Una città, se non si è Matera, è anche la sua ferrovia. Un amico romano che venne a trovarmi, anni fa, disse al telefono: Marino ce l’ho fatta, sono a Crema; ho preso il treno da Milano Centrale, un regionale diretto a Verona; poi a Treviglio, con un trenino scassato, lento lento, sono arrivato a Crema. Ma qui siamo in campagna! Marino, ma dove vivi? In campagna, gli ho risposto, anche se i cremaschi, che ben conosco, ritengono di essere creature urbanizzate, degli abitanti di città.Si fa presto a dire città. Lo dicono anche i soncinesi, quelli di Orzinuovi, di Castelleone, di Soresina, anzi: Surèsina. In Inghilterra, in effetti, bastano quattro negozi, qualcosa che rassomiglia a una piazzetta, un pub, un municipio, e il cartello dice “town centre”, centro della città. Ma la realtà è un’altra. Forse, noi cremaschi, del centro-mercato che fa passeggiare il sabato, la domenica anche i residenti paesani della quarantina e più di comuni che ci circondano, su e giù per Via Mazzini, crediamo di essere un luogo calamitante, e ci consoliamo, con qualche buona gelateria, un tribunale (che c’era), l’ospedale, e tante città a 35-45 chilometri, che per un australiano, uno di New York sono una bazzecola, ma per un cremasco (che vuole andarci fuori dall’orario dei pendolari studenti-lavoratori), troppa fatica per accendere i motori, e recarsi a Milano, Bergamo, Brescia, Pavia, Cremona, Piacenza, se non si è costretti a guadagnarci il pane. Da ragazzo ci si lamentava per il poco o niente che c’era da fare, a Crema. Oggi, mia figlia, che ha ventun anni, e studia all’estero, quando torna mi dice: a parte vascheggiare su e giù per il centro, che si fa a Crema? Quello che si fa anche in campagna: un giretto a piedi o in bicicletta, osservando le bellezze (che ci sono, della Crema del lontano passato; un gelato; i diecimila passi a consumar le suole) e poi a dormire, perchè in pochi minuti si è visto (e rivisto) tutto. Crema, oltre a non avere una ferrovia decente, non ha neppure un giornale quotidiano, perchè “La Provincia di Crema” è un emanazione cremonese, degli agricoltori e industriali di Cremona. La provincia di Cremona, se si guarda la cartina, si capisce la scarsa affinità tra i centri maggiori. E’ una provincia lunga come un salame, con il capoluogo in mezzo ben lontano da Crema e Casalmaggiore. La distanza allontana, ovvio. E succede che i casalesi vanno a passeggiare a Parma, e non pochi cremaschi frequentano Milano (come chi scrive), o Bergamo, e a Cremona ci vanno di rado, molto di rado, per quanto ne so. La storia di Cremona e Crema è fatta di antipatia, rivalità, guerre, un matrimonio non consumato, e un territorio, quello cremasco, colonizzato dai cremonesi, con i cremaschi nemmeno capaci di togliere quei cartelli, offensivi, che ci raccontano che a Trescore (Cremasco) ci sono “itinerari gastronomici del cremonese”. Per ignoranti della geografia elementare, o grossi paesani, come siamo noi, che accettano gli ignoranti in geografia. Perchè il cremasco come territorio esiste, come certifica la guida rossa del Touring Club, e la storia di un territorio, le sue particolarità che ci sono. Se Crema fosse una città, con una personalità (che ha perduto da molti anni) quei cartelli li avrebbe già levati di mezzo, ma siamo gente ormai rassegnata ad essere ben poca cosa, come luogo in sè, e cerchiamo di tenerci stretto quello che rimane, conquistato a fatica, come le scuole medie superiori, anche perchè la succursale universitaria del Politecnico ( se non sbaglio) è destinata a tornare a Milano; e al massimo, resteranno i corsi universitari per la terza età, che è sempre un utile ripasso, per i pensionati. Abbiamo Milano a meno di 40 chilometri; da Crema Nuova impiego, se non c’è traffico, 30 minuti per arrivare a Rogoredo, 25 minuti a San Donato Milanese. Lo sviluppo per Crema è tutto in quella direzione. E non sono sicuro se lo si voglia o no. E perchè non te ne vai da Crema, visto che ne parli così male, mi hanno detto? Se fossi ancora giovane, e non lo sono più, sicuro che me ne andrei, rispondo. Andrei in una città che è una città sul serio, e non su un fiume Serio solo di nome. Dello stradone Cremona-Mantova, ai cremaschi può importare, come la pedemontana, o l’allargamento della Bergamo-Lecco. Ogni volta che succede un fatto di cronaca, come di recente a Sergnano, i giornali nazionali, le sedi regionali della Rai spesso il cremasco lo baipassano; e Sergnano, Izano sono “paesi del cremonese”. E se per “Il Fatto Quotidiano” Busto Arsizio (80mila abitanti) è una piccola città; per “il Messaggero” di Roma un omicidio in un quartiere di Bergamo è avvenuto “nella piccola città bergamasca”, Crema, quindi, che è quasi un quarto di Bergamo, che cos’è? Già: cos’è?
Commenti
A caldo, in totale disaccordo. L’alternativa è appunto la grande città, dove se non sei un ricco sei confinato in quelle orrende periferie. Almeno a Crema, nei pochi chilometri quadrati, queste differenze non sono così evidenti. Mancano delle cose? Può darsi, ci han tolto anche il tribunale, ma molti servizi essenziali ci sono. Opportunità culturali? Qualcosa si fa, e magari noi neanche ce ne accorgiamo. La Proloco quantifica in 15.000 il numero di turisti approdati dopo il famoso film, e idipendentemente da quello Crema offre bellezze che io ancora apprezzo. E il tam tam mediatico, anche extra Guadagnino, di turisti ne ha portati altri. Passeggiare nei chiostri del Sant’Agostino o visitare il giardino a ridosso del salone Pietro da Cemmo è sempre un gran piacere, come lo è visitare altri luoghi. Due pedalate e sei in campagna, e mi sembra un vantaggio non da poco. E comunque Milano è a un tiro di schioppo. E non c’è quel casino da approdo a San Donato. Caro Marino, scusa la frettolosa analisi, ma mi pare che possa bastare se mai dovesse svilupparsi un confronto.
Caro Ivano, non aspetto condivisioni a “Crema vicino e lontano da tutto”. Conosco troppo bene Crema, i cremaschi, e se non arriveranno gli insulti, certo ci sarà la difesa di bottega, tipico di noi provinciali, anzi sottoprovinciali colonizzati da Cremona. Nonostante non risparmio critiche al paesone di Crema, un giorno ho alzato la cornetta protestando con “Il Corriere della Sera”, ricordando che Izano è paese cremasco,non cremonese, ero “stufo” di verificare l’inesistenza del nostro territorio, (sui notiziari l’ho verificato più volte) scambiato per roba altrui. Mi arrivò una mail di scuse dal “Corriere”. E la faccenda del turismo culturale a Crema, mi fa sorridere. Arrivano anche corriere da Cernusco sul Naviglio, pensionati, per vedere piazza del Duomo, i palazzi dei signori, e Santa Maria della Croce. E qualche orientale, pure un austriaca che ho accompagnato alla villa Albergoni, per i luoghi del film di Guadagnino. Si dimentica che Guadagnino è venuto a vivere a Crema perchè ha trovato posto a palazzo. E, probabilmente, a Palazzo Premoli non avrà speso più dell’affitto di un bilocale, in Via Solferino a Milano. Il film “Chiamami con il tuo nome”, che lo sceneggiatore voleva fosse girato in Sicilia, poteva essere filmato a Cremona, Lodi, Pavia, e in altre campagne che tanto era uguale. Cambiava niente. Tanto che “il famoso” regista (così nelle cronache sbrodolose della stampa locale), ha fatto le valigie e ora tiene appartamento o palazzo a Milano. Tanto che una parte del consiglio comunale di Crema protestò per le riprese del film che limitavano le vendite dei commercianti, e il Comune buttava i suoi soldi per un filmaccio, invece di metterli da parte per una bella sagra del tortello, con il liscio non stop fino a notte fonda. Poi successe l’inaspettato successo, e da provinciali frustrati ci si è fregati le mani dicendo: forse esistiamo, anche per la Corea del Sud! Peccato che il regista famoso, ingrato, ci ha lasciati, quasi sbattendo la porta. Comunque, è vero, sono un fan delle grandi città, dove ho imparato il pochissimo che so, dove ho assistito a grandi concerti, teatri d’Europa, festival del cinema, mostre d’arte, dove frequento librerie e biblioteche. La mia moralità, brutta o decente, non l’ho certo imparato a Crema. Las penso come Robert Walser: “Mi è caro il frastuono e il movimento incessante della metropoli. Ciò che perpetuamente scorre, costringe a una moralità”. E ringrazio Francesco Torrisi per la bellissima scelta della fotografia. Sembra una foto di Luigi Ghirri, che bene descrisse su una rivista scomparsa, un bimestrale “padano”, un certo smarrimento, quel senso di vuoto paesano, che si percepisce, a volte, nella valle pianeggiante del Po, e soprattutto arrivando a Crema con il trenino dei buffi proveniente da Treviglio.
Ipocrisia della vita di Provincia
Crema, più lontana possibile
Crema deve essere lasciata il più possibile lontana da tutto. Lei parla delle differenze di quartieri a Milano, dell’orribile periferia… ma Crema cos’è, in fondo? A Crema non conti nulla se non sei figlio di qualcuno, quindi la media borghesia, pur di sfoggiare ed essere accettata tra figli di professionisti, bottegai di via Mazzini e nobili (decaduti), si indebita fino al collo. Fa schifo eh, la periferia di Milano?! Meglio farsi accettare tra quattro provincialini… e poi: tema cultura. E qui già viene da ridere… affidata a quattro professori in pensione che si sentono Umberto Eco … Lei cita Guadagnino “l’ingrato”… ma ringraziate di avere avuto qualcuno che vi ha portato quattro turisti… se ne è andato via perché ha capito perfettamente la mentalità cremasca…
a Crema se non sei figlio di, con un patrimonio di, tuo padre non fa un lavoro di tutto rispetto e tu non sei cremasco da almeno tre generazioni conti meno di uno zerbino, il provincialismo e la chiusura mentale fanno di crema il posto perfetto per tentare il suicidio, viva Cremona dove la mentalità è più aperta.
Accogliente cittadella,punto di riferimento dei paesi periferici,ancora a misura d’uomo.
La storia della “misura d’uomo” la sento da una vita. Piccoli centri, la lentezza, i diecimila passi, quelli che non saluti mai, ma vedi (purtroppo) quasi ogni giorno, e certe volte svicoli e te li ritrovi davanti, perchè le strade sono quelle. Aveva ragione Montale: “mi piace Milano, perchè puoi camminare, da persona libera, senza che ti riconosca nessuno”. Ma la gente cerca protezione, abbandono, e nel paesone, nella piccola città questo c’è. Nella pochezza delle cose, che viene luccicata perchè altro non c’è, nell’andazzo senza fretta, e pure si prende per benedizione, se capita di passaggio la celebrità che concede a Crema una perla delle sue. Poi ci si accontenta di tutto, comunque, soprattutto invecchiando.
Con tutto il rispetto per i massimi sistemi, se Renzi è di sinistra, e altre faccende gravi in cui in tanti dicono la sua, arrivando al bar per il Bitter Campari, mentre la moglie o la sorella sfaccendano a casa, o come su questo blog, dove si prova a dibattere come all’Huffington post due, de’ noialtri: più serioso, certo, e meno casereccio, anche se meno frequentato perchè si sta nel cortile di casa, a contarsela come al condominio, ma sempre ricco di stimoli senza nemmeno, però, un bicchierino, un amaro, un amaretto, la lettura a sbafo del giornale in biblioteca, per farci un’idea di cosa combinano i potenti, vivendo, mio malgrado a Crema, e forse ancora indignandomi per certe faccende, ho notato il “pollaio” di Viale De Gasperi (forse sfuggito ai tanti che i passano davanti), che sarà un’inezia da sopportare, visto il caos architettonico del viale d’ingresso alla cittadella di Crema, ma un’inezia non lo è. Ma che cos’è “il pollaio” che non si può non vedere entrando dal rondò, di fronte a un pretenzioso edificio per il business, tutto a vetrate, e di fianco allo stadio di calcio Voltini? E’ una necessità sportiva,dicono, per impedire la rissa prima della partita, dei tifosi della Pergolettese contro quelli del Como, dell’Arezzo, del Monza, una rete di protezione lunga lunga, che taglia a metà la ciclabile. Siamo così preoccupati del futuro del pianeta, delle capriole di Renzi e di Conte uno e due, del Pd e delle sortite di Dibba che nemmeno facciamo caso a una schifezza, tra altre schifezze di un Viale che accompagna nel centro storico e che dovrebbe appartenerci più del rosario di Salvini. E mentre ci sono cittadone che progettano alberi ovunque, orti, giardini, per contrastare il surriscaldamento anomale, a Crema si fa il contrario. Si abbattano alberi che hanno più di mezzo secolo, e quelli caduti per una tromba d’aria non vengono sostituiti. Le ciclopedonabili hanno alberi potati in modo rozzo, come quella dei Mosi dove hanno tagliato rami solo verso la ciclabile, e gli alberi hanno la chioma pendente. Ci sarebbe da piangere, e per l’ignoranza di chi ha fatto il lavoro, da ridere. In più gli agricoltori della zona si sono accaniti capitozzando, tagliuzzando le piante, per levarle di torno, perchè fanno ombra ai raccolti. Altro che cittadina-giardino, o campagna alberata. Se almeno nel “pollaio” di Viale De Gasperi si mettessero delle galline, i passanti avrebbero qualcosa di bello da vedere, e non credo che ai tifosi foresti, le galline, così simpatiche darebbero fastidio. Almeno, Crema avrebbe anche lei, un piccolo esperimento di campagna in città, come chiedeva qualcuno, invece di un obbrobio da aggiungersi al resto del Viale venuto su a caso, niente che assomiglia all’edificio vicino, come succede oggigiorno, nonostante le scartoffie belle vidimate di architetti e geometri e amministratori comunali.
Caro Marino, se il tuo pensiero in sintesi é : “preferisco la grande città ” non c’è confronto possibile, se non in schieramenti di sì e no, senza campanilismi né insulti.
Surriscaldamento anomalo, non anomale.
Marino, scusa se insisto, ma quando leggo che la grande città offre più l’opportunità di una piccola mi sembra di leggere una cosa molto ovvia. E spero che tu non lo legga come un insulto.
Caro Ivano, non si tratta solo di opportunità. Nel mio scritto accenno anche ad altre faccende. Quando collaborai per “Mondo Padano” gestione Antonio Leoni, mi capitò di assistere a varie miserie, beghe di provincia tra Cremona e Crema. Le due paginette dedicate a Crema e il cremasco, certe volte, le si riempiva di fretta, telefonando a qualche prete importante vicino al Vescovo, o al Sindaco di Crema, un assessore disponibile. Al giornale non importava spendere soldi per una redazione cremasca. Tanto non importava, per loro Crema era solo, e ancora è, solo un possedimento riottoso; e Leoni si stizziva per lo scarso interesse che i cremaschi mostravano per faccende cremonesi. Cremona è città molto provinciale, più di altre della medesima stazza. E’ Cremuuna. Giorgio Bocca provinciale di Cuneo, vissuto poi a Torino e Milano, diceva, a ragione, che a sentir parlare i cremonesi gli parevano “gente assonnata con la parlata trascinosa come residenti di un paesello, non una città”. Quando Corrado Stajano, nato a Cremona, venne premiato come “cremonese dell’anno”, e c’era schierata nella sala conferenze tutti quelli con le palanche che a Cremona comandano, Stajano si guardò intorno e disse al microfono: “Vi ringrazio per il premio, ma non capisco perchè lo date a me. Da Cremona me ne sono andato via, per non tornare”. Se ne andò, giovane, a Milano dove è diventato quello che è. Ci fu un momento d’imbarazzo, poi, tanti sorrisi e strette di mano. Dubito che i cremonesi presenti hanno capito cosa intendesse dire Stajano.
Egr. sig. Pasini ma quanto astio e livore nelle sue parole ma cosa mai le avranno fatto i cremonesi e Cremona? Come dice lei Crema è provinciale e Cremona forse ancor di più e certamente i rapporti tra le due città sono ridotti ai minimi termini, quindi dubito che vi sia una qualche forma di sopruso della città maggiore nei confronti della sorella minore (per carità minore solo in termini di numero di residenti ovvio), i cremonesi di oggi non sono più battaglieri e coriacei come quelli del passato. Poi la storia è un’altra cosa. Se non sbaglio comunque il territorio cremasco è stato molto e ben rappresentato in Provincia di Cremona, vedasi la presidenza Salini, e foraggiato con investimenti importanti come la nuova paullese, le nuove sedi delle scuole superiori e la sede universitaria, fondi che altre zone del territorio provinciale si sognano, quindi basta piangere per favore. Vede la cultura e il senso di appartenenza al proprio territorio sono positive ma l’incapacità di aprirsi agli altri e di fare sistema con i propri vicini sono dannose. Infine, come dice lei sarà stato probabilmente l’unico a comprendere la parole di Stajano ma forse sarebbe stato meglio scrivere … “dubito che i cremonesi presenti abbiano capito ..”
Caro Marino, mi sembra che il tuo sia un discorso campanilistico. Senza scomodare la storia del giornalismo, che non conosco, mi sembra che questa contrapposizione tra le due città, di cui non ho esperienza se non attraverso luoghi comuni, forse non esista più, se non ripescando vicende storiche che non so quale segno abbiano lasciato. E che io non conosco. Andando invece a Staiano o Bocca vorrei ricordare invece Gianno Brera che tra testate giornalistiche e grandi città e grande sport fece comunque del suo Po e le sue golene, del vino pavese, delle nebbie e del fumo di polenta la sua cifra stilistica, umana e intellettuale. Nel paese dove è nato è anche sepolto, a significare che anche la provincia e le radici possono lasciare quel segno al quale si ritorna. Soprattutto in un’epoca come la nostra dove si può esplorare il mondo e conoscerlo senza calpestarlo. Emily Dickinson ebbe grande esperienza della vita senza mai uscire dalla sua camera da letto. Per questo non capisco il mito della grande città, dove magari puoi passeggiare in solitudine, senza fastidiose interferenze, che poi è un mito un po’ romantico, che anch’io amo qualche volta. Poi magari leggi della tanta solitudine o disgregazione sociale del vivere nelle grandi città che riempie tante pagine di sociologia o antropologia o letteratura. In tutti i casi i gusti sono gusti. Comunque il tema è interessante e si presta a molteplici letture.
Campanilistico? E’ curioso che lo sia chi scrive, che a Crema non risparmia critiche dure, a ricordare che il cremasco è un territorio mentre i notiziari regionali, i grandi giornali se ne dimenticano, senza far sollevare neanche un sopracciglio a chi è convinto che Crema sia un luogo bellissimo. Forse, vivere nell’irrilevanza, nel poco che c’è, ci si abitua, e quando sei di Crema, o di Casalpusterlengo e muore uno chef a New York, ed è di Zorlesco di Casalpusterlengo, “Il Giornale” di Sallusti, fa bene a scrivere nel titolo e nell’articolo di “uno chef, un capo cuoco di Lodi”, come se Casalpusterlengo fosse un cascinale con quattro vacche in croce, quindi si fa prima a dire che lo chef è di Lodi, tanto chi se ne frega di Casalpusterlengo? Fanno bene a mettere il cartello “itinerari gastronomici del cremonese” a Trescore cremasco, perchè siamo una dependance, irrilevanti. Crema, ha solo due strada per migliorare se stessa: puntare su Milano e diventarne un eccellenza periferica, e avere un’altra ferrovia, potenziando l’esistente. Finchè resterà un trasbordo avanti e indietro da Treviglio, con tempi assurdi, e fermate quasi fantasma fuori dall’orario dei pendolari, Crema è destinata a perdere anche quel poco che ha faticosamente raggiunto,per esempio, parte delle scuole superiori. E ricominceranno altri disagi. Basta vedere la ferrovia di Treviglio e Lodi, perchè quella di Crema è inguardabile, è da paesino di campagna. Se non ci si butta anima e corpo, per i politici, in questo, l’irrilevanza aumenterà. Può fregarmi poco, visto che a Crema ci vivo per motivi di causa maggiore, non più per scelta personale, e vado altrove per il cinema, il teatro, la musica, le librerie, i locali, le mostre d’arte,gli stimoli che una cittadina assonnata non ha. Ivano cita Brera e una famosa poetessa. Sono eccezioni. Ti ricordo che Gianni Brera giocava a briscola anche con Mario Soldati in quel dell’Oltrepo, e amava quelle colline, ma per le sue corrispondenze era sempre in viaggio. Bocca titolò la sua autobiografia “Il provinciale” rivendicando le sue origini (era di Cuneo), ma visse a Torino, a Milano. Mario Rigoni Stern dedicò le sue storie all’altopiano di Asiago, perchè era un montagnino, e amava i boschi. Fenoglio fece di Alba una città-mondo, ma senza la guerra, l’epopea partigiana, forse sarebbe morto per troppe sigarette fumate, girovagando anonimo per le colline langarole. Giorgio Bassani scrisse di Ferrara (che Ferrara non è una cittadina irrilevante come Crema), stando a Roma, e vivendo nella capitale; disse lui stesso che se fosse rimasto a Ferrara, della mediocrità di provincia che si vendette al fascismo, forse non avrebbe scritto neanche una riga. Per fare il parrucchiere, il muratore, l’insegnante di scuola media, il medico, Crema va bene, non serve andare altrove, ma per certe passioni, ambizioni, dalla piccola città è meglio far fagotto. Ma ci vuole anche coraggio, ad andarsene, anche può essere un salto nel buio, e non tutti vogliono rischiare. Poi succede che grandi scrittori, uomini politici si fanno sotterrare a Fratta Polesine (Matteotti); Piazzolo (Guido Galli, magistrato ucciso dalle Br); La Salle (Giorgio Bocca), ma la loro vita adulta è stata spesa nelle metropoli.
Gentile Signor Bresciani, non ho livore, nè provo antipatia per Cremona e i cremonesi. Di recente ho studiato la storia di Cremona e del suo territorio sorbendo vari volumi, come i tomi a cura di Franco Invernici “Classe politica e ideologia in Cremona 1875-1925”; “Cremona e la sua provincia nell’Italia unita” (a cura di Alberto Cova”; libri su Cremona di Gherardo Bozzetti, su Farinacci; “Le origini del movimento cattolico cremonese” di Bellò; la storia delle leghe bianche e di Guido Miglioli, e le vicende di Danilo Montaldi (una grande persona che ho molto stimato), leader dei militanti politici di base cremonesi; un libretto molto utile di Renato A.Rozzi edito dalla Biblioteca Statale di Cremona, 1991, che consiglio vivamente “I cremonesi e Farinacci”, e altri ancora che non cito perchè già la sto facendo lunga. Conosco anche un pò della città di cui apprezzo soprattutto la stagione concertistica, il fatto di avere un grande fiume (che Crema non ha), e una piazza del duomo, meravigliosa, tra le più belle della Lombardia, forse d’Italia. Questo non cambia di una virgola ciò che ho scritto. Legga Rozzi, che è un cremonese, e mi pare che lui vada giù molto più pesante di quanto ho scritto io. Il suo intervento è comunque interessante, e la ringrazio molto. Le dico, perchè sono oltre che uno polemico, anche tengo ad essere preciso, quando ci riesco, che Cremona non è affatto vicino a Crema, ma è in realtà distante. La provincia di Cremona, come ho scritto è lunga come un salame, e se lei legge la storia di Cremona c’è scritto che Cremona “è città isolata”, lontana dagli altri due centri maggiori, Crema e Casalmaggiore. Da casa mia, quartiere Crema Nuova, raggiungo Milano prima di Cremona, gentile signor Bresciani. E una volta, scherzando, con ironia, ho scritto che il tipo dell’Anas che mette i cartelli è pagato da qualche politico cremonese per allungare le distanze sulla cartellonistica, che segna 41 chilometri in zona Ombriano, per arrivare al cartello “Milano” quando il contachilometri ne segnala 33. E Cremona non può fare a meno di Crema (anche se si sta preparando a un futuro, magari lontano divorzio, legandosi sempre più con Mantova), mentre Crema può fare benissimo a meno di Cremona, avendo Lodi, Treviglio, Milano, Bergamo non così distanti.
Mi piace commentare il post dell’amico Marino con un domanda un pochetto ….provocatoria:
quanti dei frequentatori del blog CremAscolta hanno dedicato una mezzora del loro tempo per ascoltare il primo bellissimo podcast a cura di Giorgo e Mattia: “Università con Giovanni Righini” ? https://www.cremascolta.it/podcast/unicrema-con-giovanni-righini/ (apropò: grazie/grazie a Giovanni Righini, figlio del prof di matematica che, al tavolino di casa in Campo di Marte, si spremeva per ficcarmi nella zucca la matematica del liceo!)
Ecco li dentro, ci si può trovare la chiave per entrare con intelligenza nel tema CREMA VICINA E LONTANA DA TUTTO !
Mi ha piacevolmente sorpreso apprendere dal Prof. che i nostri tre rappresentanti in Regione (la dove si decidono le sorti dell’auspicato futuro “Polo di Ricerca Operativa” dell’Università a Crema) stiano lavorando in sinergia al fine di gestire in modo virtuoso il passaggio da “porta chiusa a apertura portone” (e lo capite solo se ascoltate il podcast fino alla fine!) all’Università che stava tanto cara a Degli Antoni (erano i tempi delle giunte DC/PSI/PSDI/PRI e magari anche PLI, toh!) .
Mi domando: c’è piena contezza di questa enorme potenzialità in Consiglio Comunale?
C’è una Assessore ( o magari direttamente la nostra vulcanica Sindaco) che segua con competente, continua attenzione questa decisiva partita?
Il tema potrebbe essere decisivo per riempire di contenuti pregnanti il futuro della città!
Le domande ovviamente non sono …..retoriche; attendono risposte!
Come vedi, Francesco, Crema si dibatte per salvare una facoltà universitaria, una succursale, anche una cantina, purchè sia universitaria. Perchè, nonostante si dica “che bello il piccolo borgo, quasi cittadino, che è a misura d’uomo e di donna” ci si strappa i capelli per avere uno straccio di eccellenza urbana, l’università, e se vengono le corriere con i turisti di qualche valle bergamasca, a vedere il Duomo gotico, diciamo :anche noi abbiamo i turisti, anche noi “siamo luogo da visitare”, perchè, in fondo, soffriamo dell’irrilevanza, della pochezza che abbiamo, anche se a parole ci accontentiamo di granoturco, di boschetti che non ci sono più, tante nutrie al pascolo, e per fiumi seri, laghi, mari e montagne e colline devi fare strada, e non poca. Una multisala cinematografica che proietta i film uguali a Romano di Lombardia, tanto la gente che ci vive è più o meno la stessa. Ho apprezzato molto la tua aggiunta sul “PLI, toh!”, pregevolezza stilistica, tra l’altro. Ricordo una Fiat 1100 con un militante liberale che girava per Crema durante una sfida elettorale, e un megafono che invitata i cittadini a votare liberale. Non ricordo se era della corrente di Malagodi, dei dentisti, dottori commercialisti, e imprenditori, oppure di Zanone e “Critica liberale”, di sinistra. Volevo fermare l’auto e domandargli se era un operaio, il tizio, perchè sarebbe stato un caso più che raro. Un operaio che votava “liberale”. Allora, non ne ho conosciuti, a Crema. Ma la macchina era malmessa, lui vestiva trasandato, chissà.
Riflessione interessante e molto puntuale di uno stato di fatto che dovrebbe essere evidente.
Una città vive grazie ai rapporti urbani, sociali, economici e culturali con territori più o meno vicini e, per poter alimentare queste relazioni, servono infrastrutture materiali e immateriali a supporto.
Crema, centro piacevole e dove si può stare felicemente se non si vive ai margini non tanto geografici ma sociali (se in una metropoli la periferia è territoriale, in una città piccola la periferia è innanzitutto generata dalla mancanza di relazioni significative e dalla forte chiusura delle élite, molto meno permeabili che in altri contesti), soffre purtroppo a causa di un profondo isolamento: muoversi è faticoso e, almeno mi sembra, anche le idee si muovono lentamente – o sono condivise tra pochi -. Paradossalmente è curioso considerare che il contado vede invece nella città un centro attrattivo, a causa della difficoltà di raggiungere altri centri e di trovare risposte diffuse ai propri bisogni.
Alzando lo sguardo al contesto, non solo nazionale, è però evidente come questo destino sia condiviso da moltissime piccole città dalla vocazione promiscua – comunità sui 15/40mila abitanti, dall’identita industriale o turistica – e, di conseguenza, è necessario pensare al futuro. Nei prossimi 20 anni è previsto lo spopolamento dei piccoli comuni – centri ormai incapaci di portare avanti le funzioni per cui sono sorti – e un forte spostamento verso le metropoli o i centri limitrofi. In questo quadro le città come Crema resteranno alla porta, protagoniste forse del mero passaggio dalla campagna alla città. Per non farsi trovare impreparati il territorio intero deve reagire e studiare un piano di sviluppo capace di dare un significato nuovo a Crema e al Cremasco, altrimenti la situazione attuale sarà solo il preludio di un veloce e inarrestabile declino.
Non la conosco signor Sangaletti, ma il suo intervento è notevole, l’ho molto apprezzato. Non so se lei è cremasco, cremonese, se ci siamo mai incontrati, ma se Crema fosse abitata da gente come lei, credo, che forse cambierei idea, non me ne andrei. Purtroppo, non è così. La saluto con vero piacere.
Grazie “signor. Sangalletti”, mi viene da dire …..”eppur si muove”!!!!
Caro Pasini, sono un semplice cremasco trasferitosi per lavoro a Milano, sempre legato – e interessato – a Crema e al suo mondo “periferico e lontano” ma ricco di stimoli per coloro che vogliono cercarli e riescono a trovarli.
Come ho detto il problema del ruolo e del futuro delle città medio-piccole è condiviso sia in Italia che all’estero (qualche tempo fa l’Anci ha promosso un forum sull’argomento molto interessante) ma la prima risorsa per un nuovo domani sono i cittadini che devono mettersi in gioco e stimolare amministratori e attori pubblici e privati in nuove progettualità.
Per questo non ci si deve scoraggiare, e guai a darsi per vinti o perdere l’affetto per il territorio che si vive, poichè, citando Bowie, “di amori è tutta piena la città”.
Viene spontaneo chiedersi cosa significhi essere provinciali e come si manifesti il non esserlo. Dove stanno le differenze culturali, intellettuali, comportamentali, sociali…..? Altrimenti il termine rischia di essere così generico da non significare un bel niente. Soprattutto in un mondo iperconnesso, globalizzato e anche con tanta mobilità fisica, anche per noi cremaschi, poveri provinciali. Se poi il futuro sono le megalopoli cinesi o giapponesi o brasiliane o indiane, pur ipotizzando uno sviluppo possibile, spero che le piccole città mantengano le loro caratteristiche. Con qualche disagio per vedere un film o visitare una mostra.
Ti ringrazio perchè mi permetti di dire un’altra cattiveria, una delle mie. “Cremascolta” deve smettere di essere solo un cortile, e ho apprezzato molto i due interventi, per esempio, di Bresciani, di Sangaletti; un blog, un giornale deve essere una piazza con varie entrate, opinioni, ecc.
Sono un provinciale e lo sarei anche a Buenos Aires, se decidessi di svernarci, in futuro, cosa improbabile, nonlostante mi piaccia il tango, la milonga. Ma la mia battaglia, di tutta una vita, è il provincialismo. Provinciale e provincialismo non devono essere la faccia della stessa medaglia, altrimenti è un guaio. Faccende o realtà che a qualcuno farà sbadigliare a parlarne, ritenendole roba superata.Ccon internet, Facebook, Youtube, il tuittaggio, si ritiene di essere centro del mondo anche a Casaletto di Sopra, o Motta Baluffi, come se fosse uguale che a Torino, Milano, o Roma. Ma non è così.
Si può rivendicare le origini provinciali e non essere affetti dal provincialismo, che è una malattia subdola, pericolosa, e che ha portato in Europa a governi autoritari, e ancora oggi (pure ieri: Mussolini, Francisco Franco, per esempio) sostiene personaggi come Erdogan, Putin, Trump, e ovunque vota in prevalenza personaggi che mia madre chiamava i “gradassi”, gli uomini forti. Il provincialismo unito all’Italia strapaesana porterebbe a un’Italia da cui scapperei senz’altro, o combatterei. Il provincialismo si respira, è l’odore che si percepisce, vivendo in provincia, ma l’importante è non smettere di studiare, di avere curiosità, aprirsi, e andare a prendersi spesso boccate d’aria pure dove è più inquinante, quella che sporca il colletto delle camice bianche, delle cittadone, delle metropoli. Che male al cervello non fa.
Interessante Marino: il provincialista vota a destra, il provinciale di nascita può votare a sinistra. Strano, siccome è discutibile, che l’ala destra del blog, che è comunque una piazza e non un cortile, perché aperto a tutti, non sia ancora insorta.
Per evitare il declino, Lauro e Marino, non si tratta di salvare quel poco di università che ci è rimasto (anche nel 2020 è destinato a sparire), ma di coltivare un progetto di ampio respiro. So bene che non sarà facile, ma se dovesse andare in porto il progetto del prof. Righini, quello cioè di un Centro di ricerca di eccellenza almeno a livello nazionale di Matematica applicata (applicata agli algoritmi, il petrolio del XXI secolo), Crema potrebbe richiamare cervelli non solo dall’Italia (e tanto meno solo da Milano), ma anche dall’estero e con i cervelli i “capitali”.
E’ tutta la comunità che dovrebbe appoggiare tale progetto: finora, ad eccezione dell’attenzione del sindaco e di pochi altri (compresi i consiglieri regionali di orientamento politico diverso), il prof. Righini da anni lavora indefesso, ma da solitario.
Non è una grande occasione perché Crema si risvegli dal torpore e CremAscolta svolga la funzione per cui è nata, quella di “costruire”?
La proposta del Prof. Righini di un Centro di ricerca a livello nazionale di Matematica a Crema è una bellissima cosa, e sbaglia chi rema contro. Ma non mi sorprende, conoscendo i cremaschi. Un amico mi ha ricordato che resiste, a Crema, il corso di laurea in Infermieristica. Speriamo che tenga almeno quello. Le migliori città, le più vive, culturalmente e intellettualmente sono città dove le facoltà universitarie sono presenti. Questo vale ovunque, con poche eccezioni.
Senza un potenziamento delle infrastrutture, però, Crema è destinata, come altre piccole città nella medesima situazione, a un inesorabile declino, che è già cominciato. Crema è sulla Serenissima, l’antica strada che porta a Oriente, oltre che a Brescia, Verona, Vicenza, Padova, Venezia. Ma lo sviluppo ferroviario della Milano-Venezia l’ha tagliata fuori. Stefano Jacini, storico, sociologo e grande proprietario terriero di Casalbuttano volle che la linea ferroviaria passasse per Casalbuttano, e così è stato. Una linea soft, non troppo invasiva per i campi coltivati, per la potenza agricola cremonese, potenza a livello europeo. Se i politici locali avessero voluto, perchè il potere ce l’avevano, lo sviluppo ferroviario sul cremonese e sul cremasco avrebbe potuto far pesare la loro forza. Mi risulta da alcune letture che anche durante il fascismo ci fu chi propose un potenziamento della Cremona-Treviglio, ma non se ne fece nulla, il timore di uno sviluppo che significasse meno coltivazioni, più incremento di popolazione (come è avvenuto a Treviglio che era un semplice borgo di campagna), più gente foresta, non piaceva; il provincialismo ottuso non è un’invenzione recente. Senza infrastrutture adeguate, Crema è destinata a perdere altra autonomia e servizi essenziali, nell’era degli accorpamenti, del taglio dei costi. L’amico, dice che l’Ospedale di Crema è sempre a rischio di diventare una dependance, una succursale dell’Ospedale di Cremona. Se dovesse perdere anche questa autonomia, Crema può appendere il nome “Crema” al chiodo e chiamarsi qualcos’altro, luogo colonizzato dalla personalità perduta. Crema dovrà battersi per staccarsi definitivamente dal matrimonio, mai consumato, con la città di Ugo Tognazzi, che è distante in chilometraggio, e non solo per questo. Cremona lo sa, e da tempo sta intensificando i rapporti con Mantova. Abbiamo Lodi a dodici chilometri, Treviglio, anche Bergamo non lontane, e soprattutto Milano, la metropoli. Il futuro per Crema è Milano, altrimenti oltre all’irrilevanza, all’inconsistenza, rimarremo, anzi consolideremo il paesone che siamo, e niente di più. Anche Cremona punta al raddoppio della Paullese sull’asse Cremona-Crema-Milano, per molti motivi, perchè la metropoli calamita, che piaccia o no, pure i cremonesi, che sono territorialmente isolati e distanti da tutto, più che noi.
Il podcast era solo il primo passo, per chiarire il passato e il presente. Senza dubbio non si conclude il contributo che possiamo dare al progetto.
Volevo aspettare l’aggiornamento che il professor Righini ci farà alla fine del periodo estivo, ma comincio a proporre a voi qualche domanda: non vi sembra che l’approccio che si sta seguendo sia troppo “statalista”? Ovvero, perché deve essere per forza la pubblica amministrazione ad impegnarsi e a finanziare il progetto? Se davvero c’è competenza e potenzialità, perché non si può proporsi nel libero mercato? Mi sembra che ci sia una tendenza ad ammirare la purezza del mondo accademico, senza volersi mettere alla prova sviluppando prodotti e servizi (chiaramente si tratta di avere persone che si occupano della ricerca, e altre dello sviluppo, ma in modo integrato). Con entrambi gli aspetti il centro si può auto-sostenere, se no è sempre alla ricerca di appoggi di qua e di là, e non è indipendente.
Se poi si fa anche una proposta didattica, quella può essere finanziata dalla regione/stato/comune per non scaricare i costi sugli studenti.
Caro Piero, non conoscevo la proposta e l’ho trovata curiosa e abbastanza azzardata da essere positiva. Per il suo successo sarà però necessario costruire una “città smart” aperta, informale, slegata da riti e rituali.
Condivido l’osservazione di Bressanelli sul ruolo pubblico/privato: progetti simili necessitano di un approccio misto e meticcio.
Dimenticavo, caro Pietro, che la mia cremaschità, le mie origini, non le rinnego affatto. Sono cremasco dalla testa ai piedi. Anche se preferisco, come ho già detto la metropoli, la grande città che frequento volentieri, e -spesso, e per fortuna, visto com’è conciata la piccola città. “La Provincia di Cremona” proprio oggi, sul monitor-prima pagina della loro sede cremasca, scrive che “anche i sindaci cremonesi la pensano come il sindaco di Milano sul divieto di fumare” eccetera. Che vuol dire? Che solo i sindaci cremonesi sono d’accordo? che quelli del casalasco e le autorità municipali cremasche non sono d’accordo? Oppure quel cronista ha deciso di accorpare i cremaschi e farli diventare cremonesi? E’ solo un dettaglio, oppure una dimenticanza da chi vede il cremasco come una sottorealtà di nessuna importanza, che non esiste neppure? Da gente che ha dimenticato la geografia? Esiste il cremasco o è un’invenzione territoriale? E’ curioso che sia io ad accorgermi di questo, e non altri così appassionatamente cremaschi, ma che non vedono certe miserie giornalistiche, o strane dimenticanze. Altra cosa: non succede mai, o quasi mai che sia un sindaco di provincia che dice qualcosa d’importante, che viene ripreso, come idea o progetto, dal sindaco di una grande città, di una metropoli. La metropoli fa da battistrada in quasi tutto, e gli altri dietro, nel bene e nel male. Gli altri, la provincia, scimmiottano dietro “il faro” metropolitano. E così fanno i giornali di provincia. E’ questa la miseria che non smetterò mai di segnalare. Piuttosto, che qualcuno dica a quel cronista de “La Provincia” di ripassarsi la geografia; oppure di scrivere, un’altra volta che “i sindaci della nostra provincia sono d’accordo con il sindaco di Milano”. Almeno per rispetto dei cremaschi, i casalaschi, che cremonesi non sono. Anche se credo che sia tempo sprecato, i giornali locali sono penosi, e “La Provincia di Cremona” non è un eccezione.
Devo confessarti, Marino, che i giornali non li leggo quasi più da qualche anno.
So che non va bene. Ma diventando anziano mi stufano sempre di più, come la televisione e certe relazioni sociali. E, ahimè, anche come certe frequentazioni culturali (a Crema “fanno cultura” tutti, sempre e dovunque, soprattutto i vecchi, con sindrome di presenzialismo alla Gloria Swanson e di divismo alla Wanda Osiris, a Crema siamo trentacinquemila intellettuali, filosofi, antropologi, letterati, artisti e chi più ne ha più ne metta, senza sosta e senza requie, se ti brancano nel giro si diventa degli ipercinetici compulsivi culturali, per me sono le mogli cremasche, dopo una vita a sopportarli, che mandano i mariti a “fare cultura” per toglierseli un poco di torno).
Bah, saranno gli anni, non so.
A proposito di giornali. Alcune settimane fa in un incontro cittadino il direttore della Provincia ha detto che non si esclude in futuro di dare su questo giornale maggior rilevanza ai fatti e alle situazioni che riguardano Crema. Forse potrebbe succedere, la persona mi è sembrata seria, valida e fuori da influenze di campanile (è bresciano).
Ci sono poi dei settimanali locali (mia moglie è abbonata a uno, quello con tutte le notizie pastorali) che vengono tradizionalmente letti in molte famiglie di Crema e territorio, su cui mi permetto di essere meno negativo di te, pur nel massimo rispetto della tua opinione. Insomma, sono uno che si accontenta, lo ammetto, in fondo io, qui dalle nostre parti, anche riguardo a questi giornali (di solito, da Umarèl di provincia, spulcio più che altro i pettegolezzi e i necrologi), devo confessare che non mi trovo così male. Certo, tutto è perfettibile. Ma, come si diceva tempo addietro nei corsi di formazione aziendale, l’eccellenza è un percorso, non è una meta.
Scelsi Crema nel ’77, ventisettenne, fra le alternative professionali che mi si offrivano, puntando un dito sulla carta geografica, proprio per le città maggiori che la circondano. Poi l’ho definita, abitandoci, la pena di Tantalo, per le motivazioni esposte nel post. Tuttavia “che si fa a Crema?”, no caro Pasini, non ci sto! Crema è fervente di idee che esplodono la sera nelle sue sale conferenze sempre al lavoro, con il solo imbarazzo della scelta. Più volte ho sottolineato che questa anomalia rispetto alle “sorelle maggiori” che la circondano è dovuta per me all’influsso veneziano che porta vivo nell’animo. E allora, ora che non ho quasi più interessi professionali, che ho il grosso del nucleo degli affetti a Milano, resto qui, e mi rodo il fegato per le figuracce che ci facciamo per i collegamenti, per la sindrome di Tantalo, con quelli che dalle “sorelle maggiori” vengono qui a coltivare colti interessi. Non per incensare Cremascolta, ma le nostre iniziative letterarie e i corsi li fanno a Bergamo? E in Giugno Crema ospitrà il Congresso nazionale dell’Associazione Medici Scrittori, proprio in successione alla citata Matera, e proponendo la città per un soggiorno di tre giorni a persone colte e abituate a ottimizzare il poprio tempo non ho temuto certo di far figuracce.
Presto, spero, pubblicherò dati sul turismo culturale, che si sta rafforzando.
Caro Tango, lei ha puntato il dito e ha visto che intorno ci sono ben cinque città, più grandi, il doppio, il triplo di Crema, anche di più, tutte raggiungibili in 35-45 chilometri. E ha fatto bene. Siamo centrali a tutto, e in realtà vicini a niente. Ma facciamo, come dice lei “figuracce” con i trasporti. Appunto. Più di una volta ho preso il treno dei pendolari per Milano, una volta c’era la linea rotta, un’altra un guasto a Casaletto Vaprio, e se tutto va bene per 35 chilometri s’impiega lo stesso tempo che da Milano s’impiega per arrivare a Peschiera del Garda. Non parliamo di Pavia, senza auto bisogna recarsi a Lodi o a Milano per raggiungerla. Per Brescia, bisogna cambiare a Treviglio. Per Milano, fuori orario dei pendolari bisogna aspettare “il Verona”, spesso in ritardo, oppure lo si perde, perchè “il Cremona” arriva a Treviglio sbuffando come un cane da salotto costretto alla passeggiata.
Caro amico Cremascolta ne ha fatto una battaglia, tanto da avere una sua voce nelle categorie che recita, ironicamente, “immobilità su ferro”. So bene dov’è il collo di bottiglia che ci impedisce il meritato sviluppo. Sembra quasi fatto intenzionalmente per paura della concorrenza! Abbiamo addirittura partecipato a una conferenza stampa ore 5,30, nella nebbia sui binari. Tavoli aperti da tutte le parti: niente. Io avavo lanciato una trovata clamorosa, una da TG1, ma è stata giudicata claunesca. Vedi, odio il lei, ho passato la mia vita a Roma, Torino, Roma di nuovo, Bologna, Napoli, Crema, e di Crema sono innamorato, perché solo Bologna, come era, reggeva il confronto: dotta, elegante, ma briosa. Ora niente più di tutto questo, e difendo la mia ultima innamorata. Proviamoci ancora, ma non la denigriamo, neanche di nascosto fra di noi!
Lauro e Mattia, quando parlavo di “capitali”, non mi riferivo naturalmente a finanziamenti pubblici.
Per ora, che mi risulta, ci sono contatti con alcune università (non con una e, naturalmente, non con la Statale che ha deciso di chiudere entro il prossimo anno), ma è scontato che una volta si trovasse un accordo tra loro, si cercherebbero capitali privati.
La stessa università di Crema, se è sopravvissuta fino a ora è perché ha avuto risorse non solo da enti pubblici, ma anche da privati (anche l’Associazione Industriali).
Il progetto di un Centro di eccellenza di Matematica applicata, sulla carta, dovrebbe esercitare un maggiore appeal: dovranno essere, anzi, le aziende che dovranno fare riferimento a tale Centro di ricerca per sviluppare gli algoritmi di cui hanno bisogno.
A Trento c’è un centro di eccellenza che vive di università e di capitali provati.
So che i… puri di cuore storcono il naso quando sentono parlare di capitali privati, ma qui non si tratterebbe di una università “condizionata” da privati, ma di un Cento di ricerca “operativo” che potrà vivere solo (o in gran parte) su “progetti” di imprese.
Rinnovo ancora l’appello a CremAscolta: perché non segue da vicino il percorso che si è avviato (non pochi tavoli sono aperti, compreso il tavolo della Regione) e magari fornisca dei suggerimenti ad hoc (dopo, naturalmente, uno studio di analoghe esperienze nazionali e internazionali?
Certo, io mi riferivo al parlare di assessori regionali e comunali che si stava facendo. Mi trovo in linea con quello che hai scritto.
Sarebbe bello che CremAscolta facesse da “supporto” al team che da tempo (prima era solo il prof. Righini, ora lui coordina una squadra) sta lavorando in silenzio, ma anche in isolamento.
Un progetto che potrebbe lanciare Crema in un circuito nazionale o addirittura internazionale non può che avere il supporto dell’intera comunità e il nostro blog potrebbe svolgere un ruolo di cerniera, ma anche quello di un gruppo capace (perché ha studiato bene il progetto e ha conoscenze, magari con università vicine o con centri di ricerca di eccellenza) di fornire suggerimenti.
Si, teniamo viva l’ottima iniziativa del Podcast sul tema Università, lanciata da Mattia e Giorgio.
Non…. “molliamo la presa”!
Il tema può essere decisivo per le sorti future di Crema, da “cittadina di provincia”, “bella senz’anima” a………..
Perchè non contattare imprenditori locali che hanno già mostrato interesse per faccende cremasche? Ancorotti, per esempio, altri nomi non mi vengono in mente (si potrebbe chiedere al sig. Arvedi, che tiene in piedi Cremona, con le sue palanche, se ci dà una mano: per il momento siamo ancora una provincia); parlare con i politici locali, dagli ex comunisti di Via Bacchetta (dove gli alberi sono ancora in piedi), ai 5stelle che hanno un ragazzo in Consiglio Comunale con la mente aperta; pure l’opposizione grattasottane che a Crema è sempre stata una forza spirituale, politica, e ci ha regalato quello scempio, quello spreco assurdo di soldi, della scuola di Comunione e Liberazione ai Sabbioni, ora da riconvertire a qualcos’altro. Peccato per il murales di qualità, che un artista sconosciuto ha dipinto su quella scuola lì, che raffigura un politico due volte eletto presidente della Regione Lombardia, se non sbaglio, che fa il giocoliere con le monetine.
Fossi un sindaco, o una sindaca, uno come Piero Carelli lo vorrei nella squadra, e lo tempesterei di telefonate; farei anche mobbing, se rifiuta.
E’ possibile che qualche politico locale locale preferisca un centro di ricerca sul tortello cremasco, la torta bertolina, il vinello rosso che stanno provando a fare allo Stanga, e che con coraggio ho già bevuto. Diversi anni fa fu organizzato un convegno a Crema di letteratura francese, che durò più giorni, roba pure per gente foresta, che costò un pò di soldi (arrivò anche Giovanni Macchia, un francesista coi fiocchi); in parte i soldi li fornì un imprenditore socialista cremasco, in parte li sborsò il Comune. Ricordo un importante politico di Crema, di cui taccio il nome perchè ancora attivo politicamente, che mi disse, brontolando, quei soldi lì potevano essere spesi meglio, per la cultura locale, per iniziative del nostro territorio. Sempre a proposito del provincialismo ottuso, che è nell’aria che si respira più della nebbia, dell’umidità, e delle zanzare d’estate.
Con la pandemia ancora in corso non so quando Crema si rimette in moto; vedo alcuni cantieri immobili da decenni; uno nei pressi di Porta Ombriano è fermo da oltre quarant’anni, poi hanno tirato su delle impalcature, l’hanno recintato, ma è un anno che è di nuovo fermo da un’eternità, e un tizio passando ha detto all’amico: ehi, qui han finito le palanche. Chissà. Comunque, dico ai giovani che leggono il blog: uno-due-tre-cento quelli che sono: Milano, che è vicina, la cultura, gli spettacoli, lentamente ripartono. La Milano parigina dei Navigli è di nuovo una serata da spendere, e c’è l’estate, con la dovuta attenzione, in Corso Garibaldi, Piazza Gramsci, nel parco Sempione è tornata la vita, la gioventù, c’è chi fa yoga all’aperto, anche danze cubane. Riaprono i cinema, come il coraggioso Beltrade, in Viale Monza, i musei, e i chiostri che ospitano le proiezioni dell’Anteo. Nei giardini misteriosi della Triennale, ripartono gli spettacoli, la Milanesiana, il teatro, Alcuni spettacoli, la danza si sono spostati in periferia, zona Niguarda. A fine giugno riaprono le sale letture delle biblioteche, che sono fornite, seriamente fornite, libri d’arte come la biblioteca della Triennale; di bellezza architettonica, come la Braidense, e di giornali, riviste internazionali, come la Sormani. La biblioteca del Parco Sempione ha i tavolini all’aperto, roba da portarci la morosa, la moglie, pure l’amante, per chi ce l’ha. Per gli studenti che vogliono studiare nei bar, agganciando la carica del cellulare e il computer, riaprono diversi locali che da fine febbraio erano chiusi. E persino un supermercato, a Milano, è adatto per chi ha voglia di leggersi un libro dopo aver comperato un paio di jeans, o bevuto un caffè, oppure senza spendere un tollino, e questo supermercato è a Citylife. Al secondo piano c’è ampio spazio, tavolini, prese per il pc, per il cellulare, seggiole alte e ampie tavolate, musica jazz bassa che non disturba, e anche una libreria, e diversi posti dove prendersi uno stuzzichino. Pure un cesso, sempre al secondo piano dello shopping centre di Citylife è di qualità, bello da vedersi. I cessi, i gabinetti pubblici sono importanti, mostrano la qualità di una società, un luogo. E fuori dal supermercato un bel parco, con condomini, costosi, che paiono navi da crociera. In fondo al parco di Citylife un abbozzo di Ottocento, rimasto in piedi, con una fontana, e sullo sfondo tre grattacieli, lo storto, il curvo, e il diritto. Crema che certo ascolta, che è ancora impantanata e ripartirà a fare qualcosa chissà quando, cosa aspetta? Dai, su le chiappe dalla poltrona, anche se è l’estate, non la stagione migliore per una metropoli. Ma il gran caldo ancora non c’è. Forza, non lasciamo che la pigrizia vinca, Milano, per fortuna, è vicina.
30 Agosto 2019: ma che caspita ci facevo alle 09:29, il giorno del mio compleanno su CremAscolta a perorare la causa del podcast sul tema Università, lanciato da Mattia e Giorgio ?!?
E comunque, Marino, per via dei “cantieri aperti” e abbndonati, mi è venuta una folgorazione!
Gli “Stalloni”!!!
Pensa un po che la dolorosa istoria parte nel 2006 (non è un refuso è, proprio duemilaesei!) con un accordo di programma (e ovviamente, Marino ti ho condonato i precedenti, prlurimi e aggravati!) D.g.r. 7 novembre 2006 – n. 8/3437Promozione dell’Accordo di Programma per la valorizzazione del Centro Ippico di Crema, tra
LA GIUNTA REGIONALE e il Comune di Crema, Sindaco dr. Claudio Ceravolo; la Provincia di Cremona, con Presidente, On. Giuseppe Torchio, per la valorizzazione del comprensorio del Centro Ippico di Crema, di proprieta`della Regione Lombardia…… di individuare quali soggetti interessati all’Accordo:
– la Regione Lombardia;
– il Comune di Crema;
– la Provincia di Cremona.
Undici’anni volar pel campo acheo (licenza poetica!) le divine quadrella, tant’è che l’ultimo atto consolidato che sono riuscito ad estrarre dal mio archivio personale è datato 12 Febbraio 2017 (si preparavano le elezioni amministrative) :
” Riqualificazione ex Stalloni e destinazione del mercato coperto, dichiarazione del sindaco Stefania Bonaldi e dell’assessore alla Pianificazione territoriale Matteo Piloni
Domenica 12 Febbraio 2017 2017-02-12T11:36:00+01:00 | Scritto da Redazione
Diciarazione congiunta : “Lo scorso martedì siamo stati in Regione per fare il punto sul progetto di riqualificazione degli ex Stalloni. La questione principale ha riguardato l’inserimento del mercato all’interno dell’area, con la presentazione da parte della Regione di un’idea progettuale che ne dimostra la fattibilità tecnica, studio di cui abbiamo chiesto copia – insieme alle associazioni – per le valutazioni del caso.
Come Amministrazione abbiamo ribadito le nostre perplessità in merito a questa ipotesi e chiesto alla Regione di percorrere, nell’accordo di programma, la soluzione da noi proposta e presentata nel dicembre scorso. Quest’ultima prevede il mantenimento del mercato nel posizionamento attuale e la realizzazione di un parcheggio nell’area verde all’interno degli ex Stalloni, che soddisfi le esigenze dei mezzi dell’Ats e consenta l’accesso ai disabili.
Riteniamo che questa soluzione tenga conto di tutte le necessità e che sia la migliore, ad oggi, sia per i commercianti sia per la città. Crediamo possa essere sostenuta da tutte le associazioni, alcune delle quali, come la Confesercenti, si sono già espresse a favore durante l’incontro di martedì. Riteniamo soprattutto che questa soluzione non metta in discussione la riqualificazione dell’intero comparto che, per quanto ci riguarda, rimane una grande opportunità per la città e che – insieme alla Regione – vorremmo concretizzare.
Per quanto riguarda l’ipotesi di “dividere” il mercato in due, questa è stata definitivamente stralciata, come richiesto anche da tutte le associazioni di categoria.
Vogliamo concretizzare (sic!!!) l’opportunità della riqualificazione degli Stalloni attraverso la firma di un accordo quadro che tenga conto di ciò che è meglio per la città, ora. L’inserimento del mercato, oggi, non va in questa direzione. Troppe sono le incognite e troppi i temi irrisolti che generano le preoccupazioni degli ambulanti, come ben rappresentate anche da Confesercenti durante l’incontro di martedì. Preoccupazioni ben note a tutte le associazioni.”
Stefania Bonaldi, sindaco di Crema
Matteo Piloni, assessore alla Pianificazione territoriale”
E dopo? (tu mi chiederai, Marino, ghè pasat tri ann bundanti!)
Dopo ……nebbia in val padana!
Gli Stalloni, dicevi Francesco parlando di un luogo nella “strada del gusto cremonese”, di fianco a un brutto mercato coperto rifatto a metà, eccetto le piastrelline per il parcheggio auto con uno spazio bello grande dedicato ai cavalli. Cosa farne. Già. Ma se ci sono cantieri fermi da decine d’anni, di fianco a Porta Ombriano ( hanno messo un impalcatura, tanto per far finta di far qualcosa e finalmente dopo quarant’anni una recinzione) e all’imbocco di San Carlo c’è un edificio mezzo crollato che è lì da quando mia madre mi metteva i calzettoni lunghi al ginocchio, quindi non farti illusioni, caro Francesco. All’ingresso dei licei del nostro paesone c’è un porticato di calcestruzzo invaso dalla ruggine, che con quattro soldi si può rimettere in ordine. E sono tanti anni che il degrado scolastico pubblico è così, a Crema. E’ già tanto che hanno rifatto il piazzale della stazione del trenino dei puffi, dell’accellerato che bisogna pregare che non si rompa una stanga a Olmeneta, o a Casaletto Vaprio. Pregare che “il Cremona” sia in orario, perchè è una monorotaia, altrimenti scappa “il Verona” e a Milano si arriva in tempi assurdi. Ma c’è un bel piazzale grande e nuovo che se non avessero fatto delle cordolature alte si potrebbe giocarci a pallone, tanto è vuoto, tanto è poco frequentato, che sembra un quadro di De Chirico dedicato agli slarghi delle piazzole della Padania. Quando ci passo, mi domando perchè a Treviglio non ci mandano un pò di passeggeri, per riempire lo spazio, perchè viene l’ansia a guardare il piazzale della stazione “cremonese” di Crema. Oggi, tornando dal bresciano ho rivisto il cartello segnaletico “Strada del gusto cremonese” all’incrocio della Serenissima, tra Vergonzana e San Bernardino. Il cremasco non esiste come territorio. Tanto vale dirlo a voce alta. I cremaschi non hanno nemmeno la dignità di toglierlo quel cartello, forse perchè consapevoli di essere un territorio colonizzato, che la cremaschità è una balla, nella realtà. Che poi non ci sia una banca, una filiale cremonese a Crema, è solo una ripicca per credere di esistere. Meglio arrendersi all’evidenza: siamo cremonesi, sulla strada del gusto loro; i cantieri sono eternamenti fermi, si tira a campare, in una colonia territoriale di altri. E’ curioso che lo racconta chi scrive, che ha scelto da tempo Milano come approdo mentale e culturale, per fortuna visto l’andazzo, mentre chi vive Crema e “il cremasco” tutti i dì, pare non farci caso all’immobilismo cremasco, all’inesistenza di un territorio diventato proprietà, strada del gusto altrui. Mi domando che razza di amministratori abbiamo e perchè non tolgono quei cartelli vergognosi.
Quando arriva l’estate calda, bollente, Crema come altre località affogate nella pianura dove regina è il granoturco, è l’afa, sono le zanzare, la cosa migliore da fare per chi non ha una seconda casa, è andarsene, o nei giorni feriali, o almeno il fine settimana. Accontentiamoci della gita in giornata, fattibile, nonostante Crema è distante, non vicina da tutto. Si può fare anche il sabato, o la domenica. Via, via dalla pianura appiccicosa, zanzarosa. Ma dove? E qui si può discutere e ognuno ha la sua idea. Dico la mia.
In giornata, il tempo per arrivare in un luogo bello dove svernare non dovrebbe superare le due ore, perchè non sia uno stess, anche perchè poi, tocca tornare, purtroppo.
Il lago di Garda ha delle buone passeggiate e si può fare il bagno: Padenghe (sponda bresciana); Salò (idem) con camminate anche sulle montagne, sulla Gardesana occidentale. Se ci si spinge sino a Gargnano si può andare su fino all’eremo di San Valentino, percorrere le vecchie limonaie, con una vista impagabile. Entro le due ore, ancora meglio è il versante veronese del lago, anche se più basso di quota, con la camminata da Lazise fino a San Vigilio e bagno nel lago con un colore più intenso, più verde azzurro che il versante bresciano. Il cielo è difficilmente blu, ma lo era un tempo, purtroppo decisero di far deviare l’acqua di un fiume a Riva del Garda che si riversa nel lago, così il colore trasparente dell’acqua di un tempo è cambiato e si forma una foschia densa che sale e questo è il motivo perchè, a differenza del mare, il paesaggio del lago di Garda, un lago così solare, è comunque denso di foschia. Siamo rovinosi per il paesaggio, si sa.
Le colline piacentine sono una meta cremasca. Si fa il bagno al Trebbia, ma le curve stradali per arrivarci ubriacano parecchio, e le bielle roventi dei motociclisti sono un problema. Meglio fermarsi a un agriturismo in Val Trebbia, o in Val Nure, far guidare l’auto a qualcuno/a astemio e darci dentro con il gutturnio.
Per le colline pavesi si va per il vino, c’è poco da camminare, scarsi sentieri, se mi sbaglio, che qualcuno lo segnali.
Restano le montagne, bergamasche o bresciane. preferisco le montagne bergamasche. Al primo posto, per la facilità, la bellezza direi il gruppo della Presolana, diversi sentieri anche facili, anche impegnativi; poi, i sentieri partigiani, al Curò, ai Laghi Gemelli, al Calvi, o al Gherardi in Val Taleggio. In valle Imagna c’è un piccolo borgo medioevale a mille metri di quota. In Val Camonica, a Borno ci sono alcune passeggiate anche se i rifugi dove mangiare scarseggiano. La Valtrompia l’ho cancellata dalla lista perchè è terra di cacciatori e di trappole per gli uccelli.
E il mare? Un sogno lontano, in giornata per i cremaschi. Ma si può, con una levataccia arrivare al mare quando i turisti sono in fila per il cappuccino, a Levanto, Camogli, Lido di Camaiore, Varazze, Lerici. Scavalcare la Cisa e vedere il mare è sempre un piacere vero, dopo la noia del granoturco. L’importante è levarsi di torno.
Crema, da borgo-mercato che in piazza Duomo venivano gli agricoltori a vendere e acquistare le vacche, con i mediatori a contrattare sotto i portici, a Crema borgo-supermercato. In pratica la stessa cosa, ma adattata ai giorni nostri. Il ruolo del borgo cremasco è sempre lo stesso. Sarà la sua posizione geografica; saranno i tanti paesini che la circondano; il destino di Crema, nonostante certi slanci industriali che l’hanno attraversata negli anni, e che ancora spuntano fuori, è quello: una piccolo centro padano, capoluogo dei grandi magazzini. Manca solo l’Esselunga, poi si può chiudere il cerchio e mettere la scritta all’entrata della cittadella: Crema borgo-supermercato per eccellenza.
Si Marino, in buona sostanza è proprio così.
Io sono nato “a cavallo” del passaggio di consegne tra il fascismo e la Repubblica, con la “ricostruzione” post bellica e l’irrompere del “consumismo”.
Ho nitido il ricordo di cos’era Piazza Duomo nei giorni di mercato, gremita di agricoltori/ allevatori/lattivendoli, e, ovviamente “mediatori” a dirigere l’”ambaradam”. Sul mio sussidiario delle elementari nella cartina della Lombardia, Crema era raffigurata con Cavalli con sfondo il Duomo (gli “stalloni” e la fiera/mercato cavalli/vacche, al cosiddetto “foro boario” (praticamente dove c’è ora la Media “Galmozzi”, già “Agello”).
Negozi in città (o meglio “in Crema”!) tanti, supermercati non esistevano, esisteva l’UNRRA in Via Lucini (l’UNRRA fu formata allo scopo di fornire aiuti e assistenza alle popolazioni immediatamente dopo la liberazione da parte delle forze armate delle Nazioni Unite) e successivamente le “vendite controllate” sotto il vecchio mercato austroungarico. Solo più tardi arrivò la “Multi” proprio sulle “quattro vie”(kosa essere necessità park auto?) e, udite udite: c’era la “scala mobile”!
Crema avrebbe potuto “cambiare faccia” con l’arrivo dell’Olivetti” che portava ancora ( anche se solo in parte oramai, purtroppo!) il segno di Adriano con la sua visione di “industria dal volto umano” (componenti socio/cultural/ricreative” comprese, vedi GSRO!) ma l’irrompere dell’informatica (a uccidere le “macchine da scrivere, video/scrittura compresa!), subito diventata business di dimensione mondiale, tagliò l’erba sotto i piedi all’impresa di Ivrea e, conseguentemente al possibile “sogno Cremasco” di uscire dal suo destino di “….piccolo centro padano, capoluogo dei grandi magazzini….”.
E la “Paullese” restò l’”incompiuta” che è, e la ferrovia restò il “treno di topolino” che è.
E i super/iper/mega impazzano!
Ma coi soldi di chi? Che certe licenziosità si siano più volte venute ad annidare fra le discrete rive del Serio, piuttosto che rischiare i riflettori delle città grandi, è noto. Non sono un puritano, notoriamente, quindi nulla di male, ma ora non è che la città si trasfomi per vocazione in una grande “lavatrice”?
Francesco complimenti per il tuo commento. Hai memoria importante di ciò che è stata Crema, e di ciò che è adesso.
Signora Mirtilla Malcontenta, il suo commento: “ipocrisia della vita di provincia” è stringato e m’incuriosisce. Sono cresciuto, imbevuto dei vezzi provinciali, perché la provincia sono le mie origini, e so bene come si prova a celare, a nascondere anche con l’ipocrisia, certe frustrazioni che crescono dentro in luoghi che vorrebbero essere un po’ di tutto, ma alla fine non sono né carne, né pesce, e da cui, spesso, le menti migliori, soprattutto i giovani, scappano via.
Le è possibile aggiungere altro, alla sua frase lapidaria, che può essere interpretata, letta in più modi? La ringrazio molto.
Curioso questo ripescare un commento dell’autore stesso del pezzo del 28 Agosto (sembrano passate ere geologiche!).
Mi ha offerto lo spunto per rileggere e rendermi conto della quantità e qualità di rielaborazione da parte degli amici intervenuti (me compreso!) sul tema lanciato da Marino (che è poi uno che le sue radici le affonda nella terra padana!) che …..avrebbero certo meritato miglior sorte!
Si, Mirtilla Malcontenta, aggiungici altro, rispetto alla tua ….lapidaria!
Il popolo cremasco è da molti anni abituato alla sottomissione, per sconfitte dalla Storia, apatia, politici deboli, pigrizia. I suoi abitanti, e lo dico con amarezza, perché anch’io sono cremasco, non sanno nemmeno che sono maggioranza, numericamente, nella provincia che si chiama “provincia di Cremona”. I cremonesi sono il 44%; i cremaschi il 45%, i casalaschi, che si affacciano sul parmense, l’11%, su un totale provinciale di circa 350mila persone. La politica cremasca è cosi debole da non avere nemmeno rispetto per i numeri, e preferisce farsi comandare, in provincia, nei centri di potere, da un comunità di cremonesi che è minoranza. Da cremasco, ormai freddo con le sue origini, che guarda le cose dal di fuori, mi viene da ridere. Ma che razza di gente sono i cremaschi? Ce l’hanno un carattere, una dignità, un orgoglio, un rispetto per la democrazia che crede nei numeri? Non amo le provincie. Andrebbero abolite, ma visto che ci sono, che siano corrette, come ci sono state altre correzioni (Pesaro e Urbino; Rimini staccata da Forli,per esempio). Quindi, non una nuova provincia autonoma, ma una provincia condivisa, con pari dignità, che si chiami “provincia di Crema e Cremona”, o viceversa. Ai cremaschi sta bene cosi com’è adesso? Vuol dire che è un popolo di “soloni”, a cui mi rifiuto di appartenere. Certamente i cremonesi sono ben felici che la provincia resti com’e’ ora. Segnalo che c’è una statistica che mi ha inviato uno di Soresina, con i distretti ATS che darebbero 4mila abitanti in più, in totale, cioè una bazzecola comunque, ai distretti cremonesi. In ogni caso una provincia condivisa è la soluzione più logica. Forse, sarà cosi in futuro, se continueranno ad esserci le provincie; oppure, quando i cremaschi acquisteranno maggior personalità, come comunità politica. Basterebbe rifiutarsi, finita la pandemia, di presenziare alle riunioni provinciali, finché non si arrivi alla condivisione politica e amministrativa della provincia.
Consapevolezza Cremasca dello situazione pandemica.
Soncino, comune bresciano, che vorrebbe essere bresciano ma non permettono che sia quello che è, che ha fatto un referendum per passare in provincia di Brescia e i ragazzi li chiamano “gnari” e le ragazze “fonne”, e cio’ è scritto anche su un testo dei famosi stampatori, i Soncino, conservato in un Museo ebraico a Gerusalemme, insieme a una Bibbia molto antica; la città di Soncino, dicevo, è in zona arancione rafforzata, perché vicina a Orzinuovi, non a Romanengo. I suoi contagi, dice il sindaco della cittadina (così si chiama sul cartello stradale), sono pochi, ma essendo “sangue bresciano”, potrebbero aumentare.
Ieri il presidente di Regione Lombardia quello dei centesimi di famiglia all’estero depositati in una Onlus per i patrioti della Padania in esilio all’estero in Sardegna, come scrive il giornale online La Vandea della val Sanguigno, ha comunicato la notizia: diversi comuni del Cremonese sono attenzionati e diventeranno “arancioni rafforzati”. Nessun Cremasco ha alzato gli occhi mentre scucchiaiava il brodo, e sorbiva rumorosamente la pastina, ascoltando la notizia. Non è per noi. È per i foresti, i Cremonesi. Non ci tocca. Solo due soloni dell’Amministrazione Provinciale, Cremaschi ma venduti ai Cremonesi, che sono stati eletti con contributo in denaro perché in provincia comandino le vacche da latte e i loro proprietari di Olmeneta, Ostiano, Corte de’ Cortesi, si sono sbrodolati il mento, e hanno detto alla moglie: non mettere fuori i panni ad asciugare, che forse domani non si potra’. Perché? ha detto la moglie, una che fa la comunione anche di martedì, insegnante di punto svizzero a un corso serale, anche nel nostro Comune dobbiamo rispettare bene le regole. E’ una moglie orgogliosa. Ha sposato un marito con forte senso civico. Un Cremasco Cremonese di origine controllata.
Come Arbasino, che mescolava alta letteratura e le chiacchiere della Roberta, che faceva i mestieri alla sciura moglie del farmacista dello struscio di Voghera, certe volte dopo la lettura dell’Economist (un signor giornale, anzi il giornale che leggerlo pulisce il cervello dai pregiudizi), passo ai blog paesani del Cremasco. Alcuni sono irresistibili. Venendo da origini paesani, i nonni, i miei genitori anche se trasferiti nella cittadina, si sono portati addosso il loro mondo paesano che è rimasto incollato, nel disturbo di dover vivere in qualcos’altro un filino diverso, a disagio fra le sciurette che facevano su e giù per Via Mazzini con i paleto’ che cuciva e rammendava mia madre. Quindi, vengo da li’.
E’ struggente pero’ leggere l’amore per Crema, con fotografie persino di Viale Repubblica, come se fosse Corso Buenos Aires, o qualche boulevard di Parigi. L’amore può diventare cieco di passione. Una signora ha postato pure la Chiesa di Crema Nuova, decantandone la magnificenza, e nella fotografia si vede un cedro del Libano (ora rimosso) sulla fiancata destra. Un tizio ha scritto che quell’albero oscura la vista laterale della chiesa così bella, ed è un peccato, in un certo senso fare ombra al Signore. Irresistibile. Meglio questo che leggere Seneca, o il Paracelso. Scalda i cuori.
Via Diaz a Crema. Come rimettere in sesto una strada e farne una sciccheria, quasi. Ci portavano le lastre di ghiaccio, una volta, dove poi, dopo l’ossigeno e l’acetilene, la SLO venduta alla SOL di Livorno, si cerca di vendere un’area dai tempi quando c’era ancora Facchinetti e Festa alla Pergolettese, Facchinetti ala, e Festa mediano di spinta. E nessuno che la compra, quell’area, tanto che è sparito il cartello “vendesi”, o se c’è ancora, si può vendere il cartello al mercatino delle pulci.
Ci vendevano, in via Diaz, pure le attività fallite; poi, allo Skipper si girava intorno alla pista da ballo, cercando di piacere alle commesse, alle dattilografe, con la Disco, che martellava. E arrivavano anche da Mozzanica, allo Skipper è mi capitò uno dietro di me che alla domanda di una ragazza gentile: che mestiere fai, lui ha risposto pronto: butto giù i muri. Pensai: ecco, uno che combina: che non ci gira attorno, che fa un mestiere serio. Non leggere Proust, che allo Skipper non funzionava, lo imparai presto. E al bar Crema, ritrovo non più di ribelli sgangherati, abbandonascuola, che vivevano di espedienti, e marxisti col papà sciuretto, ma un baretto triste con il flipper, le patatine Pai, e le serate ormai fiacche. Restava il Verdi, che era accademia di calcio, al ritorno da San Siro, quelli con il cuscino scaldasedere, a prendersela con l’arbitro, e a bere il Campari, mentre la moglie a casa apparecchia.
Sono venute su le ville, la strada a senso unico, e orca, che belle case, che mi sembra pari quasi a una via di Lodi, dove una volta c’era il cineteatro Il Viale. Una via signorile, con una cascata di rose a maggio. È bella via Diaz, e non è vero che non si possono migliorare le cose, le strade, persino dare un tocco di classe a un luogo che la classe l’ha perduta.
Veramente io mi ci sono ristrutturato una casa abitandoci dentro prima che mi cadesse intesta percé in via Diaz allora c’eran le lucciole! Del tono mi fregava iente: mi serviva unpezzo di terra on lontano dal Comune, dove mia moglie andava a piedi. Terza casa di Crema, e mi sa che non è ancora finita, perché si invecchia…
I luoghi contano nella vita delle persone; non sono solo cornice. Nel film “La Notte” di Antonioni, i personaggi brancolano nel loro disagio del vivere, del non capirsi, come ombre che si muovono nel paesaggio che incombe su di loro. E si diventa, in vita e in morte, fossili di dove si sta. Da sempre la storia delle persone s’intreccia con i luoghi di vita. Il luogo è decisivo, a meno che è un luogo di ritiro, di remi in barca, quando hai già giocato le tue carte ed è quasi tramonto anche alle aurore, dentro di te.
Crema, con tutto il dispetto per cui provo, per mille ragioni, ma ne basta una: solo la vergognosa ferrovia e il trenino che fischia, a farmi incazzare, che mi ricorda ogni volta che Crema è un pelo di capelli finito sull’atlante, e fuori regione fai bene a dire che vieni da Bergamo, Milano, Cremona che si fa prima a capirsi.
Mi piace Crema delle tre chiese, dove sono nato, poi la decina di case che con mamma e papà ho girato, incluso brevi periodi in Via Bramante e Sergnano in una casa popolare. Mi piace la Crema-Napoli che era in Via Suor Maria Crocifissa di Rosa, che chiamavo “dei Quartieri Spagnoli”, che c’era il ferrovecchio, l’ortolano, l’imbianchino, e prostitute proprio dove son nato, mi raccontò mia madre, che bisognava arrotondare e gli uomini sono porci.
La chiesa gialla, barocca, la radiolina che cantava Massimo Ranieri dalla cucina, la gallina che scorazzava sul balcone terrazzato interno, e a cui mia madre avrebbe tirato il collo con la scopa. Son cresciuto con crape di campagna, usi, costumi, e il vestito della festa, il lucido delle scarpe la domenica che si va alla Messa. Nessuna nostalgia.
E nessuno che parla di Lodi, cittadina a una manciata di chilometri da Crema, quindi tanto vicina, per niente lontana. Lodi, a differenza di Crema, è sempre stata un passo avanti, rispetto a Crema, con più personalità e abitanti: prima la piscina comunale; un fiume fratello superiore del Serio; più suicidi di socialisti craxiani; più speculazione edilizia con un centro commerciale, quando ancora a Crema non conoscevano il vocabolo, co struito, per fortuna, poco fuori dal centro storico, tirato su come un condominio; un teatro, mentre a Crema ancora bisognava chiedere ospitalità alla parrocchia di Ombriano; una ferrovia che ti porta fino al mare, anzi a due mari; pure una canottieri sull’Adda che gli iscritti si tramandano da genitori ai figli; un quotidiano della Curia, ma che non è emanazione dei capibastoni di provincia, come succede a Crema. Pure un punto in più, segnalato dal Touring, perché la piazza di Lodi è considerata di alto valore, e cosi Crema è solo sottolineata, mentre Lodi è cerchiata. Eppure, eppure, i lodigiani, provinciali anche loro dalle unghie dei piedi fin su, alla crapa pelada, al godimento stracco della sagra di San Bassiano, al lamento dei miei colleghi paesani del lodigiano alto e basso. Questi dicevano che Lodi è morta, una noia mortale. Come se Crema fosse viva. Ma è spesso così: ci si stufa del girare in tondo, l’erba del vicino è più verde, e capitava che per cambiare, i lodigiani venivano a Crema a far il giretto, e qualche cremasco andava a Lodi sul corso a guardar altre vetrine. A Lodi c’è una moschea; la Cgil ha almeno un cortile grande dove parcheggiano i sindacalisti.; resistono, o resistevano due cinema in centro, e hanno cominciato a far ciclabili ben prima di Crema.
Poi, il vinello cremasco, tentato dall’Istituto Stanga, che ho provato, spuma piu’ della birra; mentre le colline lodigiane di San Colombano danno un buon vino, ed è pure vera parvenza di colli, l’alto lodigiano che guardano sull’orizzonte dell’Oltrepo’, finalmente collina.
Se gli argomenti contro Crema sono che la CGIL non ha “un cortile grande dove parcheggiano i sindacalisti”, direi che ci siamo detti tutto.
Anzi no. I cremaschi non hanno ancora una moschea ufficiale. Siam tutti qui addolorati.
Però non basta. San Colombano non è in provincia di Lodi.
San Colombano è in provincia di Milano, è vero. È lodigiano per vicinanza reale e frequentazioni. Ho lavorato 19 anni nel lodigiano e, per lavoro, avevo a che fare con colleghi e cantieri a San Colombano. Ma, hai ragione, il paesotto di San Colombano non accettò di passare in provincia di Lodi. Cosa vuoi fare, il tuo paesotto, o paesone, la città di Crema è un passo indietro a Lodi. Purtroppo e’ cosi. Ha almeno un tribunale. Anche nel cortile della Cgil di Lodi, c’è un bel spazio per i sindacalisti; per non dire delle scale strette che hanno alla Cgil di Crema! A Lodi, c’è pure la camminata sopraelevata alla Cgil, e la vista vicina della piccola moschea. Lodi è più multietnica. Poi, hai visto l’edificio della Banca Popolare di Lodi vicino alla stazione ferroviaria? È grandioso. Se ci fosse un edificio così, a Crema, ma t”immagini? Ci sarebbe da fare, ad averlo a Crema; finalmente ci sarebbe un nuovo belvedere architettonico, oltre il giretto consueto su e giù a consumar le scarpe.
Però c’è da dire che a Crema, non fanno mostre paesane come quella di fotografia etica che è considerata, nel suo ramo, tra le più importanti d’Europa, ed è a Lodi. A Crema fanno mostre internazionali! Ce n’è una, fresca fresca “Antiche luci” che ci saranno esperti da tutto il mondo, a seguirla, online. Perché Crema sa valorizzare le sue cose. Antiche. Lodi, no. Lodi tira giù dalla Bielorussia, dei fotografi; pure dalla Scandinavia. E magari ci paga pure il soggiorno. Crema è mica così scema! Prima le cose cremasche. Le “antiche luci”.
I like, Pietro, ieri 16:52, che si è rotto le balle delle buone maniere.
Mi succede raramente.
Da anticremasco faccio due domande ai cremaschi, che certo ne sanno più del sottoscritto di faccende della città di Crema “Unita con la Serenissima”, ma non in treno da Crema, che si fa prima a piedi, ad arrivare a Mestre; Crema è ancora a trastullarsi con la nostalgia del bel tempo che fu; meglio dire, pero’: uniti con Mestre, che la bellissima Venezia è in calo demografico dai tempi di Rabagliati. A Crema e nel Cremasco ci sono e ci sono state filiali di tante banche foreste e poco foreste: Novara (che sta in Piemonte, ma i novaresi non sono del tutto convinti); Desio, piccolo centro che bisogna cercarlo con la lente sull’atlante; la Banca Agricola Milanese: persino una banca francese, in Via Matteotti; Banca Commerciale Italiana, Provinciale Lombarda, Banco Popolare di Milano, Casse Rurali di Treviglio, Caravaggio, oltre la Banca Cremasca, e la Popolare di Crema, ora Banco Popolare di Milano. Persino uno sportello di quella banca online tanto moderna. Come mai non c’è un buco, uno sportello, uno sgabuzzo, della Banca Popolare di Cremona nel Cremasco? E se c’è, è solo a Castelleone, paese ficcato nella burocrazia cremasca, ma legato storicamente a Cremona. Che misteri del territorio!! Si fanno pure i dispetti, dalke nostre parti, come i bambini. E a Crema, ci sono vie di tutti i parroci, prevosti, transitati, negli anni, nelle parrocchie, e non c’è una Via Federica Galli, artista (che piace o non piace ma è conosciuta anche a Singapore)? . È perché Federica Galli è originaria di Soresina (poi scappata a Milano, a dire il vero)? Perché Soresina non è terra cremasca? Ma non siamo cugini? Quanti dispetti. Siamo proprio provincia.
Epperfortuna che nella nostra Provincia, bella lunga e messa “sulle ventitre'”, noi “paesotto” (come piace a Marino anticremasco) siamo a una quarantina di Km dal capoluogo “grossecrema”, disposta …… strategicamente (?!?) ad un limite estremo, che se si passa sul ponte si cambia addirittura non solo Provincia, ma addirittura Regione!
Ma quale fortuna dici?
La fortuna di non essere costretti a respirare i miasmi venefici delle ciminiere dell’ untouchable, filantropo dei violini e magnate della siderurgia, che inquina come l’Ilva, ma, tuttovabenmadamalamarchesa, nessuno aprebocca!
Si a noi del “paesotto” ci toccherà anche ….cambiare a Treviglio ed avere un Paullese a metà, ma almeno, non prendiano il cancro anche solo ….a respirare!
Pota, e alura?
Ta dise : viva ‘l paesot, Marino!
Giusto, Francesco.
C’era un piccolo magazzino edile a Crema. Un signore capitò lì per diversi giorni consecutivi in bicicletta a guardare, con le mani intrecciate dietro la schiena, i lavori artigianali di riempimento dei manufatti in cemento, architravi, chiusini, negli stampi messi a pavimento. Stava lì delle mezze ore, e non diceva niente, finché uno dei proprietari s’incuriosi’ e imbasti’ un filo di conversazione. Che brutta giornata, oggi, non crede? Neanche un po’ d’aria. E l’osservatore, risponde con la testa, ma non parla. Sarà muto? Il giorno dopo era di nuovo lì, ma andava via subito, se non c’era riempimento degli stampi, lavori degli addetti del magazzino. Non acquistava mai nulla, ma tornava sempre, a guardare il via vai dei camioncini, e quando colavano il cemento fresco nel riquadro del chiusino, del tombino da farsi, il suo osservare si faceva intenso. Era un uomo anziano, certo un pensionato, forse un ex del manufatto in cemento? Non si è mai saputo. Una mattina, il proprietario gli si avvicinò e gli chiese: mi scusi, ma cos’è che ka interessa cosi tanto, la vedo venire spesso?
L’osservatore scrollo’ le spalle. E gli disse, questo che poi mi raccontò: ‘ vet, sciur, l’e’ propre vera, la tennologia, la modernità la va’ innanc! La tecnologia va avanti. Con il proprietario del magazzino edile andammo al bar a berci un caffè ridendo come cretini.
“Parigi o cara, noi lasceremo…………..la tua salute rifiorirà”. Dalla prima rivoluzione industriale le grandi città, il carbone…
Mia mamma mi diceva, quando ero figliolo, non andare a Milano con la camicia bianca che poi torni con il colletto e una striscia di nero. Non aveva tutti i torti. Ricordo i palazzi, non distrutti dai bombardamenti, sporchi del nero che si aggrappava all’intonaco, al liberty.
Ora, le fabbriche o sono chiuse, o sono università di distacco esterno, e le aree industriali funzionanti, che sputano che sporcano, sono distanti dal centro di Milano. E i palazzi non sono più macchiati d’inquinamento industriale. Ci sono fastidi, nelle cittadone, e chi vive nelle cittadine, nei paesoni e paesini, anche per darsi un buon motivo a se stessi, dice sempre le stesse giuste cose: si respira meglio; c’è meno traffico; ci si conosce; c’è più lentezza, meno stress, e la campagna, bella o bruttotto, e’ a un passo. Uno vive dove gli pare. Ci sono metropolitani che ho incontrato in posti sperduti, dove vivono da quasi eremiti. Sono figli della grande città, anche li’, che ha inventato l’ecologia, l’ambientalismo, che ha spinto per più libertà delle donne.
L’importante è dirla tutta, la faccenda: che senza la cittadona, che fa da maestra, non ci sono tante altre cose importanti: vita culturale, musica, cinema, teatro, danza, e una effervescenza di vita, un nutrimento, anche civile di libertà e democrazia: tutte cose che un borgo piccolo e sonnolento come Crema non può dare, o può dare in dosi modeste, mediocri. Poi, possiamo raccontarci le balle che vogliamo. Preferisco la mano dell’urbanesimo che mi ha dato Milano,( non l’unghia cremasca), e a cui devo molto: il teatro, il cinema, le mostre, i negozi, la musica, gli incontri culturali; purtroppo, ho perso molte cose, ma di qualcosa mi son nutrito, perché avevo fame, e Crema non sfamava e non sfama per niente. So benissimo che pochi cremaschi la pensano come chi scrive. Me ne frego. Non ho intenzione di mentire, di nascondere la realtà delle cose. Sempre che le si vuol vedere.
Il riferimento alla Traviata è solo un piccolo ricordo, per dire che la contrapposizione tra grandi città e piccoli centri, per ragioni legate al tempi e culturali, c’è sempre stata. I ricchi nell’antica Roma scappavano dal frastuono della città per rifugiarsi sulla costa amalfitana, o immaginati Catullo sul lago di Garda, quando gli spostamenti erano magari meno agevoli di ora e richiedevano un sacco di tempo, non bastava il fine settimana. Così da diventare quasi stanziali. E anche qui non facciamone una disputa tra ricchi e poveri. E ancora, siccome non siamo in gara, facciamo che ognuno trova il posto nel mondo che più gli è congeniale, senza graduatorie di merito o demerito.
O altrimenti, se non si può scegliere, non rimane altro che pacificarsi con la propria Storia che non si sa da chi è data e perchè.
E l’inquinamento, non più dovuto al carbone, ma ad altre schifezze di cui ammorbiamo l’aria esiste ancora, eccome. E comunque una grande città non è mai per condizioni di vita uguale per tutti. Non è necessario che ti ricordi che tra periferie degradate e centro storico o quartieri residenziali di archistar c’è una bella differenza. Milano non è solo City Life o Portanuova o biblioteche degli alberi, è anche molto altro, per la maggioranza dei cittadini. Certo, il palazzetto in via del Gesù o un appartamento in via Bigli, chi non lo vorrebbe? A Gratosoglio un po’ meno.
Milano che conta circa due milioni di residenti, anche meno, con la cintura che si calamita sulla metropoli per varie ragioni (a un concerto di Classica avevamo vicini una coppia di Varese, abbonati al teatro), si arriva a quattro milioni di persone. La qualità dell’offerta è indubbia; e prima che fosse inventato internet, ancora più misera la possibilità, per chi ha fame per certe cose, di seguire, Crema, a Pandino, il grande teatro, la musica, il buon cinema, la danza classica e contemporanea, e tante altre faccende. Poi, ci si può accontentare di tutto, anche di niente, e cercare il piacere, che non discuto, del vivere in piccoli centri. Si può girar attorno a ciò che ho scritto: si può dire che basta un buon libro da leggere; che anche a Crema c’è bellezza,; anche a Crema nascono artisti e musicisti e cineasti e teatranti e danzatori eccetera.Il fatto è che quelli bravi, quasi tutti, vanno via, per evidenti ragioni. A Roma, Parigi, Milano, Cagliari, Rotterdam, un mio amico, genio di matematica, a Zurigo. È incredibile che non si voglia riconoscere la realtà. Forse ci vuole sincerità e il coraggio di ridere di se stessi.
Il bello è che siamo in un paese libero e ciascuno può scegliere il punto di equilibrio che vuole, anche in questo campo. Visto soprattutto che si possono abitare e vivere realtà ed esperienze diverse senza doverne escludere alcuna. Perché Eraclito, quando diceva che “tutto è opposizione” perché “la guerra tra le cose è la madre di tutto” (« Pòlemos pànton men patèr estì »), non si riferiva al dover per forza privarsi dell’una o dell’altra possibilità di apprezzare e di godersi, magari secondo l’ispirazione, l’uzzolo, la voglia del momento, la metropoli o la piccola città o la campagna, l’evento culturale downtown o il piacere della giusta e aurea misura o il buen retiro del gentilhomme campagnard.
Se invece si hanno forti tendenze alla sindrome monotematica, il bello è, anche in questo caso, il poter scegliere la fissa che si vuole, da un estremo all’altro, dalla “sindrome di Cincinnato”, sempre e comunque tra i cavoli propri, beatamente alle perse, alla “sindrome di Renzo Tramaglino”, assaltando entusiasticamente ogni forno delle grucce culturale metropolitano.
Certo, vale sempre, in ogni caso, il fatto che “altrimenti, se non si può scegliere, pacificarsi” (ho troncato la tua frase, Ivano). Nel senso che, se invece si può scegliere, allora bene, contenti tutti, nel rispetto di tutti e così sia.
Tempo fa, ho scritto che il territorio cremasco non ha più senso chiamarlo Cremasco, che siamo un territorio Cremonese, nella realtà. Siamo culturalmente inesistenti. Anche oggi, ho visto un lancio pubblicitario del quotidiano “La Provincia di Cremona” che segnala una lettera di Mattarella ai Cremonesi. Non per i cremaschi, quindi, neanche per i casalaschi.
Mentre Cremona ha un nuovo campus universitario, e più corsi di laurea, noi cremaschi rispondiamo con nuovi supermercati. Quando scrissi delle miserie cremasche, la faccenda andò per traverso a qualcuno. Purtroppo, ho avuto ragione.
Da decenni vado domandandomi per quale strano motivo abbiamo una Paullese ,per quanto via via meno “zoppa” del passato,e non un’Autostrada. Perchè abbiamo una stazioncina scalcagna da vergognarsi a paragonarla a quelle di Treviglio e Romano di Lombardia (che vivon una rivalità al pari di quella Crema/Cremona, ma li ha un senso).
Mi domando perchè il territorio cremasco, storicamente con maggior densità di popolazione ed industrializzazione, sia da sempre “azzoppato” , vivendo l’impedimento di avere quei pochi miglioramenti che permetterebbero un salto di qualità. siamo proiettati verso Milano, ma anche verso Nergamo, a dirla tutta; Niente Autostrada. Stazione che sarebbe più corretto definirla pollaio. Il tribunale cel’han levato. L’ospedale ci stan provando da anni. “Chi”?
A me viene in mente la Provincia, magari sbaglio, chissà. Non so se per strane invidie di sviluppo industriale (nel
frattempo qui di fabbriche importanti ne han già chiuse parecchie, ma manteniamo ancora il primato provinciale/territoriale)e rivalità del passato, per sentirsi meno campagnoli rispetto ad altre realtà.
Eppure cremona è una bellissima città, si è conservata meglio di Crema, anche perchè non l’han rasa al suolo a più riprese…eppure credo la colpa sia anche un po’ dei cremaschi, che da un millennio fa in avanti non han ricorstruito veramente quanto perso, e che tutt’oggi si batton poco o nulla per fare quei pochi aggiustamenti, che permetterebbero ,definitivamente, di fregarsene alla grande di far parte di una provincia che non senton tale.
Io per la cronaca a Crema ci abito ma ho aperto la mia attività a Romano di Lombardia, che si fa la guerra con Treviglio, ha meno della metà degli abitanti di crema, ma ha un casello brebemi, una stazione degna di questo nome, il parco del Serio come noi ma fa di piu’ per tenerlo pulito, Un centro storico bello -in quanto preservato- quanto Soncino… noi in via enrico iv° , piazza del duomo e via delle gelaterie chimiche abbiamo facciate di palazzi struprate nel corso degli anni, tral’indifferenza generale. non èmica solo “colpa” di una gestione cremonese che ci penalizza,x me ci si penalizza da soli.
A questo giro preferisco rimanere nell’anonimato, per motivi lavorativi e sociali, spero di venire pubblicato lo stesso.
Caro Meglio Anonimo, le cose che lei ha scritto di Crema, del Cremasco, in larga parte le sto dicendo e scrivendo da parecchio. Sono contento che non sono il solo, quindi, a picchiare duro su quello che è Crema da un bel po’ di tempo, né carne, né pesce, con una ferrovia ridicola, da decenni, e la china che sta prendendo la cittadina, intendo un ruolo ancor più insignificante di ciò che è già, eccetto per i Grandi Magazzini, è una brutta china. Quando ho scritto queste cose, so bene che ho generato malumori nei cremaschi, abituati al loro sollazzo del nulla. La realtà non sempre la si vuol vedere. E quando si vive troppo a lungo nel nulla, il rischio è di essere rintronati e abituati alla mediocrità, e va bene così. Per il pre-ospizio, può andar bene così
Non è il nome e cognome che interessa, ma i contenuti!
E i tuoi, di contenuti non solo non ci sono estranei, ma hanno fatto parte/fanno parte del nostro modo di porci, in modo criticamente costruttivo (per quanto possibile) perche questa comunità (ma siamo una comuntà in senso compiuto?!?) si scrolli di dosso tutti quei cascami di becero provincialismo (ops!) che le impediscono di ……decollare.
Tema dirimente, certamente. Quest’anno, pare che la città dove si vive meglio sia Aukland in Nuova Zelanda. Conclusione che vede indagini condotte su parametri diversi, convergenti e divergenti, attraverso inchieste, statistiche, sondaggi. Come per l’Istat e il suo carrello della spesa dove si legge che in epoca pandemica è aumentato il consumo di farina e lievito perché costretti a stare in casa riducendo le uscite nei negozi, come sono aumentate le vendite di autoimpastatrici. Naturalmente non è così, anche in piena pandemia sacche di resistenza all’isolamento hanno indotto molti a sfidare il contagio pur con le obbligatorie protezioni. E questo è valso, pare, per tutto il paese. E appunto, tutti gli anni, si legge che si vive meglio qui che altrove perchè pare che una maggioranza risponda positivamente o negativamente a quelli che sono i vantaggi del vivere in un luogo piuttosto che in un altro. E l’argomento, e giustamente Marino lo ricorda, anche Crema è stata oggetto di dispute anche accese sul vantaggio o svantaggio di vivere in una città dove le infrastrutture e i collegamenti oltre mura sono carenti, la cultura è provinciale, e tutto è pervaso da un immobilismo per molti asfissiante. Ovviamente non è il pensiero di tutti, anteponendo traffico e inquinamento ancora sostenibili, e la vasca di tradizione, alla mancanza di intrattenimento di qualità contro le domeniche con i bambini in pellegrinaggio ai supermercati. Ma anche in questo caso non è vero niente di questa generalizzazione, come è altrettanto vero che la qualità del vivere è valutata dalle aspettative o fortune o sfortune della vita di ognuno. E questa è la più grossa banalità che si possa scrivere, ma è anche la constatazione che i pareri non possano o debbano essere conciliabili. Certo l’imprenditore avrà necessità che il pensionato sedentario non conosce, ci sarà chi per una lettura di Dante si sposterà a Milano, ma anche chi ne seguirà il declamare, magari con commento, nel bellissimo giardino di palazzo Zurla De Poli, forse con un attore minore, come i cori di accompagnamento, che non significa comunque escludere la qualità. Il contrario sarebbe anche più provinciale credendo solo nel grosso nome o nel sito più prestigioso. L’ho già scritto, ma la mia impressione rimane sempre la stessa, e Marino non se la prenda: ho l’impressione sempre che sia più provinciale chi dichiara di non esserlo piuttosto che esserlo. Ieri, in bicicletta nel parco del Serio, in prossimità della passerella, mi sono soffermato a fotografare il bellissimo campo di girasoli voluto da Fabio Bergamaschi, come quel tappeto di accompagnamento alle ciclabile, col susseguirsi cadenzato di fioriture e di colori della primavera, così che una signora mi si è subito affiancata per un entusiastico commento che forse neppure la Biblioteca degli alberi di Porta Nuova a Milano sarebbe stata pari o avrebbe suscitato maggiore ammirazione. Ecco, noi provinciali siamo così e la signora mi ha raccontato di visite alla città antica, pure San Pietro e via Venezia, accompagnata dal Presidente della Proloco con la sua conoscenza storica e architettonica della città vecchia che fa onore a questo piccolo posticino dove abitiamo. E anch’io sono così, che magari i luoghi preferisco conoscerli da solo, senza guida, ma la curiosità è la stessa. Ricordo anni fa quando scoprii quel collegamento tra la piazzetta del Sant’ Agostino e vicolo Rino, un pertugio voluto chissà da chi e chissà quando. Stupore infantile per un uomo ormai di mezza età? Può darsi, come mi piace curiosare nei cortili dove la vista è accessibile, come quello splendore di Palazzo Marazzi, o quei vasi di fiori accatastati in fondo al cortile di Palazzo Donati o aspettare che per caso aprano quei vicoli chiusi del centro storico che quando aperti qualche scorcio interessante lo regalano spesso. Certo, se poi ti bevi un caffè in un bar della piazza come abitudine estiva pomeridiana puoi aspettare che compaia quel tipo o quella tipa perché siamo appunto abitudinari e prevedibili. E’ l’immobilismo di cui parlavo soprattutto in questo periodo di spostamenti difficili che non hanno ancora portato in città i turisti nostalgici e ammiratori di Guadagnino. O è semplicemente passato nel dimenticatoio. Ma poi, aggiornate le nostre informazioni trovi quell’evento o simile che per i non pigri rappresentano, soprattutto in estate, qualcosa da fare nelle calde serate, e magari incontrare qualcuno che conosci per fare quattro chiacchiere. E magari ti sei appena visto un film a Cremarena o assistito ad un’opera lirica nei chiostri del nostro museo, certo, non la Scala, e neppure la soprano famosissima. Peccato invece per la perdita di quel bar nel cortiletto dove era piacevole starci. Insomma, vantaggi e svantaggi, e magari in piazza incontri anche l’imprenditore che a Crema e dintorni continua ad investire, che significa che si può fare, senza per forza scappare. Ora, io non conosco il signor Meglio Anonimo e le sue ragioni di investimento poco lontano da qui, si diceva infrastrutture, collegamenti, ma non credo proprio che tutte le strade portino a Romano di Lombardia. Insomma, la solita questione, ci si aspetta sempre che gli altri facciano quello che non facciamo noi. E mi scusi il signore in questione, sono certo che le sue ragioni sono sacrosante.
E venne il giorno che Silvia Rossi, alle 19:57 di Venerdì 8 ottobre (2021 neh) andasse a rovistare nel blog CremAscolta, con un commento ad un post di Marino Pasini del 19 Agosto 2019 ( A.C. che nella fattispecie si traduce in Ante Covid!).
E la ringrazie di cuore!
La ringrazio perchè quel post, che diede luogo a ben 76 commenti, non solo è ancora attualissimo, ma appunto nello sviluppo dei 76 commenti fotografò stupendamente la realtà di Crema (passato/presente/futuro).
Certo eravamo in epoca A.C. (absit iniuria, neh!) e gli entusiasmi, le voglie di cambiare, le provocazioni, i progetti per il futuro erano ben diversi rispetto all’ammosciamento che ci hanno provocato le batoste ben assestate dateci in due anni dalla pandemia!
Non so a voi, ma l’effetto che mi ha provocato rileggerci/mi, nel post e nei commenti, è stato un pò come riaprire un libro, dimenticato su uno scaffale, con dentro un segnalibro e ripartire da quel punto. Erano passati un paio d’anni abbondanti e, per riprendere la trama e ….ricapirci qualcosa, era necessario rileggere, magari random, in modo trasversale, quello che c’era prima di quel segnalibro!
Grazie davvero di cuore, Silvia Rossi, anche se, ho dovuto prendere atto, con triste disappunto, che quasi tutti i temi che avevamo buttato sul tavolo, su quel tavolo ci sono restati, e sopra ci si è depositata solo della polvere!
Gentile Silvia Rossi, so bene che il mio scritto è andato indigesto a qualche residente che ha scambiato Crema per una città, quando non lo è affatto. È solo una punta di matita sull’atlante con intorno un po’ di puntini, paesini. Un paesone circondato da piccoli luoghi, questo è Crema, nella realtà. Vicino a cinque città vere, tra cui una metropoli; ma lontana, che per la pigrizia cremasca, venti miglia sono un’enormita’
Il TG 1 delle 2030 del 5.11 ha parlato dell’atleta sfattetista italiano Fausto Desalu, di famiglia nigeriana, ma nato a Casalmaggiore. Il cronista delle Rai ha detto che Desalu è nato “vicino a Cremona”. Casalmaggiore dista oltre 40 chilometri da Cremona, quasi la metà dei chilometri, sono la distanza tra Casalmaggiore e Parma. Quindi: Casalmaggiore è vicino a Cremona o a Parma? La geografia non è frequentata nei giornalini e nei giornaloni. È materia distratta.
La televisione di Cremona è uno spasso. C’è la festa di Sant’Omobono, il torrone, e la cronista domanda al signore seduto su una panchina di un piazzale di scorrimento: festeggerà Sant’Omobono? Beh, risponde, la ditta presso cui lavoravo faceva il pranzo, e io ci andavo, ma ora non lo fa più. Non lo so, magari andrò in Duomo….
Un’altro. Eh, Sant’Omobono…noi siamo gente di campagna e ci sono i fagiolini con l’occhio da finire, poi….si farà qualcosa…
Cosa?
Non lo so…un giretto. In piazza.
Dite la vostra, si chiama il programma. Poi, dicono che in provincia non ci sono le cose culturali serie, importanti, e le fanno solo quelli del Bosco Verticale. La televisione di Cremona è uno spasso. Adesso che hanno il Museo Diocesano nuovo di zecca faranno una trasmissione lunga lunga, e la Cremona sciuretta farà la fila al Museo. Pota, Cremona è così. Provincia profonda che si sprofonda.
Speriamo che il signore intervistato, in Duomo ci vada per davvero, ma quando è illuminato: uno sfavillare di colori ed immagini, sulla testata interna poi, alle spalle di chi entra campeggia (ops!) una crocifissione che ti butta direttamente in un ‘opera pop/rock alla “Jesus Christ super star” più che in un dipinto del ‘500.
Quello smargiasso guerriero zoommato in primo piano, appoggiato sullo spadone, con un incredibile “pacco” ben in vista deve aver turbato i sonni di più di una pia donna all’epoca!
Che stupore, che meraviglia, che festa per gli occhi doveva essere entrare in Duomo nel ‘500 e ……. non c’erano cinema e televisione!
Nota: per via dell’illuminazione, la facciata esterna del Duomo è stata di recente oggetto di un intervento di illuminazione, a mio modo di vedere (ops!) oltremodo pacchiano ed irrispettoso della meraviglia delle stupende linee architettoniche e della qualità delle sculture: le luci, cambiano di colore in un continuum graduale di tonalità da ….discoteca!
Per quel che può valere, disapprovo, disapprovo profondamente.
Ci darò un occhio alle tue segnalazioni la prossima volta che passerò da piazza del Duomo di Cremona, una delle meraviglie lombarde: di più, di tutto il settentrione, fortuna dei cremuuunesi e del loro parlar stracco, da sbadiglio pigroasiatico, che se la tirano, cone se fosse una città importante; ma fuori da Cremona è terra vuota, terra vacia alla spagnola, che i paesetti di campagna sono così persi, e poco popolati, che lì un corteo gay non potrà mai passar da quelle parti, che li rincorrerebbero con il forcone come una Vandea italica, dalle parti del Po.
Colorato. Bello.
Colorato. Non intendo il Duomo che non ho ancora visto, ma il commento di Marino.
Pfuiiiii……mi avevi spaventato Ivano, per fortuna ho soprasseduto al commentarti! La splendida facciata del Duomo di Cremona merita assolutamente piu’ rispetto. Cosi’ e’ stata (da chi?)precipitata nel kitsch alla …..gardaland!
Difatti ho preferito chiarire
Quelle luci psichedeliche e gli effetti speciali possono anche stupire, ma snaturano assolutamante l’oggetto. Quei colori lasciamoli alle discoteche e alle vetrine.
Non si vorrebbe che Cremona, città tra le più tossiche d’Italia, tra un’industria di uno che a Cremona lo riveriscono anche i sassi; maialifici, allevamenti intensivi, piante accoppate roba da Tribunale dell’Aja, ma mica per andarci con i trattori cremonesi per le quote latte: andarci per la strage arborea, che se le piante potessero parlare e scappare, non starebbero certo nella Padania del ex feudo nero. Città tra le più inquinate d’Italia, con le foglie dei pochi alberi risparmiati, che non si muovono di un millimetro per settimane. E con una piazza del Duomo troppo bella che bisognava farci qualche pacchianeria. Pota, l’e’ Cremuuuuna!
Un’inchiesta pubblicata da L’Espresso un paio di settimane denuncia il livello di inquinamento rilevato a Cremona e provincia, con calamite sui davanzali delle finestre che raccolgono minerali di ferro, col signor Arvedi che nega la esponsabilità delle sue acciaierie. Nonostante l’alta incidenza di tumori in tutta la provincia non é mai stata fatta una seria indagine epidemiologica. Però possiamo sempre andare a consolarci al museo del violino e ascoltare bella musica nel suo auditorium. Come lavarsi la coscienza con la filantropia.
Dici Ivano le cose esatte. Purtroppo Cremona ha storicamente avuto “un principe rinascimentale” del fascismo. E non può certo il quotidiano di Cremona fare una vera inchiesta sui danni provocati da un’acciaieria di Arvedi. E come mai? Basta leggere un libretto di Renato A.Rozzi, un insegnante cremonese, che ha spiegato le caratteristiche del carattere dei cremonesi. E basta partire dall’atlante, dalla mappa. Vedere dov’è Cremona. È una città isolata nella sua pianura. Casalmaggiore è molto più vicina in chilometri a Parma. E vogliamo mettere Parma con Cremona? Un casalese fa due passi a Parma. E Crema è a soli 33 chilometri da Milano. E l’unico interesse che ha Cremona è spogliare Crema della sua forza, perché senza Crema, il Cremonese è un mezzo deserto. E questo, per la stupidita’ dei Cremaschi, che sono rassegnati ad essere quello che sono diventati. Un paesone senza personalità, senza orgoglio, che ha accettato con qualche mugugno di essere un luogo colonizzato, senza più un tribunale; un liceo artistico con sede a Cremona; un’autonomia ospedaliera per ora salva; un livello culturale patetico; una sala cinematografica con una programmazione pari a Romano di Lombardia, per ignoranti di buon cinema ed adulti bambini
; una fermata del bus a una Università fantasma; una ferrovia da non pubblicizzare, al turismo che verrà? che giustamente se ne guarda bene dal venire se non in corriera dal bresciano per sedersi in trattoria da Rosetta a mangiare i tortelli.
Che siamo in una zona molto inquinata, lo sappiamo. Si tratta di un grosso problema e siamo tutti d’accordo. A maggior ragione, se abbiamo questo enorme problema e lo stesso riusciamo a vivere “bene”, vuol dire che molte altre cose vanno “bene”. O almeno, meglio che altrove in Italia. E se teniamo presente che in Italia si campa meglio che in parecchi altri paesi, allora dovremmo lamentarci per l’inquinamento ma non fare sempre l’angolo del gufo sul resto. Se no sembriamo di continuo Eleonora Duse attaccata alle tende nei drammi dannunziani.
Vivere “bene” non vuol dire essere degli incoscienti che se la spassano crapulando nel cupio dissolvi della devastazione ambientale. Vuol dire che tra i vari parametri per valutare la qualità della vita (condivisibili o meno che siano), quello ecologico farà anche schifo, però parecchi altri sono positivi. Se poi il risultato finale è da alta classifica a livello nazionale (figuriamoci rispetto ad altri paesi stranieri), allora continuiamo a lanciare anatemi contro gli inquinatori, che non sono mai abbastanza (gli anatemi, quegli altri bastano e avanzano) ma cerchiamo di non fare della geremiade, del rancore e del livore il nostro brand esistenziale e mediatico.
Prendiamo Cremona. Campanile o non campanile (eddai, diciamocelo, chissenefrega di quelle luminarie, abbiamo presente il kitsch e il trash che si combina a Natale?), Cremona è passata quest’anno dal 74mo al 26mo posto a livello italiano. Sono un cremasco reprobo perché amo Cremona, i cremonesi e la cremoneseria? Ci ho persino scoperto un buon giornale online. Come sono un reprobo perché amo Lodi, i lodigiani e la lodigianità? E come si fa, in tanti anni, a non avere amici a Cremona e a Lodi? Vuol dire essere “poco cremaschi”? Siamo ai tempi del Barbarossa? Come diceva Totò, ma mi faccia il piacere, mi faccia! Si può essere cremaschissimi e pieni di amici sul Serio, sull’Adda e sul Po. Anche Lodi ha fatto un balzo in avanti, dal’80mo al 50mo posto. E, come a Crema e a Cremona, anche a Lodi si vive “bene”. Guardiamo le città in fondo alla classifica nazionale della qualità della vita. Io ci sono stato. E quando esco in strada qui da noi benedico la mia buona sorte.
Certo, noi cremaschi dovremmo farci valere di più.
Ma iniziando dalle cose negative, come l’inquinamento e le sue cause, a partire da certe impunità automobilistiche (dalle zone verdi “a fagiolo” al parcheggio selvaggio), non dalle cose positive.
C’è chi vive bene nella provincia profonda della Padania, anche se quella lombarda non è quella profonda di Isernia. Si sa. E poi l’Italia è provincia e zuppa di provincialismo, che ce n’e’ in ogni regione, e quindi, si cercano i buoni motivi, che uno li cerca sempre, visto che ci vive. I parametri. Il buon vivere. Quanti suv, e quante Fiat Uno rimaste. Quanti benestanti che vanno a passeggio con le mani dietro la schiena, che dopo gli “anta” si usa, su e giù dal passeggio a vedere il negozio nuovo. E se viene il quartetto di violini della Scala al teatro, pota, è sagra di cultura.
So bene che ci sono Cremaschi che preferiscono restare sottomessi a Cremona. Il servilismo mentale è comodo e ormai è maggioritario. Anche se, in un’altro blog ne ho dette di cotte e di crude sul servilismo Cremasco a Cremona e son rimasto sorpreso: hanno condiviso in molti. Ho mollato ceffoni ai Cremaschi, la mia terra, e hanno detto, in più di ottanta, hai ragione. Roba da matti. Hanno dato ragione a un pirla che gli sputa addosso.
Lodi non è Crema. Ha un festival di fotografia etica di statura internazionale e ha una sfilza di cose: oltre una ferrovia seria, che Crema non ha. Lodi, che conosco bene e ‘una cittadina fatta e finita. Crema è un paesone disfatto e in ginocchioni.
Bisogna capire bene, ci hanno rubato il tribunale, o semplicemente hanno soppresso il nostro. Si vocifera a più riprese anche di dislocazione o chiusura del nostro ospedale, con proposte regionali di piccoli ospedali a “conduzione familiare”, e i casi gravi o urgenti via. Ammettiamo anche la necessità economica di organizzare e impiegare meglio le risorse, senza spreco, senza doppioni. Ma il pericolo di stravolgimenti reali esiste, fossero le privatizzazioni selvagge decise dalla Regione come sempre a vantaggio dei privati. In tutti i casi già si assiste a migrazioni per una semplice protesi al ginocchio perchè pare, voci di popolo, che se ne stiano andando in molti dal nostro ospedale, vuoi perchè alettati da proposte più prestigiose o da strutture di miglior fama, così che tutti noi possibili pazienti prendiamo istericamente la macchina perchè a Crema è rischioso farci operare e andiamo a farci visitare altrove. E non è una buona cosa. E questa migrazione sanitaria sta diventando come quella dei siciliani che per trovare un posto d’eccellenza lo trovano solo a San Donato e non a Palermo. I questo modo i finanziamenti piovono su chi lavora bene e fosse anche solo per disinformata credulità di fatto il nostro ospedale rischierebbe la chiusura. Un ginocchio lo posso anche trascinare a Legnano, ma per un cuore ci sarebbero tempi più stretti. Se mi ammalo di cancro magari preferisco lo Ieo o il Centro tumori. Che se sono diventati centro d’eccellenza qualcuno lo avrà pur deciso. Giochi politici, interessi privati o solo la combinazione con qualche genio della chirurgia o medicina? In verità non so perchè sta avvenendo tutto questo, ma da tanta gente si sente dire: “piuttosto che farmi operare a Crema…”. Poi magari chi lo fa si trova benissimo. Mentalità provinciale? Sentito dire perchè la nostra salute è sacra? Non so, ma di fatto è così. Quindi? Cosa lo teniamo aperto a fare? E scusate per queste mie riflessioni semplicemente empiriche, ma il sentire comune è questo.
Devo dire, Ivano, che ritengo le strutture sanitarie cremasche, pubbliche e private, molto valide. Ho la fortuna di non aver mai dovuto essere ricoverato in ospedale e di non essermi mai rotto nulla (tranne qualcosa che però non c’entra), per cui i miei vari esami di check-up annuale sono da sempre l’unico contatto con queste realtà mediche, tranne quando quasi mezzo secolo fa ho fatto la visita di leva da coscritto, a Piacenza, dove mandavano noi reclute del distretto militare di Cremona, e tranne le due vaccinazioni Pfizer a maggio (e tra poco la terza). Però ho parenti, amici e conoscenti che hanno avuto quasi sempre esperienze molto positive, sia in ospedale, sia nelle strutture private, sia con i vari specialisti qui in città. Se si è viaggiato un po’ in giro per il mondo, ci si rende conto di come a Crema si stia bene anche da questo punto di vista. Ovviamente le voci, le chiacchiere e le mode ci sono anche da noi. So che nella seconda metà degli anni ottanta andava molto, in diverse famiglie, andare a far nascere i figli a Treviglio, dove in effetti le cose erano ottime. E che nei primi anni settanta non tutti erano contenti di come si aggiustassero le ossa qui da noi e che a Cremona si vedessero molti pazienti cremaschi per questo motivo. E prima ancora, tra gli anni cinquanta e i sessanta, c’era un’altra situazioni del genere per via della mania di togliere le tonsille a tutti, specie da parte di certi personaggi, per cui una capatina a Milano consentiva di evitare ablazioni inutili se non dannose. Tutte cose di cui non si comprende mai appieno la fondatezza. Ma sono eccezioni, perché qui da noi parlare di malasanità sarebbe ingiusto, mentre di malasanità in Italia ce ne è parecchia, e forse ogni tanto scopriamo pure dove, anche se da qualche tempo va molto il parlare male, sempre e comunque, della Lombardia, e non è difficile capire perché. Sono tutte cose che conosco indirettamente ma su cui penso di essermi fatto un’idea abbastanza corretta, per via di persone di cui ho fiducia e considerazione, non essendo né un medico, né un paziente (per fortuna, per quanto detto prima). Sono solo un cittadino soddisfatto e riconoscente nei confronti dei nostri medici e infermieri, che hanno guarito e risolto vari casi di persone a cui sono più o meno legato. Se un domani verrà il momento di affidarmi a loro, sperabilmente il più tardi possibile, lo farò nella consapevolezza di essere, per questo, un uomo fortunato e nato e vissuto nel posto giusto.
La tua riflessione garbata e puntuale porta tante cose in sacca che ce n’è da dire. Con le mani intrecciate dietro la schiena, come fanno i pensionati cremaschi ben contenti della loro minestra che si fa, anzi si disfa del poco che già c’era prima, o scrivendo qui per il Dibattito. Se solo i Cremaschi, soloni, sapessero di essere maggioranza in provincia di Cremona o con pari popolazione, perché questo è, potrebbero fare un attimino di protesta, alzare la voce; non so: boicottare la vendita di mostarda e torrone se non si chiamerà provincia di Cremona e Crema, come succede in altre provincie. Con le palanche ben suddivise e non solo quello. Ma bisogna avere i coglioni che non ci sono più come nella storia trapassata. Sono mosci tanto che anche d’inverno sono come le magliette appese ai fili stendibiancheria. Vanno giù.
I luoghi cambiano, persino nell’immobilita’ provinciale si muovono o si fanno decrepiti.
Amici miei, il tema ospedale mi chiama in causa. Ivano: non ci sono luoghi di eccellenza, ma persone di eccellenza, quindi, quando toccò a me e dovevo rispondere a un sistema, con superiori il Direttore Generale e la Regione ero tranquillo: se non erano Cremaschi erano Piemontesi o Siciliani, ma il mio obiettivo di pareggio di bilancio era raggiunto. Ma non era giusto, perché l’affetto per la propria casa della salute è prioritario, e non era giusto che alcuni primari fossero eccellenze a livello nazionale e magari ignorati in sede. Ma chi ha pensato questa maniera di intendere da bottegai? La riforma regionale, da Formigoni a Maroni, e ancora lo abbiamo visto per il Covid (la fattoria degli animali). Certo, non si deve pretendere di essere i primi in tutto, ma visto che la Medicina è un artigianato, e non una catena di produzione, non è difficile pensare di essere in “provincia” i primi in certi settori. Trappola: prima dovete assicurare la frattura del vecchietto, il covid, il bilancio, e intanto noi se il covid lo facciamo lo facciamo con fondi a parte e le nostre liste d’attesa restano basse, e incassiamo. Facile pensare di essere i primi quando poi le complicanze se le ciucciano nell’ospedale di competenza territoriale!
E allora il problema è strategico: essere i primi settorialmente e per il resto dare servizi ineccepibili. Inoltre dare autonomia a tutti i collaboratori capaci per variegare l’offerta. Quando si ristrutturò Soresina eravamo scettici, poi saltò fuori la storia del modello inglese, con gli ospedaletti autogestiti dai medici di famiglia, ma questi risposero picche, e allora fu ceduto a Cremona, e Ablondi mi disse: “altrimenti l’equilibrio sarebbe sbilanciato a nostro favore”. Dopo tutti i soldi spesi? E così doveva essere, a nostro favore! E in questo rispondo a Marino. Ma se cerchi chi dovrebbe averli i coglioni… competenza di chi? Anche quando ho finito con l’Ospedale, nella nuova versione di direzione di centro convenzionato mi toccava andare fino a Mantova per un colloquio con il mio ex direttore di Crema, poi direttore AST, e ritornare a casa con… il ricordo di un bel sorriso. Ci vogliono i coglioni.
Tranquilli, a Crema fatevi operare di quel che volete, sono capaci e il sistema funziona, a Crema ho fatto operare il mio primo figlio, ormai milanese, per problemi ortopedici, ho operato mio padre, mio zio, mia moglie, Nuovamente hoi fatto operare mia moglie per problemi non ortopedici, questa volta, e resta questo il mio ospedale di riferimento. Ho visto d’altra parte disastri combinati fuori mura. Ma il nemo profeta in patria è particolarmente pervicace in tema di salute, e se poi ti amputano anche le risorse…
Sassuolo è Sassuolo non più per le ceramiche ma perché Squinzi della Mapei ha sganciato molti denari. E Sassuolo è una città più grossa di Crema. A Cremona, è Arvedi che sgancia, e sappiamo la ragione. Senza i suoi soldi Cremona vivacchierebbe e stop. I piccoli centri, imcluso le città provinciali come Cremona, Piacenza, Vigevano, hanno pochi soldi da spendere, perché i privati, i grandi investimenti anche culturali vanno a finire nei soliti posti. A Milano i privati fanno a gara a rialzare le offerte, come è accaduto per Citylife, e per mille altre iniziative. Nonostante il Covid, Milano ribolle di cose; è un laboratorio d’avanguardia persino sul verde urbano. Ma il suo lustro è dato dalla spinta dei privati, come per l’ Auditorium di Corso San Gottardo, la quantità di teatri, cinque orchestre (cinque!) di musica classica di valore internazionale, un cinema in Via Milazzo considerato tra i più belli in assoluto d’Europa e ricco d’iniziative. E tutto questo sta in piedi grazie anche ai privati e a una città abituata ad essere stimolante, con tante università e una popolazione studentesca di tutto il mondo. Crema, al contrario può solo boccheggiare; e l’abitudine alla mediocrità è la normalità. Per rialzare un filino la testa l’ho scritta la mia opinione, ma non credo che i Cremaschi, quelli che ci squazzano nella brodaglia insipida, mi daranno ascolto. M’importa poco.
A Levanto, luogo dove mi sentova casa come Milano, Morando Morandini, critico cinematografico storico e levantese di seconda mano con bella casa in Piazza della Commenda, nel testamento aveva donato l’imponente collezione di film, roba di cinema al borgo ligure. Ma Levanto non aveva i soldi, o la voglia per trovare un luogo degno per ospitare il “museo” Morandini, cosi dove è finita la collezione? Ho letto che si è fatta avanti Milano, casa della famiglia Morandini.
Adriano, Pietro, professionalità e buon senso, misura.
Diciamo allora che ci gioca la casistica. Tra mille protesi del ginocchio e dieci si sceglie ospedale o chirurgo col numero più alto.
Difficile fare scelte strategiche, soprattutto nel mio mestiere, in cui si unisce ortopedia e traumatologia ma con il numero di protesizzati in giro non è difficile incorrere in una frattura su protesi, e allora se di protesi non ne sai che fai? Tuttavia quando avevo un numero alto di collaboratori (10+io), mi era facile settorializzare il lavoro di elezione fra i membri e fare da tuttofare io, ma ora che di medici non ce ne sono e soldi se li fregano i grossi centri e istituti? Ora con l’ambizione della copertura h24 molti direttori sono costretti a prendersi dei noti brocchi vaganti da reparto a reparto, salvo poi far loro da balia, e questo non accade nei centri più attrattivi. Ma c’è la contropartita: in un centro più piccolo puoi affidarti al singolo, sapere chi fa cosa. Se le dimensioni salgono diventano macinacarne (senza arrivare ai casi S. Rita, ma comunque…). L’ho provato, quando la malattia ortopedica di mio figlio è passata in cura a un noto istituto ortopedico milanese, e io ho provato a far da faccendiere in anonimato (prendi i vetrini di qua, portali di là., prendi gli appuntamenti. Al terzo viaggio a vuoto mi son girate le scatole e mi son qualificato, e tutto è filato liscio. Che vergogna, per me che son caduto così in basso da approfittare delle mie credenziali, e per loro che per sano nepotismo accendono il turbo, alla “mi manda Picone”
Adriano, qui le criticità emergono, così da poter dire qualunquisticamente che é uguale da tutte le parti. Che se ti ca di culo… Ad esempio, ma non fa testo, ti ho già raccontato cosa mi successe ortopedicamente i primi anni 60, periodo ricordato da Pietro, quando per evitare il terzo intervento i miei genitori mi portarono in un noto Istituito emiliano per sentirmi dire che il nuovo innesto non era necessario, giudicandomi assolutamente guarito. Certo, non si deve generalizzare, ma se mi fossi fidato di Crema sarei finito di nuovo sotto i ferri. Come forse non mi convince il check up di Pietro. Per esperienza a me vicinissima 16 anni fa non venne riconosciuto un cancro al seno di una persona a me vicinissima. Fu diagnosticato successivamente. Fortunatamente questa diagnosi tardiva non ebbe conseguenze. Il caso si risolse allo Ieo di Milano. Anche se tutto quanto ho scritto non significa nulla, nel senso che per sentito dire o fiducia indotta dalla fama, ognuno sceglie quello che reputa meglio sempre confidando nella parte anatomica di cui sopra.
Trovo molto interessante, Ivano, il tuo concetto di “situazionalità”, anche in tale contesto sanitario, proprio “confidando nella parte anatomica di cui sopra”. Mi permetterei di aggiungere a questo condivisibilissimo pensiero, che fa da pietra d’angolo all’intero discorso, un altro elemento di tipo “situazionale”: sempre e dovunque, il vivere “bene” o “male” in un certo posto dipende soprattutto da fattori oggettivi, che valgono per tutti (peraltro non sempre di comune condivisione, lo sappiamo), come ad esempio quelli presi in considerazione nelle statistiche sulla qualità della vita; però dipende anche, in parte, da fattori del tutto soggettivi, riferiti ai singoli individui. Ad esempio, se dalla vita mi aspetto certe cose invece che altre oppure se mi appassionano certe realtà invece che altre. Ognuno ha valori e aspirazioni e desideri propri. Per cui, uno stesso posto può risultare ottimo o pessimo. Dipende. Inoltre, ciascuno può trovarsi individualmente in situazioni personali, familiari e sociali differenti. Si fa presto a dire che a Crema si vive “bene” oppure “male”, magari “benissimo” o “malissimo”, basta vedere come, dove, con chi e con che cosa si vive. Insomma, anche ad Atene, a Babilonia e nell’antica Roma si viveva proprio un gran bene, però dipendeva, anche là, come sempre, dalla “parte anatomica” da te citata, caro Ivano. Certo, l’impegno e l’ingegno individuali contano molto. E il libero arbitrio. Eccetera eccetera. Però quella “parte” non conta di meno. Per cui, è comprensibile che anche qui da noi si possa vivere pessimamente oppure ottimamente. Forse oggi, rispetto all’antichità, le differenze sono meno drammatiche. Forse.
Personalmente, a proposito della recente classifica sulla qualità della vita nelle città italiane, penso proprio che, se in Italia si facesse una classifica delle città che non sono capoluogo di provincia ma che hanno almeno ventimila o trentamila abitanti, Crema si piazzerebbe molto bene, nella parte più alta della classifica. Proprio perché, come dice il titolo del post, Crema è “vicina e lontano da tutto”. Vicina alle cose reali che contano per vivere “bene” davvero. E lontana (purtroppo non sempre) dalle situazioni che alla lunga causano soprattutto invadenze, turbolenze e insofferenze. E che spesso sono frutto solo di arie, mode e pose, vale a dire di parvenze, credenze e supponenze.
Appunto Pietro: dipende. E le statischiche non possono mai essere consolatorie, o confermano o smentiscono. Del resto basta mettere a confronto le differenti opinioni espresse qui. Niente di più reale di quelle per tastare il polso della situazione. E comunque vale per tutti, un po’ si sta bene un po’ no. Stare invece benissimo o malissimo dipende dalle circostanze, dette altrimenti “culo”. Ma é inutile rafforzativo.
Pietro Martini ha scritto tutto esatto. Non fa una piega sbagliata il suo discorrere. Appunto, per il suo discorrere, sensato, preciso non ho niente da obiettare, che gli dico: ha proprio ragione. L’ospizio è vicino, si fa poca strada, il traffico è scarso, l’ospedale c’è ancora, persino i supermercati sono fin troppi, cosa si vuole di più? E ci sono i corsi di recupero all’ex Olivetti, strafrequentati. Magari un autombulanza fuori forse servirebbe. Che ho visto qualcuno uscire un po’ in affanno.
Grazie, Marino, per quanto dici. Però non ho capito quali siano i cosi di recupero, dove servirebbe un’ambulanza. Sull’ospizio, distinguerei. Per i malati di alzheimer, il problema è abbastanza specifico e personalmente sarei dell’idea di investire di più e sviluppare a Crema una realtà ancora più valida di quella attuale, che comunque, da quanto avevo visto tempo addietro in visita, mi era sembrata buona. Invece, per la casa di riposo di via Zurla, mi sembra che ci sia una certa lista d’attesa e mi hanno detto che per starci con un discreto agio le rette non siano bassissime. Forse gioca anche il reddito, non lo so. Ma ancora, anche in questo, ha ragione Ivano, dipenderà da tante cose, una in particolare. Poi so pure che adesso c’è una forte concorrenza tra le case di riposo private, quelle cose tipo anni azzurri o anni sereni, però non conosco molto di queste soluzioni. Io non ho ancora pensato a queste situazioni perché mi sembra un po’ presto. Però è chiaro che, avvicinandomi ormai ai settanta (sono del ’53), lo sguardo su certe faccende sia meno disattento di quando avevo vent’anni. Invecchiare dignitosamente non è sempre facile. Basta un niente, passati i sessanta, e il decoro se ne va. Non c’è niente di peggio degli anziani che fanno gli sgarzolini. In ogni caso, a esser sincero, non saprei se Crema sia messa bene o male quanto a ospizi per i vecchi. Magari mi informerò meglio tra qualche anno. Di sicuro, e in questo hai pienamente ragione, Crema è messa molto bene a supermercati e ipermercati, per tutti i generi di offerte, per tutte le tasche e per tutti i gusti dei clienti. Però anche diversi negozi di alimentari del centro sono di buon livello e ci sono gastronomie che “meritano una deviazione”, come diceva la famosa guida.
Pietro, fattori oggettivi che valgono per tutti già é discutibile. Mia madre, a vocazione metropolitana evidentemente, non era assolutamente infastidita dal traffico di mezzi pesanti che transitava su via Indipendenza. Per me era insostenibile. Ora le cose sono migliorate. Marino accenna ad un parametro forse considerato e dice “poco traffico”, io penso esattamente il contrario. Centro a parte, gli anelli semi o periferici a certe ore sono intasatissimi. Vedi come contano le impressioni? É la solita questione statistica, tipo paniere Istat, che comunque non fa dimenticare la gallina, o la mezza, di Trilussa, oltretutto erroneamente attribuita.
D’accordissimo. Infatti ho specificato “che valgono per tutti (peraltro non sempre di comune condivisione, lo sappiamo)”. Tanto che negli anni cambiano i parametri, le sensibilità, le opinioni. Ma era per completezza del discorso. E anche per consolarsi un po’ col fatto che, ogni tanto, un minimo di condivisione sulle cose più eclatanti potremmo anche avercela. Insomma, era comunque più un’affermazione “ottativa” che “indicativa”.
Anche Ivano la dice giusta. Eccome. Chi scrive no, che il “poco o scarso traffico” dipende dove si vive, in che strada. Come sempre le palanche aiutano, come i figli dei ricchi che hanno cambiato università perché non sapevano bene cosa studiare. I papà e le mamme benestanti hanno pazienza con i figli indecisi. E se una strada non piace, cambiano strada anche alla casa. Ci sono mille motivi per apprezzare le cittadine sottoprovinciali. E ce n’è qualcuno, di motivi, pero’, che fa scappare la voglia. Per tenermi le voglie, gli stimoli che ho ancora tanto da imparare, che di mediocre ci sono già io, non mi serve di sguazzare fra altra mediocrità che si crede luccicante di qualcosa.
Certo, il richiamo di Marino è di quelli forti, concreti assai e si ricollega cmq alla …. “parte anatomica” oggetto del benevolo colloquiare tra Ivano e Pietro di cui sopra.
Del resto anche la Fisica ha voltato totalmente pagina: Newton e la sue leggi immarcescibili che spiegavano tutto come un meccanismo di precisione, ha ceduto il passo ai “Quanti” e alle interconnessioni.
Certo, in superficie F=ma funza ancora benissimo, “al va ke l’è ‘n ghindol”, ma se ti metti a grattare sotto, a passare al micro del micro ( o, che è poi lo stesso, al macro del macro!) è tutta un’altra storia!
E anche qui da noi, su questa piazza, sono le interconnessioni che ci aiutano a capire (sempre che questo sia l’obiettivo) meglio, in progress, fuori dai pre/giudizi e dalle saccenterie. Anche a Crema…..persino!
P.S.: e giuro che nn avevo ancora letto il post su “Zio Albert” di Adriano!
Questa poi…..
Pietro Martini ha ragione anche quando dice che dipende cosa ti aspetti da un luogo dove stare, restare o andare a viverci. Ivano fa bene a parlare di Via Indipendenza e del traffico. Non smetto mai di dire, che ognuno ha solo la sua storia, i suoi perché personali, il suo portafoglio anche, che entra sempre nelle opinioni, nei giudizi, anche sfumati di ogni cosa. Puoi evitare di parlarne. Ma la faccenda influenza, e tanto anche.
Francesco sa bene che sono brutale nei giudizi. Ingeneroso. La cattiveria quando scrivo, oltre la “gramisia” (non serve tradurre), lo scarso, è del mio scrivere. E certamente a Crema nessuna amministrazione mi chiederà di dire due parole su due cose che so, più di altri. Sul rapporto città/campagna, per esempio, che ne avrei. Ma in diversi gli si rizzerebbero i capelli e riceverei insulti, che il provincialismo è la malattia dei permalosi. E lo dice un provinciale che per tutta la vita combatte proprio questo, e non è detto che l’ho vinta.
E poi ci sta la qualità di certe cose che a me importano. Ad altri non interessano o frega poco. Poi, la provincia è pure comica; premia chi se la batte, dalla provincia, solo perché ha dato lustro al luogo piccoletto. E Stajano, da uomo ruvido e onesto, l’ha detto alle autorità cremonesi che lo avevano premiato: che mi premiate a fare, da Cremona me ne sono andato via.
Perché sono dei “pistola” e non hanno capito niente. Erano così offesi, a sentire quella sgarbatezza di Stajano, i cremonesi venuti ad applaudirlo.
A proposito dei corsi di recupero a Crema. Mio padre li ha frequentati, non so dove, ho una sua fotografia in classe, una decina di settantenni e più, l’insegnante giovane, bella, gambe accavallate, belle gambe, sorriso che conquista. Mia madre disse che lui ci andava anche con la febbre, che era cotto per l’insegnante. Mi pisciavo addosso dal ridere a sentirli bisticciare, che non si capiva del tutto se era roba da riderci su un pochino, o un pochino tanto. E così, lui ha avuto la terza media. Era un uomo onesto e volenteroso. E c’è andato due anni consecutivi. Ha rifatto l’anno anche se era stato promosso. E ho riso di nuovo, che il.bisticcio continuava.
Anche la mia collega dal ferramenta, era del Milanese, brava del mestiere che maneggiava i trapani come mattarelli, andava ai corsi di recupero: l’Università della terza età. Una cosa bellissima. Il fatto è che quando finisce la lezione, magari in ora tarda, visto l’età, ho notato all’ex Olivetti, se si può dire, mica per offendere, che ho accompagnato un amico, che si annoiava a casa, che non tutti li’ li ho visti che camminavano diritti. C’era chi andava in diagonale, e chi non andava proprio. L’ambulanza fuori, mi è parsa una precauzione. A una certa età va bene Dante, ma la strada si fa incerta.
Ma allora questi “corsi di recupero” che cosa sarebbero? Marino, avevo quasi pensato a dei corsi di tipo professionale, visto che citavi l’Olivetti. Non capisco che cosa sia questa università per la terza età. A Crema c’è la scuola popolare serale, un’istituzione storica e benemerita, di quelle da studiare e valorizzare per il ruolo sociale e per la tradizione locale, però mi sembra che non si tratti di quella. Per favore, visto che ne parli così male, addirittura dicendo che quelli che escono sbandano, vanno in diagonale e devono portarli via con l’ambulanza (per via delle gambe accavallate delle belle docenti?), ti sarei proprio grato se mi dicessi di che cosa si tratta. Grazie.
Pietro 16.28. Casa di riposo di via Zurla o in genere. Il mio primo intervento su Cremascolta fu proprio un articolo sul tema. In assistenza a mia madre ci sono stato sei anni e ne avrei da raccontare. L’impressione che ancora adesso ricordo é positiva, anche se riconosco di aver approfittato alcune volte del mio ruolo di coordinatore del Comitato ospiti e parenti. Senza esagerare. Ho combattutto battaglie non solo per mia madre, ma per tutti gli altri ospiti, alcune vinte altre perse. Poi sperare di morire nel proprio letto o nella promiscuità non saprei dire, ma questa é questione privatissima. Di fatto, come dice Marino, il ricorso all’ambulanza potrebbe essere occasionale, ma il dipendere, biologicamente, quando quella parte anatomica non é più metafora, o intellettualmente, potrebbe essere a lunga scadenza. Io se dovessi scegliere opterei per la casa di riposo, non badanti, che comunque per me sarebbero onerose. Consiglio a tutti di pensarci. Le rette a Crema sono comunque allineate alle altre del territorio, una normale pensione con l’indennità di accompagnamento ne permette la solvenza.
Grazie, Ivano. Tutto molto chiaro. Anche per l’informazione sulle rette.
Ti vedevo Ivano, ai Vecchioni, molto premuroso con tua madre. Ogni volta che ci andavo, per mia madre, che è stata quattro anni immobilizzata a letto, che muoveva quasi niente e bisognava imboccarla. Ma io scantonavo, il più delle volte. Lei mi chiamava: Marino! E io scappavo, uscivo di fretta, che odiavo quel posto. Fuori c’erano due ricoverati che fumavano come turchi, tanto perché no, era questione di mesi. Mia madre non si lamentava mai. Sopportava sofferenze non raccontabili. Aveva una sfilza di malattie, era passata dal bunker Alzheimer che potrei scriverci. E forse un giorno lo farò. Ma lei non era del tutto fuori di testa. Solo in parte. La luce della ragione andava e spariva. Mio padre era diventato sordo, e mi dividevo da entrambi, scappando da entrambi, cercando di gestire le pratiche, il lavoro, la mia vita, la loro, l’assistenza sociale, tante storie.
Ma tu Ivano c’eri sempre, ai Vecchioni. Questo lo ricordo bene. Ricordo una ricoverata che teneva in mano una bambola e guardava la tv tutto il giorno, ed era vicina del letto di mia madre, e non parlava. La figlia che le puliva la bocca che si sbrodolava tutto. Pagavo la retta che costava più del mio stipendio. Mille e seicento euro tutti i mesi, più il mutuo casa. Meno male che c’era lo stipendio da pensionato operaio da mio padre, che non spendeva un ghello.
Vorrei mai entrare ai Vecchioni. Mai.
Sai Marino, una Casa di riposo, non vecchioni, che forse era il vecchio Kennedy quando non pagavi una lira e comunque ci potevi strare per anni grazie a medici compiacenti che comunque ungevi, dicevo é una comunità e come tale devi viverla. Una toccata e fuga, con un’occhiata che si crede disincantato non rende giustizia alla complessità di una struttura dove gli scambi non sono solo col parente, ma magari con tutto il personale e la gestione stessa. Io ci sono stato ler dei anni assiduamente, ci entravo tre volte al giorno e ho tessuto relazioni con tutti, magari non sempre lineari e pacifici con la direzione, ma ancora adesso, dopo trettanti sei anni incontro e saluto volentieri molto personale o congiunti che ho conosciuto. Certo, le criticità c’erano, e le ho sempre contrastate fino allo scontro, ma le comunità sono così. O si partecipa, magari costruttivamente, o altrimenti il giudizio é inevitabilmente negativo. Ripeto, non so quali battaglie ho vinto, ma la visita occasionale, perché il posto intristisce é un po’ come lavarsene le mani, magari coi sensi di colpa, anche se altre scelte non erano possibili. Per quanti riguarda l’esperienza di mia madre io devo dire che in struttura si é risanata, dopo anni di depressione a casa, e grazie anche alle relazioni che io e mia sorella abbiamo tessuto partecipando alla vita stessa della comunità, dando il nostro contributo dove é stato possibile. É anche vero che le generalizzazioni non dicono nulla, ognuno ha la sua storia, io riporto solo la mia esperienza. Ma se fossi andato e venuto e basta mia madre sarebbe stata peggio. Vigilavo e qualche volta suggerivo. E qualche volta mi ascoltavano.
E a Crema non viene nessuno per scelta, a parte Adriano e pochissimi altri. Si viene a Crema da lontano per il lavoro, stop. A Milano si va per tante ragioni. E sarebbero migliaia che ci metterebbero lì la loro vita, per scelta, se fosse possibile. C’è la fila. Se non fosse per le palanche, quando non bastano. Questo cosa vuol dire? Serve spiegarlo? Ci sono luoghi desiderabili e altri luoghi. A Crema si nasce e spesso si resta, per chi ci è nato, per le necessità e altre faccende. Questo è. Poi possiamo tirar fuori tutte le statistiche che vogliamo. Anche che è in testa, o ben messa, per la qualità della vita Belluno. Andateci voi a Belluno.
Non ho ancora capito, Marino, quali sarebbero i corsi “per la terza età” da cui le persone escono sbandando e sbarellando come moribondi, tanto da rendere necessarie le ambulanze. A che cosa ti riferisci?
Scusa Pietro, i corsi di recupero, quelli della terza età sono i corsi bellissimi che facevano all’ex Olivetti, credo si chiamino Uni o roba del genere. Era ironico il mio commento. Sono corsi davvero importanti, pero’. Anche le segretarie non esistevano come scuola, ma si chiamava, quella scuola, Istituto professionale per il commercio. Anche gli spazzini non li chiamano più così. Oddio sono sempre quelli. E all’ex Olivetti ho visto un mucchio di tardoni uscire dalla “scuola”, da un corso culturale, non ricordo cosa. Non c’erano novantenni accompagnati dai genitori, ma insomma. Niente di male. È bellissimo vedere tanto interesse anche in tarda età. Ma l’ambulanza fuori sarebbe una buona idea, che davvero non tutti camminavano diritto. Sarà stato un caso. Magari, in un’altro orario erano tutte gazzelle. Ci sono stato tre volte. E all’uscita i tardoni erano la maggioranza. Ripeto: una bella idea. A Crema, tanta manna. Altro non c’è.
Con “Uni” inizia “UniCrema”, ammesso che adesso si sia capito di che cosa parli. Sono d’accordo con te, Marino, sull’importanza e sulla meritoria opera di questa ottima istituzione. Mi pregio di essere da diversi anni tra i relatori e so che il Presidente di questo blog ha in programma ben tre relazioni per quest’anno. Direzione, docenti, personale volontario di supporto (encomiabilissimo) e partecipanti ai vari corsi costituiscono, insieme, un esempio di come si possa arricchire ulteriormente la nostra città in ambito culturale, civile e umano. Comprendo quindi che sugli sbarellamenti e sulle ambulanze stavi solo scherzando. Grazie per il chiarimento. Concordo quindi sul “tanta manna” e sul “bella idea”. Un’idea che è divenuta negli anni un’iniziativa di notevole valore e significato per il nostro territorio.
Scusate gli errori di battitura delle 6:12.
Pietro, l’Uni, la Scuola Popolare, sono proprio tanta manna per il piccolo centro. Orpo!
Al nocciolo delle faccende e diatribe e frustrazioni e superbie, bisognerebbe chiedersi cos’è una città. Non cercando sul vocabolario, ma guardandosi attorno e prendendo nota. Ad essere “città” e “dottori” (basta che ti chiamano così, che hai lavorato in banca, pur se dopo la laurea hai letto solo Come cambiare l’acqua ai fiori fino a pagina 27, poi ti sei iscritto all’università degli anziani, per un ripasso, ma ci sei andato solo una volta), dicevo: città e l’essere dottore in qualcosa è l’aspirazione, il lustro. Anche Sant’Angelo Lodigiano, che a Lodi chiamano i sant’angiolini “pacchisti” che facevano gli ambulanti carichi di pacchi che svuotavano al mercato, è città. Anche Soncino se ne vanta, che anche le papere che sguazzano nel fiume sanno che è un paesetto. Ma i paesetti, se un’autorita’, un parruccone che era dottore, ha nominato il paesetto città, cavolo: è su tutta la carta che canta sulle bacheche comunali che Soncino è citta’! Ma la realtà è un’altra. Perché la frustrazione porta a sventolare certi attributi? E qui, più che l’intellettuale anche sfigato che tiene conferenze su Platone e platoneggia sui quadrimestrali che leggono in quattro, compreso la moglie per tenerlo su di morale, serve lo psicologo serio, a capirci il motivo nascosto che a frugare bene c’è, eccome se c’è. Mi domando perché i paesetti non hanno l’orgoglio di essere paesetti, ma se hanno la possibilità di nominarsi “città” ci tengono. Mi domando cos’era questa corsa a volere le università anche a Vercelli, anche a Crema (che era una gentile concessione del Politecnico di Milano), e poi piangere per averla perduta. Non è frustrazione? Non è un sentimento borbottante d’inferiorita’? Certo che lo è. Domandarsi senza falsità cos’è una città, spiegherebbe, fors, a capire un po’ di cose, ridicole, che appartengono a ciò che città non è, ma è altro. È campagna. Con tutte le buone cose, e quelle che buone non sono.
Stupendo, Marino, “Cambiare l’acqua ai fiori” di Valérie Perrin!
Per capirci: le pagine sono 473, per arrivare alla fine e, decisamente, chi si è fermato a pagina 27, non aveva l’attrezzatura necessaria ad andare oltre!
La “tessitura” del romanzo della Perrin ti avvolge nelle sue spire con la sapienza di un ragno che sa costruire la meraviglia della sua ragnatela!
Hai scelto decisamente bene (con un punto di sapiente, intellettuale civetteria!), come emblema di chi si è accontentato nella sua vita di …..”volare basso”, che, se anche cadi, non ti fai granché male!!!
Lo ripropongo, anche se non interessa a nessuno, con una piccola riflessione in più: si nasce e si muore biologici e in mezzo ci sta uno spazio culturale. Ma la biologia della vecchiaia o della morte sono ben diverse dal pannolino cambiato amorevolmente da una mamma o da un papà, qualche volta. Alle mie rimostranze la Direttice di via Zurla mi faceva notare le differenze. Dico questo perché spesso il personale di una casa di riposo subisce critiche e attacchi anche feroci da parte di chi ha delegato i compiti ingrati dell’accudimento di un anziano. Non ho ben capito cosa Marino intendesse esprimendo le perplessità a cui ha accennato. Per questo ripropongo il mio commento, diciamo di carattere umanistico.
“Sai Marino, una Casa di riposo, non vecchioni, che forse era il vecchio Kennedy quando non pagavi una lira e comunque ci potevi strare per anni grazie a medici compiacenti che comunque ungevi, dicevo é una comunità e come tale devi viverla. Una toccata e fuga, con un’occhiata che si crede disincantata non rende giustizia alla complessità di una struttura dove gli scambi non sono solo col parente, ma magari con tutto il personale e la gestione stessa. Io ci sono stato per sei anni assiduamente, ci entravo tre volte al giorno e ho tessuto relazioni con tutti, magari non sempre lineari e pacifici con la direzione, ma ancora adesso, dopo trettanti sei anni incontro e saluto volentieri molto personale o congiunti che ho conosciuto. Certo, le criticità c’erano, e le ho sempre contrastate fino allo scontro, ma le comunità sono così. O si partecipa, magari costruttivamente, o altrimenti il giudizio é inevitabilmente negativo. Ripeto, non so quali battaglie ho vinto, ma la visita occasionale, perché il posto intristisce é un po’ come lavarsene le mani, magari coi sensi di colpa, anche se altre scelte non erano possibili. Per quanti riguarda l’esperienza di mia madre io devo dire che in struttura si é risanata, dopo anni di depressione a casa, e grazie anche alle relazioni che io e mia sorella abbiamo tessuto partecipando alla vita stessa della comunità, dando il nostro contributo dove é stato possibile. É anche vero che le generalizzazioni non dicono nulla, ognuno ha la sua storia, io riporto solo la mia esperienza. Ma se fossi andato e venuto e basta mia madre sarebbe stata peggio. Vigilavo e qualche volta suggerivo. E qualche volta mi ascoltavano.
Bravo Ivano, c’hai messo il cuore!
E, quando serve (e questo era davvero il caso) “repetita iuvant”!!!!!
Hai colto, Francesco, il succo del perché detesto il volare basso, più per vigliaccheria, per timore, che per umiltà, del provincialismo, che fa luccicare il mediocre che passa il convento, e non si ha nemmeno l’onestà di ammetterlo. Un mondo che combatto con tutte le mie energie
E il provincialismo, è una malattia che politicamente è nefasta. Non è un caso che ” il piccolo centro”, la cittadina/paesone” la “bucolica Carinzia”, e i paesetti che si chiamano città, “belli da vivere” sono il bacino elettorale e culturale della destra politica, più retriva.
Il campanilismo è un aspetto divertente, e anche patetico dei provinciali come noi, gente frustrata che gode del suo piccolo mondo, che in fondo protegge dalle insidie del caos del mondo grande.
Una signora, su un’altro blog, mi ha chiesto se conosco quel giornalista locale che non cito perché coinvolto in una bruttissima accusa, che mi auguro, per lui, sia falsa. Le ho detto che ne so pochissimo; che sui social mi aveva seguito per un paio di articoli che ho dedicato a fatti cremonesi; e che non m’interessavano i suoi articoli della serie “Se non sei di Crema, di Torlino Vimercate, eccetera” raccontando di quando e come si sposavano nel paesame nostro, non so, a Scannabue eccetera. E lo seguivano in tantissimi; e il fatto non mi stupisce. Il campanilismo lo conosco bene. Ci sono nato nella mediocrità provinciale. La conosco meglio di quanto conosco me stesso
Ne sento l’odore, anche in mezza frase. Di altre cose so poco o niente. Ma di questo ne so. Se posso dirlo: non ne ho nostalgia del campanilismo e della malattia del provincialismo che è una piaga, e di cui ho scritto. Non ne ho nostalgia, né provo tenerezza. Mi fa pena e ne conosco la miseria.
Come dar torto a Pietro? Dopo che la fiera bovina gli sciuretti di Montichiari (paesone palancoso) che presto si chiamerà Montichiari sul Garda, e vorrebbe un suo lido,come Lonato, per far arrivare qualche turista germanico a Montichiari, di quelli che leggono i giornali locali e bevono più birra che acqua, Cremona arrabiatissima, e il suo quotidiano pure, erano sull’orlo di una crisi di nervi. Niente più fiera delle vacche? L’insostenibile leggerezza dell’essere cremonese era in crisi d’identità. Ma, ho visto giorni fa una paginata in copertina de “La Provincia di Cremona” con un parlamemtare, uno importante, che accarezzava una mucca da latte. Il giornale eranin festa. Quel giorno, in redazione regalavano mostarda e torrone? È possibile. E ha ragione, Pietro, “Prima pagina” è letto fuori dal Cremasco. La buona stampa si fa conoscere. Infatti, ricordo che dava spazio a una bella cosa, la fiera bovina di Rivolta d’Adda. In effetti, Rivolta d’Adda è comune di vari confini. Dobbiamo seguire le nostre tradizioni. Che sono importanti.
Guardando questa nebbia squallidamemte triste, stamane che sono a Crema, entrando in Biblioteca comunale per la lettura a sbafo dei libri, ho detto: che tristezza cruda questo passaggio di campagna! E una ragazza che stava prendendo dei libri in prestito, bella faccia, occhi svegli, mi ha risposto: e a Milano adesso c’è il sole. Le ho detto: sei giovane, scappa, dammi retta. Ci sto pensando, mi ha detto, sorridendo un po’ amaramente. E pensi lei, che vivo a Salvirola! O mamma mia, con due diocesi nella nebbia! Scappi prima possibile, vada al sole, bastano 30 chilometri e lo trova, lei è giovane e intelligente, non si faccia fregare.
Ma, Marino, parli da solo, ad alta voce, o…..?
Bella cmq la “lettura a sbafo dei libri”, pitost che fa “le vasche” da per nagota!!!
Non parlavo da solo, nella biblioteca comunale di Crema; o meglio, frequentandola da cinquant’anni e più, ho assistito a vari bibliotecari, quasi tutti, ma non tutti, che c’entravano con i libri, come Matteo Renzi al socialismo, ho espresso un rammarico per il clima mattiniero, che in campagna, che Crema è campagna con qualche passato storico e un presente che tira a campare, la nebbia ha la stessa spossatezza dei suoi abitanti (pari pari al Cremonese fuori città e anche dentro città): prima di levare le tende grigiastre, prima di permettere al sole di uscire, sbadiglia tanto, il nostro paesaggio; e non di rado, sbadiglia nebbia fino a che è subito sera. Per una volta, ho incontrato una giovane intelligente e sveglia, malcapitata dalla nascita a Salvirola, ma studente a Milano, che grazie alla scuola, sa che a Milano, quando a Crema c’è nebbia, nella schifosa, inquinata, trafficata Milano, come dicono i sciurotti e le sciurette cremasche pre-ospizio, c’è un bel sole, e altra vita; anzi, c’è vita baciata dal sole invernale. Ci rido sopra. Poi, nelle campagne nostre capita pure la rissa diocesana, che Salvirola sono quattro gatti con due Vescovi a dare l’assoluzione dai peccati, che a una giovane, con voglia di vivere frega niente, e pensa al sole; perché non è ancora tempo, per lei, di sbadigliare per tirar sera.
Non so la multisala di cinema a Crema, ma le due sale di cinema di qualità a Cremona, il Filo e il Chaplin, che necessitano di ambulanze all’esterno, e un cartello con su scritto: vietato ai novantenni che non sono accompagnati, in questo periodo dì recrudescenza della pandemia c’è gente zuccona che abbassa la mascherina, e chi, più di uno, che indossa la mascherina chirurgica, anche se è obbligatoria (era ora) la Fpp2. Per andare al cesso, al Chaplin, devi stare con il piede contro la porta (da mesi) perché la serratura non ci sta. Ma questa è la provincia, e guai a dire qualcosa a qualcuno che gli zucconi si offendono.
Sarà un caso, o forse no, ma a Milano, dove puoi vedere “Illusioni perdute”, il bel film tratto dal romanzo di Balzac in originale o doppiato, in sala la quindicina di persone presenti all’ora di pranzo, avevano tutti la Fpp2, correttamente portata, e nei cessi del cinema Anteo (diversi e sparsi tra le scale) si potrebbe anche mangiarci dentro, per la pulizia e la bellezza del cesso, piccolo ma funzionali. E quando comincia il film, dopo circa una decina di minuti passa una “maschera” a controllare che le mascherine siano indossate correttamente. Basterebbe copiare. Ma capisco che poi manca il pubblico, che in provincia, è scarso, e si preferisce il cinema gramo o per gli stupidi, e lo si vede dalla programmazione nelle multisale dei paesoni.
“Crema vicina e lontana da tutto”, anche se magari dispiacerà a qualcuno, continua a suscitare un fregolo d’interesse, e resiste al passare del tempo. Il signore che segnala come sia più interessante vivere a Cremona piuttosto che a Crema? Non posso non dargli ragione. Anche se Cremona è città isolata e padrona di un territorio perlopiù vuoto, il Cremonese, e Crema ha il vantaggio di essere più vicina a Bergamo. A Milano. È da sorridere l’incapacità di decidersi a definire cos’è una città e come chiamarla. Oggi, sul Corriere della Sera, Aldo Cazzullo decanta le lodi di una “città media”, cosi’ definisce Milano. Se è città media Milano, circa un milione ottocentomila residenti, quattro milioni con la cintura esterna metropolitana e dei comuni che gravitano su Milano, cos’è Cremona? Una cittadina provinciale e stracca. E Crema? Un paesotto con un fiume Serio solo di nome, e un ufficio turistico che mostra la bicicletta di un film del regista Guadagnino, scappato a Milano, che ha chiamato Crema “un non luogo”. La definizione detta da Guadagnino la sostengo da tempo e in questo blog l’ho scritta più volte. Mi conforta che non solo il.solo a sostenere ciò che è Crema, la sua realtà, sempre se la si voglia vedere
Sabato 22 gennaio, sul supplemento culturale de “La Stampa”, Tuttolibri, Massimo Carlotto spiega il “deserto” del Nordest (non così differente dal “deserto” cremonese e cremasco e pavese e lomellinese) a proposito dei novax. “Hanno tra i 40 e i 60 anni, arrivano dai paesi e il vaccino è un pretesto. Ormai non riesci più a parlarci …Hanno desertificato la provincia, fatto sparire librerie, teatri, buona musica. La provincia e’ prateria…sempre più diversa, anche culturalmente, dalla citta’”.
La compagnia in cui mi trovo si fa sempre più numerosa. E come ho ripetuto tante volte i paesotti e i paesini (incluso le cittadine ch2 contano come il due di bastoni quando ka briscola è spade) sono preda, spesso, del peggio delle opinioni politiche. Ovunque nel mondo. È un fatto indiscutibile. Una ragione ci sarà.