Lock down io l’ho chiamato Il Retiro, in spagnolo, con una voluta allusione al Parco di Madrid dove il re Carlo III di Borbone portò da Napoli la preziosa arte della porcellana di Capodimonte, conosciuta e applaudita in tutto il mondo. Il Retiro con la Real Fabrica testimonia, tra la fine del ‘700 e l’inizio dell’800, una felice condizione di ricerca artistica con presenze eccelse tra architetti, disegnatori ed esperti della materia plasmabile, una esperienza completamente immersa in un magnifico parco cittadino, lussureggiante di essenze secolari, fiori e animali in armonia. Un luogo di innegabile ispirazione per una cinquantina tra artisti e operatori ed esperti. Ma mi immagino come si nutrissero anche i semplici cittadini di Madrid che avevano davanti agli occhi un sogno che nasceva lì, da lì partiva e viaggiava nel mondo, e loro lo toccavano con gli occhi e le mani.
Il Retiro è divenuto per me una metafora che mi ha pure ispirato un progetto internazionale d’arte in corso.
Il periodo che ci ha tenuti in ritiro, evidenziando, e chi di noi non se n’è accorto?, un alleviamento della pressione dell’attività umana sul pianeta, ha prodotto una conseguente riconquista di respiro del mondo vegetale e animale.
Quel respiro che il Covid toglieva all’uomo, ai suoi polmoni ammalati, ha fatto sì che l’aria si pulisse e il nostro respiro fosse più fluido. Chi è affetto da asma, come la sottoscritta, ha sentito un giovamento immediato. Chi ha potuto, nella fortuna di uno spazio verde, stare vicino a foglie, alberi e animali, mi ha raccontato di incontri speciali, di vere meraviglie, con la vita delle piccole creature che si manifestava lontano dai gesti violenti e distratti del quotidiano nelle occupazioni ordinarie.
La rigogliosità di alberi e cespugli che hanno goduto dell’assenza delle odiose potature da guerra, ha attirato specie mai viste di insetti e uccelli. Upupe, codibugnoli, codirossi, verzellini si sono avvicinati alle nostre verdi abitazioni a costruire nidi mai visti. Conigli selvatici, leprotti e ricci hanno potuto ripercorrere le loro rotte prendendo confidenza con i percorsi normalmente molto pericolosi delle nostre strade asfaltate.
E oggi lentamente la “ripresa”. Ci chiediamo in tanti come sarà nelle nostre città. Abbiamo esperienze vicine che raccontano di decisioni forti rispetto al progetto del verde urbano.
Io, che continuo ad amare lo sguardo visionario e pratico con cui Tonino Guerra entrava, con le sue parole e immagini, a capofitto nei reticoli delle maglie amministrative, con cui si rivolgeva a sindaci e tecnici comunali per distrarli dalle routine e portarli a vedere sogni utili e possibili, voglio farvi leggere uno dei tanti AVVISI che il poeta ha inviato al Sindaco di Santarcangelo. Tanti sono i suoi Avvisi raccolti in un libro, val la pena leggerli, sono anche divertenti.
Caro Sindaco,
è ora che tu cominci ad ascoltare le voci che sembrano inutili, bisogna che nel tuo cervello occupato dalle lunghe tubature delle fogne e dai muri delle scuole e dagli ospizi e dall’asfalto e dai ferri e dalle pillole per gli ospedali, bisogna che nel tuo cervello pratico e attento soprattutto ai bisogni materiali, bisogna che entri il ronzìo degli insetti. Devi pregare che su questa piazza arrivino le cicogne o mille ali di farfalle, devi riempire gli occhi di tutti noi di cose che siano l’inizio di un grande sogno, devi gridare che costruiremo le piramidi. Non importa se poi non le costruiremo. Quello che conta è alimentare il desiderio, tirare la nostra anima da tutti i lati come fosse un lenzuolo dilatabile all’infinito… Ecco che arriva la nuvola di farfalle, ecco che tutti abbandoniamo la sedia di casa e lo stretto cannocchiale delle finestre. Stiamo tornando al centro della piazza per godere assieme questo spettacolo. I grandi godimenti sono quelli che si provano succhiando la meraviglia che esplode. Solo così può nascere la bella favola del nostro e del tuo paese. Bisogna tornare a essere bambini per governare!
Ci sono anche riflessioni che arrivano da pubblicazioni di autorevoli studiosi, contributi meno poetici ma altrettanto utili e necessari in questi giorni, proprio perché la ripresa non significhi tout court la perdita di quel respiro leggero di benessere che il Retiro, pur nel grande dolore, ci ha fatto conoscere. E il fantasma della crisi economica non ci faccia smarrire la consapevolezza delle nostre responsabilità. Riporto di seguito stralci di un intervento del professor Francesco Ferrini, un suo scritto del 2018.
“Le aree urbane stanno diventando sempre più congestionate e inquinate e, in questo scenario, le aree verdi urbane offrono una vasta gamma di servizi ecosistemici che potrebbero aiutare a combattere molti dei problemi “urbani” e a migliorare la vita degli abitanti della città, con particolare riguardo alla salute. Se è pur vero che le aree verdi possono variare in termini di dimensioni, copertura vegetale, ricchezza delle specie, qualità ambientale, vicinanza ai trasporti pubblici, strutture e servizi, le ricerche hanno ormai ampiamente dimostrato che anche il singolo albero può apportare dei benefici nella sua area d’influenza.
“… I servizi ecosistemici forniti dalle aree verdi, soprattutto da quelle in cui la componente arborea è predominante, non solo sostengono l’integrità ecologica delle città, ma proteggono la salute pubblica dei cittadini filtrando l’aria, rimuovendo l’inquinamento, attenuando il rumore, riducendo l’escursione termica, limitando l’effetto battente della pioggia e favorendo l’infiltrazione graduale delle piogge. Le foreste urbane e la copertura verde, sensu lato, moderano anche le temperature fornendo ombra e raffreddano l’aria tramite la traspirazione, contribuendo così a ridurre il rischio di danni diretti determinati dalle elevate temperature e di disturbi e patologie correlati al caldo”.
È più recente, del giugno 2020, questa successiva relazione sempre del professor Ferrini, di cui riporto alcuni passaggi chiave, non certo tranquillizzanti ma fondamentali per invitarci a rendere meno apatici i nostri comportamenti.
“Credo che siamo tutti d’accordo nel dire che viviamo in un momento unico nella storia. Non è come una guerra o una recessione economica, dove sai che le cose andranno male per alcuni anni, ma alla fine miglioreranno. Mai prima d’ora abbiamo saputo che il deterioramento non solo dei nostri paesi, ma del nostro intero pianeta, continuerà per il prossimo futuro, indipendentemente da ciò che facciamo. Come dice Attenborough, possiamo (e dovremmo) lottare per rallentare la velocità con cui le cose peggiorano, anche se non possiamo realisticamente sperare in un miglioramento.
…
E non possiamo continuare a pensare che la crescita di un paese la si misuri solo con l’aumento di PIL. Alcuni ricercatori di Stanford affermano che non è necessario sacrificare le priorità ambientali per raggiungere la prosperità economica. La crescita verde offre approcci basati sulla natura per un futuro sostenibile anche economicamente.
Tuttavia, i piani di sviluppo economico spesso trascurano un dettaglio cruciale: gli ecosistemi che forniscono servizi essenziali alle persone. Sempre più, tuttavia, i leader del mondo accademico, finanziario, dello sviluppo sostenibile e del settore privato concordano sul fatto che la natura è un motore chiave della prosperità economica. Ora stanno cercando strumenti e indicazioni affidabili per implementare la crescita verde.
Ci sono storie di successo da tutto il mondo riguardo alla “Crescita verde che funziona” cioè una politica che ponga al primo posto il capitale naturale ma non dimentichi, anzi incoraggi gli investimenti finanziari in tutto il mondo”. Per soddisfare le esigenze di quei leader che desiderano attuare strategie di crescita verde, la letteratura è piena di tecniche comprovate per la pianificazione e l’attuazione di uno sviluppo economico che abbia un senso ambientale e anche sociale. Non dobbiamo e non possiamo lasciare nessuno indietro.
Che cosa significa allora “crescita verde inclusiva”? significa migliorare il benessere delle persone e della natura, allo stesso tempo. Significa attuare approcci che riducano la povertà e aumentino l’accesso all’istruzione, all’assistenza sanitaria e alle infrastrutture, mentre investiamo nelle risorse naturali dalle quali dipendono i nostri mezzi di sussistenza, salute ed economie: il nostro capitale naturale. Sappiamo che concentrarsi solo sulla crescita economica o sulla sola conservazione non ha successo a lungo termine. Per raggiungere un futuro con prosperità condivisa, abbiamo davvero bisogno di incorporare tutte le fonti di capitale, comprese quelle naturali e sociali, nei nostri piani di sviluppo economico.
Flora
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Ieri tornando da un giro in bicicletta, tra Capergnanica e Crema ho fotografato quattro ibis. Certo non autoctoni, ma da alcuni anni si vedono, come sono ormai tantissime le garzette che sembra di essere in Camargue. L’estate scorsa uno storno di cicogne a ridosso del cimitero di Cremosano. Milano, la Biblioteca degli alberi, oltre a sdraio e ombrelloni, ha visto fiorire un intero prato con fiori di campo. Sempre ieri mattina i piedi immersi nell’acqua di fontanile del Santuario delle fontane verso Abbadia Cerreto. Mi pare che ormai questo bisogno di verde sia esploso con una sinergia però non ancora conclamata tra cittadini e Istituzioni, nonostante alcuni esempi confortanti. Al cimitero davanti ai marciaipiedi dei loculi si stanno allestendo giardinetti curatissimi che di anno in anno si moltiplicano. I balconi si riempiono non solo di gerani, ma anche di quasi alberi. Mi pare che la cultura del verde stia man mano prendendo piede. Finalmente in molti hanno capito che il verde, bello da vedere, é fondamentale per il nostro futuro, con grandi aree del pianeta che stanno desertificandosi. Fosse anche un mazzo di fiori nel cestino della bicicletta, è un gran bel vedere. Se sopraffatti dallo stupore, fosse l’esotico degli ibis o il colore delle petunie, abbiamo ancora qualche speranza. Non solo i grandi nomi mediatici delle crociate ecologiche, ma la sensibilità di ognuno di noi.
Il tracciato della via è ottimo, e ogni foglia in più, ogni cinguettio o fruscio fra i cespugli, è un saluto dell’Universo normale, quale lo stavamo dimenticando.
Mancano tuttavia almeno tre fattori essenziali per il futuro dei nostri figli: l’ampliamento drastico del verde non antropizzato, e questo si ottiene con un cambio di mentalità ed investimenti: l’associazione alla coltivazione orizzontale di quella verticale e negli ambienti industriali dismessi, ma soprattutto la riduzione progressiva di bisogni in foraggio e trinciato per alimentazione animale, e poi un’inversione di rotta sui programmi turistici! La montagna agli orsi, che facciano pure la tana nei nostri paesi abbandonati, altro che piani di riconversione in alberghi diffusi!
Questo elemento dipende tuttavia fondamentalmente dalla riduzione dell’impatto numerico antropico. Passi che Cremona ieri abbia festeggiato le quindici nascite, non faccio il guastafeste, ma ricordiamo che si tratta dell’unica città la cui illuminata Amministrazione sta facendo una propaganda per la denatalità, il che dovrebbe essere la regola! Intendiamoci gli aiuti per la natalità non vanno in senso opposto, perché un supporto economico vuol dire che fare figli non è un fatto da ricchi, il che ridurrebbe la diversità genetica, non farne di più.
Terzo fattore direttamente il nocciolo dell’economia, ma a parte i piani di investimento parlerei anche di educazione dell’infanzia a dare il giusto peso alle ambizioni di carattere economico. Ho due nipoti, e sentendoli già , in età scolare, far discorsi di guadagni per il loro futuro mi si drizzano i capelli in testa. Cerco di far loro vedere le cose in altra maniera: che il guadagno è un prodotto accessorio del valore che si dà alla propria persona, una sorta di riconoscimento in più, ma è dura da solo!
Cresciuto in una delle più vecchie foreste laziali ora rasa praticamente al suolo, vivo il verde con nostalgia, intendendo il grande verde, quello dove la luce non passa, e quindi grazie Flora, per quest’omaggio di balsamo verde.
Parliamone ancora, fin tanto che la gente lo desideri sempre di più.
Adriano, credo che l’importante intervento di Flora, sia ricco di spunti che possano/debbano trasformarsi in indicazioni anche oprative concrete da porre in essere sul nostro territorio. Le tre cose “che mancano”, come dici tu, non devono affatto oscurare le molte cose che “ci sono”, prima tra tutte quella che fa riferimento al professor Francesco Ferrini, nel suo scritto del 2018 (in tempi non sospetti quanto a Covid!) dove centra l’attenzione sulle aree verdi urbane con tutti i riflessi conseguenti in termini di qualità di vita in città.
E’ un tema che ci è caro, a CremAscolta, che ci aveva fatto muovere nei confronti dell’Amministrazione Comunale, anche attraverso la disponibilità di appassionati ed esperti del settore, individuando come primo concreto ambito di intervento quello di un censimento sistematico del “verde” in città, elemento di conoscenza base di ogni successivo intervento quanto a manutenzioen e integrazione nonchè progettualità complessiva nel settore.
Ma è il tema di fondo, quello sintetizzato nel titolo del post: “Crescita verde inclusiva”, quello su cui va sintonizzato ogni intervento di una gestione avveduta e moderna di chi ha la responsabilità di progettare il futuro della città nel territorio, tanto ben delineato nel paragrafo conlusivo della relazione del prof. Ferrini, che chiude anche il post di Flora.
Un post che introduce un vero e proprio cambio di paradigma rispetto al tema della “crescita” in parallelo a quello della “qualità di vita”, proprio quella qualità di vita che, magari nostro malgrado, siamo stati “costretti a modificare” con la pandemia.
Un tema che non può non convolgerci, anche personalmente nel nostro agire quotidiano, quanto ad attenzione, a saperci mettere in sintonia, a “saper vedere”, (ed il commento di Ivano andava proprio in questa direzione) quello che troppe volte, stoltamente lasciamo passare attorno a noi quasi non esistesse.
Alle Amministrative di domenica in Francia gran successo dei verdi che in Italia non hanno mai attecchito.
Come ce lo spieghiamo?
Ottima domanda.
Sarà forse inelegante riferirsi a proprie precedenti argomentazioni ma trovi, caro Presidente, le mie quattro risposte nel testo “Bianco, rosso e ……” del 3 giugno 2019 e in alcuni dei commenti successivi.
Non mi sembra che le cose siano cambiate.I
L’ecologia, l’ambientalismo, la passione per l’ambiente naturale, il paesaggio, è nata e cresciuta nelle grandi città. E’ frutto della cultura urbana. Per questo gli agricoltori, i coltivatori diretti, la gente nata e da sempre vissuta in campagna vedono gli ambientalisti con occhi storti. Con qualche ragione.
I partiti “verdi” hanno avuto più forza e consenso nelle grandi città europee, nei quartieri benestanti, dove la priorità del lavoro, del pane, non è la priorità regina, ma è secondaria.
I partiti “verdi” come quello tedesco, quelli francesi, hanno personalità, capi partito che attraggono consensi non solo tra i giovani (classico serbatoio “verde”), anche tra gli attempati di cultura medio-alta.
La sinistra italiana riformista e radicale ha saccheggiato, ha fatto suo alcuni temi ecologisti, spesso smentiti nelle amministrazioni locali.
La destra europea, come quella francese si sta rendendo conto che i temi ambientali diventano sempre più importanti, che le giovani generazioni sono sensibili all’ambiente. Non è un caso che il nuovo partito di Marin Le Pen in Francia, o diversi partiti liberali di destra in Europa Occidentale hanno cominciato a considerare l’ecologia non un danno, un ostacolo per il lavoro delle associazioni contadine, per l’edilizia. Ma è un fatto che l’ambientalismo è un tema da sempre a cuore dei progressisti, i liberal, a chi batte il cuore a sinistra.
L’Italia è da sempre politicamente all’avanguardia del peggio (però oggi, l’Italia è superata nel peggio dal Regno Unito-disunito); ha fatto strada con il fascismo, il berlusconismo, e il leghismo nostrano di Salvini è visto come ottimo esempio dall’Ungheria, alla Russia, ai nazionalisti di Farage in Inghilterra. Del meglio della politica europea, l’Italia ha cercato di copiare, imparare, rincorrere temi svezzati altrove.
Siamo un paese vecchio, dove i giovani contano poco o niente. Nei giornali certe mummie non si scollano dalla sedia, neanche a pregarli. Anni fa, a Londra, entrando alla sede BBC World Service con un amica che lavorava a una trasmissione radio ho visto le facce dei redattori al lavoro, che trasmettevano in tanti paesi in varie lingue. Sembrava una scuola universitaria: ventenni, trentenni, in minoranza quelli oltre i quarant’anni.
Da noi contano ancora i Clemente Mastella, i Vittorio Sgarbi, Ignazio La Russa, Giorgio Napolitano, Silvio Berlusconi. Quindi, un partito “verde” in un paese di vecchi, fatica a trovare spazio.
“crescita verde inclusiva”, un concetto che è un monito, uno stile, una priorità che deve partire dalle cose a noi più vicine, dalla critica costruttiva di ciò che ci circonda più intimamente, la nostra città. Penso che questo post andrebbe visto come un punto di partenza per una raccolta di idee, idee che nella sua miglior tradizione il blog possa dotare di forza d’impatto per poterle portare avanti.
Più volte abbiamo ricordato che non è vero che “tanto fanno sempre come pare a loro”, lo abbiamo dimostrato incidendo su processi che già sembravano avviati su una direzione univoca. La forza delle idee, il pallino del gioco, è ancora nelle mani degli individui, e una Comunità è più di una somma di individui. Mi auspico da qui l’apertura di una nuova stagione, che chiamare semplicemente verde è minimizzante, in quanto il termine “inclusiva” ci è stato spiegato quale concentrato di valori che coniugano già dalla prima applicazione pratica più obiettivi con risultato di un godimento immediato e di prospettive di salvezza; sì, un termine che ormai è inutile cercar di evitare.
Avete mai visto in uno dei cortili degli Stalloni quei quattro tigli ( forse altro) potati da far cupola sopra il quadrato dei muri? Architettura di loro, verde. Addomesticati, ma bellissimi.
Gli Stalloni, una delle battaglie in cui Cremascolta ha profuso tante energie per non arrivare a nulla. Un censimento delle piante storiche della città e territorio non sarebbe una cattiva idea, ma forse c’è già?
Magari dar loro un nome di battesimo, dei titoli, un po’ di yankee, ma accentrerebbe l’attenzione.
In verità non sono alberi secolari, ma un bell’ombroso vedere. Il primato e la gloria lasciamole/i al Cedro del Libano di palazzo Premoli.
Adriano, il Censimento è uno strumento utile e indispensabile per tracciare la mappa cittadina degli alberi importanti ahimè ormai pochi rimasti. Se ne è parlato troppo è mai realizzato. Questo ha autorizzato comportamenti aleatori con abbattimento di alberi sani bellissimi e per nulla pericolosi. Bisogna essere perseveranti ma anche parallelamente bisogna strutturare un’idea di verde urbano inclusivo. Ribadisco il concetto di inclusivita’ perché spesso si fraintende la interrelazione tra uomo e verde spostando l’attenzione sul mero piano del decoro urbano.
Alberi importanti in città sono stati sostituiti da alberelli da fiore che ben poco avranno azione favorevole al miglioramento della qualità dell’aria. Incidere sulle scelte amministrative significa anche fornire occasioni formative e conoscitive per i tecnici preposti. Parallelamente vanno programmate azioni educative per la giovane popolazione scolastica. Esempi ne abbiamo attorno tanti. Piccole realtà già operative in città vanno conosciute, integrate e incrementate.
Brava, Flora: un progetto suggestivo. Un progetto ancora più impellente dopo il Covid. Se è vero (come è vero) che abbiamo saccheggiato il pianeta, distrutto la biodiversità, cancellate le nicchie dove vivevano certi animali (che poi ci hanno trasmesso il virus), fino a quando dovremo rinviare il tempo della svolta, di girare pagina, di tornare rispettosi della natura (e degli uomini, tutti gli uomini).
Gentile Flora, è proprio così che dice lei: alberi imponenti e bellissimi, utilissimi per la qualità dell’aria, a far ombra d’estate sono stati sostituiti con alberelli da fiore. Una scelta da ottusi. Con quale risultato? In Via Bacchetta, la via martoriata, con costi assurdi,ed altri soldi che stanno spendendo, e il risultato che due-tre volte la settimana passa la “botte” comunale a dar acqua agli alberelli stentati, alla “nursery” degli alberi di Giuda. Hanno dovuto puntellarli, poi metterci il fiocchetto intorno, e hanno già ribaltato le zolle delle aiuole due volte, l’ultima oggi, un impresa di giardinaggio di Osio Sotto. Tanti soldi buttati, continui interventi. Ma è meglio che non mettano mano ai bagolari della restante Via perchè non sanno potarli. Farebbero danni. Nella via di fianco a Via Bacchetta sono caduti anni fa tre alberi, durante un vento eccezionale e mai sono stati ripiantati. Da casa vedo un moncone di albero di Giuda, mai ripiantato. Forse lo faranno nel prossimo secolo. Adesso debbono preoccuparsi della “nursery” e dar loro in continuazione il biberon, che fa tanto caldo.