Il Partito Radicale ha una storia importante e deludente come altre storie ideali, ideologiche della politica italiana. Già presenti in Italia agli inizi del Novecento, erano mazziniani, liberali, anticolonialisti; e a Cremona, con Ettore Sacchi che fu una figura politica di peso nazionale, i radicali guardavano al di là delle Alpi, per un’Italia moderna, illuminista, svezzata dall’educazione bigotta allora impartita nelle parrocchie, dai pulpiti delle chiese. Ma fu una meteora, il partito di Sacchi, che si offrì come personale sacrificante, appoggiando l’investitura di uno squadrista dell’ala più dura del fascismo italiano, Roberto Farinacci. Spariti negli anni Venti, i radicali ricomparvero nel 1955. Tra i nuovi fondatori grandi personaggi del giornalismo, Marco Pannunzio, Eugenio Scalfari, Ernesto Rossi; dell’azionismo, Leo Valiani; un giovane ambizioso che veniva dall’Unione Goliardica Italiana, Marco Giacinto Pannella. Partirono col piede giusto. Con il Partito Liberale che era uno protettorato di privilegi della borghesia più conservatrice, lento a cogliere i nuovi fermenti sociali, le richieste di rispetto per le minoranze, libertà sessuale, culturale, fine della censura artistica, i radicali avevano tutte le carte in regola per contribuire a fare dell’Italia un paese più moderno. Rappresentavano una boccata d’aria fresca e frizzante. Non c’erano ai loro congressi elettricisti, carpentieri, agricoltori, neppure gli operai, allora forza d’urto delle cellule comuniste e socialiste. La militanza radicale attecchiva e attecchisce solo negli ambienti borghesi, benestanti, nelle metropoli e nelle città vere, Roma, Milano, Torino, Padova, Venezia, Genova, Firenze, Bologna; in campagna e nei piccoli centri, i radicali di Pannunzio e quelli di Emma Bonino si contavano e si possono ancora contare sulle dita di una mano. A Crema, per esempio, erano e sono quattro gatti. Forse meno. Negli studi sul Partito Radicale, mai che si dica questa cosa: i radicali fuori dalle grandi città non esistono proprio, non hanno ossigeno, niente voti. A Cremona, Piacenza, Pavia provarono a riunirsi, ma chi si presentava erano sempre gli stessi. I radicali furono e sono un fenomeno urbano al cento per cento, come il jazz, il traffico, il femminismo, l’ecologia, i taxi, il metrò. Solisti per disposizione mentale, i radicali non è gente adatta al coro di squadra, e fin dai tempi di Pannunzio, Rossi, Scalfari hanno trascorso più tempo a litigare, a darsi addosso, a dividersi che a progettare un’idea di società. Nel 1993 s’inventarono un partito transnazionale, cioè che intendeva scavalcare confini, lingue, culture, mentre le sedi erano frequentate da persone (racconta il segretario di allora, Giovanni Negri) che non biascicavano una parola d’inglese e di francese; e il loro programma radiofonico “Notizie Radicali” s’intestardì per giorni e giorni a sgolarsi per l’indipendenza del Tibet, faccenda nobilissima, ma non una priorità italiana ed europea nè per il proletariato, nè per la borghesia. Eppure, dopo i litigi, le divisioni degli anni ’50, i radicali ritrovarono un nuovo impulso, nei ’60, con le battaglie per i diritti civili, cominciate in America, Olanda, Francia, oltremanica. Fra i nuovi dirigenti, oltre Pannella, c’erano Spadaccia, Adele Faccio, Mercedes Bresso, Emma Bonino. Nel PSI furono in diversi che presero la doppia tessera, socialista e radicale. Furono gli anni d’oro, ricchi di onori al merito: le battaglie storiche e sacrosante: il divorzio, l’aborto. I radicali in prima fila. Il Partito Radicale almeno questo, dai tempi di Pannunzio ed Ernesto Rossi fino alla gestione di Pannella e Bonino continuò ad esserlo: un rifugio per gli scontenti di sinistra, i liberalprogressisti che non sopportavano l’irrigidimento comunista, le malversazioni socialiste e socialdemocratiche, l’Italia bigotta e arretrata che votò contro il divorzio (e furono quattro italiani su dieci). Come Elio Vittorini, Pasolini, Leonardo Sciascia, i radicali divennero il rifugio dalle delusioni a sinistra. Ma nonostante gli onori al merito, le battaglie vinte, le percentuali elettorali dei radicali restavano basse, molto basse. E il partito comincò, anzi ricomincò a dar fuori da matto: scioperi della fame, della sete. Si trasformarono in missionari del diritto universale. Con Cavallo Pazzo (Mario Appignani) che negli anni Ottanta rubava il microfono a ogni comizio radicale a Roma; le iscrizioni in massa degli “arancioni” un bizzarro movimento religioso, pure di ergastolani, speranzosi di uno sconto di pena. I radicali stavano con le porte aperte, ed entrava di tutto. Un pò vezzeggiati, un pò sopportati a sinistra, i radicali sfornavano richieste di referendum a getto continuo, mostrando un atteggiamento bifronte: parlamentaristi fino al midollo, passavano la giornata attaccando il Parlamento e i suoi rappresentanti, no al finanziamento pubblico ai partiti, ma per il loro notiziario, lo Stato doveva fare un’eccezione, allora come ora. Antistatalisti, ma statalisti al bisogno. Estremisti liberali, finirono per sbandare, da sinistra a destra, sempre a chiedere seggiole in Parlamento, perchè da soli, i radicali con i loro cartelli al collo, le loro nobili battaglie, continuavano ad essere numericamente poca cosa. Arrivarono ad accettare anche l’alleanza con Berlusconi, il Cavaliere del Family Day, l’evento principe delle famiglie tradizionaliste cattoliche. Ma dalle miserie del liberalismo opportunista, del garantismo ad oltranza, per i radicali, ancora delle luci, altri onori: la battaglia per carceri più umane; contro l’ergastolo; a favore dell’eutanasia, con Marco Cappato. I dolorosi casi Welby, Englaro. Battaglie di civiltà, con i radicali in prima fila. E altre miserie: nuovi bisticci, divisioni, con il partito spaccato in due: i Radicali italiani di Bonino, Cappato, Magi e Viale; e il Partito Radicale di Rita Bernardini, dell’ex terrorista Sergio D’Elia, di Maurizio Turco. Quattro gatti, che si zampano addosso e per niente in amore.
Commenti
L’ombra dell’articolo è il caso recente del signor Antonello Nicosia, arrestato a Palermo con l’accusa di essere in combutta con la mafia, e che risulta essersi infiltrato nel Partito Radicale di Turco e Bernardini. Un partito dove può entrare chiunque e dove nessuno può essere espulso per qualsiasi motivo. Il garantismo ad oltranza, può diventare, a suo modo, una forma di fanatismo, malattia che attecchisce, a volte, nella febbre missionaria di cui i radicali non sono immuni.
Marino, il mio commento, datato 12:19, di fatto l’avevo scritto assai prima del tuo 11:56 !
Curioso, bizzarro (o frose no!) che siamo andati a cascare entrambi nell’onorata società, annessi e connessi!
Gran bello “spaccato” della politica nel “buffo stivale”, Marino, quando alla politica non si accostava il termine “casta” (oddio, in effetti poi, almeno per me, “casta” in buona misura lo era, ma ….in un altro senso!).
Ai tempi, io militavo nel PRI, il partito dell'”edera”, il partito di LA MALFA ( UGO, il padre, ovviamente!), un partito di grandi tradizioni (ci avevavme nel pedegree addirittura Mazzini Giuseppe!!!) ma del trepercento nazionale (e se arrivava il treecinque, era festa grande!) e, ai tempi , in Sezione, in vista del Congresso Nazionale del partito (Genova 1975) si discuteva la mozione e si designava il rappresentante da mandare al Congresso, dove si decideva “DEMOCRATICAMENTE” la linea politica del partito (si, erano “altri tempi!) .
Io ero poco più che ….un ragazzo, neolaureato (ho “studiato” …. a lungo, pure troppo, in termini di tempo intendo, per arrivare alla laurea!) ed “avevo tempo”, quindi anche da (stavolta lodevolmente) dedicare alla “politica”.
Incocciai in un Congresso nazionale che definire “infuocato” non è esagerazione!
Ugo La Malfa, il carismatico Segretario Nazionale del PRI, in nome di un antico legame personale e di una imprecisata manovra antirepubblicana, si era opposto alla proposta di espellere Gunnella Aristide (il suo cognome “lo faceva manifesto”…. !), Siciliano, allora addirittura Ministro per gli affari regionali (sic! in ….Sicilia!), avanzata dai probiviri del partito (Ugo li aveva definiti “Torquemada da strapazzo!” ed allora, nn c’era internet e tanpoco cellulare ed io, neolaureato Ingegnere meccanico, in Torquemada, nel mio ciclo di studi, lo confesso, non mi ero mai imbattuto! ….grande imbarazzo e conseguente …..”abbozzo” !) .
E il Congresso si era diviso con infuocati …”alti lai” e, tra i “lai”, altissimo c’era stato quello di Pannella (si perchè ai tempi, tra Partito Repubblicano e Radicale, c’era una sorta di patto di ….desistenza: ed era ammessa la doppia tessera, quindi il Marco partecipava a pieno titolo al Congresso).
Io, con l mio “pacchettino” di voti, ricordo fui davvero coinvolto, affascinato dalla rutilante ars oratoria di Pannella (nel frattempo qualche amico più …..scafato, mi aveva anche aggiornato su Torquemada!) e aderii alla mozione che sosteneva il deferimento ai probiviri dell”Aristide siculo, e la sua cacciata dal Partito! (che peraltro, se si fosse avverata avrebbe voluto dire un salasso letale per il nostro treemmezzopercento nazionale!),nel contempo rendendomi tristemente conto che noi Repubblicani “duri e puri”, per raggiungere quel “trepercento” (a volte “treecinquanta”) non disdegnavamo, giù in “bassitalia” (sommessamente proprio nella terra che aveva dato i natali al mio nonno paterno) i voti del Gunnella Aristide, in odore di “onorata società”!
A Franco Torrisi. I repubblicani di Ugo La Malfa, Adolfo Omodeo, Paggi, Ferruccio Parri, Leo Valiani, Bruno Visentini sapevano d’economia. Un partito che ho snobbato, ma che ha avuto i suoi meriti, purtroppo poco riconosciuti. Avevano delle competenze, qualità, sapevano ragionare sui conti pubblici, non come i politici di oggi, che sanno solo bucare lo schermo. E il partito dove tu hai militato, che aveva la corrente meridionale, che si differenziava poco o nulla dai socialdemocratici di Luigi Preti, i liberali malagodiani, con il senno di poi, è stato comunque un partito serio, con figure di qualità, che ha contribuito a fare dell’Italia un paese decente, nonostante gli italiani, che in molte faccende sono indecenti. poi è arrivato il figlio di Ugo, Giorgio, e il partito non è stato più lo stesso. E’ andato in malora.
Concordo con le parole di Piero Carelli. I radicali hanno avuto il merito di essere stati in prima linea nelle battaglie dei diritti civili. Va riconosciuto. Ma come quasi tutti i partiti italiani, alla lunga, viene fuori il peggio.
Come dice ivano Macalli, la sinistra italiana, con la chiusura delle grandi fabbriche, è andata in crisi. Poi l’arrivo di nuovi dirigenti, tutti o quasi benestanti; la convinzione che bisognava virare al centro, corteggiare i ceti medi. Si tagliarono le proprie radici sociali storiche della sinistra. Non si era più “compagni”. Si sporcarono le “mani pulite”, rivendicate da Enrico Berlinguer. E così i metalmeccanici, i tranvieri che votavano in massa comunista, o socialista, smisero di votare a sinistra.
Pietro Martini ha ragione. Nella mia sintesi, non ho citato, per esempio, Ilona Staller, che se non ricordo male, fu inserita nella lista radicale, dove c’era di tutto, con la convinzione che tanto non sarebbe stata eletta. Sull’ingenuità dei radicali, ce ne sarebbe da scrivere. Sul loro “purissimo garantismo”, come lo chiama Francesco Merlo, che però non è lo stesso dei berlusconiani. Non la stessa pasta, credo. In fondo i radicali furono antisegnani del Vaffa poi slogan di Beppe Grillo. I nuovi radicali non erano più quelli degli anni Cinquanta, dei tempi di Mario Pannunzio; a Pannella e compagnia importava poco o nulla di economia, di gestione delle risorse. Anarchici, disordinati, bizzarri, si fecero paladini delle libertà ad oltranza. Ma anche i radicali erano un partito italiano come gli altri, alla fine della fiera, destinato, alla lunga, a spaccarsi, litigare, carte bollate, insulti, al peggio, insomma.
Se giustamente oggi si rilevano l’incompetenza e l’impreparazione dell’attuale classe politica nazionale, composta in maggioranza da persone della levatura che ben sappiamo, andrebbe anche ricordato che il Partito Radicale portò in parlamento un personaggio preparatissimo, per lo meno nelle materie di sua maggior esperienza personale. Entrata nel 1985 nel partito di Pannella, Elena Anna Staller (Ilona per i fan) fu eletta alla Camera dei deputati nel 1987 tra i radicali e fu componente della IV Commissione (Difesa) e della IX Commissione (Trasporti) nel corso della X legislatura, che durò fino al 1992. Con circa 20.000 preferenze, fu seconda solo a Pannella nel Partito Radicale. In occasione dell’elezione, incise la canzone Muscolo Rosso, il cui disco aveva la copertina riportante il simbolo del Partito Radicale. Ebbe minor successo quando cinque anni dopo si presentò alle elezioni per il Partito dell’Amore, a cui non erano estranei certi ambienti politici radicali. Elezioni in cui comunque Moana Pozzi, al suo esordio in politica, surclassò nelle preferenze, con oltre 12.000 voti, diversi leader di partito, come Bossi della Lega, Garavini di Rifondazione e Rutelli dei Verdi. In quegli anni, la politica italiana fornì a una generazione di trentenni, allora impegnati nel farsi una famiglia, una carriera professionale e una posizione onorevole, gli anticorpi e gli antidoti per sopravvivere a ciò che sarebbe venuto dopo. Così, oggi, quei padri trentenni divenuti nonni sessantenni non temono più nulla dall’attuale politica, dai suoi rappresentanti al governo e all’opposizione, dal qualunquismo e dal populismo, dai gigini e dai gigioni, da felpe, rosari, karaoke, insulti, sceneggiate, sanculottate, caciare a sagra. Grazie a quel mitridatismo politico e istituzionale, quella generazione capì che, poi, sarebbe stata pronta a tutto. Grazie Pannella, grazie Partito Radicale, grazie Cicciolina. Peccato per Moana, che non avrebbe sfigurato intellettualmente tra alcune attuali parlamentari di coscia altrettanto svelta.
Ombre, è vero, ma anche luci.
I radicali hanno condotto le loro battaglie con coerenza (tutto sommato). E’ stata invece la sinistra che ha rincorso i radicali nelle loro battaglie per i “diritti individuali”, dimenticando le battaglie – tipiche della sinistra – per i “diritti sociali”.
E così ha perso il contatto con il suo tradizionale elettorato.
Non è così vero Piero. La sinistra ha abbandonato i diritti sociali semplicemente perchè il mondo del lavoro è cambiato. Un tempo era facile, anche per i sindacati, organizzare migliaia di tute blu. Ora non ci sono più, siamo di fronte ad una frammentazione mai vista prima. Ora ci sono solo le potentissime multinazionali, ed è storia di oggi. Vedi Ilva. E’ per questo che la sinistra ha dirottato le sue battaglie sui diritti civili. Almeno quelli.
Che poi Moana Pozzi da quel punto di vista era molto meglio di Cicciolina. Moana era un po’ l’icona della porno sinistra, questo a dimostrare che il Partito radicale spesso virava a destra.
Non lo sapevo. Comunque, d’accordo sul tuo giudizio.
Quanto alle ombre e alle luci, forse ha ragione Piero nel dire che ogni tanto ci furono anche alcune persone coerenti.
Bah, che tempi. In fondo oggi sono tutti più bacchettoni, almeno a parole.
Certi discorsi politici hanno il tono dei prevosti di campagna di una volta.
Storia del partito spia degli americani.
Finanziato dalla Open Society Foundations di George Soros si può dire senza incorrere nelle ire funeste della “Commissione contro l’Odio”, o si va incontro a grane penali, viste le origini del miliardario benefattore?
Gentile sig. Mainetti, è possibile che qualche militante, dirigente radicale abbia fornito informazioni alla CIA, soprattutto negli anni ’50, anni di guerra fredda. Ma se lei è convinto, vuol dire che è al corrente di fatti che a me sono sfuggiti. Del resto il Partito Radicale fin dai tempi di Mario Pannunzio (il grande giornalista de “Il Mondo”) era filoatlantico, e certamente aborriva gli stalinisti che avevano un nutrito seguito anche in Italia. La CIA, si sa, come il KGB aveva agenti sguinzagliati ovunque. Gli americani assoldarono criminali nazisti, con tanto di assunzione a libro paga, e altri criminali ucraini, polacchi che avevano accompagnato gli ebrei nei forni crematori. Di questi ultimi ne ha parlato diffusamente Eric Lichtblau, giornalista del “New York Times” in un libro pubblicato di recente, edito anche in Italia. La CIA pagò e premiò decine di scienziati nazisti che vennero chiamati negli USA a lavorare alla bomba atomica, nella famosa “Operazione Paperclip”, di cui ha scritto diffusamente, ancora una giornalista del “Los Angeles Times” Annie Jacobsen.
Tornando ai radicali, fra i rifondatori c’era Ernesto Rossi, forse il miglior giornalista, inchiestista italiano degli anni ’50, e che fu, insieme ad Altiero Spinelli, Eugenio Colorni, fra gli autori del “Manifesto di Ventotene”, il padre degli Stati Uniti d’Europa, insomma dell’Europa comunitaria. Le stesse persone che secondo Berlusconi, il neo alleato di minoranza di Salvini e della Meloni, non furono inviate al confino dai fascisti, ma “in vacanza”. Le stesse persone che, sempre per Berlusconi, sono gente di alto valore morale, a cui bisogna tornare, “ai valori dei fondatori dell’Europa”, disse proprio così, mentre mangiavo una sera la pastasciutta, e quasi mi cadde la forchetta di mano. E qui veniamo alle capriole ideali, politiche, alle cose dette, e poi smentite, a fare il contrario di quello che si è promesso il giorno prima. Capriole di cui neanche i radicali erano immuni, e di cui oggi si mena vanto, con Salvini che è passato da una Lega Nord che stava fra le colline del varesotto, le valli bresciane e bergamasche, le campagne e i piccoli centri del Nord, e si sarebbe volentieri staccata dall’Italia oltre il Po, alla Lega della Nazione, chiamando a raccolta tutta la Patria, quindi anche il Molise, Napoli, la Sicilia, la Calabria, la Roma ladrona. L’altro capriolista è Matteo Renzi, ma i due Matteo sono in buona compagnia, nella composta, anzi scomposta penisola dei tanti campanili. Dove ognuno è solista. Dove la truppa dei profittatori, furbastri, piccoli roditori non manca; anzi è maggioranza, e la minoranza si trova a malpartito. La coerenza, del resto, fu presa in giro anche in uno scritto da Giuliano Ferrara, allora direttore de “Il Foglio” (il giornale più chic di qualunque radical chic) che rivendicò l’incoerenza, come sintomo di elasticità mentale. In Italia vantare l’incoerenza è come sfondare una porta aperta; non serve uno scritto, uno scartafaccio per rivendicarlo.
Ultima cosa, sempre per il signor Mainetti. Di agenti segreti abbiamo avuto, in Italia, l’agente “Betulla”, l’allora vicedirettore di “Libero” (oggi editorialista di punta) Renato Farina che, secondo varie indagini risultò aver fornito informazioni false ai Servizi, in cambio di denaro, faccenda ammessa da Farina e poi smentita in un libro da lui pubblicato. Comunque per questa faccenda fu espulso dall’Ordine dei Giornalisti. Di Renato Farina, che fu editorialista importante del settimanale di “Comunione e Liberazione”, e che oggi è un accusatore accanito contro la “gretina” la Greta svedese, e il gretinismo imperante, conservo un suo editoriale che rileggo, a volte, nelle giornate uggiose, per tirarmi su il morale. E’ uno scritto che parla della valeriana, proprio la pianta delle Valerianacee, e fu pubblicato in prima pagina su “Libero”, con rimando in seconda pagina, tanto era lungo. Renato Farina, e sua moglie, scrisse il giornalista, erano grossi consumatori di valeriana, e per risparmiare la facevano arrivare dagli Stati Uniti, con il postino che suonava il citofono, forse, e urlava: Sciùr Farina è arrivata la valeriana! Ha passato l’Oceano, ma è sempre fresca. Purtroppo arrivò al governo Romano Prodi e compagnia, e diventò stracostoso importare la valeriana dagli USA. Maledetti tartassatori prodiani. E Farina dovette, per colpa di Prodi fare acquisti di valeriana, in Italia. L’articolo è spassoso, imperdibile.
Non vi è dubbio, Ivano, che la società nel frattempo è cambiata radicalmente, ma è un fatto è che se gli ultimi o i penultimi hanno abbandonato in tutta Europa la sinistra e hanno votato per le estreme, è perché le estreme hanno interpretato maggiormente i bisogni di questa gente (il reddito di cittadinanza, nonostante i suoi limiti, rispondeva a una esigenza di protezione sociale).
Piero, diciamo che sono dinamiche prevedibili.
L’unico movimento politico cui detti all’epoca la mia adesione. C’era entusiasmo e questo veniva dal vedere le cose fatte, fatte dal basso dei suoi affiliati, a partire dagli aborti in barba alla legge, o dall’onesta laboriosità di qualche loro sindaco di provincia. Di questo spirito transpartitico e della metodologia del tavolo di lavoro qualcosa è passato nel Movimento cinque stelle, e la mancanza di strutturazione ancora una volta, dopo la fiammata, porta a drastiche riduzioni d’impatto. Ma comunque l’esigenza di una politica diversa resta nell’aria, pronta ad essere incanalata. Del resto Cremascolta stessa, in dimensioni ridotte, è una struttura politica apartitica, anzi, pluripartitica. Vedremo chi accoglierà il testimone.
I diritti civili, l’unica giustificazione al voto. Per il resto lasciamo perdere.
L’Era dei diritti civili è terminata, anche perché nel mondo del “tutto è possibile” (un’assurdità a cui poteva credere solo l’uomo in disfacimento) non si vede cos’altro si potrebbe chiedere. Forse la Luna, o Marte. Il futuro reclama invece il ripristino dei diritti sociali, ma il governo-zombi attualmente in carica non è in grado di restituirli agli italiani. Levi il disturbo, dunque. L’odio verso l’avversario che (potendo) si vorrebbe divorare non è una compensazione, né ci sono battaglie particolarmente coinvolgenti, come ai tempi del buon Pannella. Niente e nessuno torna indietro dal passato, tra le poche cose che ho capito questa mi è molto chiara.
Come si fa a dire che l’Era dei diritti civili è terminata? I diritti civili non sono garantiti per sempre, non sono scolpiti sulla pietra. Basta seguire le notizie. Ovunque, i tradizionalisti, gli antimodernisti, gli estremisti di destra sono all’attacco, per far passare leggi che riportano indietro il diritto civile, le libertà. In Brasile i pentecostali sono all’attacco, e attualmente in Brasile, è ammesso l’aborto solo nel caso c’è il rischio di morte della madre. Negli Stati Uniti il personale che lavora nelle cliniche, nei reparti dove le donne possono abortire, medici, anche gli infermieri sono minacciati, perseguitati. Non pochi i casi di medici picchiati per strada, anche gambizzati, a cui telefonano di notte, con persone che stazionano davanti alle loro abitazioni agitando cartelli e chiamandoli “assassini”; ho letto diverse inchieste dedicate alla persecuzione dei medici abortisti negli Usa, ad opera di diversi gruppi di fondamentalisti cristiani, estremisti di destra, che negli USA sono un bel numero. Donne povere costrette a fare centinaia di chilometri per interrompere la gravidanza, farlo illegalmente, anche morire per questo. In Alabama l’aborto è fuorilegge, e si rischia fino a 99 anni di carcere. Il bando all’aborto dopo sei settimane è passato anche in Georgia, Ohio, Mississippi, Minnesota, West Virginia, Texas. E’ dal 1992 che gli antiabortisti sono passati al contrattacco. Lo ricorda in una bella inchiesta la giornalista Jill Filipovic che per il giornale inglese “The Guardian” (16.5.19), rintracciabile anche online. Hanno capito di avere il vento elettorale favorevole. Sono ancora una minoranza, ma è una minoranza spesso violenta, decisa a imporre il proprio pensiero sulla società.
Gli ebrei, il diritto di essere ebrei di origine, come di essere cremasco, o cattolico, di pelle bianca, invece che colorata, non è affatto un non problema per un ebreo. Basta chiederlo alla “povera signora” Liliana Segre, come la chiama Rita R., su questo blog. Basta chiederlo agli ebrei romani che hanno subito varie minacce e peggio che questo.In zone di Roma, frequentate e bastioni dall’estrema destra (che nel Lazio è una realtà cospicua) la sera, gli ebrei di lì non passano. Girano alla larga. Anche a Milano, nel quartiere ebraico di Via Soderini, Via del Fezzan, i tanti ebrei che ci vivono, tra cui non pochi ortodossi, sono protetti dalle jeep dislocate nel quartiere, giorno e notte, dei militari italiani. Negli ultimi anni le minacce, gli episodi di violenza contro gli ebrei sono aumentati, anche in Italia; e se non siamo ancora al livello di guardia dell’Olanda, Francia e Germania, il futuro non pare promettere bene. In Francia e Germania, non pochie ebrei hanno fatto le valigie e sono andati via dall’Europa, destinazione Israele. In Germania ci sono stati ebrei ammazzati, attentati, e segnalati oltre duecento fatti di violenza contro gli ebrei. Altro che l’Era dei diritti civili è terminata. Si chieda informazioni sul risorgere dell’antisemitismo dichiarato o mascherato, al cremasco Marcello Pezzetti, uno dei massimi studiosi della Shoah, e curatore del Centro di Documentazione Ebraica di Mlano, ritengo potrebbe dirci cose interessanti, da cremasco ad altri cremaschi, zuppa coltivata in casa, riguardo il diritto di essere ebreo italiano uguale agli altri cittadini italiani non ebrei, senza doversi guardare le spalle, come deve fare Raffaele Fiano, ebreo e parlamentare del Partito Democratico.
Punti di vista, pre/giudizi, direbbe il M° Livio!
Pensa tu, Marino, che leggendo “trasversalmente” (come spesso mi capita di fare per velocizzare la lettura ….”redazionale”) leggendo il commento di Rita, qui sopra il tuo, avevo sobbalzato al “….Levi il disturbo…” (levi era anche con la maiuscola!).
Poi rileggendo “orizzontalmente” (da …. “steso” qual ero) ovviamente ho reinquadrato correttamente!
Sta di fatto che anch’io credo che quanto a “diritti”, civili e sociali che siano, qui nel “buffo stivale”, it’s a long way, e che razza (ops!) di long way!!!
E’ la capacità/possibilità/sensibilità di rifletterci sopra che è stata praticamente avulsa/espunta (complici social/media e….anche mammativù che fa il suo!) dalla capozza dei viventi (e nn li chamo “persone” per rispetto del termine!) e allora…..”fiato alle trombe Turchetti” e via tutti a “lasciaoraddoppiare” (con tutto l’affetto per la tenera, dichiarata, coltivata, studiata ignoranza del grandissimo, inmitabile Mike!) con alti … ragli che salgono al cielo!
Senta bene, signor Pasini, di solito sono paziente ma adesso comincio a scocciarmi. Se dopo averle spiegato cosa intendevo con l’aggettivo “povera” riferito alla signora Segre (e dopo le recenti dichiarazioni dell'”Osservatorio sull’Antisemitismo Italiano”, sottolineo “povera”), lei continua imperterrito a scrivere frasi farlocche del tipo “Basta chiederlo alla “povera signora” Liliana Segre, come la chiama Rita R., su questo blog”, i casi sono due: o le piace recitare la parte dello gnorri, o proprio non capisce quello che dicono gli altri.
Signora Rita R., quando mi succede di sbagliare, una frase infelice, una opinione che si è rilevata errata, lo dico e chiedo scusa. Su questo blog, l’ho fatto, se ricordo bene, non una, ma due volte con il signor Pietro Martini , e non ricordo più nemmeno il motivo, ma ho riconosciuto che le mie osservazioni erano fuori luogo, sbagliate e l’ho scritto. Non ho alcun problema a riconoscere sbagli, errori, analisi errate. Se qualcuno nota delle mie imprecisioni, o peggio, è giusto che lo segnali, vuol dire che è un lettore attento. Sono un cronista mediocre, di provincia, e nonostante i miei sforzi, il “mio sbatti”, mediocre rimango, perchè mediocre so di esserlo. Lei, invece, si scoccia perchè chi scrive, dice, fa la parte dello gnorri, e dice che faccio finta di non aver capito. Credo di non essere stato il solo ad aver capito male, comunque, non m’importa ciò che pensa lei della signora
Segre; sono convinto che non ha nulla contro di lei, ci mancherebbe, ha solo utilizzato un termine infelice. Punto. Succede. Ma, per come la penso, può dire ciò che le pare, anche non rispondere a un’altra sua frase, per me, infelice, e cioè che l’Era dei diritti civili è terminata”. Perchè non è vero che è terminata. Ma lei non è d’accordo? E’ un suo diritto. Può pensare e scrivere ciò che le pare.
Se ho utilizzato un termine “infelice” oppure no, eventualmente, lo lasci dire a me. Chi sarebbe il giudice, scusi tanto? Per maggiore chiarezza, comunque, colgo l’occasione per ribadire il concetto già altrove espresso in modo schematico, così da non dare luogo a fraintendimenti: 1) la signora Segre, poverina, è stata strumentalizzata con un’operazione politica di bassissimo livello, perciò gode di tutta la mia umana solidarietà; 2) la “commissione contro l’odio” (mi viene da ridere solo a scriverlo) che porta il suo nome ha un solo scopo: introdurre un sistema di psicopolizia volto a neutralizzare (anche qui mi viene da ridere) il pensiero che rifiuta di uniformarsi al cosiddetto “politicamente corretto”; 3) il centro-destra italiano ha fatto benissimo a non prestarsi al gioco, sarebbe stato un grave errore strategico e tattico; 4) chi ha promosso la crociata (il PD e i suoi media, ci avevano già provato l’anno scorso ma era andata male) si è tirato la zappa sui piedi, perché, dopo tanto can can, s’è scoperto che non sono mai esistiti “i 200 messaggi d’insulti contro la Segre” (non presente peraltro su web e social) bensì 197 messaggi contro gli ebrei in generale ricevuti nell’intero anno 2018.
Tanti altri (cristiani e mussulmani, per rimanere in tema) ne hanno ricevuti molti di più.
Se per lei, signor Pasini, questa brutta storia all’italiana non è stata una montatura politica mal riuscita, alla Willy Coyote tanto per intenderci, per me invece lo è stata eccome. Non pretendo certamente di convincerla ad abbracciare il mio pensiero, le chiedo soltanto di non mettermi in bocca parole che non ho mai detto e di non attribuirmi intenzioni che non ho mai avuto. Se non sono stata sufficientemente chiara, dica pure. Vedrò di esprimermi meglio.
Mi accodo al nomadismo della senatrice Liliana Segre, dalla commissione odiosa ai simpatici radicali, per aggiungere che, in Italia, sia a destra che a sinistra esistono tanto l’antisemitismo quanto il filoisraelismo.
A destra abbiamo i noti coraggiosi profanatori di tombe (ai quali auguro che qualche golemica presenza vada a tirare il gambetto nel sonno) ma anche molti amici sinceri di Eretz Yisrael, che magari destinano nella dichiarazione dei redditi quanto destinabile non a più vicine istituzioni ma una certa comunità.
A sinistra abbiamo gli zelatori (arduo dire quanto strumentali) della senatrice Liliana Segre e della sua commissione ma anche i sinistrati filopalestinesi che il 25 aprile celebrano la resistenza e la liberazione dai nazifascisti sventolando le bandiere palestinesi e osteggiando la liberatrice brigata ebraica (non si conosce il nesso eziologico tra il nostro 25 aprile e il terrorismo palestinese ma, in compenso, da quello sventolìo si può arguire il mestiere della mamma di quegli sventolatori).
Perfetto. E difatti l’anno scorso l’allora Ministro dell’Interno Salvini fu ricevuto con tutti gli onori da Netanyahu e dichiarò in conferenza stampa congiunta che lo Stato Ebraico era il soggetto chiave per la pace nella regione, mentre il compagno De Magistris ha appena fatto un reimpasto in Giunta (l’ennesimo, a momenti batte la Raggi) nominando alla cultura la De Majo che sui social non perde un colpo per ribadire che “il sionismo è nazismo”, il governo israeliano è “un manipolo di assassini” mentre il popolo è composto da “porci, accecati dall’odio”. Ovviamente nessuno dice niente perché la bella fanciulla è targata “dem”, nessuna commissione psicopoliziesca la toccherà mai.
Non si capisce il nesso eziologico tra il nostro 25 Aprile e la bandiera israeliana e neppure quello tra la bandiera palestinese e il terrorismo e neppure quello tra gli sventolatori della bandiera palestinese e il mestiere delle loro mamme.
Distinti saluti.
Posso essere d’accordo con Martini, ma non confondiamo Israele e il sionismo con l’antisemitismo di cui Liliana Segre è stata ed è vittima, insieme ad altri ebrei in Italia, in Europa e nel mondo. Essere ebrei non significa essere Israeliti per forza.
Pienamente d’accordo con te, Ivano. In Italia abbiamo ebrei (anche praticanti, anche ultraortodossi) non israeliani e spesso contrari alla politica israeliana, oltre a ebrei non sionisti e anzi contrari a certo sionismo.
Abbiamo inoltre italiani tutt’altro che ebrei etnicamente e familiarmente ma sionisti, oltre a italiani filoisraeliani senza essere proprio sionisti.
L’antisemitismo è una faccenda molto semplice nei suoi effetti pregiudizievoli ma riferibile a contesti etnici, religiosi, culturali e, alla fine, persino politici molto differenti e talvolta di non immediata lettura.
La senatrice Liliana Segre è vittima di attacchi diversi e mossi da motivi diversi, per quanto tutti censurabili.
In questo scenario, semplice nei suoi risultati ma complesso nei suoi meccanismi di produzione, spicca a mio parere l’antisemitismo di matrice islamica, per pericolosità sociale, diffusione e modalità criminali. Prendersela con i ragazzi del “camerata pincopallo, presente!” e fingere di non vedere le fonti di finanziamento, le reti territoriali e gli incubatoi del fanatismo e dell’antisemitismo in determinate moschee e madrase è ipocrita, farisaico e tartufesco.
Un padre italiano è appena andato a recuperare il figlio che una deficiente addestrava al terrorismo. E di Genoveffe e Sofonisbe de noantri che si reinventano con certi nom de plume e si bardano come sappiamo ne conosciamo parecchie.
Ma questo coi radicali non c’entra e mi scuso per l’allocazione del commento, più attinente all’altro post di Rita.
Ovunque risiedano, gli ebrei si considerano “popolo d’Israele” a tutti gli effetti. Loro sono “il” popolo, un sentire comune che non ha eguali nel mondo e che risale alla fondazione di Yahweh, per cui fare dei distinguo fra le due cose si risolve in un puro esercizio di fantasia. Senza contare il fatto che, fino a prova contraria, il partito sionista attualmente rappresentato da Netanyahu esprime da 17 anni a questa parte la maggioranza del Paese.
Ad ogni modo, se hai dei dubbi, puoi toglierti lo sfizio di scrivere agli ideatori della “Commissione straordinaria per il contrasto dei fenomeni di intolleranza, razzismo, antisemitismo e istigazione all’odio e alla violenza” allo scopo di sapere se sono consentite affermazioni pubbliche (fatte da politici, tra l’altro) che definiscono gli israeliani dei “porci, accecati dall’odio”, o un “manipolo di assassini”. Se lo dicessi io, su questo non ci piove, mi denuncerebbero a piede libero. Magari la De Majo, invece, riceve una medaglia al valore. Mentre i molestatori seriali che scrivono, non solo sui social ma sui muri delle città, frasi irripetibili rivolte a Salvini e Meloni, o li dipingono appesi a testa in giù, saranno probabilmente in lizza per aggiudicarsi il Premio Bontà e Intelligenza dell’anno. Sappiamo come (non)ragiona certa gente.
Quello che ormai hanno capito anche i bambini di terza elementare è che fascismo, antisemitismo, xenofobismo e compagnia bella non esistono in quanto tali (lasciando perdere le curve da stadio formate da delinquenti comuni) ma sono per le sinistre una salvifica giustificazione d’esistenza. Non hanno nient’altro, ma proprio niente di niente. A qualcosa dovranno pure attaccarsi per raccattare il voto di qualche nostalgico.
Non credo che i figli di Liliana Segre avrebbero apprezzato il commento della signora Rita R., relativo a sua madre, letto giorni fa. Ma non l’hanno letto, e chi scrive non può parlare per loro. Non credo neppure che Liliana Segre, donna intelligente, sveglia, si fa influenzare, incastrare, coinvolgere, manovrare, imbarcare o altro ancora, in manovre ad uso e consumo della strategia politica del Partito Democratico. E’ perlomeno curioso che si sostenga questo.
E’ stupido, sciocco scrivere che Mario Balotelli dovrebbe giocare nella Nazionale del Belpaese, per solidarietà agli insulti razzisti ricevuti. Balotelli deve giocare in Nazionale se lo merita sul campo, non per altre ragioni.
Sull’atteggiamento della sinistra radicale, e non solo quella, verso Israele, gli ebrei, il sionismo, ho già scritto il mio pensiero, anche su questo blog. Una parte non piccola della sinistra italiana, anche europea ha contribuito a isolare Israele, fin dai tempi dei governi laburisti; ha spesso dimostrato un filoarabismo smaccato, un velato fastidio per la nascita dello Stato d’Israele. “In fondo – scrive Wlodek Goldkorn, giornalista e scrittore polacco – Israele è nato perchè dopo la Shoah c’erano in giro per l’Europa centinaia di migliaia di profughi ebrei. Li chiamavano displaced persons (gente fuori luogo). Erano uomini e donne che non potevano nè volevano tornare in Polonia, Ucraina, Bielorussia, Lituania. Erano dei reduci, dei sopravvissuti senza casa nè futuro. L’Europa non li voleva e neanche l’America aveva pensato di aprire le porte a questa massa di derelitti e disperati”. ( W. Goldkorn, Il bambino nella neve, ed. Feltrinelli 2016).
Un saggio, disponibile anche in biblioteca, “Israele e la sinistra”, di Matteo Di Figlia, Donzelli edizioni, 2012, racconta bene gli errori, le colpe, l’atteggiamento di parte della sinistra europea, ostile allo Stato d’Israele.
Errori che hanno portato la comunità romana, per esempio, a rompere, in maggioranza, gli stretti legami che avevano con la sinistra politica italiana. E i recenti governi israeliani,che hanno il sostegno di diversi partiti religiosi ortodossi ebraici fautori dell’avanzata delle colonie ebraiche in territorio palestinese, hanno contatti con la destra mondiale. E’ la realtà di oggi. E’ vero anche che il governo israeliano (ancora in gestazione) ha espresso solidarietà ed è preoccupato per la risalita dell’antisemitismo in Europa, Italia inclusa.
Una lettura che giudico fondamentale per chi è interessato alla storia travagliata d’Israele, i Territori occupati, è “La vittoria maledetta” di Ahron Bregman, edizione Einaudi 2017.
l’Osservatorio ebraico italiano – dice Giani Luzzatto Voghera, intervistato da “Repubblica” – ha visionato 300 siti antisemiti e oltre 17.000 (cito a memoria) tweet di insulti agli ebrei nel 2019. In Germania, Francia gli ebrei stanno peggio che da noi. E l’odio più feroce verso gli ebrei è dei gruppi di estrema destra, questo è indubbio.
E visto che “l’Era dei diritti civili è terminata” (gli ebrei non sarebbero del tutto d’accordo, e non solo loro, come ho già scritto) pare terminata, me la prendo comoda, stacco la spina, e mi faccio un caffè.
Signor Pasini se anche lei avrà la fortuna di arrivare a 90anni, come Liliana Segre, constaterà di persona se è possibile, oppure no, farsi “influenzare, incastrare, coinvolgere, manovrare, imbarcare o altro ancora”. Il buon senso suggerirebbe inoltre, mentre ci si arrabatta a “visionare i siti antisemiti” (di cui non è dato sapere nome e cognome perché in certi casi il colore fosco è d’obbligo), di “visionare” anche tutti gli altri. Ovunque gli insulti sono diventati ormai una triste prassi, ce n’è per tutti. Ne sa qualcosa il giornale Repubblica, sempre più livido come i televisivi Gruber, Saviano, Fazio, Floris e compagni, che ormai sono caduti nel grottesco. Uno spasso.
Grazie, Marino, per le indicazioni di letture.
Concordo: una certa sinistra ha sposato acriticamente tutto ciò che hanno fatto i palestinesi (anche inculcando nelle nuove generazioni a scuola – una scuola finanziata anche dall’Europa – l’odio contro Israele, un odio finalizzato a distruggere lo Stato usurpatore (hai fatto bene, Marino, a citare a proposito lo scrittore polacco: la storia è – o dovrebbe essere – salutare per tutti).
Ma non si fa prima a dire che non esistono Israeliani come da un certo momento storico non sono più esistiti Ebrei? E già, perché una terra una religione e un popolo è forse sorpassato, ma se ci rimane solo la religione, in quanto la terra storicamente non c’era e l’etnia è variopinta, che popolo è? Un movimento cultural religioso. E quindi non si può nemmeno essere antisemiti, in assenza dell’oggetto di opposizione. Resta il fatto che la persecuzione causa una reazione, e quindi quelli che si son continuati ad autoidentificare come Ebrei hanno fatto eccellenti cose. Ma questa maniera di vedere, cioè che se l’etichetta Cirio nessuno me la mette me la metto da solo, mi è estranea. Non sarebbe bello gridar tutti: “ma non esistono!” Come non esistono Milanisti, Comunnisti… ma esistono i biondi, le donne, i cani… Oh, scusate, sono fuori tema, si parlava di Radicali; ma esistono?
Rita, prendiamo atto delle tue lucidissime “opinioni”.
La cosa non mi riguarda, prendi atto di ciò che ti pare.
Personalmente, come tutti, esprimo semplicemente idee e opinioni.
….mozione d’ordine (che gran ricordo, i tempi della scoperta delle fascinose “assemblee”!!!) : perchè non proviamo a commentare stando al tema del post? La mescolazia, il meticciato costringe ormai a riandare al titolo in testa, xchè non si capisce di cosa si sta parlando!!!
Con tutto il rispetto neh!
Io mi sono autocensurato dopo una sortita fratello, me sono rientrato con un “Oh, scusate, sono fuori tema, si parlava di Radicali; ma esistono?” E allora dopo l’autocensura almeno un’autorisposta: fra i miei passati punti visita diffusi, peggio degli alberghi, c’è un poliambulatorio a Massalubrense, nota località turistica, diretto da un medico già Sindaco di quel Comune, che orgogliosamente si professa radicale. Come primo cittadino ha lasciato una traccia come uomo del fare. Era già passato il suo turno di reggenza quando il Comune ne raccoglieva l’eredità balzando in testa ai livelli nazionali nella differenziata, e se ne parlò. E far le cose al sud… è tanto difficile!