Credo che CremAscolta non possa passare sotto silenzio quanto accaduto a Washington nei giorni scorsi, che ritengo un clamoroso segnale d’allarme rispetto alla “stanchezza” di un sistema democratico che trovava negli Stati Uniti d’America un portabandiera mondiale.
Ritengo utile alla bisogna, per innescare uno scambio di idee/impressioni tra i frequentatori del blog, riportare di seguito parte dei testi apparso sul sito di ISPI (Istituto per gli Studi di Politica Internazionale di cui ricevo la news letter), nei giorni “caldi”:
7 Gennaio:
“C’è un filo rosso che lega la data del 3 novembre a quella di ieri 6 gennaio. Non si capirebbe altrimenti l’assalto a Capitol Hill, il Congresso americano, tempio sacro e simbolo di democrazia, da parte di centinaia di sostenitori di Donald Trump, convinti che le elezioni siano state ‘rubate’ in modo fraudolento. Quanto accaduto ieri, quando dimostranti – alcuni dei quali erano armati – hanno fatto irruzione in Campidoglio mentre era in corso la ratifica dell’elezione di Joe Biden, non ha precedenti nella storia americana moderna. L’assedio è durato cinque ore. Una donna, sostenitrice di Trump è stata ferita durante uno scontro con la polizia ed è morta successivamente in ospedale. Ma il bilancio parla di altri tre morti e 52 arresti. Come già durante il voto del 3 novembre, ma in realtà fin dalla campagna elettorale, il presidente uscente ha continuato ad accreditare il racconto di un’elezione trafugata, estorta con brogli e frodi, di cui però né lui né i suoi legali sono riusciti a fornire alcuna prova. Donald Trump non solo non ha mai ammesso la vittoria di Joe Biden ma ancora ieri, durante un comizio, aveva incoraggiato la manifestazione a Washington, incitando i suoi sostenitori a marciare sul Campidoglio. “So come vi sentite” ha detto rivolgendosi ai manifestanti e chiedendo loro di andare a casa dopo aver affermato: “vi voglio bene, siete speciali”. Il messaggio è stato rimosso dalle principali piattaforme social che hanno bloccato per la prima volta l’account di Trump. Oggi, dopo una sospensione durata diverse ore, il Congresso ha ratificato la vittoria di Joe Biden e Kamala Harris come presidente e vicepresidente degli Stati Uniti. Ma quello che è successo dimostra, ancora una volta, che Trump è disposto a qualunque azzardo pur di tentare di non uscire di scena.
8 Gennaio:
“Donald Trump fa marcia indietro e in un video dai toni insolitamente concilianti, condanna l’assalto di mercoledì al Congresso degli Stati Uniti – che lui stesso aveva istigato durante un comizio poche ore prima a Washington – ammette l’arrivo di una nuova amministrazione, pur senza mai nominare Joe Biden, e garantisce “una transizione ordinata”. È la cosa più vicina ad un discorso di concessione che Trump abbia mai fatto. “Too little too late” verrebbe da dire, come ha fatto Karl Rove, stratega repubblicano tra i più ascoltati e artefice delle elezioni di George Bush e figlio, in un’intervista a Fox. Il ravvedimento del presidente arriva infatti a soli 12 giorni dalla cerimonia di insediamento di Joe Biden come 46esimo presidente degli Stati Uniti, alla quale comunque Trump ha annunciato che non parteciperà. E dopo che per mesi ha fomentato le teorie di un’elezione “rubata”, estortagli con brogli e frodi, di cui però né lui né i suoi legali sono riusciti a fornire alcuna prova. Ed è di appena una settimana fa la diffusione dell’audio della telefonata in cui il presidente ricatta il Segretario Generale della Georgia Brad Raffensperger, perché ribalti in suo favore il risultato delle elezioni in quello stato, in modo da ribaltarne l’esito complessivo alle presidenziali. ………………………. Se anche Trump non ha più accesso ai social, resta comunque il presidente degli Stati Uniti per quasi altre due settimane e sono in molti a Washington a chiedersi se non sia opportuno prendere altre e più radicali decisioni per evitare che possa fare altri danni da qui al 20 gennaio……E secondo il New York Times il presidente uscente starebbe vagheggiando la possibilità di auto-concedersi la grazia negli ultimi giorni del mandato”.
Personalmente sono restato sgomento rispetto a quanto accaduto, rispetto al modo, rispetto al livello di (non) gestione scelto dalle autorità competenti.
Unica considerazione positiva la libertà con la quale i mezzi mediatici hanno potuto seguire in diretta quanto accadeva, senza alcun tipo di censura!
Commenti
Certo, non siamo negli Stati Uniti, ma vi sembra democratico il gioco sporco di Renzi col suo 2,9% e la sua minaccia/ricatto quotidiana di crisi di Governo? Se la democrazia è data dai voti di una maggioranza non vedo perchè Lui, dopo che dal 40% è precipitato nella miseria del consenso, dopo aver dichiarato che se avesse perso il suo referendum si sarebbe ritirato dalla politica, dopo aver “serenamente” spodestato Letta, ne dovrebbe Lui riscrivere/sovvertire le regole? Certo, non è uno psicopatico come Trump, ma qualche disturbino ce l’ha anche lui. E scusa Francesco se vado fuori tema, ma forse l’oggetto del tuo post è il futuro della Democrazia. Impersonata da uno o dall’altro non fa differenza. E questo è un tema che Cremascolta, da vari punti di vista, ha già analizzato più volte, per lo meno quando questa si vede minacciata in eterni ritorni della Storia dettati dalla nostalgia di uomini forti, secondo alcuni capaci di risolvere le cose, fossero la crisi economica o la pandemia. Sperando che la Storia non si ripeta uguale visto che trovare analogie tra periodi storici è un gioco da ragazzi, ma preoccupantissimo. Lo abbiamo visto anche in Europa dove Paesi minoritari economicamente in nome del loro autoritarismo hanno gridato a gran voce che gli immigrati non li volevano e vincendo la partita. Però i soldi sì. Poi purtroppo arriva l’epidemia e del tema in oggetto non ne parla più nessuno. Ma il tema rimane. Abbiamo in Europa paesi che delle regole democratiche e dei diritti civile si fanno un baffo, eppure sono capaci di alzare la voce.
Renzi non è Trump, giusto, ma è peggio, perché questo è lucido, quello pazzo, e ora nel suo gioco al massacro comincio a vederci una logica: distrugger tutto per poi prendersi gli onori del boia e saltare sul carro del vincitore voltando gabbana, costi quel che costi al paese.E scusa anche me Franco er essermi aggrappato a una costola.
E non faccio a tempo a parlare che il gaglioffo lo annuncia!
Lucida follia, direi!
Da diversa sede, dico yes! Ma uno così la società avrebbe già dovuto castigarlo quando era in crescita, quindi direi che è anche un indicatore della scarsa coscienza civica, dell’individualismo addirittura esaltato, di ampie fasce di Statunitensi. Che sia un sistema perdente a livello storico e mondiale attuale poco ci conforta, perché a quel caro siamo legati!
Dai, allarghiamoci un pochino e capire, come se ce ne fosse bisogno, l’apporto delle istituzioni in genere in questa trasformazione che sta avvenendo nel popolo americano e nelle sue regole democratiche. Direi di partire dalla Chiesa cristiana e cattolica americana. Anche in Vaticano c’è consapevolezza che ritenga legittimo il colpo di coda messo in campo da Trump. Durante la campagna elettorale” vescovi e preti hanno dichiarato che votare Biden era peccato mortale, un’azione degna dell’inferno”. Anche riconoscendo che una parte dei vescovi ha stigmatizzato l’assedio di Capitol Hill è palese l’imbarazzo in cui si trovano. Prova ne è il silenzio del Cardinale Dolan, arcivescovo di New York, che il 24 agosto aveva pregato per l’apertura dei lavori della Convention repubblicana. Chiaro come in queste atmosfere “sia cresciuto il dissenso nei confronti di Francesco, alimentato anche da gerarchie romane”, che accusano Biden di “aver tradito la dottrina, ad esempio non difendendo la vita nascente” dichiarandosi pro-choice, e quindi assolutamente da non votare da parte dei cattolici praticanti e devoti. Solo i Gesuiti (Bergoglio) hanno pubblicamente denunciato i fatti di Washington. Addirittura il repubblicano Schwarzenegger ha condannato l’assedio paragonando i manifestanti ai nazisti di Hitler e dichiarando che Trump è stato il peggiore presidente degli Stati Uniti, se mai può servire. Detto comunque da un Repubblicano direi che è confortante. Senza stare poi a rivangare troppo è noto l’appoggio delle Chiese cattoliche e cristiane a tutte le dittature, non solo sud-americane.
Mons. Carlo Maria Viganò: “Covid e Biden: due ologrammi. Citazione dalla mia ultima lezione UNI Crema, Associazione definita cattolica, ma dove si possono fare queste affermazioni.
E’ si Ivano, vero, togliamo di mezzo le iposcrisie di buona parte della gerarchia cattaolica “militante” anti Bergoglio! Emblematico Carlo Maria …..Viga minga- Viga nò!!!!
Anne Applebaum giornalista polacco-americana, conservatrice e repubblicana, in un intervista al giornale madrileno “El Pais”, di due giorni fa, scrive: “L’avventura di Trump è terminata. Passerà il resto della sua vita nei tribunali”.
Forse lo abbiamo dimenticato, ma è stato Berlusconi ad aprire la strada, a dire, nel 2006, che “le elezioni italiane sono truccate. Ci sono stati dei brogli massicci ad opera della sinistra”. In un illuminante scritto di un politologo allievo di Norberto Bobbio, Piero Ignazi, sono citate e ricordate le frasi allora dette dal Cavaliere deluso e inferocito che si rivolse anche al Presidente della Repubblica perché voleva il riconteggio di tutte le schede. Fu divulgato pure un libretto che parlava di popolo defraudato, “urne tradite”. A dare una mano al Cavaliere, a dire le stesse cose, da Brunetta a Tajani, alla Lega.
Non c’è stato l’assalto al nostro Campidoglio; i “vandeani”, i forconi italiani, le truppe leghiste non sono scese dalle valli del Nord contro la Roma ladrona che ha tradito l’urna elettorale.
Trump è un allievo scapestrato. Ma la scuola da cui proviene è quella.
Concordo in pieno, fa parte dello spirito rapace di una destra intollerabile, che non è certo più quella di un Almirante, ma che purtroppo si sa ripulir la faccia passando alle frange più moderate dell’arco parlamentare. Adesso il cav. fa ilvecchio zio sagggio… Il clima statunitense, dove ancora vale il “non parlare, spara”, è comunque, per ora, diverso. Per ora? Penso di si, perché la sua mira, e ci stava ruscendo il losco figuro, era l’isolamento internazionale; noi in Europa ci siamo, nel bene, ma anche nel male, perché quando si rivolterà la frittata, come ci accetteranno più?
Si Marino, è anche vero che al tempo, le truppe del “Cavaliere con macchia e con paura” non erano propriamente composte da ….popolani forconati!
Lui operava di più tramite schiere di avvocati parlamentarizzati, tesi a ri-creare contesti legali utili alla bisogna e azioni di compravendita del consenso lubrificate dal suo ingente contante, che scorreva a fiumi!
Eppoi il legame con il legaioli (quelli del “popolo sovrano”, della “padania”, delle “ampolle”, del “forza vesuvio/etna/terremoto”) non era ancora così funzionale.
Colpi di coda di The Donald!
Da FQ di oggi, rubrica ambiente:
“In Alaska sanno che se proteggi la natura, la natura ti protegge: tribù indigene, ong ambientaliste e associazioni di piccoli imprenditori hanno deciso di combattere insieme e opporsi in tribunale per salvare la foresta Tongass. Unica per estensione e biodiversità, zona intatta più grande rimasta sul pianeta terra, la Tongass è anche la maggiore foresta nazionale d’America posta sotto tutela. Rimane anche la più estesa zona pluviale più vicina all’equatore della crosta terrestre. È talmente vasta che supera, per dimensioni, alcuni Stati americani, come il West Virginia. Tra i suoi corsi d’acqua cristallini e torrenti, abeti giganti, fiordi glaciali e valli, abitano lupi e cervi, 30mila orsi bruni e gli stormi più numerosi di aquile testa bianca (il video).
Salvaguardata dai primi anni 2000, amministrazione Clinton, è rimasta vergine da interventi umani grazie alla Roadless rule, letteralmente “regola senza strada”, adottata in seguito ad una consultazione collettiva che ha coinvolto quasi un milione di cittadini locali, indigeni e non, che si sono dichiarati favorevoli alla protezione della peculiare area.
Una nuova decisione del dipartimento di Stato Usa vuole eliminare la regolamentazione che vige da almeno vent’anni e permette all’“Amazzonia d’Alaska” di rimanere intatta. La scelta di eliminare i divieti di deforestazione e costruzione di autostrade arriva dall’amministrazione Trump: a rischio non ci sono solo boschi ancestrali delle comunità indigene dei popoli Tlingit, Haida e Tsimshian, ma anche lo stato di salute del clima mondiale, che potrebbe peggiorare.
I cittadini temono che la terra venga corrotta e che, più che sparire, la foresta svanirà poco a poco, pezzo dopo pezzo per favorire industrie e aziende coinvolte nella costruzione di infrastrutture. In nome della consueta cupidigia di profitto e arricchimento, la cicatrice che vogliono tracciare sulla mappa della Tongass sarà per lo più grigia, sfumatura asfalto del manto stradale.
Istigato dalle lobby delle industrie del legno che spingono per la revoca, “lo Stato dell’Alaska ha collaborato con l’amministrazione Trump per aggirare le analisi scientifiche e ottenere il risultato desiderato”. Il governo ha violato “la fiducia delle tribù e la responsabilità che ha nei confronti dei popoli indigeni Tongass”, ha riferito al Guardian Robert Starbard, a capo dell’associazione tribale Hoonah, appoggiato dai leader del villaggio di Kake, Saxaman, la cooperativa Klawock e la comunità indiana Ketchikan.
Sulle barricate rimane anche Kate Glover, avvocato dell’organizzazione Earthjustice, che ha dichiarato: “L’amministrazione Trump ha ignorato la richieste delle tribù che cacciano, pescano e raccolgono nella foresta Tongass”. Il presidente “ignora l’impatto sulla pesca, sul turismo” della comunità locale, ma anche le conseguenze sul clima del resto del mondo e ha preso “in sintesi, una decisione arbitraria, che non ha alcun senso”.
Non solo identità culturale, ma anche economia locale a rischio: che il futuro “dipenda dalla salvaguardia del capitale naturale” lo credono anche all’Alaska Longline Fishmermen’s, associazione di pescatori della zona. Nei torrenti della Tongass si agitano cinque specie diverse di questi pesci e fruttano alla piccola industria circa un miliardo di fatturato annuo.
Pesca e turismo, con un milione di visitatori l’anno, costituiscono il 25% dell’economia della regione, settori che verrebbero penalizzati da cementificazione e deforestazione se la Roadless rule dovesse smettere di essere valida. La lotta non è solo indigena, ma globale, dicono le ong ambientaliste:secondo studi scientifici del 2019, la foresta assorbe dall’atmosfera una quantità di anidride carbonica quasi comparabile a quella dell’Amazzonia.”
Ed ecco la sintesi degli estremi: ho avuto testimonianza diretta, da un pilota sportivo (amatoriale) che gli incendi delle foreste siberiane son serviti a nascondere la deforestazione non contrastata dallo stato. Più facile che cambiare la legge, no?
Purtroppo, i cittadini dell’Alaska, in maggioranza sono con Trump. E questo va detto. Se ben ricordo. Ma abbiamo tanti trumpiani italiani, sguaiati e pericolosi.Anche tanti “deplorevoli”, gente che non riceve la pensione, pure sostenuta, che garantisce agiatezza anche in questi tempi bui, e non è scalfita granché, visto che può pure accedere alla seconda casa in montagna, al mare, o al lago, o godersi le case spaziose, come accadde quando si doveva restare rinchiusi. E anche questo va detto. Va detto anche che senza il Covid, Trump, un pazzo, avrebbe forse vinto le elezioni. Perché il sistema elettorale americano va tutto a vantaggio dei repubblicani, e non tutto ciò che ha combinato Trump è dispiaciuto a molti americani, che non leggono “The New York Times”, “Boston Globe”, ” The New Yorker”, “The Washington Post”, “Los Angeles Times”, e debbono tirare la carretta, con fatica, non hanno frequentato le università, vivono in piccoli centri, in zone rurali, in territori che non sono europei, che sono altra cosa.
Basta con questa storia dell’America dei poveri che ha per poco perso le elezioni, magari con qualche trucco, con l’America dei ricchi. È una fregnaccia che certi quotidiani italiani, come Libero, La Verità, Il Secolo d’Italia, (meno Il Giornale che piace ai sciuri e li difende dalle piattole dei poveri) hanno alimentato per qualche giorno; poi ancora un brisinin: sottotraccia, pettinando, con un po’ di brillantina cronistica, il disagio dei poveri bianchi americani, quasi che siano loro coetanei, nelle ristrettezze, che per un pelo quasi vince il povero e quasi quasi si manda a casa l’elite. Il partito democratico americano è stato votato da oltre sei milioni di statunitensi in più dei repubblicani. Sono pochi? Non direi. Sei milioni non sono noccioline, in democrazia. Quanta stupidità. Non sono i poveri che interessano questi giornali che non sono carta nemmeno utile per incartare la carne, come si usava una volta, da mio zio macellaio. Ricordo le bistecche incartate dal giornale, che mio zio strappava dal rampino che aveva appeso dietro il bancone. Ma, la carne, probabilmente verrebbe guasta, se l’involucro è un’editoriale di Belpietro o Vittorio Feltri, o di Filippo Facci.
Vediamo come va domani.
Di poliziotti a diretto payroll trumpista ce ne dovrebbero essere di meno.
Intanto, è dubbio che Jacob Chansley abbia preso la parola Angeli dal cognome di sua madre. Mi pare che la faccenda resti controversa, su questo sciamano, sul lupo dello Yellowstone.
Come italiano, e fiero di esserlo, mi dispiacerebbe se si trattasse di un soggetto con qualche ascendenza italica.
Più in generale, comincio a pensare che l’assalto sia frutto di un complotto di Biden. Non poteva sceglierli meglio, quanto a tipologia di soggetti, comportamenti e persino abbigliamenti, per screditare il trumpismo.
Povero Trump. Adesso anche Melania Knauss ha condannato la violenza.
Vediamo domani, come va.
Intanto, con la scelta del transgender, Biden ha fatto un altro rilancio al poker dell’antitrumpismo.
La partita è solo all’inizio.
Il trumpismo è stato screditato dagli assalitori di Capitol Hill? Era da tempo che il suo portavoce, Donald Trump aizzava il suo popolo. Consiglieri cacciati;
dichiarazioni dei redditi mai resa pubblica; un comportamento da sbruffone durante la pandemia, per poi essere salvato dai medici. Niente messicani, disse Trump, vogliamo i norvegesi: una frase più imbecille così neanche un ritardato mentale la direbbe. E una giornalista americana, per rispondergli, ha pubblicato un articolo contenente una piccola storia dell’emigrazione norvegese negli USA: gente povera, che si dava a piccoli furti, che lavorava nei porti a scaricare il pesce, facce pallide che venivano tenute a distanza dagli americani. Perché ci furono, nel passato, emigrati norvegesi che approdarono nel paese delle libertà e delle opportunità, molto simili ai poveri messicani di oggi. Una volta, certe scempiaggini le sentivo al bar che frequentavo, da brutta gente che ce l’aveva con i comunisti, le tasse, le donne, gli arbitri di calcio, e i capelloni. Oggi, chi le dice, lo fanno capo del governo.
Chiedo scusa se trabordo dal tema, ma un collegamento c’è: Trump, il trumpismo, ricordano che gli Stati Uniti hanno un rovescio della medaglia, dagli anni della Guerra Civile, che ci racconta una storia fatta di schiavismo, omicidi e colpi di Stato nei paesi latinoamericani diretti dalla CIA,sotto la guida di Dulles, che assoldo’ fior di nazisti scappati dalla Germania.
Con la scusa della guerra fredda furono calpestati e rovesciati, con il contributo decisivo della CIA, governi democratici come quello cileno di Allende, guatemalteco di Arbenz che aveva la colpa di una sacrosanta riforma agraria. Jacopo Arbenz Guzman che aveva vinto le elezioni democraticamente. Lo ricorda un bel libro, “Tiempos recios” (Tempi duri) di Mario Vargas Llosa. Il comportamento criminale degli USA in America Latina radicalizzo’ il Movimento 26 Luglio di Fidel Castro. Pure, convinse Che Guevara, che vendeva enciclopedie porta a porta in Guatemala, che la democrazia, in America Latina, distrutta da generali mossi come manichini da agenti USA, non avrebbe mai avuto spazio. Forse, Cuba non si sarebbe alleata con l’URSS, se allora, 1953, gli USA avessero aiutato Cuba e Guatemala, Honduras, ad essere democrazie, invece che distruggere il governo di Arbenz, in Guatemala, incarcerando e uccidendo i suoi sostenitori.
Trump è parente dell’America peggiore, fatta di schiavitù; di maccartisti che odiavano tutto ciò che sapeva di socialismo anche democratico.
La guerra fredda fu una porcheria.
Però meno porcheria della guerra calda.
Comunque, le porcherie vere non si fanno da soli.
USA e Russia erano infatti in due.
Per cui, dagli all’Amerikano, va bene.
Ma ricordiamoci che oggi in America si fanno le pagliacciate sciamaniche finite in niente, mentre a Mosca c’è ancora un nipotino della guerra fredda e del KGB che le pagliacciate le fa con successo, dai giornalisti fatti fuori dai sicari di Partito all’ultimo arresto in aeroporto dello scampato a un precedente attentato di Stato. Più tutto il resto che sappiamo.
In Russia c’è un brutto personaggio che si chiama Putin che comanda, insieme ad altri oligarchi. È la Russia di sempre, mai stata Europa, o solo un po’ europea. Basta guardarlo in faccia, Putin, per sentire i brividi scorrere, anche a distanza. Ma su Putin c’è ampio materiale disponibile che si può leggere, come le battaglie di Memorial, una rivista coraggiosa; e i molti cronisti, donne e uomini, uccisi, feriti, minacciati, licenziati. Un amico di Berlusconi, Salvini, Marine Le Pen,della destra peggiore.
L’assalto a Capitol Hill come alla Famila d Crema?
Non proprio, ma mi trovo alla cassa automatica quando un individuo, palesemente un balordo allucinato, con il viso e le mani totalmente in color rosso, inveisce contro le commesse e anche un commesso intervenuto, per portar fuori birre di quelle ad alto dosaggio senza pagare, imprecando e minacciando, e, fra l’altro, fissando direttamente me in atteggiamento di sfida. Non ho più la prestanza fisica, e comunque nessuno è in pericolo di vita, hai sbagliato gaglioffo! Il primo pensiero è stato comunque a quell’assalto: un’evidente emulazione becera di uno con le corna e volto affrescato. E infatti i primi commenti che ho sentito intorno son stati del tipo “ma qualcuno ha filmato?” E certo, ci mancava pure di finire alle cronache per un relitto umano fuori controllo emulo di altri sbandati di oltroceano, figli deologici del un bottegaio biondociuffato!
Adriano, in tempo di pandemia sto facendo uso di un ottimo servizio della Coop che si chiama coopDrive, e mi evita il contatto ravvicinato specie con balordi sbandati: ordino on line e vado a ritirare su appuntamento il carrello pronto.
“Tagliata la testa al toro”!
Mica paura del gaglioffo io. Certo, se si evita è meglio, salvo che non si debba fare il proprio dovere in soccorso di qualcuno. Quando alle urla di “prendilo dai” una ventina d’anni fa, mi lasciai incitare a inseguirne uno son stato ben contento di essere stato così lento, fin da giovane, quando ho visto lo scontro con un addetto alla sicurezza (non credevo che i cazzotti potessero davvero far rumore). L’ho descritto solo per il dipinto della faccia e delle mani, chiaro esempio di emulazione.
E intanto il nuovo Presidente in una mattina ha cancellato un intero mandato di infamie. Bravo Pres! e se un bravo fisioterapista riuscise a insegnarti a compensare alla tua clauducatio… e un bastoncino stile ‘800 no?
Pietro Martini scrive che si tirano pietre all’Amerikano. Le pietre le ha tirate Mario Vargas Llosa, peruviano, nel suo libro, in italiano “Tempi duri” edizione Einaudi 2019; e Vargas Llosa non è un comunista, ma un liberale, che nel 2010 si presento’ alle elezioni peruviane con una lista di centro-destra.
Essendo latinoamericano, Vargas Llosa sa bene quanto la CIA, allora guidata da fascisti americani, che oggi sarebbero trumpisti entusiasti ha sulla coscienza omicidi, colpi di Stato, il caos, in paesi che furono distrutti politicamente, economicamente, anche quando provavano a mettete in piedi esperimenti democratici.
Se Vargas Llosa fosse stato polacco, o slovacco, avrebbe detto altro. Ma non tutti sanno che l’esperimento cubano potrebbe essersi radicalizzato anche per il comportanento degli Stati Uniti in America Latina, che allira appoggiò i peggiori dittatori, e stronco’ l’esperimento democratico, come ne parla Vargas Llosa, in Guatemala.
Caro Marino, non conosco a sufficienza questo autore peruviano per entrare nel merito delle sue affermazioni geopolitiche e in genere leggo poco la letteratura sudamericana.
In ogni caso, avevo solo cercato di dire che, a mio parere, i numerosi e zelanti tiratori di pietre (tra i quali, pur chiamandomi Pietro, non mi sento troppo a mio agio, per diversi motivi) ogni tanto potrebbero ricordarsi di tirarle, con tanta solerzia, non soltanto agli imperialisti di ieri, come gli Stati Uniti, o dell’altro ieri (sui cattivi europei colonialisti del tempo che fu son fiorite narrazioni buone per tutti gli usi storiografici e abusi politici) ma anche a quelli di oggi, che a mio modesto avviso stanno più a levante che a ponente.
Che poi i russi, di fatto, nel tentativo di fare i prepotenti dentro e fuori casa loro, ci riescano meno dei cinesi, beh, diciamocelo francamente, questo è solo un problema di capacità gestionale e di managerialità operativa.
Si, insomma, Marino e Pietro, diciamo che ….”l’è na bèla lòta”!
Sarebbe ora e tempo che sta EUROPA si decidesse a “dire la sua” anche a livello internazionale, occupandosi di “politica” e non solo di economia/finanza (oltre che del ….calibro delle zucchine, come si suol dire!).
E’ tramontato l’astro di Trump (che colpo di fortuna”) e sta sorgendo quello di Biden (che ti nomina Joe Vislack, detto anche “Mr Monsanto” a Segretario dell’Agricoltura!!!), Putin si è spianata (in modo ….assai democratico !?!) la strada per il futuro e la Cina …..è la Cina, basta la parola!
Del “Buffo stivale” cheddire?
Un bel tacer …..vediam gli sviluppi neh…..
Ci sarebbero poi dei problemini per il pianeta!
Certamente, l’Europa, la nostra Europa.
D’accordissimo.
Sull’Italia, sì, un bel tacer e vediamo che cosa succede.
A proposito di illuminismo e contro-illuminismo, fede nella logica, la pratica, la razionalità opposta alla spiritualità, l’etnia,le tradizioni, schema manicheo, ma tanto per intenderci, un libro recente cerca di creare un ponte tra i due “mondi di pensiero”. “Mondi” in conflitto da parecchio, in particolare negli Stati Uniti, dove la storica spaccatura, mai rimarginata ha ripreso a sanguinare. Il libro è “Patriots of two Nations: Why Trump Was Inevitable and What Happens Next” 2020, di Spencer Critchley, edito da Mc David Media, un editore americano indipendente. Il libro è facilmente ordinabile online. È interessante il tentativo di spiegare le ragioni di entrambi, dei due mondi in conflitto. L’autore dichiara di essere un “illuminista”, ma riconosce gli eccessi del globalismo; il vuoto, e lo scompenso creato da questa corsa a uniformare tutto; a stravolgere le vecchie abitudini, le radici culturali, le competizioni economiche e finanziarie, lo stravolgimento del mercato del lavoro, il “politicamente corretto”: un’ossessione anche nelle università, nei Media. Insomma: se si vuole provare a ricucire, in parte la spaccatura serve pazienza e ascolto delle ragioni di chi la pensa diversamente. Non tutti gli elettori di Trump sono razzisti, bifolchi, bigotti, e vogliono distruggere la democrazia americana. Una parte di questi può essere recuperata. Una attenta recensione di questo libro si può leggere sul sito di “The Saturday Evening Post Magazine” storica rivista americana. La recensione è di questi giorni.
Marino non posseggo un inglese così fluent, da consentirmi di leggere un libro impegnativo in lingua!
Puoi darmi/ci qualche stralcio significativo?
Scusami, Francesco, la rivista “The Saturday Evening Post Magazine” è un settimanale storico, è citato in un romanzo di uno scrittore che ho imparato a leggere in originale, anche se con fatica e pazienza, Richard Yates; il giornale esuate ancora, è online, e pubblica ottimi servizi dedicati alle due Americhe: trumpista entusiasta, tradizionalista, trumpista per disperazione; democratica, progressista e soprattutto urbana e costiera. Altri giornali americani scrivono saggi molto interessanti sull’argomento; il guaio è che spesso è necessario abbonarsi, per leggere m, ma non sempre. Conunque, per uscire dal cortile di casa, dal nostro mondo provincialotto, è necessario, credo, anche guardare e leggere altrove. Fatica necessaria. Segnalo: oltre i due o tre quotidiani principali, ottime riviste culturali e politiche come “The New York Review of Books”; “The New Yorker”; “The Boston Review”; ” The Atlantic”; “Politico”. Molte le inchieste, le riflessioni, e la qualità dei collaboratori è indubbia. Questo per quanto riguarda l’America. Ma trovo sempre nuove letture: la ricerca, mia, non è terminata. Ci sono anche i mensili religiosi, cattolici, protestanti, e la stampa conservatrice, della destra americana, e butto un’occhio anche lì.Da anni ruoto, studiando lingue, storia, letteratura di tre lingue straniere. Del resto, studiare sempre è necessario, per me, come respirare.
La CIA ha declassificato recentemente um documento dell’epoca della guerra fredda con l’URSS redatto nel 1991, in cui due scienziati russi hanno lavorato sul terreno della “percezione extrasensoriale” per ottenere informazioni usando solo la mente anche influendo su semplici oggetti. L’istituto russo, con base a Novosibirsk lavorò su alcuni volontari. Tra il 1987-88 circa tremila pazienti furono sottomessi a questo trattamento.
La notizia è citata sul quotidiano catalano “La Vanguardia”, che la riprende dal sito online Greenewald che ha avuto accesso a questa documentazione. È possibile che sarà ripresa perché curiosa, anche dai giornali italiani
Nulla di cui scusarti caro Marino, anzi grazie a te per la ricchezza del tuo ampio panorama di informazioni che offri al blog!
Curiosa e intrigante poi quest’ultina da Novosibirsk, luogo mitico citato all’epoca dal simpaticissimo Ferrini “comunista integralista” in “quelli della notte” di Renzo Arbore
Vedi gli studi e gli esperimenti del nostro Ferdinando Cazzamalli.
Anche in riferimento a questa declassificazione CIA e all’interesse, decenni dopo la sua scomparsa, da parte russa. E non solo.