremascolta per la benevola accoglienza, e cercando di allontanare un altro pericolo che incombe su questa operazione, dopo quello del “fascismo Vs. comunismo” della volta scorsa: quello anche più molesto dell’enigmistica culturale fine a se stessa alla Umberto Eco; cercando in tal modo di dare un “precipitato”, diremmo se avessimo creato una soluzione chimica con diversi elementi, della faccenda; cioè dove va a parare il tutto. Giustamente mi era stata chiesta un’opinione su questo Diego Fusaro, che pare dichiararsi “allievo di Hegel e Marx”; nello specifico ancora non ho elementi, ma ciò che segue in parte risponde.
Propongo un capovolgimento di visuale simile a certi inganni ottici, in cui per esempio un quadro di un paesaggio lo giri e appare un ritratto. Sono molto strane queste righe di Mircea Eliade, buttate lì quasi distrattamente in un breve scritto sulla mitologia di rinnovamento periodico del cosmo presso certe popolazioni primitive della Polinesia:
“Il mito marxista di un’età dell’oro, instaurata dal trionfo definitivo del proletariato, costituisce la forma più articolata e perspicua di tutte le escatologie politiche moderne. Secondo Marx, la società senza classi dell’avvenire metterà fine a tutti i conflitti e a tutte le tensioni che hanno caratterizzato la storia dell’umanità fin dagli inizi. Non vi sarà più una storia in senso proprio, vi sarà una specie di paradiso terrestre perchè l’uomo sarà alfine libero e soddisferà ogni suo bisogno con un minimo di lavoro, perchè le macchine inventate dagli scienziati si occuperanno del resto. (…) Marx addossò al proletariato una missione soteriologica [di salvezza] ma, come era da attendersi, senza usare un linguaggio religioso, parlando invece di una funzione storica del proletariato.”
“È patetico ma anche significativo ritrovare, al termine del nostro itinerario, più o meno la stessa sindrome paradisiaca, da noi colta nei movimanti millenaristi melanesiani…”
Che effetto poteva fare uno che dice cose del genere alla fine degli anni ’50? Nessuno, nel senso deve esser stato preso per un provocatore, e ignorato. Invece da qui possiamo partire per spiegare tante cose. Senz’altro la dottrina marxista è in questa ingenuità ardente che ha la sua grandezza e la ragione del suo straordinario successo; non certo per cose grossolane come la sua abbastanza comica e tutta ottocentesca pretesa scientificità, o la sua assurda “demistificazione” del fatto spirituale. Inquadrandolo come religione popolare capace di parlare anche al cuore dei colti, è possibile capire come potesse, risuonando con certe corde profonde dell’umanità, avere un effetto tanto dirompente in tutto il mondo. Il mitico libriccino Il manifesto appartiene chiaramente a un genere letterario sempre latente, ma che in certe condizioni storico-sociali esplode, l’oracolo apocalittico; nello specifico il nostro, con tutta questa faccenda di schiavi e di catene, sembra quasi un esemplare del millenarismo giudaico di liberazione1 dell’epoca tarda Repubblica-primo Impero. I Proletari sono il “verus Israel” che geme sotto la nazione immorale e corrotta della Borghesia; questa per la sua perversità è ormai in “imminenza di catastrofe”. Come sempre in questi casi l’età dell’oro della nuova Gerusalemme è prevista dopo una “grande tribolazione” (la Rivoluzione). La dialettica storica ha preso il posto del Dio salvifico.
Abbiamo detto che questa Rivelazione ha avuto un effetto dirompente in tutto il mondo (ancora oggi qualcuno riesce a riproporla come ricetta di salute): in tutto il mondo, si badi, fuorchè a Londra, per cui era stato concepito. A Engels arrivavano lettere dalla Russia, tutte accese di fervore rivoluzionario, che gli dicevano – Qui, qui la Rivoluzione è possibile! – e lui sapete cosa rispondeva? – Se in un qualche villaggio africano il capo viene deposto e sostituito, non è la nostra Rivoluzione2. Il paradosso pazzesco è che l’oracolo religioso di renovatio ab integro ha avuto successo in posti dove il proletariato industriale (meno che mai dotato di “coscienza di classe”) praticamente neanche esisteva, e a farsi carico della rivoluzione sono subentrati i contadini e i militari. Anzi si direbbe che abbia attecchito nella misura in cui ci allontaniamo da Londra e dalla sua propaggine USA, nelle zone più sfigate e periferiche del mondo globalizzato, che probabilmente potevano essere più ingenuamente colpiti dalla “rivelazione”, e nello stesso tempo avevano nel dna una concezione rigida e verticistica dell’autorità: nel caso della Russia e dell’estremo Oriente, vecchi imperi congelati da secoli o millenni; nel caso del Sudamerica, il gesuitismo di tradizione ispanica. Nel caso dell’Italia, non c’è bisogno di dirlo, è nata una vera e propria Chiesa, il caro vecchio Partitone, per decenni il più grande partito comunista d’Occidente.
Ma tutto ciò è ormai (non tutto comunque) acqua passata: e oggi? Per capire il nostro presente bisogna tornare là dove tutto era nato. Eh già perchè qualcosa non quadra! Gli inglesi e i loro cari cugini americani hanno sempre fatto credere di non esserci mai cascati, di avere in cura la sacra Libertà, ecc. ecc.; secondo me le cose non stanno affatto così. Illuminismo, economicismo, materialismo, è tutto nato là prima che nel resto d’Europa, per non parlare di tutte le utopie politiche che hanno partorito da Tommaso Moro in avanti. La mia opinione è che l’apocalittica marxista non potesse trovar vero spazio fra tutti i culti apocalittici che colà fioriscono, dei quali per noi è difficile avere un’idea, fra tutte le conventicole protestanti coi loro vaneggianti pastori, che ci danno una fine del mondo alla settimana. Ma esiste anche un’apocalittica (fanta)scientifica per le persone colte3, inaugurata da H. G. Wells, il cui statuto ufficiale nella cultura ufficiale inglese dell’epoca oggi non è più percepito: era stretto sodale della stirpe fatale degli Huxley, membro attivo della Royal Society, e fondatore dalla Fabian Society, la prima organizzazione per il controllo delle nascite.
Il continuo spostamento in avanti della frontiera, la fuga prospettica e l’integrale che tende a infinito, che è propriamente nel dna anglosassone, che è anche alla base della religione darwiniana, non avrebbe mai potuto accettare una fine della storia marxista; e infatti sono nate le “distopie” di Aldous Huxley e Orwell per esorcizzarla. Allora cosa hanno fatto i cari Angli? Semplice, hanno sempre custodito, con astuta discrezione com’è loro uso, e spostato in avanti l’idea stessa di rivoluzione apocalittica e restaurazione paradisiaca, e dopo la grande migrazione verso ovest4, oltre alla letteratura catastrofica e fantascientifica, è nata – finalmente ci siamo arrivati – in California, ultima frontiera occidentale, per poi rimbalzare in tutto l’Occidente – e si badi, solo in Occidente – la cara, candida, favolosa Contestazione; in cui il messaggio di Rivelazione è stato affidato a un nuovo soggetto messianico, sollevato in piena luce, riconosciuto solo ora nella sua purezza, dotato di virtù profetiche: il Giovane. Di colpo Destra e Sinistra con le loro industrie e il loro perfido progresso erano eguali nella pazzia. Il Giovane si muove nel cosmo rinnovato come il Primogenito del Sole, è il Puer Aeternus dionisiaco, la nova progenies che balenava nelle profezie della Roma imperiale, annunciante una nuova Età dell’Oro.
Tutta la loro parabola è esemplare, ma si vedano almeno due canzoni dei Doors: Wild child, “full of grace / savior of the / human race” e The end ovviamente, per capire quale oscuro senso di morte gravasse allo stesso tempo sulla beat generation5. È inutile chiedersi cosa volesse dire esattamente con i famosi versi “Father! – yes son? – I want to kill you. – Mother, I want to fuck you”; qui non si tratta più di voler dire, Jim Morrison non voleva dire alcunchè, lui era agito; guardate come si muove sul palco e fuori, è come perennemente spossessato di sè. Con questo la Rivoluzione, ormai intesa in senso metafisico, può dirsi terminata.
La psicologia junghiana6 ci viene in soccorso a identificare e chiarire il vero significato di estasi collettiva, orgia, droga, sangue e infine incesto materno: è l’Io come individuo e soggetto cosciente che, al termine della sua corsa, ritorna nel pozzo profondo in cui giaceva, prima che un misterioso raggio celeste a suo tempo ne lo estraesse; per aver pace, per dissolversi, ed eventualmente per rinascere. Questo dovrebbe tener presente tanta gente che si dispera per lo stato attuale della società civile, chiedendosi come abbiamo potuto ridurci così dopo tutte le rivoluzioni dal Rinascimento in avanti, facendo un clamoroso errore di prospettiva: non si stava andando da nessuna parte: si stava ritornando.
Chiedendo venia per la compressione spietata di queste pagine, terminiamo nuovamente nella nostra povera e provinciale Italia, che ormai da secoli non fa che ricevere le idee altrui. Ritroviamo il personaggio onde eravamo partiti, il marxista addormentato, con la sua candida fiducia di vivere in un’età neo-illuminista. Ecco si sveglia, o sta ancora sognando… Quanti anni sono passati! Ma chi è? Potrebbe essere un super-potente della politica, Giorgio Salernitano, giunto alle massime cariche dello Stato a forza di tresche e di trame di partito, salito dalle botteghe oscure ai chiarissimi saloni e reclutato come servo in livrea dal Capitale internazionale; potrebbe essere Massimo Pescari, passato dal giacobinismo barricadero e operaista a uno gnosticismo accademico o misterico, ma sempre gelido e sprezzante; o forse non un comunista vero ma un socialista libertario come Eugenio Scaffari, uomo di mondo e gran Principe della stampa periodica, creatore di una disincantata sinistra trasversale, ora sinistra da caviale… Chiunque sia dei tre, ora circondato dal lusso e dai privilegi, si vede e pensa – Ma questo sono io? che cosa, ahimè, che cosa sono diventato… siano maledetti questi calici di cristallo! Io che lottavo per gli oppressi, per il Progresso, per il trionfo dei lumi…! Ahimè, e dove sono i Compagni? Dove, dov’è la mia pipa? Dove sono i miei antichi ideali? -. Così si vede ormai decrepito: il giovanilismo degli anni ’60 si mostra ora per ciò che è. Ma quando vede Lei ai piedi del letto, accompagnata dai timpani rimbombanti, tutto gli si chiarisce. Ma chi è Lei? Oscurità paradisiaca, plenitudine, unione, Caos, nigredo, Ka’ba, Cibele, pietra nera: – Materia – la chiama, – Mater… eccomi, sono tuo.
1Marx era di famiglia rabbinica e Engels di fervidi pietisti. Questo non è l’unico frutto dell’inquietante matrimonio biblico ebraico-protestante.
2Le lettere di Engels sono molto interessanti in generale; in un’altra ricorda il periodo della genesi del Partito Comunista, i circoli operai e la loro lettura preferita degli anni ’40: l’Apocalisse di S. Giovanni.
3Stephen Hawking dichiara che abbiamo circa un secolo per trasferirci su un altro pianeta se vogliamo salvarci. Se pensiamo a quanto detto ci stupiamo meno, comunque fa una strana impressione un premio Nobel che straparla in questo modo.
4Anche questo tema è svelato da Mircea Eliade, v. “Il paradiso americano” in La nostalgia delle origini.
5Ricordo la celebre esaustiva definizione della medesima di Jack Kerouac, uno dei padri fondatori: “Quattro ragazzi all’angolo della strada che parlano della fine del mondo”.
6Si veda la Storia delle origini della coscienza di Erich Neumann; oltre naturalmente a tutte le antiche filosofie delle civiltà orientali che da questa prova sono già passate.
Commenti
….commentare? Ma me ne guardo bene! Surclassato anche sul mio specifico (di chi affonda le radici della sua cultura nelle canzonette!) con le sue…… “nonscialanti”, preziose citazioni delle due canzoni dei Doors.
Leggo e rileggo con l’obiettivo di penetrare questo condensato di storia politica contemporanea che ci regala Pietro, con il suo periodare colto ma non paludato, con i suoi rimandi che ritrovo negli anfratti profondi, spesso dimenticati, del mio vissuto, grato per il suo affetto verso CremAscolta (che sento un po’ anche mia creatura e, si sa……soppiezzecore!), speranzoso di nuove sue !
Felice 2018 Pietro Carra!
Condivido, Pietro, la tua lettura del marxismo (una versione laica del millenarismo cristiano). Aggiungerei, tuttavia, un’altra lettura, quella hegeliana.
Come Hegel teorizza, con la sua dialettica, la “fine (o… il Fine?) della Storia”, così Marx, concependo la storia alla maniera hegeliana come dialettica (lotta di classi), giunge ad affermare la “fine della storia”: con l’avvento dell’era comunista non ci sarà più la lotta di classi (che è il motore della storia) quindi in qualche misura si realizzerà il… paradiso terrestre, quella che tu chiami l’età dell’oro.
Ma… non si tratta di un… mero ritorno a un mitico passato: la storia, in qualche misura continuerà, ma non sarà più segnata dalla lotta tra classi sociali, ma dalla lotta dell’umanità “contro” (in qualche misura) la natura al fine di… dominarla in funzione dell’uomo.
Che altro non è che il sogno di Bacone, ma che è anche il sogno del nostro tempo, quello delle tecnologie digitali che stanno per robotizzare il lavoro e, quindi, liberare l’uomo dalla fatica del lavoro stesso e consentirgli finalmente di esprimere la sua “creatività” (si vedano i Manoscritti economico-filosofici).
Le tecnologie di oggi, dunque, in qualche misura, possono essere viste come un supporto all’utopia (utopia?) di Marx di “liberare l’uomo” dall’alienazione del lavoro.
Liberato l’uomo dal lavoro lo si libera anche dallo stipendio. E di fatto è quello che sta avvenendo, tra lavori sempre più specializzati e bassa manovalanza, cioè poverta e sfruttamento.
È questo, è vero, il nodo dei nodi.
A sciogliersi ci proverà il prof. Domenico De Masi che inaugurerà a Crema il secondo corso di economia che avrà come tema proprio l’intelligenza artificiale e i robot.
Non capirò mai, Piero, come tu possa pensare che un professore invitato a dire la sua in un luogo pubblico possa “sciogliere nodi”. Ci prova, certo, come chiunque di noi può provare a scalare l’Annapurna, ma poi dal dire al fare c’è un oceano di mezzo.
Non credi che, se i professori fossero in grado di risolvere i problemi e visto che tengono banco ormai da decenni, a quest’ora l’avrebbero già fatto? O a te sembra che siamo andati via via migliorando, anche grazie al loro contributo? Questo è puro e semplice realismo, non catastrofismo, come lo chiami tu. Perché non è che continuando a dire che gli angeli cantano in cielo, poi loro si convincono e cantano veramente.
http://www.ereticamente.net/2017/12/aveva-ragione-marx-dopotutto-roberto-pecchioli.html
Mi permetto, Pietro, di aggiungere una considerazione: se vuoi trovare il genere escatoligico-apocalittico, lo puoi cercare su CremAscolta.
Se avrai la pazienza di sfogliare le migliaia di pagine scritte in cinque anni, scoprirai che questo è uno dei generi più gettonati.
Nessuno, Rita, ha la ricetta in tasca. Il prof. De Masi le sue idee le ha già scritte in numerose pubblicazioni e ce le sottoporrà (ho scritto che “ci proverà a sciogliere il nodo dei nodi”, quello posto da Ivano Macalli). Si tratta di un sociologo per molti aspetti “contro-corrente” (non è un caso che il M5S gli abbia affidato una ricerca sociologica al riguardo) e per questo “discusso” (anche su CremAscolta si è sviluppato un ampio dibattito sulle sue idee).
Siamo in presenza di problemi complessi e la soluzione avverrà grazie a più contributi e da più punti di vista diversi, ma ciò che pare chiaro è che le nuove tecnologie digitali creeranno sempre di più le condizioni (parlo nei Paesi post-industriali) di una… crescita senza lavoro (jobless growth) o, comunque, sempre più “robotizzeranno” e affideranno alla “intelligenza artificiale” molti dei lavori attuali.
Ci piaccia o no.
La passività dei comportamenti umani mai come ora è la cifra stilistica che accomuna tutti, in attesa dell’illuminazione che nessuno si aspetta più. Come è cifra stilistica la comunicazione condensata in due parole. Basta scorrere i messaggini di auguri con a compendio un’infilata di disegnini banalissimi e riduttivi segni di una convenzionalità sorprendente. Così che lo stesso video di auguri ci compare ripetuto più volte. Dall’invenzione della stampa alla tecnologia si è andati man mano per sottrazione perchè ormai un twit o la trascrizione di alcune righe diventano la verità rivelata, come se l’uomo fosse un aforisma, genere letterario che professato da un genio trova sintetica espressione, ma nell’uomo comune no. Un tempo si scrivevano libri, e forse nel percorso di stesura si rifletteva, si rileggeva, si correggeva. Ora tutto gioca sull’immediatezza, sullo spontaneismo che nulla hanno a che fare col passo dopo passo meditato, ragionato. Ora invece no e la comunicazione ha ormai i connotati del suo contrario. Esiste solo il presente. L’attimo fuggente che sarebbe opportuno che scorresse e basta. Invece no, lo si riempie di parole, come fa il sottoscritto in questo momento, e di frettolosa accozzaglia di pensiero, perché ormai si usa dire che il futuro non esiste più e allora si cerca almeno di fermarlo il tempo, che mai come oggi non ci appartiene più. E probabilmente nessun professore ci indicherà la via. Abbiamo creato solo complessità e in questo casino nessuno si raccapezza più, pur con la necessità spasmodica, perché si ha paura, di trovare risposte immediate che certamente non sono a misura di clic. Allora i più bravi si rifugiano nella Storia, a cercare esempi, paragoni, perché abbiamo imparato che senza memoria non c’è futuro, ma allo stesso tempo vediamo anche con terrore che la vita non è un libro di Storia, perchè ha tempi brevi e richiede risposte immediate, ma la fretta non è amica del buon senso. E’ l’epoca della superficialità e di quella passività di incipit che delega tutto all’imbonitore di turno che finge o vuol far credere che basta un niente per risolvere le questioni. E allora slogan dopo slogan si procede per tentativi con l’aura della verità, ma spicciola, poi tradita in genere dalle conclusioni che prima o dopo si devono tirare, ma magari quando è troppo tardi. Senza parlare dell’isolamento che la tecnologia ha generato nel mondo del lavoro, dove nessuna aggregazione è più possibile, perché quella era questione di numeri, e la parcellazione contemporanea, tra nuovi lavori da start up, robotizzazione, intelligenza artificiale, che secondo me non esiste, o per lo meno guardiamoci bene dall’affidarcisi, e le sempre più minacciose economia e finanza, la frammentazione dicevo, non lo consente più. E allora cosa rimane senza identificazione? Rimane solo la rassegnazione e la passività del “chiusi nel proprio guscio”, nella speranza che il corso degli eventi ai quali non si aderisce più non ci sovrasti troppo. Mala tempora currunt signori, anche se il mio proposito per questo nuovo anno è faticare per credere ottimisticamente che il buonsenso possa prevalere! Nonostante.
Piero, come fa a essere “contro-corrente” uno invitato quotidianamente nelle televisioni di Stato. E non. I problemi sono “complessi” se uno non li sa risolvere. Prova a dare la stessa equazione a me e a Bruno Cordani, e io ti dirò che è “complessa”.
Ma cos’è la destra ?…Cos’è la sinistra ?… ( Giorgio Gaber )
Tutto, Rita, è relativo, anche il termine “contro-corrente”.
Un esempio.
Diego Fusaro – che tu, Rita, ami – è a mio avviso un giovane filosofo contro-corrente (lo dico perché ho letto i suoi libri, non perché ho sbirciato qua e là qualche suo brano). Oltre che bravo (è un enfant prodige), è anche bello e non è un caso che sia vezzeggiato dai salotti televisivi e dalla stampa cartacea (che tu non leggi). E’ invitato dai canali televisivi almeno quanto il prof. De Masi: vuol dire che non è contro-corrente?
Parliamo sempre di Diego Fusaro. Proprio perché è contro-corrente, è accarezzato dal M5S (e non solo). Ora, correrà per le politiche. Con chi? Con Sgarbi (parole di Sgarbi) a favore di Berlusconi. Un marxista puro e duro con un anti-marxista pro e duro: contro-corrente?
Relativo è naturalmente anche il termine “complesso”: è troppo ovvio per parlarne.
Non c’è niente di assoluto, Rita, neanche le tue “certezze” o quelle di Diego Fusaro.
Nella tua lunga riflessione, Ivano, metti insieme una varietà di temi. Io mi permetto solo di prendere qualche spunto.
Non c’è nessun Messia che ci salverà (neppure i sedicenti Messia che si presentano alle elezioni politiche). La nostra salvezza sarà una grande operazione “collettiva”, “democratica”.
Nessuno ha le ricette magiche.
Ognuno nel nuovo parlamento esprimerà le proprie idee e, poi, considerato che – stando ai sondaggi e complice il sistema largamente proporzionale (hai ragione, Ivano: abbiamo dimenticato la storia, abbiamo dimenticato pure l’esito di un referendum del popolo sovrano) – non ci sarà nessun partito che potrà avere la maggioranza, ci si dovrà “confrontare” e necessariamente si dovrà trovare, con tanta pazienza e tanta capacità di “ascolto” (virtù che nessuno dimostra di avere in campagna elettorale), una “mediazione”.
E’ la mediazione che faticosamente sta ancora cercando Angela Merkel e il partito socialdemocratico tedesco per formare una “maggioranza” in grado di governare.
E’ quanto dovrà accadere anche da noi se nessuna forza politica avrà la maggioranza e dovrà accadere anche se dovesse vincere il blocco del centro-destra perché le parole “salvifiche” di ciascuno dei partiti del blocco dovranno essere “mediate” dal confronto con le altre parole “salvifiche”.
E non ci si dovrà limitare a questo: considerato che i problemi più rilevanti del nostro tempo sono “globali”, il “confronto” dovrà proseguire con altri soggetti democratici e con gli organismi che esprimono l’insieme di questi altri soggetti democratici….
La democrazia è questa. L’alternativa è solo la violenza (o rivoluzionaria o golpista).
In effetti Piero, con le forze in campo che abbiamo, che in genere manco conoscono la Costituzione, vedi di Maio che neppure conosce l’art. 67 sul vincolo di mandato , giusto o sbagliato che sia, o viste certe posizioni dell’elettorato, vedi Rita che considera gli ultimi tre governi anticostituzionali quando non lo stati affatto, sarebbe meglio che nessuno avesse la maggioranza. Neppure il centro sinistra che tanto ha contribuito allo scollamento al quale stiamo assistendo e inconsapevolmente all’avanzata di certi gruppuscoli che si sono accaparrati disagi un tempo appannaggio delle sinistre. Mediazione quindi, hai ragione tu, piuttosto che radicali posizioni e decisioni. Sperando che il “meno peggio” diventi il “più meglio”.
Scusate, manca un “sono” tra un lo e un stati.
Mediazione non significa, naturalmente, che non si debbano prendere delle misure “radicali” tese a rimuovere le cause principali del diffuso disagio (soprattutto dei giovani). La mediazione è necessaria per formare una “maggioranza di governo” (se nessuno riuscirà a guadarsela col voto), ma una volta si sarà formata, si dovranno prendere decisioni importanti, a partire dall’eliminazione di tutti i privilegi (non solo i privilegi della classe politica, ma anche di chi evade il fisco – ben 100 miliardi di euro ogni anno – di chi può permettersi di prendere dopo 16 mesi nel ruolo di ad di una società la bellezza di una buonuscita milionaria).
Una seconda osservazione, Ivano.
Concordo con te: abbiamo una classe politica mediamente meno preparata di quella che abbiamo denigrato a lungo.
E’ impressionante come il livello culturale (anche di cultura costituzionale) si sia abbassato paurosamente.
Mancano le scuole di partito che i due maggiori partiti della Prima Repubblica avevano.
Gli ultimi post di Piero, in cui parla di ‘elezioni’ e di ‘giovani’ mi hanno indotto a rileggere il testo del messaggio di fine d’anno del Presidente della Repubblica (Sergio Mattarella – 2017). Questo è quanto dice dei giovani:
“Ho fiducia nella partecipazione (al voto) dei giovani nati nel 1999 che voteranno per la prima volta.
Questo mi induce a condividere con voi una riflessione.
Nell’anno che si apre ricorderemo il centenario della vittoria nella Grande guerra e la fine delle immani sofferenze provocate da quel conflitto.
In questi mesi di un secolo fa i diciottenni di allora – i ragazzi del ’99 – vennero mandati in guerra, nelle trincee.
Molti vi morirono.
Oggi i nostri diciottenni vanno al voto, protagonisti della vita democratica.
Propongo questa riflessione perché, talvolta, corriamo il rischio di dimenticare che, a differenza delle generazioni che ci hanno preceduto, viviamo nel più lungo periodo di pace del nostro Paese e dell’Europa.”
E questo è quanto disse ai giovani Sandro Pertini nel messaggio di fine d’ anno del 1978:
“Io credo in questa nostra gioventù.
I giovani non hanno bisogno di sermoni, i giovani hanno bisogno di esempi di onestà, di coerenza e di altruismo.
E’ con questo animo quindi, giovani che mi rivolgo a voi: ascoltatemi vi prego: non armate la vostra mano.
Armate il vostro animo.
Non armate la vostra mano, giovani, non ricorrete alla violenza, perchè la violenza fa risorgere dal fondo dell’animo dell’uomo gli istinti primordiali, fa prevalere la bestia sull’uomo ed anche quando si usa in istato di legittima difesa essa lascia sempre l’amaro in bocca.
No, giovani, armate invece il vostro animo di una fede vigorosa: sceglietela voi liberamente purchè la vostra scelta, presupponga il principio di libertà, se non lo presuppone voi dovete respingerla, altrimenti vi mettereste su una strada senza ritorno, una strada al cui termine starebbe la vostra morale servitù: sareste dei servitori in ginocchio, mentre io vi esorto ad essere sempre degli uomini in piedi, padroni dei vostri sentimenti e dei vostri pensieri se non volete, che la vostra vita scorra monotona, grigia e vuota, fate che essa sia illuminata dalla luce di una grande e nobile idea.”
Qualche osservazione in proposito?
Due appelli (dei due presidenti) di sicuro nobili, anche se dal taglio diverso (ogni discorso non può non fare riferimento al contesto temporale), ma la mia impressione, Elena, è che, tanto più oggi, i giovani non ascoltino appelli del genere proprio perché si sentono lontani dal mondo politico, forse perché fin troppo presi dalla lotta per la sopravvivenza o dalla lotta, per i più fortunati, per la propria carriera professionali.
Non è un caso che i sondaggi oggi diano un altissimo astensionismo proprio tra i giovani. Intercettarli credo sia davvero difficile: i ragazzi del ’99 (Ottocento) sono stati spediti al fronte durante il primo conflitto mondiale (non sono partiti volontari, se non pochissimi); così accadrà anche oggi (solo pochi si lasceranno convincere dal “dovere” di sentirsi partecipi del popolo “sovrano”.
Fino ad ora pare sia sono le posizioni “estreme” a catturarne una parte: da un lato il M5S e dall’altro i vari gruppuscoli di estrema destra.
Secondo i dirigenti pentastellati è proprio il loro movimento che finora ha impedito un vero e proprio picco dell’astensionismo. Questo è indubbiamente positivo, ma la politica non è solo “protesta”, ma è anche e soprattutto “proposta” e mi auguro che il M5S si decida a diventare una “forza di governo”.
Cara Elena, mio nonno lombardo (quello ligure affondò invece nel canale di Sicilia con il cargo mercantile di cui era capitano) era un ragazzo del ’99. Cosa vide e passò durante la guerra non lo seppe mai nessuno in famiglia, perché si guardò bene dal parlarne. Anche se mia nonna, altrettanto riservata sull’argomento, si lasciò scappare un paio di volte che durante i primi anni di matrimonio si svegliava ogni notte gridando, in preda agli incubi.
Sono d’accordo con il tuo appello alla non-violenza come può esserlo qualsiasi altra persona che, come me, accompagna gli insetti fuori dalla finestra perché non sopporta l’idea di ucciderli. Non so se i giovani di oggi siano sensibili a questo genere di richiami, li vedo piuttosto strafottenti e naturalmente portati alla prevaricazione, ma certo la speranza è l’ultima a morire.
Trovo invece sopravvalutata la credenza secondo cui “L’Europa ci avrebbe regalato un lungo periodo di pace”. Non è guerra quella dichiarata dai governi europei (pilotati dalle élite finanziarie) contro altri popoli? Quale nome dai, tu, ai bombardamenti aerei della “coalizione”? E come spieghi l’improvvisa esplosione del terrorismo islamico? Perché prima dell’attacco alle Torri Gemelle del 2001 questo “fenomeno” non esisteva? Perché non c’era quando l’Afghanistan era sotto un governo comunista, l’Irak sotto Saddam Hussein, l’Egitto governato da Mubarak, la Siria dalla famiglia Assad e la Libia da Gheddafi? Per non parlare di ciò che Israele sta facendo da settant’anni a questa parte (con il tacito assenso di tutti) ai palestinesi, il ché rende una serie di sporadiche intemperanze la strage Usa di civili vietnamiti a My Lai, o le carneficine dei decapitatori wahabiti, Isis o sauditi, in Siria, Iraq e Yemen. Temo che non sia necessario essere degli strateghi militari per capire non c’è mai stata alcuna pace nel mondo. Noi, l’Italia e l’Europa, contribuiamo “indirettamente” da decenni a diffondere le guerre, sia mandando forze armate (adesso pure in Nigeria!!!) sia vendendo armi. Di fatto la guerra non è mai finita, non c’è mai stato un armistizio, né una vera liberazione.
Se intendiamo invece con la parola “pace” il fatto che non ci sia il coprifuoco nelle nostre città, bé, allora, direi: insomma. E’ sotto gli occhi di tutti il graduale peggioramento delle condizioni di sicurezza in tutte le città d’Europa, costantemente in assetto di guerra, con l’esercito che gira armato per le strade, le piazze storiche svilite da orrendi dissuasori anti-attentato, la legittima titubanza quando si va al mercato o si scende in metrò, mentre per partecipare a un innocente concerto di Capodanno bisogna farsi perquisire da capo a piedi come per entrare a Rebibbia. Sono questi i colori della pace? Oppure, è cambiata la guerra?
Come te, anch’io spero tanto che la prossima generazione sia quella degli “uomini in piedi”, perché negli ultimi decenni siamo già stati in ginocchio fin troppo, ma dubito che il “miracolo” avverrà in Europa. Non che sia importante, intendiamoci, ciò che conta è la sopravvivenza della specie. E poi è “fisiologico” che alla morte di una cultura un’altra risorga più forte di prima.
Condivido, come spesso avviene, quanto scrivi, Rita. A mio parere, proprio perché “non” viviamo nel “più lungo periodo di pace del nostro Paese e dell’ Europa”, l’ appello ai giovani contenuto nel messaggio di fine 2017 sarebbe dovuto essere più incisivo. Sono assolutamente consapevole del fatto che solo pochissimi ragazzi abbiano prestato attenzione alle parole di Mattarella (era la sera di Capodanno!) ma ciò non esclude una riflessione da parte nostra , in quanto rappresentanti della generazione precedente, e come tali in grado di leggere il presente filtrandolo, confrontandolo, interpretandolo attraverso il nostro vissuto. E’ vero che la partecipazione al voto dei giovani – accomunati dalla sfiducia in un governo che vedono paludato, distaccato e distante e dalla realtà in cui vivono e che non ha saputo dare loro risposte – è in continuo calo, ma questo è solo un aspetto della prospettiva secondo la quale essi guardano il mondo. Questi ragazzi, che usano quotidianamente il web, parlano inglese con fluidità, girano da soli per il mondo grazie ai voli low-cost e programmano di avviare start-up nei più diversi campi, non considerano più il valore dell’istruzione quale ascensore sociale e, d’altro canto, non sono aiutati a riconoscere e a valorizzare le proprie capacità/abilità e ad indirizzarsi verso un proseguimento degli studi. Da qui il forte calo del numero delle iscrizioni e l’aumento degli abbandoni (soprattutto da parte degli studenti provenienti dagli istituti tecnici e negli atenei del sud-Italia). L’alternativa è tentare la strada del lavoro. In un Paese che ha un tasso di disoccupazione giovanile (under 25) pari al 35,5 % – inferiore solo alla Grecia e alla Spagna , quando la media dei Paesi dell’ eurozona è del 19,4 % e dell’UE è del 16,9 % : dati Eurostat 2017) – e la percentuale dei NEET (not (engaged) in education, employment or training, fascia di età : 15-29 anni ) è pari al 24,3 % e se si considera la fascia tra i 20 e i 24 anni il dato raggiunge il 29,1 % , in assoluto il dato peggiore dell’intera UE, sembra quasi (e spesso lo è) una ‘mission impossible’. Forse da qui gli atteggiamenti “strafottenti e naturalmente portati alla prevaricazione” insieme con le scelte politiche , orientate, come ben ha evidenziato Piero, verso i movimenti che rappresentano in qualche modo una rottura con il passato e con il ‘già visto’. Questo, tuttavia, non è immune da rischi di derive incontrollate. Come, allora, tutelarci? A mio parere la risposta sta nelle parole di Pertini, quando dice: “I giovani non hanno bisogno di sermoni, i giovani hanno bisogno di esempi di onestà, di coerenza e di altruismo”. E di questi, ahimè, se ne vedono ben pochi!.
Un’ ultima osservazione riguarda l’appello a non ricorrere in nessun modo e per nessuna ragione alla violenza: lo aveva fatto anche Napolitano nel messaggio di fine d’ anno 2010: “All’ universo giovanile … rivolgo ancora la più netta messa in guardia contro ogni cedimento alla tentazione fuorviante e perdente del ricorso alla violenza”. Lo stesso richiamo che aveva già trovato voce nelle parole di Pertini, anche se i tempi, e conseguentemente il tipo di violenza erano profondamente diversi. Tutti ricordiamo quegli anni come gli “anni di piombo” per le violenze di piazza e gli atti di terrorismo che investirono il nostro paese, dalla stage di piazza Fontana a quella della stazione di Bologna, ma io credo che ciascuno di noi (o almeno coloro i quali erano diciottenni in quegli anni) abbia una memoria personale di una violenza – fisica o verbale – subita, perché allora la violenza era nell’ aria e un niente era più che sufficiente per esserne vittima. A quei tempi non abitavo a Crema. Frequentavo un liceo statale e ricordo i picchetti per impedirci di entrare a scuola, picchetti che si protrassero per un intero mese, e che personalmente (dopo una comprensibile iniziale lieta sorpresa per l’ interrogazione o per il ‘compito in classe’ – allora si chiamavano così le ‘verifiche’ – scampati ) vissi come una violazione del mio diritto/dovere di andare a scuola. Di tali picchetti facevano parte anche alcuni insegnanti, pertanto non potendo entrare a scuola eri “obbligato” a partecipare ai cortei o alle manifestazioni. Anche il vestirti in un certo modo, frequentare certi bar, abitare in certi quartieri, vedere certi spettacoli cinematografici, ecc. erano considerati identificativi di una tendenza politica … in fondo c’è molta differenza con gli attentati ai mercatini di Natale, o ai negozi kosher di Parigi, o al Bataclan, o Manchester?
Proprio ieri, cara Elena, mi è capitato di leggere un articolo che ho trovato interessante e ti “giro” a proposito dell’ultima generazione :
http://www.ereticamente.net/2018/01/generazione-erasmus-roberto-pecchioli.html
Ho sempre pensato a questi ragazzi come a delle vittime, e non vorrei essere nei loro panni quando a cinquant’anni saranno costretti a guardarsi indietro, perché così è la vita, e non sapranno verso quale latitudine indirizzare lo sguardo. Gran parte del loro disagio è colpa nostra: se papà e mamma passano un quarto del loro tempo su facebook, perché non dovrebbe farlo il ragazzino, o ragazzina, di 12anni? Il resto viene da sé. I “vecchi” (la generazione di Pertini) l’hanno sempre detto che è più importante avere un buon esempio davanti agli occhi che leggere dieci libri in una settimana, ma noi non abbiamo fatto tesoro di questa massima.
Non so se furono più violenti gli “anni di piombo” che insanguinarono alcune piazze italiane o gli anni attuali pervasi da una violenza diffusa e capillare che ormai irrora la civiltà intera. L’aspetto tragico è che ormai la violenza non ci stupisce più, persino gli attentati che solo un paio d’anni fa facevano notizia adesso sono di routine. Di sicuro, non è una fortuna avere vent’anni di questi tempi. Tuttavia non mancano i ragazzi (pochissimi, ma ci sono) che con grande fatica riescono a tener fuori la testa dalla melma. Il futuro è sulle loro spalle, ed è nostro preciso dovere “combattere” anche per loro. Non facciamoci vedere rassegnati o, peggio ancora, “adattati”, e cominciamo a dare l’esempio. Mostriamo loro che nuotare controcorrente si può, se si ha fiato nei polmoni. Mi sembrerebbe il minimo, dopo quello che abbiamo fatto.
….sono sconcertato dalla conclusione del tuo ultimo commento Elena.
Davvero l’escalation rispetto a quanto sopportabile in fatto di violenza ci può portare a mettere sullo stesso piano le stragi provocate da attentatori suicidi con i “picchetti” della contestazione giovanile?
E la drammatica stagione del terrorismo italico/europeo degli “anni di piombo” , non si può disconocere avesse una valenza ideale, sociale, culturale (che sia chiaro, assolutamente non condivido e nemmeno giustifico!) per niente raffrontabile con la rozzezza dell’approccio del terrorismo islamico!
Chiusasi la dolorosa, tragica fase del terrorismo (peraltro “inquinato”, infiltrato da tutta l'”opacità” dei servizi segreti di casa nostra e non) le forze politiche purtroppo hanno mostrato tutta la loro incapacità di metterne a frutto la lezione per operare secondo il dettato costituzionale, con un progetto riformatore nobile, di alto livello, di “governo” del Paese.
L’essere costretti a andare a ripescare Sandro Pertini per poter essere certi di avere un riferimento autentico quanto a solidità valoriale, la dice lunga rispetto alla qualità dei personaggi politici tra i quali saremo chiamati a scegliere (si quei pochi che andranno a votare è in quel mazzo che dovranno pescare!) partecipando alle prossime elezioni.
Purtroppo Sandro Pertini si è mostrato storicamente una ….”anomalia”, una nobile, amabile, utopistica anomalia, tra gli squallidi, spesso vergognosi personaggi che si sono susseguiti a …dare di gomito al malaffare organizzato per fingere di …reggere una barra irrimediabilmente staccata dalla pala del timone della …..nave senza nocchier……!
L’ultima trista esperienza della pessima Legge elettorale con la quale saremo chiamati a votare (a partire dal “porcellum” , e via via ….. precipitando) è li a dimostrare una volta di più l’incapacità delle nostre Camere ad uscire dal piccolo cabotaggio degli interessi di ….bottega, per traguardare gli obiettivi della “res pubblica”.
In questo contesto disquisire sulla “bontà” degli appelli di fine anno ai giovani, mi spiace, non riesce ad appassionarmi e, tanto meno, può appassionare i giovani!
Costernato, esterrefatto, con due R perchè altrimenti qualcuno mi bacchetta, anche se a me continua a suonare meglio con una, e il vociare contro la globalizzazione me lo permetterebbe, credo, perché cosa me ne frega a me dell’etimo francese? Perché questa storia, degli etimi, delle radici quindi, che quando fa comodo ben venga la contaminazione, come tutta quella filosofia o spiritualità orientali sbandierate, insieme alla fisica quantistica, ad esempio, come se alcune contaminazioni andassero bene, altre no, contro l’Erasmus che appiattisce, istupidisce, lunga vacanza foraggiata anche dai genitori che se lo possono permettere, soprattutto famiglie che naturalmente vengono dal famigerato sessant’otto, in questo legittimo diritto di sbandierare il proprio credo, ed Elena Cucciati ne è l’ultimo esempio, solo perché ha perso qualche lezione in università, mettendo insieme nella valutazione tutto e il contrario di tutto, con paragoni che non stanno né in cielo né in Terra, le stragi fasciste, vedi oggi l’omicidio Mattarella, le bombe sui treni, nelle piazze, nelle banche, gli attentati islamici per arrivare a denunciare un periodo storico italiano, che al di là del folklore, ha lasciato comunque quella voglia di libertà, di creatività, che in un’Italia bacchettona in mano ai preti e alla Dc, aveva quel desiderio, non di imporre, come correnti di pensiero gridate anche su questo blog, ma semplicemente di consentire. E’ stata l’epoca dei diritti civili, non importa se poi ci sono voluti quarant’anni per diventare leggi, ma ricordiamoci che alcune battaglie ormai metabolizzate da tutti, vedi Tabacci, contro aborto e divorzio a quei tempi e la cessione ieri del marchio a Emma Bonino, l’acqua santa e il diavolo, i diritti già detti, che adesso fan comodo anche agli antichi detrattori, così da smuovere da quell’ipocrisia imperante da vizi privati e pubbliche virtù, per arrivare a quel buonsenso non impositivo, non negante delle reciproche posizioni come invece vorrebbero quelle piccole correnti che stanno cercano di imporsi, con blitz in casa d’altri e atti intimidatori di antica memoria. Ricordiamoci che questi decenni, imputati da alcuni come forieri dei tempi grami che stiamo vivendo, come se quelle piccole rivoluzioni fossero state causa del disastro economico e finanziario che stiamo vivendo, o di quella licenziosità di costumi che hanno allontanato dalle nostre origini e identità, non hanno nessuna responsabilità. Così, tutto d’un fiato, cedendo ad un “smettiamola di dire cazzate!” E pensiamoci bene prima di parlare, in attesa, ad esempio, dell’intervento di un Mauro Castagnaro, ma anche Carelli, Martini, che più informati di altri, e non ideologici, mettano opinionisti da strapazzo in condizione di stare zitti, nonostante il maldestro tentativo di arrampicarsi sugli specchi, e figuraccia complottista garantita!
Ommioddio!!! Io non c’ho capito niente.
A questo punto mi sento in dovere di rispondere a Francesco e ad Ivano. Con il primo mi scuso per non essere stata chiara nell’ esporre il mio pensiero, probabilmente a causa della necessità di sintetizzarlo il più possibile. Lungi da me il voler equiparare i picchetti davanti alle scuole alle recenti stragi terroristiche. Quel che volevo dire è che , pur considerando le ovvie e macroscopiche differenze tra le drammatiche vicende degli anni di piombo in Italia e gli attentati di questi ultimi anni in Europa, io riesco a vedere in entrambe le situazioni un desiderio di colpire ciò che rappresentava ieri e che rappresenta oggi il simbolo di quello che gli attentatori, o chi attraverso essi, vogliono combattere. Per fare qualche esempio: la piccola imprenditorialità agricola (Banca dell’ Agricoltura), o Il mondo del sindacato (Brescia) da un lato e di contro attraverso gli Eagles of Death Metal (Bataclan) gli americani repubblicani, gli amici di Israele,come lo sono questi simboli del rock occidentale, o come Ariana Grande che incarna non solo la musica ma anche lo stile di vita delle adolescenti occidentali, rappresentato, secondo il punto di vista islamico, dalle orecchie rosa e dagli abitini succinti indossati dalla cantante. Solo il colpire qualcosa non in quanto tale ma che rappresenta qualcosa il fil rouge che lega le due situazioni. Nulla di più. Quanto sopra scritto vale anche come replica all’ intervento di Ivano, al quale mi sento in dovere di aggiungere che nel citato periodo dei picchetti non frequentavo l’università, ma ero una ragazzina ai primi anni del liceo, con tutto quanto questo comporta ( le percezioni di una quattordicenne appena uscita dalla scuola media sono assai diverse da quelle di una universitaria ventenne!).
Ma che peccato. Chissà se invece Elena Cucciati sì.
Ha ragione Elena: il filo che lega ad esempio le stragi fasciste e gli attentati islamici è il bisogno di colpire i simboli, ma che non si esprime solo in quello, purtroppo. Nelle due categorie ci sono state vittime innocenti che forse è arduo definire simboli. E nonostante questo c’è ancora chi minimizza o fomenta l’avanzata di antiche nostalgie in tutta Europa.
Perché quando parli di “vittime innocenti” citi solo il fasci-nazismo e mai il comunismo? Saprai bene del numero imprecisato e altissimo di persone torturata e straziata nelle segrete del Kgb comunista o nei gulag rossi in cui venivano imprigionati e seviziati dissidenti (ci furono anche molti italiani), omosessuali, o semplici cittadini invisi all’intellighentia di partito. Quanta gente è stata schiacciata sotto i carri armati perché osava ribellarsi alla dittatura rossa? Senza contare le strategie internazionali assolutamente fallimentari che hanno costretto a decenni di fame e stenti centinaia di milioni di sudditi europei trattati peggio che schiavi in Africa. In Italia (noi siamo dei nostalgici) il comunismo da pugno chiuso c’é ancora, e accompagnerà alla tomba la generazione del Sessantotto. Il sindaco Sala si è fatto fotografare in questa posa giusto qualche giorno prima di Natale. Te lo immagini, i giornali che leggi, come si sarebbero scatenati se avesse fatto il saluto fascista? Quei giornali sono gli stessi che hanno linciato mediaticamente il carabiniere ventenne (e studente universitario di Storia) che aveva appeso nella sua camera la bandiera del Secondo Reich (non del Terzo hitleriano!!!) con aquila prussiana e croce nordica. Pure ignoranti come le capre, con tutto il rispetto per le capre.
Secondo te i fancazzisti dei centri sociali, che devastano e distruggono tanto per impiegare il tempo, non sono compresi nella categoria di coloro che “fomentano l’avanzata di antiche nostalgie in tutta Europa”? Sarà meglio ristabilire un po’ di equilibrio, giusto per non avere nel curriculum dei morti a due velocità.
Rita, ogni paese ha la sua Storia. Quando in Italia il comunismo avrà prodotto gli stessi guai che ha fatto il fascismo allora saremo pari, e potremo ridiscuterne. Non ora.
Verissimo: ogni Paese ha la sua storia. Il nostro, ad esempio – a parte la guerra che era mondiale – durante il Ventennio fascista è stato costruito: scuole, colonie, edifici pubblici, strade, bonifiche pontine e non, ponti, musei, eccetera, tant’é vero che il “littorio” in arte e architettura è diventato uno stile internazionalmente riconosciuto. Può anche non piacere, però è ancora lì, c’è. E serve.
Durante il Settantennio a gestione don Camillo/Peppone il Paese è stato invece demolito e, a questo proposito, potremmo scegliere ad emblema dello sfascio la Salerno-Reggio Calabria, mai finita, o forse mai seriamente incominciata. Vagononate di denaro pubblico sono state distribuite per decenni a cani e porci, agli amici degli amici, con il risultato che oggi il 30% degli italiani (18 milioni di persone!!!) è a rischio povertà o esclusione sociale. Gran bel lavoro. Per non parlare dei pensionamenti dopo 15anni 6mesi 1giorno di lavoro, i finti invalidi e socialmente inutili, le regioni a statuto speciale che sono pozzi senza fondo, le pensioni d’oro e di platino. La lista è così lunga che un’enciclopedia non basterebbe a contenerla tutta.
Quindi, chi ha fatto più danni?
Se Sala si fosse fatto fotografare mentre faceva il saluto romano al posto di ostentare il pugno chiuso, oggi sarebbe ancora il sindaco di Milano? Sii sincero. Senza voler parteggiare per questo o quello, che c’importa a noi due. E poi non ce n’è bisogno, ormai le cose sono sotto gli occhi di tutti. Solo per onestà intellettuale.
Rita, per onestà intellettuale: non farei assolutamente cambio. Quanto al dopoguerra che tu elenchi e descrivi con dovizia, e mi trovi d’accordo, vallo a dire alla Dc e alla Chiesa, e a tutti i Centri o centro/destra che si sono susseguiti, non ai comunisti, che magari avrebbero fatto anche peggio, ma siccome così non è stato, perchè non han potuto, non si può dire.
Scusa, dimenticavo anche un pò di centro/sinistra, che però, quando ha cercato di rimediare, ha contribuito a far nascere quei populismi che ben conosciamo. Evidentemente, lontano dagli slogan, la Storia non ha memoria.
Okay, credi ancora a Santa Lucia.
Rita, farei un distinguo tra pugno chiuso e saluto fascista : vi erano comunisti che usavano il pugno chiuso ed erano fermi oppositori del socialismo reale, del regime comunista russo e cinese. Non conosco persone di ideologia fascista che abbiano condannato fermamente il regime fascista .
Con questo, considero sia una vera cretinata il gesto di Sala che saluta col pugno chiuso.
Condivido pienamente la tua denuncia del comunismo sovietico ma mi stupisce, e mi preoccupa, la difesa che fai del regime fascista. Ha costruito scuole, bonificato, … ? Scusa, ma giustifichi quindi la dittatura cubana perchè è il paese che in America Latina ha la più alta scolarizzazione e copertura sanitaria ?
Mi preoccupa davvero che tu possa paragonare i “benefici” della dittatura fascista con i “danni” causati dai vari governi dal dopoguerra ad oggi. Fortunatamente, i “pochissimi ragazzi che con grande fatica riescono a tenere fuori la testa dalla melma” ( sarò fortunata, ma io ne conosco molti di più ) molto probabilmente non ti leggono !
Forse è proprio questa la differenza tra te e me, cara Natalina, io non faccio alcun distinguo tra pugno chiuso e saluto fascista. Entrambi sono gesti ormai storicizzati, o almeno dovrebbero. Semmai faremmo bene ad interrogarci su altre questioni, ben più importanti: a) perché il pugno chiuso di Sala non ha avuto conseguenze (tutti, come te, ci siamo limitati a dargli del cretino), mentre se avesse fatto il saluto romano (a reti unificate) si sarebbero immediatamente chieste le sue dimissioni?; b) perché l’estremismo giovanile europeo (fac-simile dei movimenti sessantottini, ogni epoca ha le sue mode) inneggia al nazi-fascismo e nessuno, dicasi nessuno, si sogna di inneggiare allo stalinismo, al leninismo, al maoismo?
Se vogliamo rendere un buon servizio alla Storia, su questi i punti ci dobbiamo interrogare. Il resto, sono nient’altro che opinioni personali. Quello che il fascismo ha lasciato in eredità all’Italia (come sai, da noi non c’è stato il Terzo Reich) è sarebbe idiota da parte nostra fare i negazionisti in nome dei vecchi tempi, quando si andava ai cortei studenteschi sventolando la bandiera rossa. Non sarebbe onesto nei confronti di noi stessi, prima di tutto. Allo stesso modo non possiamo non vedere l’eredità lasciataci da settant’anni di cosiddetta “repubblica democratica”: macerie culturali, sociali, edili e ambientali. Così andava il mondo e non si poteva fare di meglio? Avrei molti dubbi, in proposito.
Conosco anch’io come te (siamo fortunate entrambe) molti ragazzi che al prezzo di grandi fatiche riescono a tenere la testa fuori dalla melma (non che sia importante, ma mi leggono), e posso assicurarti che nessuno di loro ha la paranoia del fascismo. Sono già oltre, e meno male. Come potrebbero andare avanti, sennò?
http://www.centrostudilaruna.it/cronache-dellantifascismo-paranoide-e-schizofrenico.html
Rita, secondo me sottovaluti il momento. Casa Pound e Forza NUova si presenteranno alle politiche puntando a un 3%. Non ho sottomano il mio giornale e vado a memoria e non vorrei sbagliarmi. Per correttezza. Nostalgie di quei tempi ce ne sono ancora, altroché. Nostalgie comuniste neppure l’ombra.
Credimi, la tua è un’ossessione.
Come mai i giovani non hanno nostalgie “comuniste”?
A Rita delle 10:15: forse perchè hanno più informazione, cultura, sensibilità e buon senso di quell’aspirante 3%di fanatici? Comunque nessuna ossessione da parte mia, e se fossi in te non farei rientrare la preoccupazione di qualche milione di persone, in Italia e in Europa, nella patologica paranoia.
Cultura, sensibilità, buon senso?
Si, quelli dello smartphone. Stay connected.
Ti stai arrampicando sugli specchi con le unghie, è una fobia, non c’è dubbio. Anch’io soffro fin da bambina di una fobia da dinosauri. Non sto scherzando, è vero. Da piccola mi sentivo male quando vedevo l’immagine di un dinosauro, adesso mi controllo un po’ di più, ma la fobia rimane.
Mi sto arrampicando sugli specchi? STAI SCHERZANDO, VERO?