Tutto nasce da Scanzi il cazzaro, quello vaccinato prima perchè care giver dell’attivissimo padre Orso Grigio, che recuperato dalla Gruber dichiara che da trecento anni la destra non esprime un intellettuale, suscitando le ire di Sgarbi, Feltri e altri. Non nutrendo nessuna simpatia per il personaggio, e forse neppure per il suo giornale, scusa Francesco, recupero questi elenchi, domandandomi se corrisponda al vero una classificazione massimalista che forse meriterebbe qualche distinguo. In verità non conosco, se non per sentito dire tanti dei nomi che seguiranno se non perchè entrati nell’immaginario e memoria collettiva anche senza approfondimenti. E buona cosa sarebbe analizzarne uno per uno, lavoro improbo che comporterebbe conoscenze che non ho se non smanettando in internet per settimane.
Gioco facile sarebbe liquidare tutto ricordando che Thomas Mann scappò dalla Germania nazista e che Hemingway amava la caccia, che di fatto piace più a destra che sinistra, che Cioran si martellava le palle tutto il giorno e che così preso da sè non so fino a che punto si interessasse di politica. Non dimenticando i russi che pur di sfuggire alle purghe comuniste hanno fatto benissimo a denunciarne le malefatte che però non è sufficiente per classificarli di destra.
Ecco, copia e incolla, gli elenchi:
L’elenco di Raboni del 2002 sulla cultura di destra.
“Troppo facile, a questo punto, riprendere il famoso elenco stilato dal poeta Giovanni Raboni nel 2002 sul Corriere della sera per dimostrare che tutta la grande cultura del Novecento non appartiene alla sinistra. Lo fa Il Giornale replicando a Scanzi: «Nel mondo: Barrès, Benn, Bloy, Borges, Céline, Cioran, Claudel, Drieu La Rochelle, T. S. Eliot, E. M. Forster, Hamsun, Hesse, Ionesco, Jouhandeau, Jünger, Thomas Mann, Mauriac, Maurras, Montherlant, Nabokov, Pound, W. B. Yeats. In Italia: Croce, D’Annunzio, Carlo Emilio Gadda, Landolfi, Marinetti, Montale, Palazzeschi, Papini, Pirandello, Prezzolini, Tomasi di Lampedusa. Transfughi. A parte, dai nomi sopra indicati, vanno ricordati i transfughi dalla sinistra: Auden, Gide, Hemingway, Koestler, Malraux, Orwell. E in Italia: Silone, Vittorini. Perseguitati: sono i grandi perseguitati da Stalin, impossibile dire quali sarebbero state le loro convinzioni e vicende politiche se il destino li avesse fatti vivere altrove: Babel’, Brodskij, Bulgakov, Cvetaeva, Mandel’stam, Pasternak, Solzenicyn”
“E Alessandro Gnocchi sempre sul Giornale ricorda anche, “tra gli italiani, Berto, Bettiza, Buscaroli, Cattabiani, De Felice, Delfini, Del Noce, Isotta, Longanesi, Malaparte, Matteucci, Piovene, Ricossa, Romeo, Ungaretti .”
“E gli stranieri? Sono tantissimi. Chateaubriand, De Maistre, Donoso Cortés, Finkielkraut, Friedman, Heidegger, Houellebecq, Hayek, Hoppe, Mises, Douglas Murray, Philippe Muray, Popper, Rand, Rothbard, Salamov, Scruton, Vogelin“.
A conclusione copio Renato Farina, altra voce utile ad una eventuale discussione. Se avrete la pazienza di leggermi. In verità non mi leggerei neppure io, ma una sintesi avrebbe portato troppi/ pochi – ossimoro – elementi.
Renato Farina:
“Guarda un po’ che altezza di dibattito ha prodotto il Concertone dei sindacati. Andrea Scanzi da Lilli Gruber ( 8e½ su La7, 3 maggio) interviene su Fedez e dintorni con questa possente affermazione, del tipo che non ammette repliche. Il Mosè della cultura d’Italia tira in testa a Francesco Borgonovo le sue tavole delle leggi divine: «Prima hai detto: manca sempre un cantante di destra in questi contesti del primo maggio. Ti do una notizia, non ci sono! Il vostro grande problema sul politically correct e sulla cultura è che vi sentite inferiori perché non avete uno straccio di intellettuale da 300 anni. Siete costretti a brandire Sgarbi, Vittorio Feltri e Povia. Siete messi male».
Qui lasciamo perdere i tre citati, i cui primi due – del terzo non conosco le doti dialettiche – se lo mangerebbero in insalata, mi permetto alcune rispettose osservazioni, obbedendo al catechismo di San Pio X (notoriamente di destra) che considera opera di misericordia spirituale «istruire gli ignoranti» ma anche «sopportare con pazienza le persone moleste». 1 – Il pulpito da cui parla Scanzi è quello dell’autore di best-seller, che hanno venduto parecchio, appena un po’ meno di Francesco Totti. A qualificarlo a sinistra come indiscusso vate è l’uso reiterato del termine «cazzaro» che è un po’ il suo marchio di fabbrica. L’uomo non sa neppure che il termine «cazzaro» fu meravigliosamente introdotto nella cultura italiana dal popolo romano anticomunista. Carlo Tullio Argan era in quel 1984 (meno di trecento anni fa) sindaco comunista dell’Urbe. Era il più celebrato storico dell’arte marxista del secolo, caposcuola dominatore delle università. A quel tempo alcuni studenti di Livorno organizzarono una memorabile burla culturale (di destra). Buttarono nel Fosso Mediceo, dopo averle modellate con il Black & Decker, sculture riproducenti i lunghi colli di Amedeo Modigliani. Furono ripescati. Argan si pronunciò: «Le teste sono certamente del Maestro!». Quando la beffa fu rivelata apparve una gigantesca scritta sui muri di Roma: «ARGAN CAZZARO». La cultura di destra è questa roba qui, sul versante popolare. E Scanzi dovrebbe versarle un obolo, ma che ne sa?
2 – Capiamo che è l’enfasi a trascinarlo. Credendosi autore di satira, si ritiene autorizzato a sostenere che l’intera cultura dell’età moderna sia assimilabile a un concetto che trecento anni fa non esisteva ancora, cioè la divisione del mondo in destra e sinistra, nata dopo la Rivoluzione francese. Ci sono realtà che balzano fuori dallo schema. Semplicemente ci sono artisti e filosofi, scienziati e musicisti, che evocando bellezza e verità, si sono prestati a essere amati o ammirati o criticati, ma sempre imparando, da destra e da sinistra. Nessuna opera del genio è mai assoggettabile al timbro della destra o della sinistra. Anzi i capolavori hanno vita propria.
La Madonna Sistina di Raffaello ha incantato gli opposti, Goethe e Dostoevskij, i giovani di Hitler a Dresda e i pionieri comunisti a Mosca. Beethoven è di sinistra e Wagner di destra? Kant di sinistra e Hegel di destra? Ma dai. È vero, non ho citato italiani. Il grande Silvio Pellico, uno degli autori più tradotti e venduti al mondo con Le mie prigioni. Essendo un cattolico a tutto tondo, fin quasi al bigottismo il suo essere un martire del risorgimento gli ha meritato un vergognoso occultamento nelle celebrazioni dei 150 anni dell’Unità d’Italia. E siamo al punto. Uno come Scanzi non lo sa, perché si è bevuto il bottiglione di spuma culturale da quattro soldi fornito dai padroni delle università, case editrici, scuole di giornalismo del dopoguerra. Ciò che non è assimilabile alla sinistra non esiste, non può esistere.
O viene marchiato come volgare, salvo poi essere resuscitato come roba di sinistra occultata. Esempio? Totò, principe di Costantinopoli, che si vantava di esserlo. 3 – Fermiamoci, prima di arrivare al presente, all’ultimo secolo. Il Novecento. Prima del fascismo. Ma anche durante il Ventennio mussoliniano: in conformità con esso, oppure in dissenso, ma sempre in opposizione alla sinistra. Le poesie rabbiose e scarlatte di Marinetti e il suo futurismo sono quanto di più scorretto esista, ma anche di una destra progressista, o no? Gabriele D’Annunzio e i due Nobel per la letteratura del Novecento, cioè Luigi Pirandello e Grazia Deledda, difficilmente sono collocabili lontano dalla destra. La grandissima poetessa Ada Negri, che ha avuto il torto, a differenza di Giuseppe Ungaretti, di morire nel 1945 ma prima della liberazione.
Come si fa a parlare così cretinamente? E dove lo mettiamo Giuseppe Prezzolini, protagonista assoluto della cultura italiana. Uomo di destra, conservatore, persino arditamente reazionario, ma totalmente geniale, costretto a navigare lontano dai porti delle grandi case editrici, e solo valorizzato quand’era ormai centenario, mentre se ne stava non a caso in esilio a Lugano. I suoi colleghi Giovanni Papini e Domenico Giuliotti, a sua differenza, si convertirono al Vangelo, furono tutto meno che fascisti, ma catalogabili in quel cattolicesimo colto e ruvido, francamente poco politicamente corretto. Tanto che li hanno dimenticati, e la nouvelle vague di vescovi e teologi li osteggia.
Giuliotti scrisse: «Non indulgo alle mezze tinte. O bianco o nero; o sì o no. Chi dice: forse, mi ripugna. Ecco perché il mio stile non rifugge dalle espressioni più volgari: non posso chiamar cigno un porco, né lo sterco ambrosia». Potrebbero essere tradotte in linguaggio del XXI secolo da Feltri: stesso concetto. Sparito. Ucciso dalla cultura dominante. 4 – Capitolo a parte, che risolvo ed esaurisco con un nome e cognome: Giovannino Guareschi. 5 – E Giovanni Testori? Fu attaccato e quasi impalato dall’Espresso e dai circoli consimili perché furiosamente attaccò la cultura dominante di quel tempo. Lo fece sul Corriere della Sera con «Il marxismo non ha il suo latino». Mi avrebbe fulminato se lo avessi definito e mi tirerebbe i piedi stanotte se osassi accostarlo alla destra, anarchico com’ era.
Ma nel 1982 osò elogiare il sindaco di Milano Carlo Tognoli perché promosse una stupefacente mostra rompendo un tabù. Riconobbe per primo che furono artisti grandissimi i Mario Sironi, proprio nelle opere più fasciste, con i suoi affreschi magniloquenti di simboli duceschi. Non solo in quelle ovvio. Riconobbe che il fascismo covò la narrativa, da Riccardo Bacchelli a Mario Soldati, la scultura, l’architettura (con lo splendido razionalismo della Stazione Centrale), il cinema.
Nel gennaio del 2020, coraggiosamente Maurizio Cecchetti su Avvenire (diretto da Marco Tarquinio) osò elogiare e denunciare. «Oggi sappiamo – per esempio riguardo all’Italia sotto il fascismo -, che la cultura, anche al soldo del regime, produsse anche cose pregevoli e questa “contraddizione” è stata ampiamente studiata negli ultimi quarant’ anni, superando le censure ideologiche. Dalla mostra sugli Anni Trenta tenutasi a Milano nel 1982 fino a quella allestita da Germano Celant alla Fondazione Prada nel 2018 (Post Zang Tumb Tuuum. Art Life Politics: Italia 1918-1943) è assodato che il nostro Paese fu in Europa quello di punta per l’arte tra le due guerre». Ma come ha cantato Francesco De Gregori, «Tutto questo Alice Scanzi non lo sa», il quale magari è di sinistra, ma lo sa chiunque abbia studiato un minimo filosofia o economia o storia deviando dai manuali. Benedetto Croce, Giovanni Gentile, Augusto Del Noce, Adriano Bausola, Cornelio Fabro, Renzo De Felice: correnti diverse, liberali, fascisti, cattolici, ma spediti ai margini. Mogol e Lucio Battisti, Bruno Lauzi nel campo della musica, e che dire di Riccardo Muti costretto a difendersi perché troppo bravo ma trattato con sussiego perché guardato con ostilità dai compagni che stonano?
6 – E oggi? Non oso catalogare a destra scrittori eccellenti, rifuggono da etichette, anche perché cercare il martirio è peccato. Ma Massimiliano Parente è politicamente scorrettissimo, ed è appena scomparso il massimo musicologo quale è stato di sicuro Paolo Isotta. Eppure scriveva anche sul Fatto e Scanzi dovrebbe sapere chi lo perseguitò e che era il miglior amico di Feltri e di Stenio Solinas (cultura di destra alla grande). Che dire poi del linciaggi cui, tra i conduttori, sono stati ripetutamente sottoposti Luca e Paolo, non solo comici e critici del costume sbrodoloso della sinistra autocelebrantesi con la Litizzetto e Fazio. Cito ancora alla rinfusa. Marcello Veneziani, Francesco Perfetti, Antonio Socci, Giuseppe Parlato. E dove lo mettiamo Aurelio Picca e che posto c’è per Paola Musu? Uffa, ho finito lo spazio. E mi scusino quelli di destra che ho dimenticato, perché è gente che sfida a duello.”
Commenti
Mirabile, e mi chiedo, io ignorante, come faccio a scrivere sulle vostre stesse pagine?
Comunque dimenticavo ivano i complimenti, perché hai centrato un tema che è un classico ma chi ti stanno dietro per cmpetenza, ma mi sa che quei pochi sono proprio in questa piazza (vuol dire che io vi sto a guardare dal campanile!)
Ivano è maiuscolo bestia, rileggi!
Ivano, sistemato, come mi avevi richiesto, il titolo del post, lo stesso è tutto da leggere qui sopra.
Ti scusi cone me perchè non nutri simpatia alcuna verso Andrea Scanzi e nemmeno verso “il Fatto Quotidiano”. Sinceramente non vedo proprio cosa ci sia di cui scusarsi.
Ho preso atto che tu preferisci documentarti, copia incolla da il “SECOLO d’Italia” (sic!) che, di fianco alla foto di Scanzi,”La perla del cazzaro Scanzi: a destra non esiste uno straccio di intellettuale da 300 anni…” ci mette la foto di Almirante “Sostieni una voce storica d’Italia”, e propaganda appunto la storica testata tanto cara al fascismo italico! Certa cartccia stampata e non, non l’ho mai considerata leggibile in vita mia!
Casualmente ho visto la puntata di “8 e mezzo” dalla quale è stata estrapolata la frase di Scanzi: era partito un contradditorio tra Andrea Scanzi, appunto, e quel “simpaticone” di Francesco Borgonovo (La Verità ……che coraggio!) e Scanzi è uscito in un “….”Voi di destra vi sentite inferiori perché non avete uno straccio di intellettuale da 300 anni, siete costretti a brandire Sgarbi, Vittorio Feltri e Povia….”, che, nel contesto, mi era parso più che condividibile!https://www.la7.it/otto-e-mezzo/video/scanzi-furioso-con-borgonovo-voi-di-destra-vi-sentite-inferiori-perche-non-avete-uno-straccio-di-03-05-2021-379039
Dopodiche, altro mio tempo da dedicare ad uno scazzo tra Scanzi e Borgonovo, magari istigato dalla sapientemente perfida Lilly, montato poi ad arte da pseudo giornalisti che ne fanno uno scoop “de noiartri”, supportati magari da quello “scoppiato” di Sgarbi, non ne ho, è per me è morta li!
Continuo peraltro a considerare il modo di fare giornalismo del Fatto Quotidiano di Marco Travaglio e dei suoi giornalisti, probabilmente la sola testimonianza accettabile di “fatti” dalla quale attingere per farsi una proprio opinine che non sia figlia delle “parole d’ordine” imposte dagli editori dei “giornaloni” ai propri giornalisti, a disposizione della ….”voce del padrone”!
Adriano, non attribuirmi meriti che non ho. Ha semplicemente lanciato un tema di cui molti si sono occupati in questi giorni e che mi ha sempre interessato, dopo aver assistito da quando sono nato ad accaparramenti spesso disonesti da una parte e dall’altra. Pasolini che difendeva i poliziotti era di destra o di sinistra? Mi pare di ricordare che quelle dichiarazioni fecero piacere ad una certa destra. Certamente se vedo i lavori di Sironi subito saltano all’occhio i suoi miti, come li vedo nel Futurismo tutto, ma di alcuni nutro serie perplessità. Hesse classificato di destra forse era antiamericano, antisovietico, ma era anche antimilitarista, pacifista, magari con una vena di nazionalismo, pur con la sua attenzione ad altre culture e civiltà. E in Svizzera ospitò e aiutò molti in fuga dal Terzo Reich, che non vuol dire essere automaticamente di sinistra, ma neppure così convintamente di destra. Caro Adriano, ho semplicemente attinto da vari fonti, il virgolettato, e addirittura copiato per intero un intervento di Farina.
Quindi consideriamo questo mio post una richiesta di aiuto per fare chiarezza nella mia ignoranza, nei miei preconcetti e contraddizioni.
All’intervento neanche un pò di parte, nient’affatto ideologico di Francesco, dedicherò altro spazio, magari accennando alla difesa di Grillo e di quel bravo ragazzo di suo figlio Ciro, difeso da Travaglio che dice in televisione che è “Grottesco dire che Grillo ha politicizzato il processo al figlio” come se non sapesse che Grillo è anche un capo politico, non solo un padre, e la conseguenza va da sè.
“si è bevuto il bottiglione di spuma…” mi ricorda un quadro che mi aveva attribuito Pasini in un bar… ma che è una specie di idée fixe? “un fantasma si aggira nelle lande della gauche crémasque, il fantasma della spuma…”
Sì, un’idea fissa, e lasciando stare i morti chiedersi chi ha costruito l’Italia e l’Europa, dall’ultima guerra in poi non mi sembrerebbe sbagliato, e sulla scia del già elencato credo che gli intellettuali e gli artisti ci abbiano messo del loro. Che poi servano ancora e quale sia il loro contributo alla contemporaneità sarebbe altro discorso. In verità credo che ce ne siano ancora, ma nell’epoca del disimpegno, si dice così, credo che abbiano perso il loro ruolo. Meglio gli influencer.
Andrea Scanzi è uno che liscia il pelo ai suoi fedelissimi in Rete, occupandosi di trenta fascisti che fanno il saluto romano al cimitero di Cremona, il feudo nero di Roberto Farinacci, e dove pure un familiare di Farinacci, tra le tombe, si è sparato, con un fucile. I fedelissimi hanno risposto in massa al blog du Scanzi. L’importante è galvanizzare i fedeli, che la popolarità bisogna tenerla alimentata. Forse, oggi, funziona così.
Non ho capito niente di un commento di Pietro Carra, che cita un Pasini, forse non io, ma il noto sessuologo svizzero, Willy Pasini, di cui, purtroppo, non sono parente.
A proposito di intellettuali, la polemica innescata da Andrea Scanzi è stupida. E ho letto un fracco di nomi giudicati di destra, da chi? Stilare elenchi solo un cretino può farlo.
Ma capisco che l’argomento, quasi calcistico, diverte la tifoseria. Vedo che si sono dimenticati George Simenon, belga, antisemita da giovane; da adulto, diceva di essere un liberalconservatore. E lo era. Ma era uno scrittore unico. Straordinario.
Georges Simenon, questo il nome corretto. Era di Liegi, che li’ la pioggia è gratis. È tanta. Simenon ne ricorda così tanta, di pioggia, di tetti sgocciolanti, cappotti fradici, che trasuda in tante sue storie. Non era un intellettuale, perché gli intellettuali lo annoiavano, i quali però lo leggevano. Ho ascoltato tante persone a riempirsi la bocca con la parola “popolo”: Salvini, Meloni, Marine Le Pen.Persino un partitino che si chiamava “Potere al popolo”. Nessuno meglio di Simenon ha saputo raccontare il popolo francese.
L’intellettuale chi è? Per farla breve: l’intellettuale è essenzialmente un moralista.
Ci sono intellettuali che sono narratori, poeti, artisti. Ma ci sono artisti, poeti, narratori che “intellettuali” non lo sono. Pasolini, Pavese erano entrambe le cose. Simenon non era un intellettuale. Non è un caso, che in Italia il termine “moralista” suscita ilarità, o peggio di questo, suscita anche sorrisi di scherno. Perché? La propensione all’illegalità, scrive Stefano Rodotà nel suo “Elogio del moralismo”, appartiene a un invincibile carattere degli italiani; quindi, a che serve parlare di morale, con gente così quali siamo?
C’è chi crea elenchi di intellettuali di sinistra e di destra. E si fa confusione. Si mette nello stesso fascio, fascisti e conservatori da una parte; stalinisti, comunisti, socialdemocratici, repubblicani, Pio La Torre, e i radical-chic ricchi di famiglia, dall’altra.
Poi, ci sono i periodi storici. Negli anni Venti e Trenta del Novecento, in Germania e in Austria gli intellettuali antisemiti erano tantissimi, sui giornali, nelle università. “Si poteva (poi) essere giovani, nel 1947, senza essere comunisti in quell’epoca?” Scrive Saul Friedlander in “A poco a poco il ricordo”. Non si poteva non essere comunisti, se si era giovani, nel 1947. Naturalmente c’erano le eccezioni. Come non poteva non essere comunista Arthur Koestler, ebreo, ungherese, scrittore, giornalista anche di scienza, morto suicida, ficcato nell’elenco degli intellettuali di destra da un imbecille che conosce Koestler come io conosco le regole del baseball.
Mi scuso, se intervengono ancora. Andrea Scanzi, come ho detto tempo fa, e’ un tipo sveglio, ha la parlantina svelta che in televisione funziona, ma facendo cosi, parlando a raffica si rischia, poi, di raccontare anche scemenze. Non si può dire “che sono trecento anni” (anche cento) che la destra politica fatica ad avere intellettuali, di peso, nel suo carnet. Negli anni del Novecento che il fascismo prendeva piede in tutta Europa, in Italia, Spagna, persino in Gran Bretagna, gli intellettuali che si dicevano di destra, e simpatizzavano anche per il fascismo erano legioni. Ne ha scritto Mirella Serri in “I Redenti. Gli intellettuali che vissero due volte. 1938-1948”, ed. Corbaccio,2005.
Anche parecchi intellettuali, giornalisti negli USA negli anni Trenta erano entusiasti di Mussolini, come riferisce un saggio che ho letto online su “Boston Review”, Gli americani che abbracciarono le idee di Mussolini.(The Americans Who Embraced Mussolini), e che è una recensione a un saggio pubblicato negli Stati Uniti, da Katy Hull “The Machine Has a Soul: American Sympathy with Italian Fascism”.
Ammettiamo anche che negli elenchi ci sia attendibilità, e visto che la Destra continua a rompere i coglioni con l’egemonia culturale della Sinistra , editoria, stampa, televisioni, perché continua a tenere i suoi intellettuali in formalina e a venerarli come santini invece di una bella e credibile declinazione? Colpa della sinistra? Non credo, e non si dia neppure la colpa al disastro del fascismo, perché di tempo ne è passato parecchio. Una Destra moderata avrebbe avuto tutto il tempo per riscattarsi e magari imporsi. Magari non con l’autobiografia della Meloni, con altre fonti forse. O manca qualcosa?
A proposito di intellettuali, magari inattuali, Patrizia de Capua cita nel suo ultimo libro un pensiero di Rovelli che copio testualmente: ” è sempre dagli altri che si impara, dal diverso. Nonostante millenni di dialogo ininterrotto, Oriente e Occidente hanno forse ancora cose da dirsi. Come nei migliori matrimoni.” A parte appunto l’inattualità del suo pensiero, come se viaggiassimo ancora lungo la via della seta o del sale quando indubbiamente gli scambi e arricchimenti culturali erano ben visti, nell’economia di allora, sia chiaro, ora l’osservazione empirica della globalizzazione di questi decenni mi pare che porti ad escludere che questi scambi siano ancora possibili, se non auspicabili. Per dire cosa? Per dire che i momenti storici richiedono domande e risposte in continuo aggiornamento perchè niente è per sempre. Le cultura, se non quelle fossilizzate nei musei, hanno sempre seguito un’evoluzione e i miti, falsi e veri che siano, hanno finito per somigliarsi tutti. Ammettiamo pure che le masse migranti siano una minoranza e dettate oltre che dalle guerre, dalle dittature e dalla fame anche da ragioni culturali, che vuol dire magari riconoscere altri valori. A parte i fanatici che arrivano qui perspararci addosso. Dal primo fenomeno immigratorio, dall’Albania ad esempio, irretiti tutti dai lustrini delle televisioni occidentali tali da far credere che un vetro fosse un diamante, a me pare che ormai l’orientamento culturale sia chiarissimo a tutti, anche per gli orientalisti nostalgici, che vedono appunto nell’immigrazione la ricerca di modelli che altre culture non offrono più. Per dire ancora che un’economia globalizzata sta massificando culturalmente un mondo uguale dappertutto. Quindi quali sarebbero gli scambi possibili di cui parla Rovelli? Qual è il compito di un intellettuale? Inseguire fenomeni mai andati oltre effimere mode di moda come alcuni alcuni anni fa, yoga ed altri esotismi, o calarsi in un presente che di spunti di riflessione ne offre a iosa? Un presente appunto in continua evoluzione sociale, culturale, economica che rende tutti uguali a tutte le latitudini? Certamente. Patrizia cita, qualche riga prima, il mito della razza, ma secondo me dimenticando che azzerare le differenze economiche forse sarebbe l’unico modo per azzerare anche le differenze etniche. I palestinesi cacciati in questi giorni da Gerusalemme non sono forse l’esempio che le differenze economiche, loro poveri e gli israeliani ricchi, non sono ancora una volta la constatazione che è solo l’economia che fa la differenza? E da lì superiorità o inferiorità delle etnie o religioni tra di loro. Parliamoci chiaro, quali insegnamenti potremmo ancora trarre dalla cultura araba, cinese o indiana quando anche per loro i modelli siamo noi? Nessuno stupore quindi nell’omogeneizzazione di tutte le culture o certamente solo quello che i ricchi occidentali provavano vedendo arrivare sete intessute d’oro o maioliche bianche e blu così da dare inizio alla private collezioni museali ante litteram. Ma anche quei tempi sono finiti. Scusate la brutalità.Insomma, Rovelli sarà anche di sinistra, ma come ideologo forse è inattuale.
Viviana mi dà dell’ignorante, mi dice che la mia preparazione/informazione è basica e superficiale, che si aspetterebbe magari da un leghista, ma non da me. Dice che se legge un filosofo arabo il suo pensiero potrebbe servire benissimo anche a noi e che un contadino del Sudan non ha i miti dei lustrini, ha solo fame. Mi dice anche che i leghisti, così attaccati alle loro tradizioni, tollerano giusto le loro, senza riconoscere che altri popoli con dispiacere lasciano le loro terre. Solo cause di forza maggiore ci costringerebbero a lasciare la polenta e la grappa. Quindi non è vero che questa cultura globalizzata sarebbe una soluzione. Chi ha ragione? E siccome Viviana è un intellettuale, non io, mi cita anche La meditation 17 di John Donn che scrive: “Nessun umano è un’isola, intero in se stesso, ognuno è un pezzo di un continente, una parte del tutto. Se una zolla è lavata via dal mare, l’Europa si fa più piccola, come se fosse sparito un promontorio, o il maniero di un tuo amico,o la tua stassa dimora. La morte di ogni uomo mi diminuisce, perchè io sono coinvolto nell’Umanità. E dunque non cercare mai di sapere per chi suona la campana, essa suona per te.”
Naturalmente da me è seguita la solita alzata di spalle liquidando il tutto con un sonoro “che palle questa storia del battito d’ali che sfarfalla qui e provoca un terremoto a diecimila chilometri”.
Chi ha ragione?
Scusate, non omogeneizzazione, ma omologazione.
Il testo di John Donne, e’ molto bello, citato opportunamente; è un fondamento dell’etica intellettuale, è anche fratello dello storicismo di Benedetto Croce. È stato l’Antistoricismo, ad avere generato la crisi europea nei anni Venti del Novecento. “La vita e la realtà è storia e nient’altro che storia”, diceva Benedetto Croce. Quando suona la campana, suona per te.
“Per chi suona la campana” di Ernest Hemingway fu un famoso romanzo, pubblicato nel 1940, che aveva come epigrafe la frase scritta da John Donne. Poi, come sempre, una cosa sono le parole, i dettati, le teorie, le promesse, i proponimenti, un’altra faccenda, meno edificante, sono i comportamenti. I nostri. Anche di chi si fa portavoce di un’epigrafe cosi suggestiva. Hemingway era anche “fanfarron y jovial”; con continue soste alcoliche all’hotel Florida, durante la guerra di Spagna; continui dissapori con lo scrittore John Dos Passos che non sopportava le spacconate di Hemingway che, mentre poveri contadini soffrivano e morivano, lui era spesso alticcio, “lleno de bonhomia visceral”. Molte sono le critiche documentate alle “fanfaronate” dell’autore di “Per chi suona la campana”, contenute nel saggio “Idealistas bajo las balas”(Idealisti sotto le pallottole) del più importante storico della guerra di Spagna, il britannico Paul Preston.
Non riesco proprio ad appassionarmi a questo “rovistamento storico” per mettere in luce “intellettuoli doc” di destra.
Mi appassiona assai invece seguire l’evoluzione in progress del pensiero dei nostri intellettuali, quelli dei nostri giorni.
Al proposito cito la conclusione di un bel pezzo di Massimo Cacciari (che senza dubbio “intellettuale” è!) dal titolo “Basta culto della crescita, la transizione ecologica riguarda l’atteggiamento mentale”, con il quale recensisce con grande favore il libro di Jason Hickel, “Siamo ancora in tempo! Come una nuova economia può salvare il pianeta” (Il Saggiatore), apparsa sul FQ di oggi:
“…Insomma, non è l’economia lo scoglio più difficile da superare, ma sradicare dalle menti l’idea che per esaudire i nostri bisogni e i nostri desideri sia necessario produrre merci in quantità sempre maggiore e più in fretta. La transizione ecologica riguarda prima di tutto l’atteggiamento mentale. Se riusciremo a superare l’idea di una natura avara e scarsa e a vederci invece come sua parte, allora, forse, la considereremo non solo sufficiente e bastevole, ma abbondante….”
E su questo tipo di approccio, Massimo Cacciari, mi trovo pienamente in sintonia!
Però Cacciari, lo dico non più se da garantista o giustizialista, devo riconoscere che una cantonata a confronto con Travaglio l’ha presa. Motivo del contendere era la posizione di Ciro Grillo a proposito dell’accusa di stupro. Cacciari, dando per scontata la colpevolezza é stato giustamente stoppato dal giornalista che gli ha ricordato la presunzione di innocenza contemplata dal nostro ordinamento. Lo ricordo per onestà intellettuale non nutrendo particolare simpatia per Travaglio. Cacciari non ha obiettato. Ricordo anche un altro suo intervento in uno scontro con Galli a proposito del coprifuoco serale. Era livido di rabbia da emulare Sgarbi. Da un intellettuale mi aspetterei più autocontrollo. Io ero dalla parte di Galli.
Correggo: non so più…prima riga.
Toc toc, Pietro, non dici niente?
“Se riusciremo a superare l’idea di una natura avara e scarsa e a vederci invece come sua parte, allora, forse, la considereremo non solo sufficiente e bastevole, ma abbondante….”
Non capisco bene questa considerazione, se non per dire che prima abbiamo fatto scappare i buoi e poi chiuso la stalla. Per secoli abbiamo creduto che le risorse naturali fossero inesauribili per poi accorgerci del contrario quando ormai avevamo depredato tutto, senza considerare l’incremento demografico che come dice sempre Adriano è le causa principale di queste necessità. L’occidente purtroppo ha fatto cattiva scuola e ritorno al mio pensiero di qualche commento fa. I miti occidentali hanno ormai colonizzato il mondo intero e sta proprio a noi invertire la rotta, non sperare che altre culture siano fedeli alla loro rinunciando a quel benessere che abbiamo perseguito a costo di guerre, conquiste e sopraffazioni e violenze di tutti i tipi. E pur se avessero qualcosa di buono da insegnarci dovremmo ormai rassegnarci all’idea che quello che abbiamo avuto noi adesso lo vogliono anche loro. Credo che orami lo stile di vita di una grande città africana o asiatica sia uguale al nostro. E altrimenti si ritorna alla predica decrescita felice, ossimoro pazzesco quando la si predica per gli altri e la si risparmia a noi stessi. Insomma, Cacciari ha scoperto l’acqua calda. E se anche iniziassimo noi col buon esempio sarebbe operazione del tutto inutile quando abbiamo dimostrato a tutto il globo che nel consumo c’è la radice di tutte le felicità. E’ tardi per invertire la rotta. O speriamo di no, ma qualcuno qualche sacrificio dovrà pur farlo. A questo punto toccherebbe a noi, ma chi ne ha voglia?
Ammettiamo che su Cremascolta scrivano solo gli intellettuali, passati e presenti. Qui le catalogazioni sono sempre state fatte, niente sfumature, e sincerità di sentimenti capaci in alcuni momenti di scatenare risse verbali di molta intensità. Che significherebbe che sia stato facile capire gli orientamenti politici di chi scriveva o scrive. Poi in altri elenchi emergono figure forse più complesse che magari si prestano ad accaparramenti da tanti schieramenti, figure evidentemente ambigue o più ricche di sfumature o sfaccettature che magari risultano contraddittorie, e allo stesso tempo lineari se si ha l’intelligenza di riconoscere l’essere umano o in continuo divenire e in continuo scambio dialettico con se stesso. Perchè a pensarci bene, indipendentemente da giochi di ruoli più volte estremizzati per il piacere di tenere viva la discussione, anche qui ci si è trovati molto spesso spiazzati, anche se poi propensi per partito preso a classificare questo o quello per il semplice gusto del contraddittorio a tutti i costi. Come scrisse Adriano tempo fa, inscenando teatrini che potevano piacere a chi leggeva , ma che ai fini di una crescita o scambio onesto di opinioni, servivano solo a procurare un po’ di incuriosito divertimento ai lettori. E siccome qui non si è presenti per fare spettacolo, ma si auspica per reciproca crescita, io credo che forse sia meglio ora. E Marino forse potrebbe obiettare che questo mio commento solo moralista e pacificatore si potrebbe classificare appunto come non intellettuale. E difatti è così. Quando ieri scrivevo a proposito di Cacciari che da un intellettuale mi aspetterei più autocontrollo scrivevo forse una cazzata in linea appunto con questo commento, moralizzatore e portatore solo di buone maniere che magari si prestano al bon ton da salotto, dimenticando che le idee non sono solo speculazione intellettuale, ma anche passione e furore che in qualche modo devono essere incanalate ed espresse. In verità se penso a vecchie firme scomparse sarebbe naturale non concedere attenuanti, ma stamattina mi sento buono e qualche giustificazione vorrei trovarla per tutti. E qui forse ci vorrebbe una bella risata. Ah, Ah, Ah. Non so!
Facciamoci chiarezza: si è giocato sul totalitarismo vengono a convergere. Un par di zufole, diceva un mio prof di liceo, veterocomunista. L’autorità è solouna soluzine per eliminare il berrusio di fondo ppolare, non un orientamento.. Destra e sinistra si distinguono per la priorità data alle scelte di poiltica economica e al peso dello stato versus individuo. Allora, se andiamo alla radice, di camaleonti ne restan pochi!
Anche l’idea del crear ricchezza per poterla ridistribuire sarebbe per alcuni un valido anello di congiunzione, ma si è dimostrato nei fatti logoro e fragile.
E la cultura che c’entra? Può forse essere classificata, come produzione intellettuale, nella misura in cui si riferisce a questi aspetti. Forse, ma non credo, perché le virtù cmaleontiche umane si esplicitano innanzitutto nell’autovalutazione.
Il termine “intellettuale” provoca varie reazioni che vanno dallo scherno, all’imbarazzo; dal disprezzo alla diffidenza; dalla necessità di avere dalla propria parte qualcuno che la sappia spiegare bene, provocando qualche crepa nelle certezze degli avversari. Intellettuali come forchetta e coltello ad uso e consumo personale. Luciana Castellina si è lamentata, di recente, che la “guida intellettuale”, che è ben raccontata, nella sua storia del Novecento, in “Intellettuali e PCI” di Nello Ajello, 2 vol., ediz. Laterza, manca al popolo, alla società, ed è uno dei motivi della decadenza del mondo occidentale. Non mi sorprende, il ragionamento di Luciana Castellina: la sua stagione di passioni comuniste aveva come pilastro l’avanguardia intellettuale, che dettava il cammino, e apriva il Dibattito.
Tornando alla stupida considerazione di Andrea Scanzi che sono trecento anni che la destra non ha intellettuali di peso, gli consiglierei di leggersi “Intellettuali” di Angelo Ventura, un serio professore che fu gambizzato da delinquenti “rossi”, all’Università di Padova (se la memoria non m’inganna), il libro è edito da Donzelli. Negli anni del fascismo, il consenso degli intellettuali era altissimo, incluso la collaborazione di insigni scienziati alla politica totalitaria. I motivi?
Avevano accolto con favore il ripristino dell’ordine e della disciplina.
La restaurazione dei valori patriottici e combattentistici.
La conciliazione con la Chiesa.
Gli interventi sociali, con l’utilizzo di raffinati metodi propagandistici.
Il fascino del capo carismatico.
La suggestione dei miti di grandezza nazionale e imperiale.
La gioventù intellettuale aveva aderito in massa al fascismo, incluso Norberto Bobbio, che in una lettera respingeva l’accusa di antifascismo che lo avrebbe esautorato dalla scuola. Per necessità; per mancanza di coraggio (che non mancò a Vittorio Foa che si fece otto anni di carcere), Bobbio scrisse al duce, di essergli leale, che non era vera l’accusa contro di lui “che offende intimamente la mia coscienza di fascista”.
La paura è una brutta bestia, privata o politica che sia, sperando che i ricorsi della Storia non ci riportino indietro. Come non ricordare il vecchio di film di Fassbinder “La paura mangia l’anima” o “Il rumore del tempo” di Julian Barnes sulla vita terrorizzata di Dmitrij Sostakovic sotto il regime staliniano. Il rapporto tra intellettuali e potere è sempre stato molto complesso, d’altronde chiedere che un intellettuale o artista sia anche un eroe sarebbe chiedere troppo. E lasciamo stare le mezze calzette che col potere ci vanno a sagra, e mai come di questi tempi, tra televisioni e carta stampata. Comunque grazie Marino per i tuoi commenti sempre circostanziati ed istruttivi.
Si, Ivano, grazie a Marino di …..esistere per il blog, la sua capacità di ….. “macinare carta comunque stampata” mi lascia stupefatto, ammirato direi!
Ribadisco però (e non perchè sia un fan di Scanzi, ma per inquadrare correttamente) quanto al mio primitivo commento che linkava anche la puntata di 8 e 1/2 da cui era partita la frase incriminata, che citata viceversa sic et simpliciter si presta alle più turpi considerazioni.
Forse, anche perchè Scanzi è stato una compagnia quotidiana per tutta la fase più drammaticamente grave di lock down della pandemia, e nutro per lui una sorta di …..gratitudine!
Francesco, la tua fedeltà é ammirevole 😜
Ringrazio voi per la pazienza, leggendo ciò che scrivo. Storia, letteratura e giornali, e sono le cose su cui butto e perdo il mio tempo.
Ho citato la lettera di Norberto Bobbio, di cui lui si vergogno’, che fu scovata da un cronista, credo di “Panorama”; ma dobbiamo ricordarci quei tempi tremendi, di dittatura fascista. Il giovane Bobbio non aveva la tempra, forse non il coraggio di affrontare la galera. Desiderava studiare; dedicarsi allo studio era il suo desiderio più grande; questo il motivo di una lettera, che era una supplica, servile certo, per permettergli di continuare a frequentare l’università. Nel dopoguerra, Norberto Bobbio ha scritto libri, articoli per “La Stampa” che sono fondamentali per chi crede alla necessità di un socialismo democratico che sappia difendere le libertà e diminuire le disuguaglianze. Accusarlo di viltà, oppure farne scherno, come fece la stampa berlusconiana, non merita un commento. I libri di Norberto Bobbio, per chi si occupa di filosofia della politica, di pratica politica (non il mio caso) dovrebbero essere testi base per le scuole superiori e universitarie. Fu un’intellettuale esemplare. Se il termine intellettuale ha un valore, Norberto Bobbio ne è un esempio calzante.
Un piccolo contributo al tema, tra gli innumerevoli possibili, potrebbe essere quello di Cassese (“Intellettuali”, il Mulino, uscito qui a settembre). Certo, autore discusso e dai radicamenti noti, però interessante, visto anche quanto trattato in questa sede. Andar per citazioni, lo so, non giova. Ma era anche per riprendere a far zuffa, in senso buono, tra amici con un po’ di simpatico brio.
Riesumare, interessante, anche per dare nuova linfa a questo blog che sta un po’ morendo.
Oggi, caro Ivano, trattare il tema degli “intellettuali” fa rischiare il naufragio argomentativo. Tra Scilla e Cariddi. Scilla: anni di populismo e demagogismo si abbattono, con marosi mediatici e tempeste di piazza tonitruanti, ma anche con strizzatine d’occhio e toccatine di gomito d’avanspettacolo elettorale, contro gli “intellettualoni”, i “professoroni”, i “radical chic” e via dicendo. Cariddi: l’eterno pro e contro degli intellettuali “destri” o “sinistri”, con etichettature e giochi di ruolo e di ideologia in cui si perde il senso e il costrutto di che cosa significhi, alla radice e nell’essenza, porsi in una posizione “intellettuale”, cioè intellettivamente e cognitivamente in determinate situazioni di responsabilità e consapevolezza, non certo di palcoscenico e di wandaosirismo mediatico. A prescindere o non a prescindere dalle tessere di partito? Non è un dettaglio. Al massimo, si riparta sulle rovine dei “maldestri” e dei “sinistrati”. Perché queste sono le due categorie “intellettuali” militanti avanzateci oggi, tra le macerie della politica fatta show e parapiglia. E si lasci che i morti seppelliscano i morti. Senza troppe citazioni, chiose, glosse, postille. Ecco, superare indenni simili naufragi consentirebbe forse di affrancarsi dal secolo “intellettualmente” peggiore dell’ultimo millennio, il Novecento che ancora agonizza e sciaguratamente rantola, e volgere la vela verso mari nuovi e venti “intellettuali” in grado di unire e creare, invece di dividere e distruggere. Benedetto il giorno in cui qualcuno ricomincerà a costruire. Meglio magutti che saltimbanchi e cinedi. Operai del futuro, costruttori e non scialacquatori di risorse. Quindi, chi è questo “intellettuale”? Esiste, non esiste, serve, non serve, insomma, che roba è? Altrimenti, lasciamo perdere e facciamoci un altro spritz. Magari senza “intellettuali” si vive meglio e si campa di più. Chi lo sa.
Ad esempio, potremmo considerare Greta Thumberg la nuova intellettuale, col suo simpatico bla bla bla che potrebbe diventare il nuovo tormentone ? E come lei tanti altri ragazzi riunitisi in questi giorni? Magari anche quella bella ragazza ugandese col suo dire declamatorio in un bellissimo inglese che denuncia che l’Africa produce anidride carbonica che é niente ridpetto a quanto produciamo noi, ma che più di altri ne paga le conseguenze? Dando per scontato che il problema climatico non possa più essere derubricato neppure dai potenti della Terra, possiamo dire che tutta la politica, e anche gli intellettuali, da questo insegnamento “intellettuale” dovrebbero trarne linee guida? Altrimenti non vedo altra soluzione. Quindi tutti fuori dalle Accademie, dai premi letterari, dalle manifestazioni artistiche, solo estetiche e mercantili, dalle beghe della politica, dalle risse televisive, oltre i filosofi barbuti ormai solo in grado di generalizzare, perdendo di vista l’analisi, anche quando si ammantano di urlate finalità morali o di dissenso. Sbaglio?
“Deve inoltre essere capace di aggiungere alle «lezioni» che fanno parte del suo mestiere, quelle «lezioni in pubblico» che sono richieste continuamente dallo sviluppo di festival (ve ne sono molti, in Italia, della storia, della filosofia, della comunicazione, dell’economia, e così via), scuole di politica, presentazioni di libri, iniziative culturali di comuni, circoli, associazioni, licei e altri istituti scolastici. Quest’ultima attività spinge l’intellettuale verso un pubblico più vasto di quello consueto, che chiede qualcosa di più e di nuovo al vecchio mestiere dell’insegnante, di dare una guida, di indicare un futuro, non solo di analizzare il presente.” Copio questo dal libro di Cassese e già questo non mi convince. A parte il fatto che molti intellettuali frequentano la rete, questo non darebbe per scontata la loro influenza. Basta frequentare qualsiasi social per verificare il numero di contatti che questi hanno. Certo, un Fusaro è cliccato, ma fortunatamente anche osteggiato, soprattutto quando smette le vesti del filosofo per indossare quelle del politico .Eppure da una certa parte politica è considerato un intellettuale così che è sempre più difficile delinearne le caratteristiche se non usando i soliti parametri di appartenenza politica. Certo, poi ci sono i festival di filosofi, a letteratura e visto il bisogno mediatico di informazioni, e questi sono dettagliatamente raccontati facendo credere ad una partecipazione di massa non so fino a che punto reale. E’ qui che ci gioca l’informazione che appunto è una branca della cultura. E allora, man mano, nuovi intellettuali nascono, considerati i tempi e il contingente che si impone. Vedi appunto il caso di Greta Thumberg, che io ho provato a classificare come intellettuale non so se a ragione o a torto. Di fatto l’intellettuale sfugge ormai a qualsiasi definizione. Anche Chiara Ferragni e Fedez potrebbero esserlo con la loro abilità di condizionano il pensiero in tema non solo di look o mondanità, ma anche quando mettono le vesti dei moralizzatori. Quindi la domanda non è più “quale compito hanno gli intellettuali e dove debbano amplificarsi, ma chi sono”. E quale influenza potrebbero avere sui temi caldi dell’occupare questo mondo. Per questo ho citato Greta. Uno scrittore può presentare un suo libro, ma una ragazzina qualsiasi ci può aprire gli occhi su quanto questi intellettuali hanno prodotto se il risultato è questo che vediamo. Quando non respireremo più neppure un libro potrà salvarci. Certo, non è una questione di numeri, anche Hitler ha influenzato un mondo, lo fa anche Salvini, che non sono intellettuali, ma capacissimi di incidere sul reale. E gli intellettuali che li hanno contrastati e contrastano? Diciamo o interroghiamoci su cosa dovrebbe fare e dire un intellettuale, quali cause abbracciare e amplificare, e domandarci davvero quale ruolo abbiano avuto nei secoli e nelle culture. In un mondo dove da un punto di vista sociale, economico, politico, le differenze sono tali da chiedermi a o cosa servano se seguiti da così pochi. Gli studenti coranici sono intellettuali? Gesù Cristo è stato un intellettuale, ma poi l’uso strumentale ha creato la religione cattolica e tutte le derive intestine tipiche di qualsiasi istituzione. Gli intellettuali tedeschi hanno magari previsto il nazismo, ma quale potere hanno avuto per contrastarlo? Come del resto in Italia col fascismo. Anzi, alcuni intellettuale, o classificati tali, l’hanno favorito. E qui si torna inevitabilmente alla politica. Sono più bravi gli intellettuali di destra o di sinistra? E qui una risposta è assolutamente impossibile se non col metro della propria ideologia. Come è da considerare che nel corso del tempo se il mondo è cambiato lo dobbiamo anche per la capacità di alcuni intellettuali di raggiungere i più. Ma gli eventi richiedono il oro tempo e aspettarsi risultati simultanei è illusorio. Ma ora chi sono questi? Basta la pazienza e la fiducia per dire che questo o quello serviranno o non serviranno? Beh, consoliamoci pensando che la nostra cultura occidentale, rispetto ad altre, ha avuto dei padri a cui dobbiamo riconoscenza, come forse la dovremo a Greta Thumberg tra qualche decennio, ora considerata solo una piccola politica che fa ironizzare molti, fosse per la giovane età, fosse per la sindrome da Asperger di cui è affetta. A quel punto i posteri potranno dire se è stata un’intellettuale o no.
Intellettuali:vaghezza del termine.https://www.google.com/url?sa=t&source=web&rct=j&url=https://it.m.wikipedia.org/wiki/Intellettuale&ved=2ahUKEwiZ2aHXu6nzAhUN-qQKHdXgABkQFnoECAQQAQ&usg=AOvVaw32TvE9HhSMnTu4o9A5fmkO Consiglio: origine del termine.
Sul tuo stralcio da pag. 86, Ivano, sono d’accordo solo in parte. L’autore si riferisce alla tradizione molto italiana degli intellettuali come “public moralists” e, soprattutto, come professori universitari (vedi anche a pag. 100), per cui il brano va contestualizzato. Anche perché non si tratta di buttarsi sul web e basta, bensì di “stabilire un giusto equilibrio tra vecchi e nuovi mezzi, e vecchio e nuovo linguaggio o stile”. Ma usciamo da questo dialogo citazionistico per dire che, di certo, si tratta di un testo che mette a fuoco diversi aspetti a proposito del tema trattato nel tuo post di maggio, senza avere la pretesa di “risolvere” tutto con chiavi interpretative univoche. A me è stato abbastanza utile, tutto qui. Certo, non tutto. Le pagine iniziali con il breve excursus storico e i cenni all’anti-intellettualismo non sono male. Quanti personaggi internazionali, nazionali e locali, anche qui da noi, sono aderenti al modello comportamentale ad “effetto Dunning-Kruger” o al “vincolo dell’ignoranza pura inconsapevole” di Kirzner? Per non parlare del celebre “uno vale uno” e della (voluta? non voluta?) confusione tra l’uguaglianza dei punti di partenza e la pretesa di un’uguaglianza dei punti di arrivo. Bella la vita. Come se “beati gli ultimi” volesse dire “beati i cretini”, e allora “I love the poorly educated”, per dirla con Trump. Bocciati e rimandati camuffati da “alternativi” incompresi. Ormai ci si vanta di aver avuto le esperienze peggiori. Fa trendy.
La messa in crisi del rapporto maestro-allievo, la messa in crisi del concetto di competenza, la messa in crisi del valore del merito, la messa in crisi di un percorso formativo valido, la dicono lunga sulle origini, gli sviluppi e gli esiti possibili di questo modo di intendere la figura degli “intellettuali”, ma non solo quella. Sotto accusa è la figura di chiunque non giochi al gioco del farsi vedere più rozzo & truzzo di quello che è, per accreditarsi come duro & tosto, appunto un “anti-intellettuale”, tutti “brave” & “bad”, con le “mani sporche” e a “dirla nuda e cruda” perché “non siamo mica filosofi” (fare una smorfia alla parola “filosofi”). Poi, a casa, brodini & golfini, mamme & mogli con pietanzine e sughetti, l’eterno italico rimpannucciamento dopo il ruggito del coniglio. E basta andare in spiaggia e guardarsi in giro per capire in questo paese che cosa si intenda per “intellettuali”. Il mito del macho non basta a diventare Intellettuali “sole e acciaio” alla Mishima. E poi, anche l’estetica del seppuku comporta un BMI differente.
Come, dove, quando è cominciato tutto questo?
Forse è roba che c’è da sempre, solo che adesso va a briglia sciolta. Chi ha allentato la briglia?
Cercherei, ad esempio, nella scuola. Quando è andata a remengo la nostra Scuola? Chi ce l’ha mandata?
Gli “intellettuali” forse sono finiti, estinti, scomparsi. E magari non è poi un gran male. Alla fine erano diventati inutili e, soprattutto, noiosi.
Ma certe dinamiche anti-intellettuali, che sono solo la punta di un iceberg, per me hanno agito parecchio anche nelle aule di scuola. Diverso tempo fa.
Evvabene, complice un’appendice vacanziera, non avevo seguito con sufficiente attenziaone questo bello scambio (assolutamente non violento, finalmente!) tra Ivano e Pietro (ndr: curiosa la risposta di PIETRO MARTINI 30 Set 20:38 a …..scoppio ritardato, alla sollecitazione mirata di Ivano 11 Mag 18:33 ” Toc toc, Pietro, non dici niente?”)
Oddio, io che proprio intellettuale non sono affatto, ho non poche difficoltà ad entrare in argomento, ma l’ultima conclusione di Pietro me ne da il destro fornendomi un assist che mi consente, non dico di …..andare a canestro, ma almenno di sviluppare un’azione decente.
Nella “Scuola” ci ho lavorato per una vita, prima come docente (supplente, inacaricato, di ruolo) e poi come preside/dirigente scolastico. Nella Scuola Professionale, però (calma! lo so che era il livello più basso dell’istruzione, che anzi molto intendevano solo come “addestramento”) addirittura l’inizio fu “alle Marazzi”, ma il finale (e furono davvero 10 anniun di “gran finale” ) fu ancora un Professionale, ma affatto particolare: l'”IPIALL” a Cremona, dove la sigla sta per Istituto Professionale Internazionale per l’Arigianato Liutario e del Legno (si, Internazionale, unico al mondo, la mitica “scuola di liuteria”!).
E vengo “al sodo” (anche perchè se un concetto ho assimilato in tutta la sua pregnanza è l’andamento della curva di attenzione quando si comunica), gli Istituti Professionali di Stato furono oggetto di una sperimentazione , pilotata dall’interno della Direzione generale stessa, nata nel 1988, Direttore Generale Martinez Y Cabrera ( (apperò!) che si chiamavo “PROGETTO 92”.
Mirava al riassetto complessivo dell’Istruzione professionale, in ambito EU, con l’adeguamento della durata dei cicli, con una prima qualifica al terzo anno a cui era possibile dare luogo ad un biennio successivo che portava alla “Maturità professinale”. E la sperimentazione, portata avanti a livello nazionale in un nutrito numero di “Istituti pilota”, si conluse con successo. Nel ’92 difatti si “maturarono” i primi alunni del quinquennio (anche “alle Marazzi” di Crema , IPSIA del quale ero Preside e, come tale diedi il mio valido contributo, assieme ad un drappello di ottimi amici/docenti, magari “tecnico patrici”, perchènnò!) al successo della sperimentazione.
Ecco, credo che in quell’occasione anch’io, che proprio “intellettuale” non ero, entrai a pieno titolo, proprio nel mondo della scuola, la “professionale” (quella che era considerata di “serie B”!), in un’ operazione che aveva richiesto un grosso impegno prima “intellettuale” (di progettazione, gestione e verifica) e poi attuativo, realizzativo di grosso impatto rispetto al fondamentale legame scuola/lavoro che tanta importanza riveste nella vita reale del Paese.
Roba da “secolo breve”? Probabilmente si! E sinceramente rimpiango quel secolo!
La scuola professionale negli anni Settanta, a Crema, non era di serie B, ma giocava in C, o forse addirittura in D, come allora la Pergolettese.
Prima c’erano i due licei tosti (A); poi, si andava a Bergamo per l’Artistico (B2); a Lodi per Ragioneria (B1), e restavano i Periti meccanici e i geometri : B3. Le Magistrali etano retrocesse in serie C, allora. In serie D, l’ultima serie, c’erano i dattilografi e gli operai specializzati: e ancora mestierame sporchevole che le sciure e sciuri cremaschi, giustamente, non volevano per i loro marmocchi.
Le professionali erano allora scuole disprezzate, dove andavano i tonti, i poveri, e quelli abili solo con le mani. Poi, capitavano casi di eccellenze, come capitavano mediocri cervelli nelle scuole alte. Oggi, non so. Tanto è cambiato. Nessuno a parole parla male delle Peofessionali. E mandarci i figli? Questo no. Anche i nomi, per dare una lucidata, sono belli oggi: l’ipocrisia avanza: anche lo spazzino è operatore ecologico; la cameriera, che aveva più di un mio compagno di scuola, e’ una collaboratrice domestica, un’aiutante di campo.
Evviva! Tutti gli intellettuali di sinistra festeggiano quello che si sa da un po’: le metropoli, le cittadone, sono un serbatoio di voti per i progressisti, i radical-chic, quelli del cinema d’essai. E meno male che ci sono le metropoli a tenere i fascisti, i bigotti, i falsomoderati mogi e scontenti. Ma non c’è molto da festeggiare: verranno i voti dei paesini, paesoni che si chiamano città, e lì la battaglia è tutta da leggere. Anche da perdere.
Ma festeggio lo stesso: insieme con gli snob, e mi fa piacere di esserlo anch’io, sempreche mi accettano, da mezzo milanese , che mi piacciono un sacco, da sempre, le signore intellettuali di sinistra: che fanno colazione alle 1330. Con la Carla, la Giulia. Mi sento bene con loro che parlando di soldi, sono cosi piene di pudore, avendone.
Vedremo ai ballottaggi.
Per ora, più che vincere le sinistre politiche, hanno perso le destre politiche, o quel poco che ne rimane e ormai ne avanza.
La buona solida concreta borghesia può anche “usare” ma non certo “amare” certe piazzate, balordate e rodomontate da fiera, sagra e circo.
Aspettiamo i ballottaggi.
Ma intanto impariamo la lezione.
Tra l’altro, se a Crema ci fossero state quest’anno le amministrative, per noi non sinistri e non sinistrati, come sarebbe andata?
Learnings.
Estote parati.
Beh, ieri abbiamo avuto la conferma che anche la borghesia non vota a destra. Analisi spicciola, certo. Insieme agli intellettuali. Quindi van bene anche i radical chic con le palanche.
Che poi sono i borghesi.
Giusto Ivano, i radical chic, tra cui non pochi intellettuali di sinistra, sono borghesi con le palanche. Poi ci sono i radical chic senza palanche a cui sono iscritto, un partito che non c’è, ma fa niente.
Vedremo quando ci saranno le elezioni nazionali con dentro le campagne, le cittadine di nome, e le Busto Arsizio, Gallarate d’Italia, e la Sicilia come andra’. Mi auguro che l’effetto trainante delle metropoli, le cittadone, effetto e avanguardia che c’è in moltissime cose, conquisti il voto, di chi voterà, della Bassa, Media e Alta Italia profonda. Il disastroso comportamento della destra politica durante la pandemia (a cui, dopo la paura occorsa a Berlusconi si è defilata Forza Italia), un aiutino al successo della socialdemocrazia d’oggigiorno, l’ha dato. Mi dispiace per i Cinque Stelle di Conte che hanno un’unica speranza: smembrarsi; e il gruppo contiano federarsi con Europa Verde, e puntare al nord sull’ecologismo che piace ai metropolitani; e al sud, tenere grazie al reddito di cittadinanza.
Sempre in tema di “Intellettuali”, qualsiasi cosa siano stati e forse siano, qualora ce ne fossero di superstiti.
E sempre cercando di non perdere il filo del discorso di Ivano, introdotto dal suo post.
L’intellettualità, che come ben dice Cassese nel precitato volumetto, non ha mai costituito classe, corpo o ceto separato della società (per quanto distinto), ha avuto nel tempo coloriture umane e professionali diverse.
In Italia, le leve dell’intellettualità di derivazione professorale, sempre rifacendosi al predetto volumetto, hanno fatto la parte del leone sin dall’epoca post-unitaria, specie se di provenienza universitaria, ex cathedra.
Ma anche l’avvocatura, il notariato e la magistratura l’hanno alimentata.
Politici, pochini. Si sa, è risaputo, non infieriamo.
Scienziati qualcuno, artisti, almeno fino a quando ce ne sono stati, pure qualcuno. Tentativi di giornalisti finiti più o meno bene. Anche perché il termine giornalista comprende tutto e il contrario di tutto. E altri ancora, passando dalle mode secondo-novecentesche degli psicologi prima, dei sociologi poi, degli antropologi dopo. Un secolo, quello novecentesco, non breve ma ancora sciaguratamente tentacolare, ancora agonizzante in pieno ventunesimo secolo, ancora ideologicamente rantolante in attesa che qualche benemerito gli dia il colpo di grazia.
E oggi? Sorpresa.
Oggi ci sono i medici. I medici chirurghi, i primari ospedalieri, i camici bianchi, i nostri dottori.
Per me, una bella sorpresa. Che poi, a ben vedere, proprio sorpresa non è. In Italia, anche a Crema.
E chi l’avrebbe mai detto? Fai istologia all’università, fai pratica su bassezze umane tremende, insomma fai un lavoro che deve essere una missione. E poi dipingi quadri, scrivi poesie e romanzi, diventi l’ultimo baluardo di quella intellettualità che molti considerano scomparsa.
Credo che una riflessione sul medico intellettuale, in senso vero e positivo, possa essere interessante.
Un fiorire di iniziative, premi, convegni, una vitalità culturale che oggi poche categorie possono vantare. Associazioni, conferenze, presentazioni. E sono davvero bravi. Che cosa è successo?
Ferdinando Cazzamalli scriveva su Nicia, la rivista dei medici artisti e scrittori degli anni Quaranta. Da bambino il dottore che mi curava era un intenditore d’arte e frequentava gli artisti cremaschi. Ho avuto un amico a Milano, chirurgo di chiara fama, che aveva alle pareti di casa sua una pinacoteca eccezionale. Ho un amico a Crema, già primario di pediatria, che in fatto d’arte e di artisti la sa più lunga di molti asseriti intenditori. Il Presidente di questo blog è uno scrittore molto apprezzato, di sicuro dal sottoscritto.
Sono i medici i nuovi intellettuali?
Saranno loro gli intellettuali del ventunesimo secolo?
Pietro, già, i baroni della medicina, se fosse confermato. E io spero proprio di no. E non è per fare fazioso o onesto pettegolezzo. E’ di ieri la notizia di concorsi pilotati a medicina e di Galli indagato. Sono comunque dalle parti di Galli per quanto ha fatto per l’epidemia a prescindere dai risvolti giudiziari comunque ancora da verificare. Anche perché di cantonate la Magistratura ne ha prese un casino. Ma questo mi dà comunque lo spunto per introdurre un tassello mancante e di cui non si è ancora parlato: la MORALE nell’intellettuale. Senza una non può esistere l’altro. Si può essere grandi scienziati, quindi molto specializzati, ma se il proprio potere si esercita in modo subdolo per sistemare parenti e amici allora vuol dire che la formazione è mancante. E di intellettuali senza morale ne è pieno il mondo, ben oltre i concorsi pilotati. Secoli di Storia ce lo raccontano. Secondo me.
P.S: a margine perchè c’entra fino ad un certo punto. Molti laureati, diciamo tecnici, si ritrovano per mancanza di risposte di mercato a riciclarsi come insegnanti. Ingegneri, architetti, chimici che senza nessuna preparazione umanistica o pedagogica si stanno riciclando come docenti e quindi formatori delle prossime generazioni. E’ vero che come dici tu anche i tuttologi hanno le loro pecche e farebbero bene ad astenersi e spesso, ma di fatto l’insegnante è considerato un intellettuale che magari di fronte al disagio di adolescenti, non ha nessuna preparazione per saperlo, non dico risolvere, ma almeno affrontare. Con questo non intendo dire che la preparazione umanistica valga di più della preparazione tecnica o scientifica, ma in alcune professioni possiamo dire con certezza che davvero uno non vale uno. Per questo di fronte ad una specializzazione io mi sento di dire, ma credo che anche tu possa convenirne, che quando ci si assume la responsabilità di un incarico formativo, come dovrebbe essere quello di un insegnante, un po’ di tuttologia non nuocerebbe.
Pietro 10:20: estote parati. Suona minaccioso 😟
Mi dispiace, Ivano, la chiusa non voleva essere minacciosa, anzi. Era una chiusa preoccupata.
La preoccupazione, sincera e sentita, era da me riferita alla parte politica che da qualche elezione amministrativa a Crema non riesce a vincere. Inutile dire che se fossi di sinistra non solo non sarei preoccupato per l’anno prossimo ma mi sentirei abbastanza tranquillo, soprattutto dopo queste avvisaglie di ieri.
Il richiamo al versetto non intendeva poi avere alcuna pretesa evangelica. E non aveva neppure attinenza con il motto, non ricordo più, se degli scout o delle giovani marmotte (“Be prepared”, ma forse confondo Baden Powelll con Walt Disney, e poi, c’entra qualcosa Mark Twain? boh, lasciamo perdere).
Forse in latino, visto che è un imperativo futuro e posto che la mia preoccupazione riguarda quei “loro” che compongono certe forze politiche così spesso perdenti, mi sa che invece di estote avrei dovuto dire sunto. Solo che così si perdeva il riferimento noto ai più (e qualcuno, giustamente, avrebbe detto: sunto parati, chevvordì?).
Ma anche questo è intellettualismo, appunto, borghese intellettualismo.
Per fortuna che da cinquant’anni qui da noi sono gli intellettuali non borghesi, duri e puri, a mostrare la linea e la meta. Inossidabili.
Sui medici, Ivano, mi spiace, resto della mia idea.
Che poi i borghesi, quelli che magari fanno i filantropi con i soldi delle tasse non pagate non votano a sinistra perché sono buoni e attenti alle cause degli ultimi, ma solo perché i loro beni nessuna sinistra li toglierebbe più, ne espropri proletari, né ghigliottina o fucilazioni d’ottobre. Ma tant’è, tutto serve alla causa. Rispetto invece alla casse medica intellettuale, come dice Pietro, a parte Adriano, io potrei dire esattamente il contrario. Pietro ha citato un caso cremasco, individuabilissimo. Io potrei indicare il contrario, anch’esso cremasco. Che magari si può essere un bravo medico, ma allo stesso tempo portatore di “pizza, birrone e rutto libero”. Ma anch’io non vorrei generalizzare e limitarmi a quanto vedo sui social. Nel mio caso potrei sbagliarmi. Tutti mangiamo la pizza, intellettuali e no. Il “rutto libero” si fa invece selezionare e credo che non serva proprio a nessuna causa intellettuale.
Che poi Pietro, io non limiterei l’intellettualismo alle specializzazioni. Sapere bene una cosa mi sembra riduttivo. Io do un senso più ampio al termine, che non significa che l’intellettuale debba spaziare “da” “a” perche anch’io non saprei e dovrei circoscriverne i confini che ci sono comunque sempre. Insomma, io, posta la questione, non saprei esattamente come definirlo, ma ribadisco che la nostra é l’epoca della selezione del sapere. E questo non giova all’intellettualita’. E siccome tu hai nominato i politici io ritengo che questi, se fossero intellettuali, gioverebbero molto di più alla causa di tanti altri specializzati.
D’accordissimo sul fatto che l’eccesso di specializzazione possa nuocere, in questo senso.
Ma anche l’eccesso di superficiale tuttologia. Insomma, il punto mi sembrerebbe un altro.
In pratica, anche a proposito degli “intellettuali”, si torna al fatto che la democrazia va contemperata con la conoscenza, la competenza, la cultura e via dicendo. Tutte cose “democratiche” nei punti di partenza, o almeno così dovrebbe essere, ma difficilmente “democratiche” nei punti di arrivo, per forza di cose. Ma questo ce lo siamo già detto.
Uno vale uno, tra l’altro, è uno slogan che di questi giorni sta avendo riscontri elettorali a dir poco mediocri. Anche perché la povertà non è stata abolita e nelle città governate da loro, a partire da Roma, i risultati si sono visti. Che poi Travaglio piaccia, che dire, quando si piace, si piace.
Vabbè, magari poi Conte ci mette una pezza. Vedremo. Aspettiamo i ballottaggi.
Con questo non voglio dire che l’intellettuale debba essere serioso, noioso, ma che c’è spirito e spirito. E la banalità di una battuta certo non ne aliena le capacità, però…Ma mi sto allargando troppo.