Riceviamo da Beppe Ruffo e, volentieri pubblichiamo sul blog.
In tema di “ripartenza” ogni incentivo a ripartire, ma con il “piede giusto”, non solo è ben accetto, ma devvero utile!
CAMBIAMO “ARIA” BUONE PRATICHE “PUBBLICHE”
Arrivato nei primi giorni di Marzo nelle case di alcuni cittadini cremaschi, lasciato probabilmente in qualche angolo a causa della “Pandemia”, la casualità ha permesso di ritrovarlo tra i giornali prima di conferirli. E’ un librettino semplice, poche pagine, quadrato, colori tenui, che invita a conoscere le cause dell’inquinamento e le buone pratiche da adottare. Suddiviso in una parte descrittiva su cos’è l’inquinamento sul perchè siamo inquinati e da cosa è composto l’inquinamento, gli effetti sulla salute e cosa si può fare come cittadini. Sto scrivendo di “Cambiamo Aria – Buone pratiche per ridurre l’inquinamento atmosferico, edito dall’Area Omogenea Cremasca e dal Comune di Crema.
Nella prima pagina viene scritto che, in quanto cittadini, non possiamo chiamarci fuori, sentirci estranei o vittime del cambiamento climatico. Qui inizia il primo scostamento con le responsabilità che sono a più livelli. I cittadini, le amministrazioni locali, il Governo, la Comunità Europea, le Istituzioni Internazionali. Se l’inquinamento è il prodotto dalla somma di tutte le nostre scelte, frase celebre di Totò “è la somma che fa il totale”, gran parte delle quali non sono obbligate. Mentre per la comunità locale non può bastare un generico (le amministrazioni locali dovranno sempre più coordinarsi), perchè presuppone, da parte di un’amministrazione locale, non aver ancora ben chiaro la portata dei cambiamenti climatici in atto.
Cittadini consapevoli che adottano buone pratiche, già ci sono, e cercano di lasciare un’impronta sempre meno pesante su questo pianeta. Tra di ess,i molti giovani che lo testimoniano con la loro ostinazione ed alterità, occupando la scena pubblica, anche internazionale, invitando le istituzioni pubbliche ad avere coraggio a cambiare, perchè si è già raggiunto un punto di non ritorno. Il debito con l’ambiente, calcolato in base al Global Footprint Network è suonato, per il nostro paese, il 19 di Maggio 2019. Cinque giorni dopo quello europeo ma due mesi e mezzo prima di quello ufficiale a livello planetario. Questo è dovuto ad un insensato ed eccessivo consumo di risorse primarie che lascerà sempre meno risorse per il futuro.
Nel lontano 1972, veniva pubblicato il “Rapporto sui limiti dello sviluppo” commissionato dal Club di Roma al MIT in cui si evidenziava, tra le altre questioni, “che se non si modificava il tasso di crescita dell’industrializzazione, dell’inquinamento, della produzione di cibo e dello sfruttamento delle risorse, si arriverà ad un momento di un declino improvviso ed incontrollabile della popolazione e della capacità industriale. E che, era possibile modificare i tassi di sviluppo e giungere ad una condizione di stabilità ecologica ed economica e sostenibile anche nel lontano futuro, mentre lo stato di equilibrio globale dovrebbe essere progettato in modo che le necessità di ciascuna persona sulla terra siano soddisfatte, e ciascuno abbia uguali opportunità di realizzare il proprio potenziale umano”.
A distanzi di decenni quelle previsioni sono confermate dalle due recenti relazioni intergovernative promosse dall’ONU, quella del 2018, dell’IPCC (Gruppo intergovernativo di esperti sui cambiamenti climatici), sugli impatti del riscaldamento globale di 1,5°C rispetto ai livelli preindustriali e sugli andamenti correlati delle emissioni globali di gas serra. Quella del 2019, dell’IPBES, su “Rapporto di valutazione globale su biodiversità e servizi ecosistemici”, dove viene scritto che “almeno un milione di specie viventi sono e saranno in via di estinzione da qui ai prossimi decenni”, su un totale di 8 milioni di specie esistenti al mondo. Il tasso totale di estinzione delle specie è oggi a un livello che supera dalle decine alle centinaia di volte la media del livello di estinzione verificatasi negli ultimi 10 milioni di anni.
Nella classifica europea dei paesi più inquinanti, l’Italia risulta al 2° posto, dietro alla Romania, stando ai dati del World air quality index, il progetto internazionale che misura in tempo reale lo smog in tutto il globo. Se dovessimo estrapolare solo il dato della Pianura Padana, saremmo al primo posto, per l’inquinamento atmosferico, per quello luminoso e da rumore. L’ultimo rapporto dell’AEA (Agenzia Europea per Ambiente), ci attesta in testa alla classifica per morti premature causate dal biossido di azoto, con circa 14.600 vittime, e dell’ozono (3000 decessi), mentre al secondo per il particolato fine PM2,5, responsabile di ben 58.600 decessi“. L’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS), calcola per l’Italia, confermando così di dati dell’AEA, in 80 mila morti premature per queste cause. Si dovrebbe poi stilare il calcolo del numero di persone che si ammalano.
Mentre, per quanto attiene all’attuale crisi climatica, pur non escludendo del tutto cause naturali, in particolare l’attività solare, la maggior parte dei climatologi ritiene che l’attuale incremento delle temperature sia da imputare alle emissioni di gas serra prodotte dalle attività umane. Tra i principali gas serra, l’anidride carbonica CO2 (69%) data dai combustibili fossili, gli ossidi di azoto NOx (16%), concimazioni azotate (80%) motori diesel…e il metano CH4 (13%), allevamento e agricoltura (34%), produzione e trasporto di carbone, gas naturale e olio minerale. Una distinzione è necessaria tra metano biologico ( emesso dai ruminanti, dalle paludi, dalle discariche), che è sempre stato presente in atmosfera, e quello immesso dalla combustione ed estrazione di origine fossile, che ha superato in quantità emesse quello di origine biologica. Diviene controproducente far circolare i mezzi pubblici, con su scritto “il metano ti da una mano”, perchè l’effetto ottenuto è opposto a quanto auspicato.
Per quanto riguarda la CO2, dai dati rilevati dall’Osservatorio di Manua Loa, alle Hawaii, siamo passati da una concentrazione in atmosfera di 220 ppm (parti per milione), a partire da 800 mila anni fa (dati desunti dai carotaggi di ghiaccio in antartide fino all’avvento dell’era preindustriale (1750), alle attuali 416,03 ppm, dalla rilevazione del 5 Aprile 2020. Confrontando il dato, con quello del 5 Aprile 2019, si evince un incremento del 3,88 su base annua, in base alla “Curva di Keeling”.
Mentre le temperature medie sono ormai superiori a quanto stabilito negli accordi di Parigi del 2015, che prevedevano di contenere l’aumento medio di 1,5°C entro il 2030. Il 2019, è stato l’anno più caldo da quando sono iniziati i rilevamenti delle temperature “1880”, con temperature medie di 2° rispetto al periodo preindustriale, ad affermarlo è l’Organizzazione meteorologica mondiale. Nei territori montani, gli aumenti medi delle temperature sono già più elevati, così come registrato dai rilevamenti effettuati e lo scioglimento dei ghiacciai è l’effetto più visibile, ma è tutto l’ecosistema che si sta già alterando.
Al pianeta servono 0,9 miliardi di ettari di copertura forestale per poter catturare quei 205 miliardi di tonnellate di carbonio, i due terzi delle 300 miliardi di tonnellate extra, immesse in atmosfera dalle attività umane dalla Rivoluzione Industriale in poi.
Alla città compete la creazione di 4,24ha di nuovo bosco/foresta, al cremasco 19,28ha.
In questi ultimi anni, piuttosto che interventi di buona manutenzione, abbiamo visto abbattere piante, anche quando non del tutto necessario, “nella logica che il verde va affrontato più dal versante dei problemi piuttosto che dai servizi che produce”. Oltre a tagli drastici, si è evidenziata una scarsa conoscenza delle caretteristiche botaniche e fisiologiche, si è ridotta la biodiversità e la gamma di servizi ecosistemici. Le potature, oltre a non dover essere obbligatorie, devono rispettare l’architettura delle varie specie ed avere un progetto e un obiettivo di medio e lungo periodo. Le piante imponenti, sono state sostituite da essenze più adatte ai giardinetti privati, lasciando oltretutto le aiuole sottostanti in condizioni disastrate. Queste nuove piante assorbiranno pochissima CO2, non proteggeranno dal caldo eccessivo in estate e non attenueranno il freddo d’inverno. Alcune vie della città, in estate erano tunnel vegetali, vere e proprie “cattedrali naturali”. Nelle aiuole, perimetrandole, andrebbero reintrodotte le siepi tipiche della pianura, per ricreare una biodiversità urbana ad alta funzionalità ecologica, utile per piccoli mammiferi, uccelli, insetti e per la micro fauna. Si potrebbero piantare a questo scopo: il biancospino, il viburno, il corniolo, la frangola, il sanguinello, lo spino cervino, il prugnolo, la frangola, solo per citarne alcuni.
E le piante, quali più adatte agli scopi descritti in precedenza?
Secondo l’Istituto di Biometeorologia (Ibimet), quelle più adatte ad assorbire nell’arco di trenta anni, 2 tonnellate di CO2 ciascuna e a mitigare gli effetti dell’inquinamento e del particolato, sono: il Bagolaro, l’Olmo e Frassino comune, il Tiglio selvatico e nostrano, l’Acero riccio, il Cerro, il Ginkgo (unico esemplare sopravissuto di un antico gruppo di piante ormai estinte). E poi, ritornare a piantare, come un tempo, piante da frutto.
Ripensare alla festa dell’Albero, come occasione per costruire un progetto, in sinergia tra l’Ente Locale, le scuole di ogni ordine e grado, perchè l’ambiente è patrimonio di tutti, in collaborazione con l’Istituto di Agraria, per definire, le aiuole, le aree marginali, dove piantare le essenze regalate dal Parco del Serio.
Tra le conseguenze riconducibili alla perdita di ambiente, di biodiversità, di sfruttamento irrazionale delle risorse, di conseguente mutamento o crisi climatica in corso con surriscaldamento del pianeta, possiamo annoverare le pandemie di questi ultimi anni, Sars, Mers e quella attuale che sta interessando, a differenza delle prime due, tutti i paesi della Terra. Di questo rischio ne parlavano già negli anni e mesi scorsi, organizzazioni scientifiche internazionali ed economiche, purtroppo nel disinteresse generale. Diviene quindi urgente invertire la tendenza con tante azioni, sia piccole che grandi per evitare di metterci, nei confronti del disastro ecologico al pari di ciò che Hannah Arendt, aveva definito la “banalità del male” nei riguardi dello stermino nazista, solo che oggi non sembra esserci nessun colpevole. E ciò che sta avvenendo non può non interrogarci, perchè spesso, le nostre “banali” azioni quotidiane ne sono la causa.
Se concordiamo sui dati della comunità scientifica, diviene indispensabile ed urgente adottare politiche adeguate alla sfida della crisi climatica, iniziando dal locale, luogo ideale per assumere comportamenti virtuosi per un’amministrazione che vuol essere attenta e contribuire a ridurre il proprio impatto sull’ambiente. Se aggiungiamo anche una corretta informazione, i cittadini, divengono incentivati ad adottare buone pratiche, a modificare abitudini e stili di vita, adeguandoli al tempo che stiamo vivendo.
E però, constatiamo come in questi anni il comportamento del singolo cittadino o gruppi di cittadini che si informano, che scelgono, che adottano, non riesce a veicolare un’incidenza immediata sulle scelte politiche. E’ un bagaglio di conoscenze e scelte concrete che resta individuale o al più di piccoli gruppi e che fatica ad essere assunto nell’agenda pubblica. Ed è ben visibile il ritardo accumulato, l’incapacità di progettare un nuovo modello di comunità dove al centro vi è la cura per le persone (che nessuno resti indietro) e l’ambiente.
E’ ormai tempo di subordinare i bisogni del mercato ai nostri bisogni. Noi siamo parte della natura, e l’attività umana che danneggia l’ambiente, danneggia tutti noi, se vogliamo evitare di minacciare la vita sulla terra, inclusa la nostra.
Quando un comune, seppur piccolo come quello di Crema, decide di realizzare nuove opere, dovrebbe porsi la domanda sui costi ambientali e non solo sui costi economici. Se si crea una nuova stazione per i bus, così come è avvenuto in città, ci si deve innanzitutto chiedere se vi potevano essere alternative meno impattanti e meno costose, ma sopratutto quanto incideva la realizzazioni di nuovi manufatti sull’incremento di CO2 e di altri gas che vengono rilasciati in atmosfera. Sfruttare l’esistente, in quel caso utilizzare i due ingressi già presenti sul piazzale della stazione, avrebbe evitato oltretutto la cancellazione di una sessantina di posti auto a servizio dei pendolari.
Ritorniamo ora al nostro vademecum, “quando ti muovi”, cosa posso fare.
Prima raccomandazione che ci viene enunciata è l’utilizzo della bicicletta e dei mezzi pubblici, un ottimo consiglio, perchè camminare è tutta salute.
Però, per far si che i cittadini inizino a cambiare le modalità di mobilità, diviene necessario eliminare le condizioni che facilitino ed incentivino l’uso dell’auto privata. Prima condizione eliminare la possibilità di raggiungere il centro città in auto, limitando per quanto possibile il traffico, lasciando finalmente libere le vie e le piazze, senza speco di risorse, evitando di riprodurre, così come recentemente avvenuto per p.zza Garibaldi, interventi di riqualificazione di una bellezza inutile, vuota, più da non luoghi, buoni per un like, un mi piace, quando con il solo costo di una quindicina di fioriere si otteneva lo stesso risultato. La socialità ha bisogno solo di spazi, senza sprecare inutilmente risorse economiche. Recuperare le piazze è ricreare spazi di socialità ed in questo suo essere animale sociale, l’uomo cerca e trova i suoi luoghi e i monumenti hanno ritrovato vitalità grazie a questa funzione. Tra questi, quello a Garibaldi ne è un esempio. Per decenni è stato un luogo simbolo della socialità, dell’incontro, purtroppo oggi è stato circondato da un’aiuola, facendo ipotizzare che la socialità lì non sarà più consentita, ma imposta altrove, su panchine che non hanno, oltretutto, storia con l’ambiente circostante.
Le scuole, a causa dell’estesa abitudine di accompagnare in auto i ragazzi fino all’ingresso, sono uno dei luoghi dove più si concentrano le emissioni di sostanze inquinanti, diviene quindi urgente limitarvi l’accesso con le auto, per evitare di esporre gli studenti ai rischii di malattie dell’apparato respiratorio. E queste malattie, generate dall’inalazione di sostenze altamente inquinananti, sono responsabili, così come è già stato rilevato, di veicolare più rapidamente la diffusione nell’organismo del Coronavirus.
Purtroppo qui si prosegue su una vecchia logica, quella della gabella, che se paghi puoi entrare, incentivando così il traffico in centro città e il conseguente aumento dei livelli di inquinamento. L’astinenza di questi giorni, dall’uso di autoveicoli ed altro, si evidenzia come una non perdita, stiamo solo vedendo che è possibile.
Andiamo oltre, prima stategia, ripensare alla viabilità complessiva, che non necessita solo di 4 rotonde in più per risolverne i problemi del traffico. E’ forse arrivato il tempo anche qui per una viabilità circolare a senso unico attorno al centro storico. Non impossibile se sostenuta con adeguata lungimiranza da due stategie; incremento delle ciclabili e delle biciclette a noleggio, anche elettriche. Le ciclabili, non solo come sono state realizzate in questi anni in città, dove purtroppo ne troviamo spezzoni senza capo ne coda, con l’aggravante che averne realizzate alcune sui marciapiedi, ne ha sdoganato l’uso su tutti, riducendo e creando diversi problemi di spazio alla mobilità pedonale. In alcune vie della città ad alto traffico, non vi è nemmeno uno spazio adeguato per i pedoni, dato il parcheggio su ambo i lati, o addirittura stalli a pagamento a 60cm dalle abitazioni. Le ciclabili vanno collocate sulle carreggiate, con apposite corsie, anche rimuovendo, se necessario, i parcheggi laterali per farvi spazio. Creando un percorso continuo, armonico sia interno che di raccordo con quelle esterne. Così come va definito, in base a specifiche priorità, quali sono i passaggi che devono essere solo pedonali e quelli ciclopedonali, per evitare inutili rischi. Il diritto di guidare non deve più avere la precedenza su quello di camminare o andare in bici in sicurezza.
A fronte di una ripresa degli spostamenti in questo periodo di pandemia, nella cosiddetta fase 2, si ipotizza che un maggior numero di persone utilizzerà il mezzo proprio, per evitare il contagio e questo non sarà la bicicletta. A questo riguardo l’OMS, ha predisposto una campagna specifica “Muoversi durante l’epidemia” realizzando 8 schede informative su cosa fare. Una di queste consiglia (non appena possibile, prendete in considerazione di muovervi in bici o a piedi, per ottenere un distanziamento fisico e un’attività motoria quotidiana). Per agevolare questa possibilità in diverse città, si stanno approntando le cosiddette ciclabili “pop-up”, realizzabili solo con vernice, ad un costo bassissimo.
L’altra strategia, un trasporto pubblico veramente efficace, ormai qui inesistente, che metta in comunicazione i vari quartieri esterni con il centro e una connessione tra paesi e paesi e la città. Il Miobus diviene così sostegno integrato di un progetto di mobilità più ampio e non l’unica possibilità così com’è oggi, con tutti i limiti che ne dimostra.
Il car sharing, utilizzato all’interno di politiche di mobilità sostenibile, di cui apprendiamo che presto Crema ne avrà uno elettrico, può aver senso in una fase di transizione, tra un uso collettivo degli autoveicoli e il superamento di essi, resta comunque un servizio ad alto impatto ambientale. Se si vogliono investire risorse pubbliche è preferibile incentivare il servizio di bike sharing, con minori costi ambientali del car sharing. Vi sono diverse possibilità di utilizzo, prelevare e riconsegnare la bicicletta nelle ciclo-stazioni (Brescia), oppure a flusso libero (Padova): la possibilità di usare la bicicletta senza l’obbligo di riportarla nelle stazioni prestabilite di sosta.
“Quando sei a casa”, “Cosa posso fare?”
Si consiglia di contenere la temperatura di casa in inverno non oltre i 19°, fattibile ma molto dipende dalla tipologia di abitazione. Una buona pratica per l’ente locale consiste nell’investire nel risparmio energetico iniziando dai locali di proprietà e, sopratutto, negli alloggi popolari, sostituendo infissi, isolando i muri e approntando i pannelli solari. Questo implica il riportare i servizi essenziali sotto il proprio controllo. Abbiamo, all’opposto, constatato come importanti servizi pubblici siano sempre più stati allontanati da un possibile controllo diretto dei cittadini e della comunità. Una strategia di lungo periodo, che va oltre i poteri dell’Ente locale, consiste nell’incentivare l’uso condiviso o all’acquisto a noleggio degli elettrodomestici in sostituzione della sempre più insensata proprietà personale dei beni.
Il settore zootecnico, sopratutto quello intensivo, contribuisce alla produzione di gas serra, è responsabile di un eccessivo consumo di risorse e di energia. Come abbiamo constato l’estate scorsa, per sostenere la sempre più crescente domanda di carne e la conseguente necessità di terra da destinare a pascolo e alla coltivazione di soia OGM per alimentare gli animali, si sono incendiate immense aree della Foresta Amazzonica, del Pantanal ed in Indonesia. Senza dimenticare gli incendi ancora più devastanti avvenuti, nel disinteresse dei media, in Africa. Non che qui da noi non si scherzi, si vedano i nostri campi ridotti a tappeti da biliardo, senza arbusti, siepi, luoghi sempre più impoveriti e desolanti con una gravissima perdita di biodiversità. Abbiamo visto proliferare, grazie all’insensatezza degli incentivi pubblici, impianti di biogas, i quali funzionano anche con cippato di mais, sottratto all’alimentazione umana. Resta poi l’immenso problema della sofferenza animale che andrebbe riconsiderato, perchè non possiamo dimenticare che noi arriviamo da quel mondo e la frattura con le nostri radici è alla base delle molteplici crisi ambientali in atto.
Una buona pratica per l’amministrazione pubblica consiste, a questo punto, nel sostituire nelle mense scolastiche le proteine animali con quelle vegetali.
Bere l’acqua del rubinetto sicuramente fa bene a noi e all’ambiente, in caso di perplessità e per evitare eventuali residui, è sufficiente installare sui rubinetti un piccolo filtro. Si dovrebbe, per diminuire l’uso della plastica e per disincentivarne l’uso, ritornare di nuovo al vetro con l’obbligo del reso.
E però, un amministrazione dovrebbe sottrarsi dalla partecipazione, anche indotta, di sostegno ad un modello di consumo insensato. Uno, se possibile, si dovrebbe vietare la consegna di pubblicità dei supermercati porta a porta, perchè, come è già stato evidenziato in diverse inchieste, la manodopera utilizzata è sottoposta a condizioni lavorative vessatorie. Due, questa continua pubblicità induce i consumatori ad inseguire gli sconti, girovagando da supermercato in supermercato, con spreco di tempo e un incremento non giustificato di inquinamento. Tre, gli sconti dei supermercati, come evidenziato da diverse inchieste giornalistiche, sono possibili solo con contratti svantaggiosi per i produttori, che poi si ripercuotono su tutta la filiera ed infine sui lavoratori. Quattro, eliminare l’inquinamento pubblicitario, se prima erano deputati a ciò cartelloni fissi in città, abbiamo visto recentemente nuove forme volanti sui pali della luce. Di tutto abbiamo bisogno ma non dell’ennesima ed insensata pubblicità. In controtendenza, proprio in questi giorni di crisi, si è riscontrato il valore e l’importanza dei piccoli negozi sotto casa.
Un argomento a parte riguarda la difesa del suolo e l’abbandono delle grandi opere pubbliche se non realmente necessarie, perchè hanno costi ormai insostenibili per il pianeta. Siano esse le piccole grandi opere di un comune come quello di Crema. Della stazione dei bus e di piazza Garibaldi è già stato scritto. Affrontiamo ciò di cui se ne parla da anni ormai e per fortuna non ancora realizzato. Il superamento del passaggio a livello sul Viale di Santa Maria realizzando il sottopasso. Andiamo oltre ai costi per l’ambiente, alla CO2 immessa per la sua realizzazione. Il passaggio naturale è quello esistente e quello dovrebbe rimanere perchè ne è continuità storica, culturale e visiva, tra la città ed il Viale. Da ripensare è innanzitutto la viabilità attorno a quell’area e poi valutare il senso di una spesa di milioni di euro, quando, con una costo infinitesimale, Rete Ferroviaria Italiana (RFI), responsabile della gestione della rete ferroviaria, potrebbe installare dei sensori di sicurezza che portano le sbarre a scendere pochi secondi prima del sopraggiungere del treno e rialzarsi non appena sia uscito dalla visuale del passaggio a livello. Essendo operativo su tantissimi passaggi a livello, perchè non può essere adottato anche qui?
Ricapitoliamo, le risorse sono scarse e oggi è più che ormai evidente, come già scritto, che vanno destinate principalmente alla cura delle persone e all’ambiente, la crisi sanitaria di questi giorni è qui a ricordarlo. Ricreiamo le condizioni di ben-essere.
Bene, c’è molto da ripensare e intraprendere, esserne all’altezza oggi è un obbligo.
Beppe Ruffo
CO2 (69%)
Combustioni
Commenti
In linea con la mission originaria di Cremascolta “dalla protesta alla proposta”. Meno astrazioni, ma concretezza. Bene Beppe.
Direi che è un cambio d’aria quanto mai opportuno per rimettere l’Associazione in pista verso obiettivi intelligenti e condivisi. Che sia un ritorno alle sane origini è scontato. Il documento è variegato, quindi penso che si dovrebbe ripartire dall’analizzarne dei passaggi chiave per trovare degli ambiti di azione concreta,
Certo, il momento è critico perché ulteriori trasgressioni alle necesssità vere dell’uomo potrebbero essere giustificate con l’attuale forza maggiore, quindi vicinanza alle Istituzioni che possano sentire di avere un valido tramite con la cittadinanza.
Il primo elemento di riflessione profoda è nel rapporto 1972 sui limiti dello sviluppo. Stralcio: “che se non si modificava il tasso di crescita dell’industrializzazione, dell’inquinamento, della produzione di cibo e dello sfruttamento delle risorse, si arriverà ad un momento di un declino improvviso ed incontrollabile della popolazione e della capacità industriale.” Quindi il nonsenso della politica dello struzzo non serve nemmeno al club dei tifosi del PIL, come qui e lì fra vari post dicevamo.
Vedo un approccio pragmatico: bravo, Beppe!
Io mi auguro che almeno la buona prassi di usare la biclicletta rimanga anche nel dopo-pandemia.
Tante belle cose che condivido. Ma si sta parlando di Chicago, di Strasburgo o di Crema? Il noleggio auto per chi? Per i due turisti asiatici che avrebbero dovuto venire a Crema (ma non verranno neanche quei due) a cercare i luoghi del film famoso internazionale? E nel frattempo che si bevono un caffè in piazza e magari vorrebbero leggersi un quotidiano internazionale che forse c’è in un unica edicola (non molti anni fa, quando il giornale cartaceo non era affatto in crisi, un quotidiano estero a Crema manco esisteva) in piazza Duomo, e di cui io sono uno dei scarsissimi acquirenti? Il noleggio bici (diciamolo in italiano che forse è meglio, e smettiamola di scrivere “smart working” che non vuol dire “telelavoro” o “lavoro da casa” come ricorda il linguista Antonelli), il noleggio delle biciclette a Crema finirà come a Lodi, con le biciclette non nell’Adda ma nel Serio, o abbandonate da qualche parte nei fossi, oppure finalmente disponibile per migranti che abbisognano della bicicletta per andare e venire da Salvirola dove la sera è tristotta, più che a Crema, con l’isolamento o senza.
Quello che mi disturba di più è la morale che esce nei giornali locali, anche online, gli attacchi alle metropoli, in particolare Milano che non potranno più farsi “gli apericena ai Navigli”, o i “fighetti” che si ammucchiano in Corso Garibaldi, nelle vie “della Movida” con tante belle figlilole. Nonostante ci provano a copiarla, la Movida cremasca è una faccenda ridicola, che fa sorridere. Le metropoli, le grandi città, secondo questi cronisti poveretti che nessun grande giornale assumerebbe neanche a spazzare la redazione assommerebbero tutti i miasmi, le storture della civiltà. In campagna, nel piattume padano che d’estate è zeppo di zanzare e non si vede uno straniero a comprar casa neanche se gliela regali (a differenza della Toscana, l’Umbria, le Marche, i laghi, la Liguria), ci sarebbe la lentezza giusta, il “ritorno alle radici”, l’aria pulita. L’aria pulita? Dipende, sempre che non hai casetta in campagna vicino a un maialificio, o a Casale Cremasco non distante dai miasmi della Galbani-Danone, oppure vicino a un campo dove gli agricoltori si divertono a scorticare gli alberi, a capitozzarli, a toglierli di mezzo perchè fanno ombra al granoturco. Sempre che hai le zanzariere anche intorno al letto.
Si dimentica che le metropoli, le grandi città hanno portato civiltà, più libertà e dignità alle donne, diritti civili, perfino l’attenzione all’ambiente. L’ecologia non è una passione degli agricoltori, che vedono gli ambientalisti (tutti cittadini) come i tori vedono le lenzuola rosse dei toreri. Trovo il moralismo da quattro soldi del rancore provinciale o campagnolo, e di chi è frustrato e non frequenta i teatri, i concerti di musica, i bellissimi cinema che ancora resistono nelle grandi città, solo rancore di chi gode se Milano, o Bologna, o Firenze con la pandemia in corso, sia costretta al silenzio culturale, o degli spettacoli quasi come a Salvirola, a Pandino, oppure a Crema. E’ una stupida consolazione.