Il tema del non accumulo di oggetti, cui corrisponde il ben noto allarme dell’inizio di depauperamento delle risorse estrattive del Club di Roma (documento Meadows) con scadenza proprio in questo decennio, si sa che è una mia fissa. Perché amareggiare queste feste con una mia patologia psichica allora, vi direte?
Semplicemente perché:
1 Non è una mia fissa ma solo una mia adesione a un allarme che ben si inserisce nel segnale di pericolo generale sullo squilibrio che abbiamo creato, e la previsione Meadows non sta sbagliando di un anno.
2 Non amareggio nessuno, anzi, libero da un impiccio tutti quelli che vagano fra le vetrine per trovare qualcosa che i propri cari ancora non hanno, per poi scoprire che, portato l’oggetto delle brame in casa, la loro domus non è un contenitore elastico, e noi non dovremmo essere accumulatori seriali.
Un abbonamento, un biglietto per il teatro o spettacolo rock, video-audiolibri, sistemi operativi informatici… proprio no?
E il mio miglior augurio è che in tanti capiscano e, almeno in parte, aderiscano.
Certo, mica pretendo un mondo immateriale, soprattutto a partire dalle nostre amate metà, che sarebbe un bel guaio!
Buone feste!
Adriano Tango
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Viaggiare leggeri. Un conoscente, solo, sentendosi avvicinare la morte, cominciò a regalare oggetti accumulati negli anni, tutto per non impegnare i parenti rimasti in uno smaltimento anaffettivo e fastidioso. Conoscente sobrio comunque, non tantissimo accumulo, gusti raffinati, risparmiando comunque quanto di più prezioso avrebbe comunque fatto la gioia degli eredi. E così fu. Dopo la sua morte rimasero alcuni dipinti, qualche scultura e alcuni mobili che anche sul mercato vintage avrebbero trovato destinazione. Ma chi non lo fa? Negli anni abbiamo riempito le nostre case, chi più chi meno, di cianfrusaglie che magari finiscono in cantina dove per anni nessuno spenderebbe più un occhio. I più accorti ogni tanto chiamano un’impresa di pulizie che offre questo servizio per liberarsi di vecchi abiti, collezione di riviste mai più sfogliate, le confezioni che non si sa mai di dover restituire l’acquistato, addirittura vecchi piccoli elettrodomestici che il disuso rende dopo qualche anno inutilizzabili. Insomma tutta la nostra storia che diviene polvere prima che lo diventiamo anche noi. Ma per quasi tutti guai a sbarazzarsene, fosse per affetto o superstizione o semplice ricordo, così che anche durante un trasloco, che potrebbe essere una buona occasione per liberarsene, si finisce sempre col dire mettiamo lì e poi vediamo. E’ come quando si parte per un viaggetto di tre giorni e le mutande sono venticinque, insieme a tutto l’altro ricambio che mai viene usato. Insieme ai medicinali che a casa proprio non servono, ma quando si è fuori non si sa mai. Così che l’elenco dell’accumulo si arricchisce sempre di più, vecchi abiti, scarpe, la sedia rotta, quell’orribile vaso perchè comunque ci è stato regalato e mai fare torti liberandosene. Insomma, come se quello che releghiamo in cantina, i poveri, in soffitta i ricchi, fossimo noi e non il nostro divenire che basta e avanza. Così che a chi è capitato di svuotare una vecchi casa di vecchie zie o zii, le sorprese non finiscono mai con la domanda sempre ricorrente: ma cosa se ne faceva mai. Naturalmente è anche cercare soldi in qualche tasca nascosta perchè si sa che i vecchi sono strani e magari alla banca preferiscono il sotto materasso. Naturalmente quasi mai è così, con feroce delusione di chi si aspetta un tesoretto. Questo naturalmente vale per la gente comune che proprio il vecchio tavolo va portato alla discarica, come l’armadio impiallacciato non di radica ma di simil legno o il divano sfondato che nessun restauratore e tappezziere potrebbe donargli nuova vita. Perchè non tutti i figli torneranno alla casa dei genitori, perchè è peggio della nostra e comunque la gente comune non ha storie da documentare, neppure un diario manoscritto di qualche antenato speciale con tanti segreti da custodire e nascosti appunto nel fondo di un cassetto. O vecchie lettere legate da un nastro perchè si usava così. Naturalmente sto scrivendo del tempo che fu e anche il modo di conservare i ricordi ha perso quell’aura gozzanesca che tutto faceva sembrare una sorpresa e spesso lo era. Amori, tradimenti, una doppia vita, romanticismo che adesso farebbe sorridere. Ad ogni generazione i suoi traslochi. Poi ci sono i ricchi, magari i nobili, dove nel palazzo di famiglia i figli e le generazioni si susseguono tra oggetti e arredi di ottimo gusto, magari preziosi. Quelle case museo per intenderci, come quel bellissimo salotto di un palazzo del centro storico aperto alle visite durante un concerto in corte. E lì il tempo si è fermato, lasciando immaginare chissà quali vite, e facendo schiattare di invidia chi tanta storia non ce l’ha, e tutta la vita è un costruire un qualcosa che prima o dopo finirà in discarica.
Comunque, bambini a parte, da tempo a casa mia si regalano parole, una poesia, un pensiero, una citazione.
“Comunque, bambini a parte, da tempo a casa mia si regalano parole, una poesia, un pensiero, una citazione.”
Mi è comodo ripartire dalla tua coda, con plauso! Per il resto… che scrivi molto bene lo sai, che descrivi un quadro realistico idem.
Il problema è che molti dicono che per me che ho vissuto da chirurgo è facile, perché uno strumento che la mano non trova all’istante fa la differenza fra vita e morte di qualcuno. Ma non lo posso certo pretendere come modello generale!
Però quando ho assunto il ruolo direttivo mi hanno chiesto se volessi cambiare arredamento al mio studio, e io ho risposto: “Fate sparire l’arredamento, un falegname che metta tutte mensole!”.
Ma per vivere così, con buona pace delle nostre signore o donne delle pulizie, bisogna possedere tanto poco quanto niente, bisogna capire che il signor diavolo non ha tanto dimenticato di inventare i coperchi alle pentole, quanto avuto successo nel fare i cassetti! Trappole mortali dell’oblio. Proviamo a ridurre almeno, almeno quando regaliamo… come fa Ivano! Grazie e auguri!
Grazie a te Adriano. Buone feste.
Adriano, dimenticavo: bellissimo il diavolo che fa le pentole e i cassetti.
Adriano, chiedo scusa. Dalla tua mail privata risalgo alla copertina del tuo post, che onestamente non avevo osservato, limitandomi al post. Hai parlato prima tu di pensieri invece che di oggetti. Nel mio commento ti avrei reso maggior merito e diritti d’autore. Mai avrei voluto attribuirmi la sobrietà di non consumo come se fossi l’unico a regalare parole invece delle solite cianfrusaglie.
Chiedo scusa in questo modo anche a chi ci legge. Ancora tanti auguri di generiche Feste.
Sai ogni anno mi disegno gli auguri di Natale. Ora mi aiuta l’informatica, una volta la matita, Ma le capacità non allenate si perdono, però molto bello quello che disegnai nell’anno “circa-boh?” con il Cristo e Krishna che procedono affiancati seguiti i primo dai nostri animali e il secondo da quelli orientali, pavoni etc.
Circa la tua osservazione sui traslochi forse la fobia oggettistica mi è scoppiata proprio per l’idea di cambiar casa per una più consona agli anni che verranno. Il mediatore che mi vende/compra mi chiede il garage come lo voglio. E mi precisa: “Sa, perché tutti lo comprano per la macchina, che poi lasciano in strada per riempirlo di tutte le cose che in casa non ci stanno più dopo il trasloco”.
Siamo stupidi o no? Compriamo a metro quadro e poi ci auto soffochiamo.
Caro Adriano, mi sembra un ottimo invito, il tuo, proprio in vista del Natale, ormai ricorrenza essenzialmente consumistica per la maggioranza della popolazione, quello di limitare la proliferazione degli oggetti (a scapito dei soggetti), e più in generale di tentare un contenimento della compulsione verso i beni e gli elementi materiali che ci crescono intorno e ci appesantiscono l’esistenza.
La sindrome della fruizione oggettuale e della conseguente invadenza della materialità relitta da tale consumo è nota da sempre. A volte ne è stata tentata una cura.
Sin dall’antichità, come certamente sai, questa umana patologia della volitività fagocitante ha travalicato la smania verso l’oggetto materiale ed è tracimata verso l’abuso di elementi più generali come la fama, il denaro, il potere, i piaceri, la pubblica visibilità.
Un male risalente, dunque, e ben più pervasivo di quanto possa esserlo il desiderio del semplice oggetto ancora mancante o del mero bene aggiuntivo.
Il tentativo cristiano di definire come “incontinentia” o “avaritia” certe pulsioni è riduttivo e inadeguato. E, del resto, lo stesso retrostante concetto di “peccato” coglie solo una parte minore del problema.
Conosco poco le tradizioni orientali, però forse soltanto la tradizione greco-romana si è avvicinata alla cura di questa neuropatia, attraverso le scuole stoica ed epicurea. Il “ne quid nimis” della romanità classica ne è un esempio. “Nulla di troppo”, dove il “troppo”, a ben vedere, può essere molto, moltissimo di ciò che ci circonda, forse quasi tutto. Una timida memoria, una lontana resipiscenza di tale consapevolezza l’abbiamo avuta nei periodi più bui della pandemia, quando ogni cosa è stata improvvisamente paragonata al valore, primo e supremo, della nostra vita e di quella dei nostri cari.
Naturalmente, sappiamo entrambi che i nostri Quiriti non avevano inventato loro il possibile rimedio. Le incisioni sul tempio oracolare di Apollo a Delfi comprendevano il noto “medèn àgan” (μηδεν ἄγαν). Non si trattava solo di una intimazione ai postulanti del tempio affinché non esagerassero nelle loro richieste ad Apollo. Era anche una prescrizione più generale, riguardante i rapporti col mondo e lo stile di vita.
Ecco, nulla di troppo. “Viaggiare leggeri”, come dice Ivano. E il Natale è un banco di prova notevole. Gli affetti si possono manifestare benissimo anche senza l’accumulo materiale, senza quella che Verga aveva definito “la roba”.
Certo, forse si nuocerebbe ai consumi, alla ripresa, al PIL, eccetera eccetera.
E allora che fare? Per il bene comune, finire tutti come Mazzarò?
Amico mio dotto e caro, sollevai il problema in una lezione UNI sulla sovrappopolazione, e c’entra, perché la ia tesi era che vero, siamo troppi, ma sosteniamo così un PIL che serve all’ambiente stesso con le nostre entrate. Dove vedevo la via d’uscita? Nell’acquisto di beni immateriali, servizi, frutti di intelletto… La musica stessa è ormai disgiunta dal supporto materiale. E mostravo che già adesso il PIL è retto per il 16% da beni immateriali, quindi si può. Per intenderci l’insegnamento di un Professore è immateriale, ma il suo stipendio fa PIL! E allora, non dico non spendiamo, ma iniziamo a pagare i professori, e il PIL sale! Grande abbraccio.
Adriano, questo tuo finale mi strapperebbe un cattivissimo: Cicero pro domo sua?!?
E ci ho messo il condizionale perchè lo direi se non ti conoscessi bene come ti conosco, per persona in cui la cultura diffusa è superata solo dalla più disinteressata generosità!
Nella mia vita sono stato, tanto colpevolmente quanto arrendevolmente, dedito al circondarmi in modo seirale di ….”giocattoli” (oggetti e no!), ed ora mi ritrovo (complice la rettitudine di quel …. “bacchettone” di mio figlio) a cercare di dire finalmente dei no a quel “Mazzarò” (peraltro anche stupenda spiaggia sotto Taormina) che ha albergato in me, ma “la roba” è ugualmente tanta!
Per questo Natale ho accolto in toto il tuo richiamo (a partire ovviamente dagli “autoregali”), resistendo anche alle sirene delle “offerte speciali”, dei Friday più o meno Black e dei …” se ne compra tre, il terzo è gratis”!
Quanto al “ricatto del PIL” che impone agli ex “cittadini”, ora “consumatori”, debba crescere di continuo (sic!), ci decidiamo una volta per tutte a considerarlo quella “tigre di carta” che è e a sostituirlo con obiettivi meno fasulli, più eticamentecampatibili con la “finitezza” del pianeta terra sul quale viviamo?
Come non concludere con un laico, cordialissimo “Buon Natale” a te e a todos los amigos! (ovviamente caricato, come da istruzioni, di …. “affettuosi pensieri” !!!!)
La decrescita deve essere lenta perché un paese povero è un paese che inquina invece di disinquinare, e ce lo insegnò Indira Gandhi, tutto qui. Poi potremo sostituire il PIL con il BIL (benessere interno lordo).
Ma tanto le previsioni per questo decennio del Club di Roma, documento Meadow, sono già testate sia dalla crisi dei semiconduttori che da quella del metano, e sarà quindi la natura a decidere, fregandosene delle nostre buone o cattive intenzioni, con un colpo di spugna da 3 miliardi di morti o non nati in un secolo, sempre secondo previsione. Ora mi direte, ma sono questi i termini per augurare un sereno Natale? Se l’evento si ispira alla Nascita di Chi sapeva di doversi sacrificare per l’uomo nuovo, quello del patto, siamo in linea, perché siamo stati noi gli Erodi e non vorremmo essere anche i Pilati. Buone feste ragazzi!
Adriano, bellissima riflessione.