DDL ZAN
Si son fatti volare parecchi stracci sul disegno di legge Zan contro discriminazioni e violenze per orientamento sessuale, genere, identità di genere e abilismo, e l’impressione che ho avuto rispetto all’approccio al tema è stata che ci fosse molta “narrazione”, orientata, piegata alla propria ideologia, magari partitica.
Purtroppo questo tipo di approccio è terribilmente diffuso rispetto al “fare politica” nel “buffo stivale” ed i media contribuiscono (pure troppo) a che questo andazzo si diffonda, si consolidi, con grave danno per la nostra incerta democrazia.
Da “Post , giornale online pubblicato dal 19 aprile 2010 che frequento regolarmente ed al quale sono abbonato (raccomando a todos los amigos di abbonarsi a …..sostegno!), riporto di seguito un articolo che, ritengo, inquadri con chiarezza quanto si è fatto di tutto per …..intorbidare!
Già il titolo e il catenaccio, sono significativi assai. Buona lettura!
Cosa c’è e cosa non c’è nel ddl Zan
Una guida alla proposta di legge contro l’omotransfobia, per chi è disorientato dalle critiche secondo cui minaccia la libertà di espressione oppure “esiste già”
Il disegno di legge Zan contro discriminazioni e violenze per orientamento sessuale, genere, identità di genere e abilismo, che riguarda la discriminazione nei confronti delle persone con disabilità, è stato ostacolato fin dai primi momenti della sua presentazione. Già approvato alla Camera nel novembre del 2020 si trova ora alla Commissione Giustizia del Senato, dove Andrea Ostellari, presidente leghista della Commissione fortemente contrario alla proposta, ha deciso di tenere per sé la delega di relatore, ricevendo molte critiche dai sostenitori della legge.
Oltre alla destra, alla conferenza dei vescovi cattolici italiani (CEI), ai movimenti anti-abortisti e a quelli cattolici integralisti, contro il ddl si sono schierati anche un pezzo del femminismo italiano e un’unica associazione lesbica, Arcilesbica.
Le definizioni dei concetti coinvolti
Il titolo completo del disegno di legge Zan è “Misure di prevenzione e contrasto della discriminazione e della violenza per motivi fondati sul sesso, sul genere, sull’orientamento sessuale, sull’identità di genere e sulla disabilità”. Il ddl è composto da dieci articoli.
Il primo articolo presenta una serie di definizioni, che è bene ricordare per capire quello che verrà dopo: spiega cioè che cosa si intende per sesso, genere, orientamento sessuale e identità di genere, tutti termini ed espressioni che sono già utilizzati nel nostro ordinamento.
Per “sesso” si intende il sesso biologico o anagrafico: è innanzitutto la Costituzione ad utilizzare questo termine, così come varie leggi (quella ad esempio per disciplinare la “rettificazione di attribuzione di sesso” o le “unioni civili tra persone dello stesso sesso”). Per “genere” «si intende qualunque manifestazione esteriore di una persona che sia conforme o contrastante con le aspettative sociali connesse al sesso»: si intende il ruolo di genere, cioè il sistema socialmente costruito intorno al sesso maschile e a quello femminile. Per “orientamento sessuale” si intende l’attrazione sessuale o affettiva di una persona, e che può essere nei confronti di persone del sesso opposto, dello stesso sesso o di entrambi i sessi.
Per “identità di genere”, dice il ddl, «si intende l’identificazione percepita e manifestata di sé in relazione al genere, anche se non corrispondente al sesso, indipendentemente dall’aver concluso un percorso di transizione». “Identità di genere” indica dunque la percezione che ciascuno ha di sé in quanto maschio, femmina o altro, indipendentemente dal fatto che abbia affrontato la riassegnazione chirurgica del sesso se la sua identità di genere è opposta a quella del sesso di nascita.
La presenza dell’espressione “identità di genere” è molto criticata, ma prima di arrivare a questo va precisato che l’espressione è presente in diversi trattati internazionali e nella giurisprudenza della Corte europea dei diritti umani. Il dossier che il Senato ha di recente pubblicato sul ddl Zan spiega poi che l’espressione “identità di genere” è stata usata in un testo normativo, per la prima volta, da una direttiva del 2011 del Parlamento europeo e del Consiglio dell’Unione Europea che si occupa di protezione internazionale: lì, l’identità di genere è stata ritenuta specifico motivo di persecuzione. Questa stessa disposizione è stata recepita anche nell’ordinamento italiano, con il decreto legislativo 18 del 2014 sull’attribuzione della qualifica di rifugiato: individua tra i motivi di persecuzione l’appartenenza a un particolare gruppo sociale che può identificarsi anche con riferimento all’identità di genere.
L’espressione, dal 2018, è utilizzata anche dall’ordinamento penitenziario ed è presente in diverse sentenze della Corte costituzionale: nella sentenza numero 221 del 2015, in materia di rettificazione dell’attribuzione di sesso, si dice ad esempio che il «diritto all’identità di genere» è «elemento costitutivo del diritto all’identità personale, rientrante a pieno titolo nell’ambito dei diritti fondamentali della persona». Infine, nel dossier del Senato, si ricorda che il DPCM del 26 settembre 2019 ha delegato il ministero per le Pari opportunità a promuovere azioni di prevenzione contro tutte le forme di discriminazione per cause «fondate sul sesso, la razza o l’origine etnica, la religione o le convinzioni personali, l’età, l’orientamento sessuale e l’identità di genere, anche promuovendo rilevazioni statistiche in materia di discriminazioni». Sesso, orientamento sessuale e identità di genere, dice il dossier, sono ad oggi i tre motivi di discriminazione richiamati più spesso.
Cosa c’è nel ddl Zan
Il ddl Zan interviene su due articoli del codice penale e amplia la cosiddetta legge Mancino inserendo accanto alle discriminazioni per razza, etnia e religione (già contemplate) anche le discriminazioni per sesso, genere, orientamento sessuale, identità di genere e disabilità. Prevede poi una serie di azioni per prevenirle.
Le modifiche penali e alla legge Mancino sono l’obiettivo principale delle critiche: minaccerebbero, secondo chi non vuole il ddl, la libertà di opinione e sarebbero, tra l’altro, non necessarie perché i reati di omotransfobia rientrano già in un’aggravante comune del codice penale.
Il decreto-legge numero 122 del 1993, la cosiddetta Legge Mancino, è il principale strumento legislativo che ha l’ordinamento italiano per punire i crimini d’odio e dell’incitamento all’odio. La legge – che prende il nome dell’allora ministro dell’Interno Nicola Mancino – sanziona e condanna gesti, azioni e slogan aventi per scopo l’incitazione alla violenza e alla discriminazione per motivi razziali, etnici, religiosi o nazionali. Gli articoli 2 e 3 del ddl Zan modificano i delitti previsti dagli articoli 604-bis e 604-ter del codice penale (che sono quelli che definiscono i reati introdotti dalla legge Mancino), per aggiungere alle discriminazioni per motivi razziali, etnici, nazionali o religiosi gli atti discriminatori fondati sul sesso, sul genere, sull’orientamento sessuale, sull’identità di genere o sulla disabilità.
La questione della “libertà di opinione”
Attualmente, l’articolo 604-bis del codice penale punisce «chi propaganda idee fondate sulla superiorità o sull’odio razziale o etnico» e chi «istiga a commettere o commette atti di discriminazione per motivi razziali, etnici, nazionali o religiosi» (primo comma lettera “a”). Punisce anche chi, per gli stessi motivi, «istiga a commettere o commette violenza o atti di provocazione alla violenza» (primo comma lettera “b”) e chi partecipa, presta assistenza, promuove o dirige organizzazioni, associazioni, movimenti o gruppi che incitano alla discriminazione o alla violenza per motivi razziali, etnici, nazionali o religiosi (secondo comma).
Il ddl Zan aggiunge ai motivi già previsti da questo articolo del codice la discriminazione fondata sul sesso, il genere, l’orientamento sessuale, l’identità di genere e la disabilità. Non interviene però sulla parte dell’articolo che riguarda la propaganda, bensì sull’istigazione e sul commettere atti di discriminazione o di violenza. Nell’intervenire sul primo comma lettera “a”, dice infatti: «Sono aggiunte, in fine, le seguenti parole: “oppure fondati sul sesso, sul genere, sull’orientamento sessuale, sull’identità di genere o sulla disabilità”». La locuzione “in fine” serve a non modificare la parte del comma relativa al reato di propaganda, che rimane quindi limitato alle «idee fondate sulla superiorità o sull’odio razziale o etnico».
L’articolo 4 specifica infatti che «sono fatte salve la libera espressione di convincimenti od opinioni nonché le condotte legittime riconducibili al pluralismo delle idee e alla libertà delle scelte, purché non idonee a determinare il concreto pericolo del compimento di atti discriminatori o violenti».
In breve, i promotori e le promotrici della legge hanno ribadito più volte che la libertà di espressione non viene messa in discussione dal ddl Zan. Contrariamente a quanto temono molti degli oppositori, un’associazione potrà continuare a fare una campagna contro l’equiparazione dei diritti delle coppie dello stesso sesso rispetto ai diritti della cosiddetta famiglia tradizionale. Interverrebbe, semmai, se un’associazione istigasse i suoi seguaci a molestare o linciare una coppia non eterosessuale in quanto non eterosessuale.
La questione della legge “che esiste già”
L’articolo 3 del ddl Zan modifica l’articolo 604-ter del codice penale che corrisponde all’articolo 3 della legge Mancino, che si occupa delle circostanze aggravanti. Il ddl Zan, modificando l’articolo 3 della Mancino e il relativo articolo del codice penale, fa rientrare nelle aggravanti previste dal codice penale anche le discriminazioni fondate su sesso, genere, orientamento sessuale, identità di genere o disabilità.
Nel nostro ordinamento giuridico non esiste una specifica aggravante per i casi di cui si occupa il ddl Zan. Il codice penale, così com’è, non si occupa di condotte motivate da omotransfobia. Chi è contrario al ddl sostiene però che questo tipo di crimini sarebbero già compresi nell’articolo 61 del codice penale che si occupa delle circostanze aggravanti comuni applicabili a qualsiasi reato. E dice che rientrerebbero, precisamente, nell’aggravante che consiste nell’avere agito “per motivi abietti o futili”.
Il “motivo”, spiega il codice, rappresenta lo stimolo che ha spinto qualcuno ad avere una certa condotta: non lo scopo, che individua invece l’obiettivo finale dell’azione. Il motivo è, a sua volta, una causa di natura psichica: e può essere abietto quando scatena un sentimento ripugnante e malvagio secondo le idee e i costumi sociali; ed è futile, e dunque sproporzionato, quando non costituisce un motivo valido per agire, rappresentando più che altro un pretesto. Anche la Corte di Cassazione ha specificato il significato di abietto e futile facendo riferimento alla perversità, per il primo, e alla sproporzione, per il secondo.
I motivi che stanno alla base dell’omotransfobia, spiega chi sostiene il ddl, non sono però né perversi né sproporzionati. Nascono da un odio puntuale, orientato e sostenuto da un certo pensiero: non colpiscono una persona per ciò che fa, ma per ciò che è, esattamente come il razzismo. Un pestaggio violento avvenuto durante una lite non è paragonabile a un pestaggio violento motivato dal fatto che la vittima è nera, o omosessuale, o disabile. Per questo il ddl Zan chiede una reazione rafforzata dello stato verso questo tipo di crimini, esattamente come avviene in altri paesi d’Europa.
Una giornata nazionale
Gli articoli finali del ddl Zan riguardano l’istituzione della giornata nazionale contro l’omofobia, la lesbofobia, la bifobia e la transfobia «al fine di promuovere la cultura del rispetto e dell’inclusione nonché di contrastare i pregiudizi, le discriminazioni e le violenze motivati dall’orientamento sessuale e dall’identità di genere, in attuazione dei princìpi di eguaglianza e di pari dignità sociale sanciti dalla Costituzione». Si dice che le scuole provvederanno alle attività di prevenzione e contrasto e che l’ISTAT dovrà fare delle indagini con cadenza almeno triennale su questo tipo di discriminazioni e violenze «al fine di verificare l’applicazione della riforma e implementare le politiche di contrasto».
Cosa non c’è nel ddl Zan
Non ci sono invece molte cose che vengono citate da mesi nelle campagne di opposizione al disegno di legge, che si occupa di punire e prevenire comportamenti discriminatori e violenti fondati sull’odio verso la condizione personale di certe persone.
Il ddl Zan non dà “il via libera” alla gestazione per altri, pratica che è già vietata in Italia e che non è in alcun modo nominata nel testo.
Il ddl Zan non introduce nelle scuole la cosiddetta “ideologia gender”, un concetto peraltro che non esiste nei termini in cui viene spesso descritto: chiede invece interventi anti-discriminazione.
Il ddl Zan “non cancellerà le donne”, qualsiasi cosa significhi, attraverso l’uso dell’espressione “identità di genere”: contiene disposizioni penali per il contrasto della discriminazione e della violenza, compresa quella verso le persone transgender, che sono appunto un obiettivo specifico di discriminazioni e violenze.
Il ddl Zan, infine, non darà la possibilità a un uomo di definirsi una donna senza una “certificazione” ufficiale: nominando “l’identità di genere” il ddl non regolamenta infatti la transizione di genere.
Commenti
Ottimo, e difficile da analizzare per punti. Ci provo:
1 Tecnica espositiva della legge: ineccepibile, chi non capisce fa il tonto.
2 Senso generali delle leggi: le leggi devono rispondere a un sentito comune che tenga conto dei diritti delle minoranze, se non lesivi del bene collettivo. Questa legge fa al caso nostro. Intendo che le leggi non devono rispondere a principi etici arbitrari e maggioritari, in quanto l’etica è il più relativistico dei nostri valori, ma al solo criterio di giustizia. Direi che siamo in linea.
Mi allargo poi al senso del sentimento omofobo: assurdo verso un costume che potremmo definire “patrimonio storico dell’umanità” e secondo natura. Sottolineo, in quanto, almeno fra i mammiferi, questo costume ricorre. Il termine usato al sud per l’omosessuale di “ricchione” si riferisce alle grandi orecchie della lepre, ma per diffusione si potrebbe dire anche topone, cagnone, lupone…
Dov’è la differenza con gli umani? Nella “specializzazione” e non saltuarietà, o ritualità, che usano altri animali (oddio, normalmente anche umani, pensate al “come fanno i marinai” di Dalla). Ma attualmente scatta l’allarme perché “sembra” che il numero di quanti optano per il sesso fra amici stia aumentando.
Sottoconsiderazioni:
1 Sembra o è? Dove sono tutti gli omosessuali che mancano statisticamente all’appello a Crema? Ovviamente insabbiati.
2 Anche ci fosse un dilagare ciò sarebbe secondo natura. Dimostrato dall’etologia che è un fenomeno costante in condizioni di sovraffollamento. Se poi ci aggiungi un po’ di sostanze chimiche estrogeno-mimetiche che propiniamo ai bambini…
3 Insabbiare i problemi porta a ben peggiori aberrazioni. Vi siete chiesti perché la veccia figura del pederasta, una sorta di zio sporcaccione, si sia trasformata nel mostro pedofilo assasino attuale?
Ho offeso le coscienze?
Ve lo ricordate Giovanardi? L’ho incontrato su un’isola della Croazia, in un parcheggio, sperando poi di beccarlo su qualche spiaggetta naturista. La Crozia è molto bella, ma ci si va anche per stare nudi. Naturalmente, o perché ce ne sono molte, non ho avuto il piacere. Ricordate quell’altro, Buttiglione, che venne cacciato dal parlamento europeo per le sue posizioni omofobe e che pochi giorni dopo in un convegno a Saint Vincent dichiarò che «I bambini che hanno solo una madre e non hanno padre sono figli di una madre non molto buona. E i bambini che hanno solo un padre non sono bambini perché un uomo da solo può fare un robot. Ma non può fare bambini”. Passato alla Camera c’è da chiedersi quanti uomini veri, tutti d’un pezzo si nascondano nel nostro Senato trincerati dietro un furbesco e ipocrita: non c’è spazio, abbiamo altre priorità, figurarsi se perdiamo tempo per qualche ragazzotto/a-adulto/a scazzottato, schernito, umiliato, annientato e altri participi.
Che comunque ci sia bisogno di queste leggi vuol dire che il cammino della civiltà ne deve ancora fare di strada.
Due titoli di Repubblica di oggi:
1) Il ddl Zan non ha più voti
2) Un “sistema marcio” in Vaticano
Inutile approfondire. Chi ha orecchi intenda. Solo per dimostrare cosa sia e quale siano ruolo e potere della Chiesa in Italia. Affari e compravendita di voti.
Di Renzi poi, pur ricordando che le Unioni civili sono state una conquista del suo Governo, è meglio non dire. O magari è giusto ricordare che si trova in buona compagnia di ungheresi e polacchi. Col plauso di Salvini e Meloni. Del resto uno capace di far cadere governi che fatica volete che faccia ad affossare una legge?
Condivido
Il PD Cremasco che sgomitava per farsi fotografare con il Segretario tanto giovane e svelto, il Rottamatore toscano che tuittava veloce, viveva sobrio a Pontassieve, il boy-scout che citava La Pira, che aveva tappezzato Firenze con lui in bicicletta: il volto nuovo, fresco, un po’ pacioccone, tanto amichevole da bravo cristiano: però moderno, con la moglie insegnante, tecnologico e con piglio decisionista: e i militanti del PD, quasi tutti, ad applaudirlo, il Matteo Renzi, che prima di far il sindaco non si capisce qual’era il suo mestiere nella ditta del padre. Un giovanotto che c’entra niente con il socialismo, di ieri e di oggi. Ambizioso come pochi. Per la sinistra politica, una figura rovinosa, fin peggio della volpe del Tavoliere, Massimo D’Alema.
Non avevo dubbi che avrebbe fatto saltare il tavolo, l’approvazione del ddl Zan, rimangiandosi il primo voto. Ricordo di aver scritto, quando Renzi fu eletto segretario del PD, che solo un partito senza vergogna, senza intelligenza, senza carattere si faceva fregare da un segretario che non aveva nulla dell’ex PCI: bastava guardarlo in faccia.
Gli errori si pagano.
E’ si, amici miei, ergo: “con/moltiplico”, con/Ivano, con/Adriano e con/Marino e, devo dire che mi fa pure piacere assai!
Marino, ho scoperto con raccapriccio (fb a volte riesuma post “datati” assai) che al tempo della “prima Leopolda” mi schierai con entusiasmo a favore di Renzi, era il nuovo che avanzava!
Per il vero ci cascò a ….piedi giunti, o quasi, anche, addirittura l’Alberto Damilano che “….. Scrissi sul mio blog che era un errore ironizzare sui rottamatori, termine che in quel momento Renzi sembrava più subire che cavalcare. E che da Firenze poteva cominciare una rivoluzione democratica, come quella partita esattamente quarant’anni prima, nel 1970, quando Francois Mitterand diventò segretario dei socialisti francesi mettendo le basi della rivincita della gauche…..”!
Si, certo reinquadrando il contesto, a ripensarci: Gianfranco Fini a Bastia Umbra fonda Futuro e ordina le dimissioni dei suoi ministri, Nichi Vendola fonda Sel, a Firenze, per di più, e si candida a guidare la sinistra. E Massimo D’Alema in quelle settimane, riservatamente, chiede a Mario Monti di candidarsi a premier per il centrosinistra.
La coppia Renzi-Civati dava e toglieva la parola. Si capiva che da lì passava il futuro, anche se eravamo tutti distratti dalla resa dei conti interna al centrodestra di governo, la sinistra seguiva lo scontro tra Berlusconi e Fini !
Preistoria è?
No, solo un decina d’anno fa, era il novembre 2010!
Eppoi arrivò lo tsunami 5*!
Con quei precedenti!
Come dire? …….todo cambia!
I mea culpa sono sempre onesti, salutari. Discussi molto ai tempi con un amico che salutava l’arrivo di Renzi come l’inizio di un nuovo corso, nonostante tentativi non riusciti, non come a Di Maio, di rottamare la Costituzione. Io ho nutrito sin da subito un’antipatia viscerale nei confronti del personaggio, suffragata poi da tutti gli errori commessi, a parte le Unioni civili, che però ora, altre sfumature, rischia di mandare simbolicamente affanculo. Non che io sia bravo, ma che il suo ego smisurato saltasse subito agli occhi fu da subito evidente come sua cifra stilistica. La coerenza poi, già, forse nel caso di Renzi va cercata altrove, nelle interviste ai sultani e nella caduta di un Governo. Rispetto ai casini familiari, non per dire che le colpe dei padri debbano cadere sui figli, non sono aggiornato.
Mi appresto tra un paio d’ore alla somministrazione della seconda dose di Astra Zeneca. Non è che qualcuno nel frattempo trova un vaccino anche anti Renzi?
Non sono un indovino che le imbrocca, non un esperto di politica pratica, nemmeno di teoria politica. Ho già scritto che il liberismo, le privatizzazioni, lo sdoganamento del vantarsi nell’arricchirsi di denari, aveva infettato la socialdemocrazia europea. Tutta. Spagna, Francia, Regno Unito, Italia. Nel Belpaese cominciò Veltroni che baipasso’ il socialismo democratico e la sua grande e nobile storia (che in Italia finisce sempre nel cesso, prima o poi, come tutti gli slanci, i partiti, i buoni propositi politici), per approdare al Partito Democratico all’americana. Veltroni scriveva di tv e cinema su “Rinascita”; figlio di un parlamentare; fini’ per comperare un’appartamentino piccolo piccolo, disse, per la figlia tanto brava, non lontano dal Central Park di New York, lei studentessa di cinema, lui papa’ giustamente premuroso che non voleva che lei dormisse con altre persone, in case collettive. Basta collettivismo: ora tira l’individualismo. Tirano le palanche anche a sinistra.
Poi, arrivo’ D’Alema, figlio di un parlamentare; intelligente; con alta considerazione di sé e pochissima considerazione del buon giornalismo; togliattiano; una sciagura, fu D’Alema, per l’ex Partito di Pio La Torre. Si fece abbindolare anche da Berlusconi, che in fatto d’astuzia pochi gli stanno davanti. Luigi Pintor, fratello di Giaime, con un figlio (anche lui Giaime, ex direttore di “Muzak”, rivista di musica: entrambi i Gaime morti tragicamente: il primo a soli 24 anni poco prima della fine della guerra partigiana; il secondo Giaime, figlio di Luigi, suicidatosi, tossicodipendente); dicevo: Luigi Pintor chiamò D’Alema “la volpe del Tavoliere”, appunto perché non ne imbroccava una, in politica.
Segue.
Apprezzo la tua sincerità, Francesco. Non tutti quelli che hanno approvato, anche con discreto entusiasmo l’arrivo alla segreteria del PD (come Michele Serra, Corrado Augias) oggi lo ricordano e si schiaffeggiano pubblicamente. Fanno conto sulla smemoria nostra: che non ci manca la smemoria, la dimenticanza degli errori. Ne andiamo fieri. E passiamo a pontificare di nuovo.
Anch’io fui felice quando Mitterand e il PS francese andò al potere. La verità era che Mitterand era un uomo superbo, con molte ombre durante la guerra d’Algeria (Raphaelle Branche “La tortute et l’armee pendant la guerre d’Algerie 1954-1962”, Gallimard, 2001); che piazzava cimici sotto il tavolo dei suoi oppositori anche socialisti.
Il leaderismo decisionista era ormai diventato un mantra della politica. Ma si capiva da subito chi era Matteo Renzi. Svelto di parlantina, era conosciuto a Firenze come un’amministratore dal piglio autoritario, che a parte la politica, non si capiva che mestiere altro conosceva. Ignorò Berlusconi e i suoi processi, come se quelle faccende fossero quisquilie, e pareva già da subito, il nuovo segretario, il Rottamatore, molto innamorato del suo discorsario. Un feeling importante con la dirigenza Fiat e nessun feeling, anzi, il detestare proprio una figura come Maurizio Landini trattato come un tupamaros. Si capiva fin dall’inizio che Renzi era un liberale a suo agio con gli imprenditori e non con i lavoratori dipendenti, e i poveracci. Fu una follia la sua elezione a segretario di un partito che avrebbe dovuto abete ancira in cassafirte due soldi da soendere a sinistra.
Renzi e’ figlio dei partiti personali, che sono tutti un’errore. Finiscono peggio degli altri partiti. Resiste la Lega perché si è radicata e ha saputo girar la frittata diventando nazionalista. Resistono gli ex fascisti perché sono l’autobiografia della nazione. Se posso permettermi, Francesco, fai attenzione all’entusiasmo. In Italia, è sprecato. I repubblicani di Ugo La Malfa, furono sepolti dal figlio Giorgio; come gli azionisti, furono snobbati perché troppo intellettuali, e perche’ volevano cambiare gli italiani, come se si potesse riuscirci. Di Pietro doveva insegnare a Castellanza, invece si fece soppraffare dal suo ego. La sua entrata in politica fu un brutto errore. E ora gli amici di Grillo. Il galantuomo Conte. Si finisce sempre per fare gli stessi errori. Forse, non s’impara mai dagli errori.
Chiedo scusa degli errori di battitura. Anche un verbo, coniugato male
Siamo andati discretamente ….fuori tema, anche per colpa mia, peto veniam!
Ritorniamo nei ranghi.
Anche se questo ddl oramai, con la politica/partitica, ha davvero parecchio a che fare!
Quindi il “fuori tema” è solo da ….matita rossa (ops!).
Se non passasse sarebbe il solito regalo alla Chiesa che non passa mai di moda. Eh già, sono un sacco di voti.
L’astuzia della Lega, di Salvini, che parla del Santo Padre per puro opportunismo politico, mi ricordano le vecchie abitudini dei fascisti, oggi falsomoderati, che nella sessualità, a porte chiuse ne facevano di tutti i colori, ma che pubblicamente difendevano e difendono “i valori tradizionali”. Mala gente que camina / y va apestando la tierra. La poesia di Antonio Machado dice tutto ciò che serve.
“József Szájer, secondo quanto riportato dai media belgi, alla vista degli agenti ha tentato la fuga ferendosi a una grondaia. Raggiunto, avrebbe anche invocato l’immunità parlamentare prima di iniziare a collaborare con le forze dell’ordine: “Non ho assunto droghe”, ha specificato in un comunicato. E in Ungheria si sottolinea come la notizia crei imbarazzo tra i vertici di Fidesz, visto che l’europarlamentare era un sostenitore della cosiddetta “famiglia tradizionale”.
Si parla di una festa tra soli uomini. Era il dicembre scorso
“Un’orgia clandestina a base di alcol e droga, in violazione delle restrizioni sul Covid. È scandalo a luci rosse a Bruxelles dopo che la polizia ha fatto irruzione al primo piano di un bar in Rue des Pierres, a pochi metri dalla centralissima Grand Place, e ha scoperto un festino a luci rosse al quale stavano prendendo parte 25 persone, “principalmente uomini”, tra cui anche l’eurodeputato di Fidesz, il partito del primo ministro ungherese Viktor Orban, József Szájer.
Non sto a dilungarmi, ma vorrei ricordare anche il caso di Haider, della destra austriaca, con agganci con l’estrema destra europea, che la notte dell’incidente automobilistico in cui morì, veniva da una serata in un locale gay.
Da Wikipedia: “Poco dopo la morte, cominciarono a susseguirsi voci su una presunta omosessualità di Haider. In particolare, Stefan Petzner, designato dallo stesso Haider come successore alla presidenza dell’FPÖ, definì il suo rapporto con Haider come qualcosa che “andava ben oltre la semplice amicizia”.[26] Petzner lo definì anche come “l’uomo della sua vita” (Lebensmensch in lingua tedesca, un termine che può implicare sia una relazione intima, sia il rapporto che si instaura tra mentore e allievo). L’Associated Press riporta il commento di Petzner in maniera seguente: “Io e Jörg eravamo connessi da qualcosa di veramente speciale. Era l’uomo della mia vita, gli volevo bene, era il mio migliore amico”. Le dichiarazioni di Petzner, in ogni caso, rinvigorirono le dicerie sulla presunta omosessualità di Haider. Il politico austriaco, infatti, già un decennio prima era stato criticato per essersi circondato di giovani uomini all’interno del partito, che veniva infatti definito “Il partito dei ragazzi di Haider”.
“Haider aveva passato la sera ad una festa in discoteca a Velden organizzata per presentare una nuova rivista, dopo fu visto in un locale per gay a Klagenfurt. Era ubriaco, aveva nel sangue un tasso alcolico di 1,8 grammi/litro (il limite di legge austriaco è di 0,5)”
VIZI PRIVATI E PUBBLICHE VIRTU’.
Io sarei molto più categorico: quanto previsto in natura, almeno per i mammiferi, è naturale, sia pur con la differente impostazione umana di trasformare comportamenti sussidiari (ma come fanno marinai…) e rituali (il perdente sodomizzato) in specializzazioni di prima scelta. E siccome ciò è dovuto proprio alla pressione sociale è civiltà cambiar pagina, senza tanti distinguo e in tutti gli aspetti del problema. Fra l’altro lo richiede la natura pressantemente.
Mi piace.
Io credo che, alla base, quando si tratta di AMORE certi distinguo formali non hanno ragione alcuna di esistere.