La violenza rivolta verso il personale sanitario non è una novità, ma è diventata forse un problema da quando si è diffusa una sia pur giusta cultura della non violenza nella reazione. Ricordo bene che un tempo il capolinea degli Infermieri rissosi era il servizio in P.S., e lì, fra una baruffa e l’altra, stavano in fin dei conti bene!
Poi il quadro è degenerato: la perdita d’immagine del personale sanitario ha favorito questi “sfoghi d’ira” dell’Utenza, mentre la certezza di una controdenuncia in caso di reazione, con tanto di Associazioni a sostegno, ha portato alla passività.
Ma questa passività, sempre più tinta di malcontento, genera anche emigrazione!
E chi ci perde?
Non ho mai fatto pronto soccorso, e nessuno mi ha mai messo le mani addosso, ma a volte, nel momento già di per sé drammatico della comunicazione di morte, ho sentito quanto fossimo vicini a questo scambio di convenevoli.
E siamo al punto: forse ero difeso dal modo di fare empatico, dote che so di avere congenitamente, ma probabilmente anche dal ruolo, dall’immagine.
Ma quest’immagine si è sbiadita, essere un medico vuole ormai dir poco, un impiegato statale come tanti.
Quindi per altri Medici non è andata sempre così bene, e alla frustrazione dell’insuccesso professionale nel tentare di salvare una vita si è aggiunto a volte un occhio nero. E il discusso ruolo di Pubblico Ufficiale del Medico nelle sue funzioni non è stato certo un deterrente sufficiente.
Ma…grazie alla Covid, ci si accorge ora che senza Medici e Infermieri non si può stare! e qualcosa si muove.
Stralcio testualmente dal solito DottNet:
“Via libera senza modifiche in commissione Igiene e Sanità del Senato al Ddl recante disposizioni per la tutela della sicurezza degli esercenti le professioni sanitarie e socio-sanitarie. Il testo, già licenziato dal Senato il 25 settembre 2019 e lo scorso 21 maggio alla Camera. Ora attesa per lo sbarco in Aula a Palazzo Madama per l’approvazione definitiva.
In caso di aggressioni sono stabilite le pene di reclusione fino a 16 anni e sanzioni fino a 5.000 euro. Previsti protocolli operativi con le forze di polizia per garantire interventi tempestivi. Istituito anche l ‘Osservatorio nazionale sulla sicurezza degli esercenti le professioni sanitarie e socio-sanitarie presso il Ministero della Salute e che dovrà essere costituito, per la sua metà, da rappresentanti donne.
‘Oggi abbiamo fatto un altro passo importante verso l’approvazione definitiva del ddl del MoVimento 5 Stelle contro le aggressioni agli operatori sanitari’. Così, in una nota, la capogruppo del MoVimento 5 Stelle in Commissione Igiene e Sanità del Senato, Elisa Pirro, in merito al via libera ottenuto oggi in Commissione per il provvedimento “che ora andrà in Aula per avere il via libera definitivo”. “Si tratta – spiega Pirro-…”
Non ho inserito questa notizia commentata per spirito corporativo, ma in quanto di rilievo come momento di evoluzione sociale, e se fosse stata la volta dei Professori sarei stato altrettanto contento. Ho seguito attentamente l’iter formativo dei miei figli, e i colloqui con gli Insegnati, almeno all’epoca, non erano proprio riservati, anzi, quasi pubblici, e rispetto al contegno di certi genitori mi chiedevo: “ma come fa il Prof. a non buttarli fuori?”
Purtroppo a me i nervi non sempre hanno retto. Non ne sono certo fiero, ma, nonostante la stampa abbia mantenuto l’anonimato su certi episodi, sì, ero proprio io quell’energumeno che a volte intimava : “Fuori di qui!”
E ora che non devo più rispondere a un Direttore generale dei miei modi, non faccio fatica ad ammettere che la tolleranza ha proprio un limite, e sarebbe meglio non avvicinarsi a questa soglia! Un po’ di rispetto! non chiediamo altro. Non l’eterna gratitudine, che pure alcuni serbano.
Commenti
Da eroi a carnefici. Ho letto in queste settimane che gli attacchi al personale sanitario sono ripresi e una normativa è assolutamente necessaria. Finiti gli striscioni e gli applausi per l’impegno profuso in epoca Covid e il pericolo a cui medici e tutti gli operatori si sono esposti, si è ritornati al punto di prima. Passata la paura che poteva riguardare tutti, quando non ci interessa più, ce ne freghiamo. Allo stesso tempo capisco, ma non giustifico, certe intemperanze, magari solo verbali, che possono esprimere tutti. Chi più chi meno ha esperienza al Pronto soccorso dove la fragilità del malato induce a pensare di non essere sempre presi nella giusta considerazione e in tempi sopportabili. Ma qui si dovrebbe riparlare di educazione sanitaria: se vado al pronto soccorso per una cazzata è ovvio che tolgo tempo e spazio a chi sta peggio di me.
Vedi Ivano
il Paziente, ma ora si dice Utente, o addirittura cliente con una pessima traduzione dal’anglosassone customer, che già è una bestemmia, è un portetore di diritti, ma quello che li sbandiera, come del resto dici tu, è quello che se ne frega di quelli degli altri. La stessa irritazione dell’epoca mi prende quando sento le proteste negli uffici postali, dove certo il patos è incommensurabilmente minore. Capire, anche se fosse, perché un meccanismo si inceppa, richiede competenze. Poi improvvisamente si scopre, come dici tu, che il personale alla propria sicurezza sul campo, o ai tempi di recupero, naturalmente sa rinunciarci, come cosa scontata per la disparità assoluta fra il proprio problema di affaticamento o sicurezza e quello di chi gli sta di fronte, ma questo momento di illuminazine dura poco, il tempo di riaversi dalla paura della malattia.
L’unica soluzione non è la punizione, anche, ma sorattutto la riqualificazione dell’immagine. Ma ancora se sentissi dire a qualcuno “sono pagati per questo”… non so come reagirei.
I reati di percosse, di lesioni personali e tutti gli altri comportamenti criminali nei confronti degli incaricati di un pubblico servizio, per non parlare di coloro che svolgono la funzione di pubblici ufficiali, sono vergognosi e meritano sanzioni gravi. Sempre, dovunque e comunque.
Da sempre certi ruoli sociali hanno più responsabilità ma devono avere maggiore tutela giuridica.
Non credo però che il problema si risolva aumentando le pene oggi previste dal nostro ordinamento, soprattutto le pene massime, quelle del “fino a”. Anche l’ultima matricola di giurisprudenza sa che spesso è fumo negli occhi, fumo politico, fumo mediatico. Nell’ambito della “forbice edittale”, molte previsioni giuridiche si ricollegano infatti alla pena minima, a partire dai collegamenti con la condizionalità e con il trattamento carcerario. Molto interessanti, in proposito, sono alcune riflessioni recenti di Piercamillo Davigo, personaggio forse politicamente discusso ma sicuramente munito di cospicuo senso giuridico. Per cui, eccoci all’ennesimo “cazzeggio” parlamentare, su un tema che necessiterebbe di più giuristi con cognizione di causa e di meno dilettanti in sociologia e in scienze politiche, per non parlare di altri messi ancora peggio.
In ogni caso, il problema sta altrove, come per la maggior parte delle questioni che affliggono la nostra giustizia penale. Il problema, oggi in Italia, non risiede nel diritto sostanziale, anche in ambito criminale (dove comunque qualcosa da correggere ci sarebbe), ma nella procedura penale e nella legislazione che ha reso il processo penale un paese di bengodi per chiunque intenda eludere la meritata sanzione, usufruendo di mille e diecimila scappatoie, artifizi, temporeggiamenti, cavilli e pretesti, potendo contare su ruoli di difesa sufficientemente validi e professionalmente esperti in merito alle infinite pieghe e scorciatoie procedurali offerte a chi intende restare impunito, spesso fino alla prescrizione.
Ecco perché una riforma del diritto processuale penale (ma qualcosa di analogo si potrebbe dire in ambito civile e pure amministrativo) è ormai indispensabile e non rinviabile, beninteso in senso opposto a quello perseguito dai pasticci normativi e applicativi che oggi consentono di farla franca a troppi delinquenti.
Pietro vale quanto sopra: non è la pena né la certezza della sua giusta applicazione la soluzione.
Una società che funzioni deve contemplare la funzione non rinunciabile di certe figure chiave, e la loro conseguente tutela come patrimonio comune.
Arma a doppio taglio: anche una più severa sanzione in caso non di errore, da valutare secondo migliorabile, e già comunque migliorata, legislazione, ma di comportamento fraudolento. Altro che percosse in quel caso, per certa gente che gira, che ha pascolato anche per la città: non basterebbero le percosse, almeno la berlina, proprio in quanto medici.
Ma i paludamenti, le insegne della funzione pubblica, vanno protetti come chi li porta, nell’interesse comune, non perché quello è un cittadino con i diritti degli altri, ma perché non è come gli altri, come il Sindaco, il Vescovo, il Comandante dei Carabinieri, Quello dei Vigili del fuoco…
E non è snobismo, ma educazione civica.
Sono ormai circa 200 i denuncianti che aderiscono al comitato Noi denunciamo partito a Bergamo.Anche in altre città si stanno muovendo. Qualcuno addirittura, intervistato oggi da un tg, ipotizzerebbe anche di denunciare l’Europa.Verità e giustizia è il loro slogan. Credo che per verità intendano lumi sulla natura del Coronavirus, sul numero oggettivo di morti, sulle misure prese, credo non tanto il contenimento in sè, costituzionale o meno, e sulle terapie adottate. Per giustizia non so bene cosa possano intendere, magari a pensar male si fa peccato, ma….credo che non sarebbe strano se si traducesse in risarcimento. Quattro soldini fan sempre comodo. Quando le prime settimane eravamo tutti lì a riempire di elogi gli operatori sanitari che non sapevano da che parte cominciare di fronte alla natura sconosciuta di questa epidemia…poi poco per volta hanno imparato qualcosa e i morti han cominciato a diminuire. Morti gli ultimi si parte con le denunce. Ogni mondo è paese? Non so. Nella mia famiglia collaterale ci fu uno dei primi casi, irrisolto, ma a nessuno dei figli o moglie verrebbe in mente di aderire al comitato di Bergamo.
E menomale! Reagire alla paura con la sfiducia è disastroso, ma credo che ognuno abbia diritto a un’inchiesta, anche se fa perdere tempo e soldi.
Meno normale un pèolitico di Regione, non Lombardia, che per il decesso della madre in corsia ordina la condanna dei medici, che sono stati costretti a chiedere, e hanno ottenuto dal Giudice Istruttore una perizia da parte di Consulenti di altra regione. Fatto vero, in corso d’opera, ma non posso aggiungere altro.
Il comportamento dei Magistrati è comunque spesso contraddittorio, anche nei confronti della legge, ma qui torniamo al quadro tratteggiato da Pietro.
Mi sembra che si tratti di due problemi diversi, anche se entrambi riguardano il personale medico e paramedico e tutti e due possono presentare aspetti di rilievo sia in ambito civile che penale.
La questione della responsabilità professionale dell’operatore sanitario va inquadrata nel suo contesto e svolta di conseguenza.
Invece, i reati contro medici, infermieri e altri soggetti operanti nell’ambito della sanità pubblica (e per certi versi anche privata) non possono non essere oggetto di analisi, valutazioni e decisioni di natura innanzitutto criminale e quindi sanzionatoria.
Una cosa è un medico che sbaglia, nell’estesa gamma che va dalla colpa lieve al dolo grave.
Ben altra cosa è il delitto penalmente sanzionabile contro di lui, sia pure con tutte le implicazioni giuridiche e amministrative che oggi, purtroppo, impediscono in Italia di fare giustizia in modo equo, in tempi ragionevoli e con la dovuta certezza della pena.
In questa seconda fattispecie, ogni ulteriore considerazione sociologica, letteraria, di immagine, di natura culturale e di varia umanità, da sempre viene posposta, nelle comunità organizzate e nei consorzi civili degni di un minimo di coesione, alla corretta, solerte ed effettiva applicazione della norma e quindi del giudicato. Altrimenti la società è a rischio e le istituzioni perdono credibilità, con tutte le conseguenze immaginabili.
In tutta la faccenda mi si permetta di sottolineare l’importanza di una buona istruzione generica
Dici bene, Adriano: il problema non è corporativo perché è una tendenza diffusa. Siamo in una stagione in cui si rivendicano solo “diritti” (o presunti tali) senza “responsabilità”. Una qualche responsabilità ce l’hanno anche i mass-media che enfatizzano questi casi e, in questo modo, li amplificano.
Piero è risaputo che rinnegando il rapporto paternalistico per il contratto informato ci si è perso tutti, ma il potere medico andava limitato. Mamma mia cosa ne ho visto in tema di abusi, di spregio, di millananto credito!
Il rapporto non è ancora maturo. Mia moglie, al mio fianco, sente parlare di bioetica dal 74, ma ancora non ha equilibrio sufficiente per esprimere giudizi in certe vertenze medico/paziente, eppure ha una cultura di base discreta e specifica come assistente sociale in rapporti umani. Bisognerebbe parlare di questi problemi di rapporti molto presto, alle elementari!
Tutto è determinato dalle questione private, che in Italia diventano questioni di famiglia. Ho la colpa di non aver ringraziato il chirurgo dell’Ospedale di Bergamo che diversi anni fa mi ha operato di ernia discale. Zoppicavo, avevo una palla sgonfia alla mia chiappa sinistra, ero vicino a dire addio alle escursioni, un futuro che potevo essere fisicamente debilitante. Un futuro complicato. Questo chirurgo, di cui addirittura non ricordo il nome, roba da vergognarmi, mi ha rimesso in piedi; ho contribuito, è vero stringendo i denti; ho sopportato fastidi che sono proseguiti, ma alla fine il risultato è che sono quasi nuovo di zecca. L’ho ringraziato? No. Gli ho detto che ha cambiato in meglio la mia vita? No. In Italia, il problema è che troppi sono affezionati alle cause civili, anche spinti dalla quantità abnorme di avvocati che hanno bisogno di lavorare, e a cui le cause civili sono pane per i loro denti. Solo in un borgo-mercato come Crema c’è una quantità di avvocati sufficiente che potrebbe aiutare, a tempo perso, varie altre categorie, magari farsi volontari, spazzini due, cioè gli operatori ecologici, basta togliersi la cravatta e la camicia bianca, e rimettere a specchio vie, piazze, pure i vicoli. Nei momenti persi, quando non arrivano le denuncie di diatribe nei condomini. Così, i medici, i chirurghi se fanno la cosa giusta, è il loro lavoro, se qualcosa va storto, allora c’è la folla degli avvocati pronta e affamata di pratiche.
Certo Marino, ma capisco anche che di fronte a certe cose della vita si ha voglia di maledire il Padreteno stesso, figuriamoci il medico. Il malcostume, la dequalificazione della figura, è ormai dilagante, ma se penso a certi medici mi vergogno della classe. Il tempo non basta non è scusasufficiente per non stare dalla parte del paziente. Il comportamento empatico riduce di moltro il contenzioso. Invece i Pazienti si imbattono spesso in finti empatici che puntano al portafoglio come segugi.
Il problema, Adriano, è che sempre più gli utenti (?) sono inondati da informazioni più o meno corrette da parte dei social e sempre più pensano di saperne di più dei medici. Certo, c’è anche un problema di rapporto tra medico e paziente, ma mi pare che oggi i medici hanno preso le distanze da un certo modello di medico di qualche decennio fa: hanno un atteggiamento meno… professorale e più umano. Così, almeno, in base alla mia esperienza.
E non sei contento? Paracelso indossava il grembiulone dei minatori ed è stato un antesignano del rapporto paritario.
E il Montano (De Monti), tuttavia a Padova lanciava in contemporanea lo stile della lezione di clinicca medica al cospetto del paziente oggetto di discussione: la prima condivisione al mondo, il primo diritto alla visione della propria cartella, alla conoscenza del proprio stato. Un po’ presto l’inizio del ‘500 direi, ma il seme ha germogliato nei secoli.