L’avvicinarsi della stagione autunnale mi ricorda che io e l’eroina della Bohème abbiamo qualcosa in comune.
Nell’opera di Puccini il protagonista, innamorato di Mimì, cerca al buio il tocco della sua “gelida manina”. Almeno il suo tocco di ghiaccio era giustificato dalla tubercolosi, il mio no, ma ho comunque sempre le mani gelide che, vi assicuro, al buio si trovano eccome!
Il freddo inarrestabile di tutte e dieci le dita è un colpo secco per i malcapitati con cui ho un contatto, seppur fugace. Il loro sguardo esprime tutto, dopo aver avuto l’assaggio di un ghiacciolo dalle sembianze umane. Non parliamo dei piedi: l’alone freddo da zombie è la loro peculiarità per diversi mesi all’anno.
“Mani fredde cuore caldo”,così si dice. Uno studio dimostra infatti una correlazione tra le mani calde e un approccio più caloroso verso il prossimo. Vi assicuro che così non è, è solo una questione di circolazione periferica. In effetti la mia circolazione periferica è fluida come le autostrade il primo di agosto.
So di essere freddolosa. Per anni ho sperimentato e affinato varie tecniche per far tornare le mie estremità alla temperatura di un corpo ancora in vita. Tecniche preziose, nonostante il riscaldamento globale che tuttavia non mi esimono dal sentirmi, per la maggior parte del tempo, un’assiderata.
Alle superiori ero una di quelle ragazze che aspettava con ansia l’accensione dei termosifoni e, ogni intervallo di quei cinque anni di scuola, l’ho trascorso attaccata ai grandi caloriferi di ghisa, anche a costo di ustionarmi. Correvo fuori nel corridoio appena suonava la campanella per accaparrarmi un angolino e incamerare calore per le rimanenti ore: era una questione di sopravvivenza dopotutto.
Da sempre venero la “dea stufetta”, colei che mi salva da un’uscita dalla doccia da choc termico. Nei tre secondi che precedono l’infilarmi l’accappatoio sento che potrei non farcela. Sarebbe un trauma troppo grande da sopportare.
La doccia poi, deve essere regolata sulla temperatura di un vulcano attivo anche in piena estate.
La stagione fredda è alle porte, care le mie freddolose. State tranquille, a quanto pare siamo in tante. A bere tè e tisane bollenti come se non ci fosse un domani, ad aggirarci per casa con la coperta di pile tipo mantello, a stringere i nostri animali domestici pelosi come se fossero stufe a pellet.
Ma per quanti escamotage siamo diventate abili, rimarremo sempre piccoli ed esili fantasmini pallidi, la cui unica soddisfazione è quella di appoggiare i piedi a sorpresa sulle cosce o sulla schiena di qualcuno per vendicarci delle loro prese in giro.
In verità è solo per rubare loro un po’ di calore vitale, ma non ditelo a nessuno!
Commenti
Sempre di grande efficacia le immagini che scegli per accompagnare i tuoi post, Anna!
Cheddirti? Bofiga sura!
Ciao Francesco! L’immagine mi rispecchia assai😂
Gli ultimi anni in ufficio ho convissuto con una freddolosa cronica, che si portava il golfino sulle spalle in piena calura padana, ma però voleva l’aria condizionata a manetta a luglio per poi lamentarsi per il freddo nell’ufficio. Così, era una lite continua: aprivo la finestra e abbassavo il flusso d’aria fredda, che l’aria viziata con i filtri sporchi mica mi faceva stare tranquillo, e lei la rialzava e chiudeva la finestra. Una guerra quotidiana. Poi, con l’arrivo dell’inverno, in ufficio c’era un caldo boia, ma non le bastava, voleva lo “scaldino” elettrico che buttava aria calda vicino a lei acceso tutto l’orario di lavoro. Odiava gli spifferi, mangiava in ufficio a pranzo solo una mela e uno yoghurt, era magra impiccata e si portava dentro nel gelo che l’abitava un’irritazione bollente al telefono, con fornitori, madre, figlia, che mi veniva voglia di versarle dell’whisky nel suo yoghurt naturalmente magro. Certe volte, apposta, mangiavo pane e salame di fronte a lei – c’era anche quello, ci diviveva solo la rispettiva stampante e schermo, per fortuna -; e le consigliai di portare in ufficio la borsa d’acqua che poteva far riscaldare sul termosifone e piazzarsela sulle gambe; potevo prestargliela, che in cantina ne avevo una, ma non mi rispose neanche. E decisi che essere generosi con lei era fiato sprecato. Diceva a tutti che dormiva, d’inverno, con le calze di lana e il pigiamone, eppure quando si arrabbiava sembrava un frullatore in movimento. Sudava dalla fronte di stizza. Finalmente, decisero di separarci, con gioia d’entrambi.
Marino, come mi dispiace! Quando le persone sono scostanti il freddo e il caldo sono purtroppo un problema relativo. Qualcuno sembra al mondo apposta per rendere l’altrui vita impossibile. Meno male che te ne sei liberato! 🤗
Anna quando l’ho letto ho pensato a queste signore, a titolo di solidarietà femminile:
https://youtu.be/9VOu4vkrnoY
Le ammiro ma…Non le invidio! 😂😂😂
io sì… comunque Ines Papert, leggenda! le alpiniste sono poche ma super…
Dal testo parlato, quasi nulla Kapire, ma le immagini bastavano in modo abbondante a loro stesse!
Specie dal video spcifico delle spedizione di Ines Papert.
he gran controllo di se stessa/o e che splendida forma fisica (e che bei denti tutti e due!) , leggenda!
Dal pdeiluvio inizio/fine mi par avesse delle belle vesciche sulle dita dei piedi!
Tu Pietro, niente Himalaya?!?
no magari io dilettante allo sbaraglio… “alpinista medio”, specie in via d’estinz.
Fantastica specie direi! Anche io sono follemente innamorata della montagna!
brava! allora se non ci sei mai stata un consiglio: vai in Valle Adamè, laterale della val Camonica… in fondo, c’è una piana con dei pascoli e un fiume, con vacche e cavalli liberi, dietro c’è il Monte Fumo e il Corno dell’Adamè, sembra veramente il lost paradise
La Val Adamè è il posto della mia infanzia. Per anni sono andata in vacanza a Cevo e appena posso torno in Val Camonica sempre molto volentieri
Eccomi di nuovo a Crema (difficile ieri la traversata d’Italia, ma ce l’abbiamo fatta, portandoci dietro altri scampoli di superba Italia minore). Bene, da cdo0ve potevo riprender contatto con la realtà se non a partire da Anna? E da Anna la scrittrice: strano, nelle tue opere mi manca il personaggio con le mani fredde, eppure di solito la nostra realtà intima filtra tutta, peggio che sul lettino dello psicanalista. Forse un segno del tuo profondo pudore, secondo i quale anche i piedi freddi sarebbero fuori luogo…
😂😂😂ciao Adriano, pudore o no a quest’ora sono già sotto la mia copertina con calze,tisana e inseparabile golfino!
Il golfino. Una-due volte l’anno, d’estate (sere di luglio dopo una giornata bollente) i miei “vecchi” uscivano per una breve passeggiata sui marciapiedi di Crema Nuova. La preparazione per uscire quella mezz’ora serale richiedeva tempo, e non capivo il motivo, visto che entrambi uscivano regolarmente di giorno, senza farla troppo lunga.
Farà freddo? Ci sarà l’aria? Prendo o no il golfino? E lei che era uscita dalla porta senza il golfino, tornò indietro, con lui già un filino seccato, e sentivo, in salotto, borbottii innocui come nuvole bianche che mai portavano tempesta, ma che accompagnavano il tempo, in famiglia. Trovato il golfino, lei lo appoggiò con delicatezza sulle spalle, il suo golfino cucito e tagliato da lei, sartina coi fiocchi. E il giretto partiva: a passetti lievi, li guardavo dalla finestra, scomparire vicino ai nuovi caseggiati. Il bel golfino sulle spalle di lei, che non si sa mai, può venir su l’aria, i brividi di freddo che poi si sta incomodi.
Che bella immagine vintage, nostalgica e romantica! Descritta benissimo tra l’altro… me la immagino come se fosse la scena di un film🥰
Anna sei proprio una brava persona, ironica, e scrivi frizzante. Fa niente se sei freddolosa. Si può guarire.🤣
Un forte abbraccio 🤗
Anna la valle Adamè da quando l’ho vista per la prima volta in pieno inverno, solitudine e severità grandiosa e benevola insieme, ha rappresentato uno dei momenti di rinascita of my life… certi luoghi hanno un potere tipo “mana”… poi altri momenti indimenticabili di alpinismo estivo e invernale sono seguiti… magico posto ricordi indelebili
Conosco molto bene queste sensazioni, provate diverse volte percorrendo i sentieri verso il lago d’Arno o il Lissone. Nel 2017 ho pubblicato il romanzo “ il mistero del popolo del serpente”, ambientato in Valsaviore dopo una ricerca su una possibile civiltà perduta celtico-camuna, vissuta tra quelle montagne e custode di conoscenze inestimabili. 🤗
grande! beh ma la civiltà dei camuni c’è stata sicuramente… mi vergogno di non aver mai visitato i posti dei graffiti, sempre preso dalle mire scalatorie, ma sono lì, ora che ciò un tendinite mi sa che è la volta buona