Da un fatterello di cronaca apparentemente innocente C. Levi-Strauss prese spunto per formulare la tesi riguardo alla struttura iperanalogica che accomunerebbe le storie del prodigo vegliardo nordico al culto dei morti e alle invernali strenne infantili.
Il simulacro di Babbo Natale, in qualità di usurpatore eretico, era stato impiccato e bruciato alla presenza di centinaia di bambini sul sagrato della cattedrale di Digione. L’esecuzione, esplicita condanna , aveva avuto luogo al fine di denunciare la nuova paganizzazione che andava inquinando la festa della Natività e deviava, con un racconto recente e affatto privo di significato religioso, lo spirito collettivo cristiano.
La mentalità odierna, considerando i miti dell’uomo antico alla stregua di ammasso di elementi estranei al contesto umano, spesso non si accorge di parodiare con altrettante edulcoranti suggestioni i comportamenti sociali. Sovente ogni simbolismo religioso viene considerato estraneo al pragmatismo e alla concretezza mentre in passato l’aspetto fisico e quello metafisico potevano coesistere. Tale frattura investe le frontiere dell’animato e inanimato, del visibile ed invisibile, della realtà e della fantasia. Oggi esistono confini invalicabili tra mondo dei vivi e regno dei morti. Tra loro non permangono tentativi di comunicazione. Anche i viaggi dei grandi spiriti rifuggono le visite all’Ade. Così i revenant hanno smesso di interferire periodicamente nel mondo sensibile e di tessere con apprensioni le notti dei comuni mortali. Ma vi è stato un tempo in cui il defunto non moriva mai completamente. Riceveva doni e alimenti alla sua tomba, conditi con suppliche e preghiere. Le teologie teorizzavano il ritorno che si annunciava nelle modalità della trasmigrazione, della resurrezione per le masse e trovava mediazione negli archetipi di un Dio destinato a morire per poi rinascere (Osiride, Tamuz, Gesù). Mondo e antimondo si confrontavano quotidianamente e reciprocamente. I morti nel purgatorio avevano bisogno dei vivi e i vivi, per risolvere i problemi terreni, necessitavano dell’aiuto dei morti. Le dimensioni del tempo erano solidali con il processo morte-freddo-inverno che si alternava a quello vita-caldo-primavera. Il risveglio della natura, il germinare del seme per analogia simpatica rispecchiavano le premesse di una vicendevole alternanza, riflettevano la logica della continuità e dell’eterno ritorno.
IL vestito di Santa Claus è color scarlatto, un colore regale mentre la barba bianca, gli stivali, la slitta richiamano l’inverno. Il personaggio appare omologato ad una divinità, i suoi fedeli appartengono al mondo dell’infanzia. Come ogni mito e rito di iniziazione il soggetto riveste una funzione pratica: aiuta i genitori nel disciplinare i comportamenti della prole, esige buona condotta che ricambia con generose regalie. Il suo periodo d’avvento coincide con un aumento della solidarietà dei ricchi verso i poveri. Come nei Saturnali il Natale è i momento magico dell’abbondanza , della generosità , delle danze e dell’orgia non solo alimentare.
La figura di Babbo Natale viene spiegata da Levi Strauss a guisa di patto instaurato tra mondo dei vivi e dei morti, la comparsa del personaggio costituisce un avvenimento destinato annualmente a ripetersi che ripercorre, pur nella modernità, le tracce del mito. Le feste di fine anno con questue, regali, giochi, pranzi rituali e collettivi, sovrabbondanza alimentare costituiscono costanti che ancor oggi caratterizzano il tempo dedicato al culto dei morti. Ma è necessario rianimare la natura per questo Halloween, la celebrazione dei morti, Babbo Natale, la Befana, la Candelora, il Carnevale, i riti Pasquali e di S. Giuseppe recano l’uso abbondante di cibarie che rimandano ai semi : frutta secca e legumi (melagrane, noci, mandorle, ceci, fave) con dolci sono fortemente allusivi (la torta dei morti, i biscotti a ossetto). Beneficiari dello scambio sono i bambini, semi della comunità, che attraverso loro continua il suo processo vitale. In base a questa concezione analogica i bambini sono destinati a diventare uomini e gli uomini a morire. Nelle procedure del pensiero mitico come attori similari i morti seguono un iter comune che li identifica agli infanti. Giovanissimi e defunti dovranno iniziare un nuovo percorso. I trapassati tornano ad essere viventi grazie all’ intercessione dei piccoli. Nel periodo delle strenne i piccoli assumono il ruolo di interlocutori. Offrire doni ai bambini è dare offerte ai morti. La contrapposizione generazionale bambini-adulti trova rapporto paradigmatico nella contrapposizione esistenziale tra vivi e morti.
Commenti
Non è un brutto libro, il “Le Père Noël supplicié”, che Sellerio ha editato con traduzione di Clara Caruso nel 1995. A me non è dispiaciuto, caro Walter, soprattutto rispetto ad altre cose di questo autore.
Certo, leggendolo, le luci e le ombre di un personaggio come Lévi-Strauss ci sono quasi tutte.
Quando domenica 23 dicembre 1951 le autorità diocesane (ma l’iniziativa fu concordata con i protestanti) legarono il fantoccio di Babbo Natale alle inferriate del Duomo di Digione, si trattò di un atto simbolico ben preciso, condivisibile o meno che fosse, di cui Lévi-Strauss colse un po’ quel che voleva e che meglio si attagliava alle sue teorie.
E infatti, che poi Lévi-Strauss ci abbia costruito sopra, come spesso fece, da par suo, tutte le elaborazioni intellettuali che sappiamo, resta ancor oggi oggetto di discussioni a dir poco accese.
“vi è stato un tempo in cui il defunto non moriva mai completamente. Riceveva doni e alimenti alla sua tomba, conditi con suppliche e preghiere” ci dici Walter. E a proposito ricordi i biscotti a osso di morto. Vi è stato un tempo nella Calabria cosentina, in tempi ancora recenti, diciamo tre generazioni, in cui nell’apice della rinascita, la Pasqua, sulle tombe si apparecchiava la tavola, e si invitava simbolicamente il morto a tavola!
Che corrispondenza con la Famadihana del Madagascar, rito in cui il morto, dissepolto, mummificato spontaneamente dal clima secco in tumuli a loro volta assolutamente identici a quelli etruschi , vichinghi… siede a tavola, è portato in giro per i luoghi più amati, per essere poi risepolto con nuovi abiti e doni. E spontaneamente di quei posti al rientro dal mio servizio medico volontario scrissi “dove nessuno mai muore completamente”.
E torniamo al Natale: per eccellenza la rinascita in quanto il sole, nel punto della sua “più spiccata morte” il 22.12, inizia la rinascita. E tanti riti, tante feste con nomi diversi, si sono stratificati in questa ricorrenza, e anche le vostre, e le mie presenti riflessioni, ben si adattano al mio “presepe laico”, cui aggiungiamo un Santo di rosso vestito laicizzato.
Un noto poeta cremasco discutendo ldella festa durante un incontro al supermercato, me ne ha dettato subito il senso: “Una Vicenda da festeggiare con gli occhi al cielo, dove qualcosa di spiritualmente emozionante accade, in alto i cuori!”. Esempio di spirito laico poetico che riesce ad affermarsi, in un animo sensibile, anche nel tempio pagano del consumista. Ma vuoi vedere che è stato lui a ispirarmi uno scritto per il Natale? E allora rinnovo l’invito: prepariamoci a ritornar bambini quando saremo vecchi, amici miei, lasciamoci travolgere! E se la Fede ci accompagna la festa sarà doppia, ma questo momento è carico di significato già così, proprio come accadde fra terra e cielo.