Marino Pasini, il 31 Agosto postavi il tuo bellissimo (passato in quanto tale sui “Saggi – I Salmoni”) “CESARE PAVESE, I GRANDI ORIZZONTI E LE PARENTESI CHIUSE.” https://www.cremascolta.it/saggio/cesare-pavese-i-grandi-orizzonti-e-le-parentesi-chiuse/
Oggi in prima pagina del “Fatto Quotidiano” :
<SCADUTI I DIRITTI La grande corsa a ripubblicare i libri di Pavese>
Fine del monopolio Einaudi
A 70 anni dalla morte dell’autore, il catalogo diventa libero: chiunque può pubblicarlo. La gara è partita,a cominciare da “La luna e i falò”.
Massimo Novelli, scrive un bel pezzo il cui incipit “….Chi sarà il primo editore italiano a pubblicare nel 2021 un libro di Cesare Pavese?…” riaccende lodevolmente l’attenzione su chi è sicuramente “un classico” della letteratura Italiana.
ITALO CALVINO ha scritto che “un classico è un libro che non ha mai finito di dire quel che ha da dire”.
Avremo quindi l’occasione di continuare ad …..ascoltarlo!
Commenti
Cesare Pavese è stato un autore amato dai solitari, inquieti, con l’aria tristotta e una gran voglia di vita vissuta. Del mestiere di scrivere importava a lui trovare il senso del mestiere di vivere, e Pavese non passava giorno che questa domanda gli torceva l’anima, a lui che preferiva siatare sul lato buio della strada, ma anelava il sole, una famiglia, figli, la normalità. E così i lettori di Pavese, adolescenti irrequieti, anche imbranati hanno vissuto il suo vizio assurdo, facendoselo proprio; le depressioni, il difficile rapporto con le donne, la tentazione di trovar conforto in un Dio, o in un’altra chiesa, allora il Partito Comunista. Ma Pavese è stato soprattutto un intellettuale colto e attento alle novità come pochi del suo tempo. E i suoi scritti migliori sono di saggistica, le traduzioni, e le poesie. Pavese ha scritto versi magnifici.
Molto spesso i romanzi e i racconti di Pavese sono nei programmi scolastici; e forse questo è il motivo di nuove edizioni delle sue opere. Non credo che i giovani di oggi leggano per scelta Pavese. Ma se mi sbaglio, tanto meglio. C’è un certo recente interesse su di lui che è tornato a galla, che coinvolge la critica letteraria, i giornali. Ne ha parlato di recente più volte ‘Il Fatto Quotidiano” perché Travaglio è piemontese, e Massimo Novelli, anche lui piemontese è passato da “Repubblica” al “Fatto”, e di Pavese e Fenoglio si è più volte occupato.
“Non credo che i giovani di oggi leggano per scelta Pavese. Ma se mi sbaglio, tanto meglio”. E la caccia è aperta, ma forse i nuovi giovano lo scopriranno più in avanti, come io sto solo ora apprezando Pirandello, e allora. Già, e allora come al solito noi non ci saremo. Vuoi vedere che non ci sarà nemmeno Cremascolta?
Adriano hai ragione, il futuro è terreno su cui non so indagare, tanto meno le fortune letterarie del passato che magari torneranno a galla, inaspettate. Ci sono le riscoperte, o le scoperte tardive, anche letterati maltrattati a scuola e ora letti con più attenzione, con passione vera. Ognuno ha le sue ri-scoperte. In letteratura, capita continuamente. Autori di cui sapevo poco, anche niente. John Le Carre’, per esempio, da poco deceduto, che leggo nella sua lingua, ed è per me una fatica; il suo “The Constant Gardener”, il giardiniere fedele è scritto in lingua fiorita e complessa. Ho scoperto Pierre Lemaitre, scrittore molto letto in Francia, la cui trilogia dedicata alle due guerre mondiali e alla vita dei francesi prima, durante e nei dopoguerra, sono una lettura appassionante, agile anche in originale. Poi, un autore spesso fa da sponda a nuove scoperte mal frequentate da ragazzo. Vincenzo Consolo, scrittore siculo milanese, morto anni fa, che aveva casa in Corso Plebisciti, a Milano. Consolo è tra i migliori scrittori italiani degli ultimi anni. Grazie a lui ho riscoperto Giovanni Verga, Mastro Don Gesualdo, I Malavoglia, i suoi racconti. Poi, Richard Yates, il suo bellissimo “Revolutionary Road”, che acquistai anni fa in italiano, e terminato proprio ieri. Un romanzo folgorante.
Cesare Pavese, comunque è scrittore territoriale, con un grande orizzonte davanti, ma senza le sue Langhe, forse non sarebbe diventato Pavese. Le Langhe sono il teatro dove si muovono le sue storie, sono quasi tutto. Se fosse stato Cremasco, Cremonese dubito che gli stimoli per scrivere, ciò che ha scritto sarebbero stati la benzina per il suo mestiere di scrittore.
Il nostro paesaggio piatto, “flat”, Crema, il piattume che si fa noia del guardare, non a caso non ha fatto fiorire grande letteratura, se si fa eccezione del brillante Beppe Severgnini, che comunque è un giornalista, non scrive romanzi, poesie. Severgnini non è un intellettuale che rovescia il suo territorio nella scrittura, nel racconto e lo plasma. La fortuna di Severgnini è stata l’Inghilterra, non Crema, l’affinità sua con la cultura anglosassone. Nel Cremasco gira letteratura modesta. Perché non è vero che si può essere scrittori ovunque. A Melzo, Pozzuolo Martesana, Garbagnate Milanese non si diventa Manzoni. I luoghi sono spesso la chiave di qualcosa, materiale stimolante su cui si può lavorare oppure no. Dubito che Casaletto di Sopra sia materiale per la grande letteratura.
Marino, indipendentemente dal piattume della nostra malsana pianura, l’inserto Lettura del Corriere di domenica scorsa racconta un paesaggio di provincia, sconosciuto, e della letteratura a cui ha dato corpo molto interessanti. Io non escluderei che anche tra le nebbie del nostro paesaggio si possano nascondere voci che magari non pubblicano, o magari lo fanno sotto pseudonimo, che forse avrebbero qualcosa da dire. Sai, è solo un’ipotesi, ma plausibile. Anche il nostro territorio ha una Storia e forse tante storie da raccontare.
Il commento di Ivano giusto e calibrato è sostenuto da diversi articoli apparsi su giornali italiani e non. “Il ritorno alla campagna”; “La vendetta dei paisa’ “; poi commenti apparsi su settimanali, riviste come “Revue des duex mondes”, “Etudes”. Pare che 400mila parigini (dico parigini, ma forse, tra questi c’è chi abita a 50 km dal centro città, cioè ben più distanti di chi vive a Crema Nuova rispetto al quartiere Porta Romana di Milano); durante la pandemia sono scappati dalla metropoli rifugiandosi in campagna. Già vent’anni fa frequentai per ragioni familiari alcuni villaggi delle Midlands, a 45 minuti circa da Birmingham, Inghilterra. Questi villaggi avevano un misto di agricoltori, e professionisti ex-metropolitani:architetti, designers, un pittore; alcuni di questi si sobbarcavano l’avanti e indietro da Birmingham, pur di non stare nella cittadona. Tra agricoltori e professionisti c’era, mi dissero, poco o niente dialogo.
In letteratura, Sebastiano Vassalli che viveva nella pianura nebbiosa novarese, fra le risaie ha scritto quel bel romanzo che è “La chimera”
Forse è perché la vista in lontananza del Monte Rosa lo avrà stimolato. I cremaschi hanno solo un fiume, il Serio, serio solo di nome; e sta il fatto che il nostro territorio non stimola granché la letteratura. Colpa del piattume in vari aspetti? Può darsi.
“La revanche des campagnes”, la riscossa delle campagne è uno studio-ricerca pubblicato da “Le Monde Diplomatique”, il bel mensile della sinistra radicale. Lo si può leggere online, il numero è quello di dicembre.
Oppure attendere che venga distribuito in Italia, versione cartacea, da “il manifesto”.
Bah, una trentina d’anni fa, io e mia moglie abbiamo deciso di toglierci dalla città (o meglio, il “paesone” Crema!) per andare nel “paesino”, in campagna, Ripalta Arpina.
La chiudo qui, perchè, seguendovi, sono andato anch’io ….fuoti tema!
Tornando all’Einaudi, di Giulio Einaudi, i Coralli, il catalogo prestigioso di una grande casa editrice, Cesare Pavese non ha dovuto chiedersi cosa c’entra la famiglia Berlusconi con il catalogo dello “Struzzo”. La famiglia Berlusconi c’entra con la letteratura come Pavese ha cose in comune con le pagine culturali de “Il Giornale”, con le tv Mediaset.
Per quanto riguarda le Langhe, le belle colline, suggestive certo, che Pavese vedeva come mammelle, declivi sensuali e protettivi, che ci vedeva al di là delle colline il mare, è stata la città, Torino, poi Roma, la scuola. Dove s’impara. Dove le libertà civili sono fiorite. Poi, grazie alle città, vere città si può disperdersi ovunque. Pavese tornava alle Langhe, ma viveva in grandi città, come la grande maggioranza della letteratura di qualità.