Una davvero stimolante intervista a Gianni Silvestrini (Direttore del KYOTO Club) che dichiara:
“Perfino Confindustria ha detto che noi saremmo in grado di fare 60.000 megawatt in tre anni con le fonti altermative, cosa che ci consentirebbe di dimezzare le importazioni russe. Ma la svolta è l’agrivoltaico”
L’intervista:
Altro che rincorsa bulimica al gas: il futuro è già nelle rinnovabili. Per questo, invece di costruire nuovi rigassificatori – senza tener presente che abbiamo obiettivi climatici stringenti – occorrerebbe puntare tutto su fotovoltaico ed eolico, anche studiando e applicando soluzioni incredibili come l’agrivoltaico. È la posizione di Gianni Silvestrini, direttore scientifico del Kyoto Club. Che ha scritto un libro, L’energia rinnovabile oggi (edizioni Ambiente), proprio per fornire dati e chiarezza sul settore energetico e soprattutto sulle energie rinnovabili.
Anzitutto, come giudica questa rincorsa al gas degli altri paesi? Perché solo ora ci siamo scoperti non autonomi dal punto di vista energetico?
Ci siamo scoperti troppo dipendenti da un fornitore importante e critico com’è la Russia. La diversificazione, per esempio il potenziamento del gas dall’Algeria, ha un senso se vogliamo ridurre rapidamente la dipendenza dalla Russia. Ma quello che non si capisce è perché non si punti decisamente sulle rinnovabili, visto che persino Confindustria – mi riferisco a “Elettricità Futura” – ha detto che noi saremmo in grado di fare 60.000 megawatt in tre anni che consentirebbero di dimezzare le importazioni russe.
Le scelte energetiche di oggi, tra l’altro, andrebbero analizzate anche alla luce degli obiettivi climatici.
Esatto. Noi tra 28 anni dovremmo essere climate neutral. Quindi quando si prevedono nuovi rigassificatori fisici, ad esempio il progetto di Porto Empedocle, occorre pensare ai tempi di ritorno degli investimenti. I rigassificatori galleggianti possono avere senso in un momento di emergenza, ma poi? E si parla anche di nuovi collegamenti e gasdotti con la zona di Israele. Insomma, c’è una bulimia di nuovi accessi al gas e poca attenzione a due parametri: una seria politica di efficienza energetica, in particolare nell’edilizia che è estremamente energivora e alle rinnovabili che possono dare una risposta definitiva.
Può farci un punto della situazione delle rinnovabili oggi?
Anzitutto bisogna distinguere tra confusione tra consumi di energia primaria e la quota di elettricità, che è una parte abbastanza limitata. L’elettrificazione nel mondo e in Europa è attorno al 20-25%. Ma il trend dell’elettrificazione è molto potente – pensiamo alla mobilità elettrica, alle pompe di calore – e si pensa che si arriverà a metà secolo al 50%. Consideriamo che l’83 per cento della potenza istallata nel 2020 nel mondo è stata da rinnovabili e la cosa più incredibile è che, secondo l’Agenzia Internazionale dell’Energia, il 95% della potenza istallata nel mondo tra il 2021 e il 2026, tra Cina, India, Usa, Europa, potrebbe essere rinnovabile. L’abbinata tra elettrificazione e rinnovabili è infatti quella che più facilmente ci consente di decarbonizzare le economie.
Lei nel libro si dichiara abbastanza ottimista sullo sviluppo di rinnovabili. Tuttavia fa notare tutta una serie di problemi, dal recupero delle materie prime ai sistemi di accumulo, per non parlare delle autorizzazioni e dei veti.
Sicuramente sta avvenendo a livello mondiale una crescita incredibile delle rinnovabili. Il nostro paese resta invece ancora titubante. E siamo bloccati dal 2014 ad un livello che oscilla tra 36 e 38% della domanda elettrica. Del resto, il nostro paese, secondo il ministro Cingolani, dovrebbe arrivare al 72% al 2030, insomma dovremmo salire dal 38% al 72% in otto anni. Si può fare, ma ci vuole una volontà politica che non si vede. A livello locale ci sono delle resistenze, anche se le grandi associazioni ambientaliste hanno preso posizione a favore delle rinnovabili, puntando ovviamente sulla generazione distribuita ma aprendo anche ai grandi impianti.
Quanti impianti abbiamo in Italia?
Circa un milione di impianti di fotovoltaico, dovremmo arrivare al 2030 a due milioni/tre milioni, che daranno certamente un contributo importante. Ma non basta, considerando che in prospettiva al 2050, secondo gli stessi scenari presentati alla Ue dal governo, noi dovremmo raddoppiare la produzione elettrica. E la cosa interessante è che più della metà di questo raddoppio dovrebbe essere fornito dal fotovoltaico, che in pratica dovrebbe produrre, tra 28 anni, più di quanto viene prodotto in questo momento da tutte le centrali a ciclo combinato e da tutte le rinnovabili.
Nel libro parla di alcuni soluzione tecnologiche, come l’agrivoltaico che produce energia e al tempo stesso aiuta le coltivazioni. Eppure non se ne parla molto.
Se si vuole fare seriamente una rivoluzione fotovoltaica, con gli impianti fotovoltaici istallati su tracker a tre metri di altezza e opportunamente distanziati, occorre fare ricerca e sperimentazione per capire cosa coltivare in un sito. Infatti dal governo mi sarei aspettato una fase sperimentale in cui coinvolgere agronomi, oltre che esperti di energie per capire come ottimizzare i sistemi. Ad esempio, in Francia si fa l’agrivoltaico per migliorare le prestazioni dell’agricoltura, come i vigneti che soffrono per l’intensità solare e le temperature. Con l’agrivoltaico si potrebbero, tra l’altro, recuperare anche terreni abbandonati, come in Sicilia. Si tratta di una tecnologia geniale con enormi potenzialità.
Tornando al problema delle materie prime che servono alle rinnovabili e dei sistemi di accumulo?
Con la transizione si riduce la dipende da carbone, gas e petrolio ma aumenta la dipendenza da nuove materie prime. Per evitare criticità si deve lavorare su più piani. Anzitutto, centrale è l’innovazione tecnologica, ad esempio si è fortemente ridotta la quantità di silicio necessaria per le celle fotovoltaiche. Non solo. Da anni c’è uno sforzo per cambiare la composizione delle batterie e ora si punta ad eliminare l’uso del cobalto. Insomma l’innovazione consente di superare le strozzature e ci saranno nuovi tipi di batterie. Poi c’è un’altra soluzione.
Quale?
Quella del recupero e del riciclaggio. Perché le batterie esauste sono una miniera interessante di materiali, tanto che Straubel, cofondatore con Elon Musk di Tesla, sta costruendo negli Usa una grande fabbrica di riciclaggio delle batterie al litio. Secondo me l’Italia, che ha un primato nel riciclaggio dei rifiuti, potrebbe diventare nel prossimo decennio – quando avremo una grande quantità di batterie, moduli fotovoltaici, elettrolizzatori a fine vita – uno dei poli europei del recupero e riciclaggio di questi materiali.
L’elettrificazione dei trasporti non è invece ben più complessa?
Anche quella è una rivoluzione inarrestabile. Sta partendo adesso, nel 2026-27 il costo di un’auto elettrica sarà inferiore rispetto a una macchina classica: è una rivoluzione vincente, come quella delle rinnovabili.
Possiamo dunque confutare anche il leitmotiv che dice che solo con le rinnovabili non ce la potremo mai fare?
L’accusa che viene fatta alle rinnovabili riguarda l’ultimo miglio, come passare dall’80% al 100%. Proprio su questo aspetto si sta concentrando una straordinaria attività di ricerca. Si lavora infatti sugli accumuli di lungo periodo, long term storage, che garantiscono energia per giorni e settimane, lo stanno facendo molti paesi, in particolare la Germania e gli Usa. Una soluzione riguarda l’idrogeno che può consentire di garantire la produzione di energia di elettrica anche quando non c’è sole e vento. L’idrogeno sarà essenziale non in questo decennio ma nel prossimo, per decarbonizzare acciaierie, industria chimica, per i trasporti aerei e quelli a lunga distanza. Ma le auto a idrogeno saranno spiazzate dal crollo del costo delle batterie e avremo solo auto a batteria. Ripeto, occorre accelerare sulle rinnovabili, e se c’è una cosa che la guerra ci sta amaramente insegnando è proprio questo: recuperare il tempo perso.
fonte: Elisabetta Ambrosi – Fatto for future – 19/04/2022
Commenti
Non ci piove, ma purtroppo anche in senso fisico: verso la desertificazione padana? Anche la prossima tornata di precipitazioni non darà che una notte di pioggia continua, e comunque due millimetri, sei millimetri… A quel punto ne avremo di posto per il solare! Che accoppiato alla chimica, che conserva l’energia sotto forma di legami o scissioni, per quanto rimarrà di territorio vivibile potremo fare come la Spagna col Marocco. Magra consolazione, vero? Intanto diamo una mano ognuno col suo “impiantino”, anche se, come già si è fatto con l’acqua, colpevolizzare gli usi civili, vedi draghiani condizionatori, è un po’ una vigliaccata!