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MARINO PASINI

El sueno de amor e la perpetua adoracion

 

Dopo il lavoro, d’estate, Ginetto ama farsi una passeggiata, un ghiacciolo al tamarindo e poi a casa, per la cena. La sera, a volte, studia spagnolo, rilegge Cervantes. Si diverte per le gesta dei cavalieri erranti, le  buscherate, e che per il poco dormir e il molto leggere, a Don Chisciotte quasi gli si prosciugò il cervello. Non solo il Cavaliere con l’Ardente Spada sognava d’innamorarsi, tutti sognano l’amore; anche quelli che dicono di no, che hanno appeso l’amore al chiodo, che preferiscono la pesca sportiva, o sono inzuppati di cinismo, frementi d’odio.  Ginetto, che è commesso di banco con un grembiule color ruggine che si rifiuta di stirare, non ha ancora messo in pratica il consiglio del collega Gianfranco, che ha trecentoquarantotto amicizie di signore su Facebook. Con una ventina di queste, il collega di Ginetto ha scambi di opinioni, cuoricini (una sfilza), bacini e bacetti, e tra  fotografie e mariti che si appisolano sul divano, messaggini la mattina presto e la sera tardi, una signora di Ostuni si è messa in viaggio per incontrarlo, il Gianfranco. Ed è restata pure a dormire col Gianfranco. Tu butti la rete, dice il collega a Ginetto, e prima o poi qualcosa raccogli. Bisogna stare al passo coi tempi, lasciar stare i cavalieri erranti, pensa Ginetto; lo farò, promette, un giorno o l’altro; prima che sia troppo tardi assicura, mentre deposita una manciata di chiodi sulla pesa digitale per un cliente, che nel frattempo gli dà la schiena, occupato al telefonino, dicendo alla moglie: ora arrivo, cara, sono dal  ferramenta. Un minuto, cribbio. El sueno de amor svanisce come una nuvoletta di fumo, è una voglia che sguscia via dalla mente in fretta, al risveglio, ma succede che torna, non sempre opportuna, con la stanchezza lieve della membra, nel cinismo secco di qualcosa che ripugna; oppure quando Ginetto tira dritto, fuori dal ferramenta, senza salutar nessuno.. Il sogno d’amor è un entusiasmo che si sperpera; e quando il desiderio affonda, che si fa? Un solitario col cellulare? Quattro passi con lei a braccetto a vedere i nuovi condomini signorili piluccando un gelato? Si collezionano piombi da muratore? Si fa zapping fino a notte fonda aspettando che il sonno cada addosso? Vai al bar a dir che è tutto un magna-magna? A Parigi da solo, sperando che piova?

E’  un pensar confuso, considera Ginetto, la mente è un caos;  nel mentre, al banco, arriva una signora strattonando un sospettoso chihuahua color crema. Vorrei un centinaio di viti per legno lunghe un dito, dice, indecisa. Quale dito, risponde stizzito Ginetto. Fare il commesso a lungo, rende fastidioso dialogar con l’intera umanità;  e il cliente non lo sa, ogni volta che parte con la richiesta che bisogna poi tradurre. Capire. Due cose non mancano mai nel nostro pianeta, ovunque, oltre la fame e la sete, borbotta sottovoce Ginetto: le scelte sbagliate e chi dà fuori da matto, negli anni che avanzano.

Il ferramenta dove lavora Ginetto è sul provinciale tra la campagna e la periferia sud-est di Milano, vicino ad altri stradoni: una tangenziale, una bretella autostradale, un sovrappasso. C’è un via vai di autoarticolati, autosnodati che fanno vento al granoturco. Di lato al piazzale d’ingresso del ferramenta, un fosso maleodorante su cui galleggia una schiumetta bianca di dubbia provenienza; e ci sono mozziconi di alberi capitozzati sulla riva del fosso. Il Comune ha da poco inaugurato una ciclopedonale che congiunge i capannoni con i paesi vicini. Quando il sole spalanca arrostendo il paesaggio, uno “shop” del benzinaio; un sushi-pizzeria-ristorante-bar-albergo “Le Cupole” tre stelle e parco giochi per i bimbi, che si trova a due passi da un sottopasso, sono il rifugio delle maestranze. Dal niente, muratori bergamaschi, rumeni, egiziani hanno tirato su palazzoni, villette a schiera e nuovi capannoni artigianali; perfino una chiesa tonda che lo capisci che è un luogo di culto perchè hanno installato una grossa croce sul tetto, color salmone, e per impreziosire un villaggio di condomini “Le magnolie” c’è un anfiteatro di cemento, per eventuali spettacoli estivi, che ora è scrostato e coperto di scritte incomprensibili; quando tira vento vanno in circolo nel buco dell’anfiteatro mucchi di spazzatura abbandonata.

Tra i clienti del ferramenta c’è il signor Cavalcanti che ha tatuato una ragnatela a girocollo, e sfoggia magliette con scritto come ritrovare l’amore con tanto di numero di telefono, mail e sito web. Sembrerebbe un tipo deciso, invece non lo è: ci vuole un’eternità prima che si decida a scegliere tra lampade “cool white”, bianco ghiaccio, e quelle “warm”, giallognole, tra raccordi 3/8″ e 1/2″ pollice, oppure curve maschie o femmina. Posso provarle a casa? chiede ogni volta. Va bene, risponde Ginetto. Tenga lo scontrino. Sempre la stessa storia. Poi, c’è la moglie di un agricoltore importante della zona, forse ucraina, o bielorussa, comunque dell’est Europa, che si presenta in tacchi a spillo vertiginosi, vestita come se dovesse andare a un matrimonio o una cresima, per ritirare, su richiesta del marito “in faccende” nei campi, latte di pittura per le stalle, da 14 litri (circa 25 chilogrammi), o tubi di polietilene rigido che bisogna tagliare (e lei naturalmente non aiuta). Ginetto si ricorda la volta che la signora, ucraina, bielorussa, moldava, russa? Mah, rovesciò in una curva sul rondò vicino al sushi “Le Cupole”, due latte di pittura, un rosso vermiglio per la zona notte, e un azzurrino a onde di mare per il bagno di servizio, che probabilmente non furono chiuse perfettamente, dopo la colorazione.La signora tornò dal ferramenta entrando come una bufala (coi tacchi a spillo) e puntò Ginetto, in quel momento occupato con una giovane coppia che gli stava mostrando il progetto del giardino, con i punti previsti per l’innaffio, e Ginetto si scervellava con “il goccia a goccia”, e i pistoletti che saltano su a bagnare il terreno. Io la denuncio, la denucio urlò lei, lei mi ha distrutto la macchina: venga a vedere il baule, i sedili (un Suv che costava, certo, più del monolocale di Ginetto).

Come tutti i lavori, il commercio del ferramenta ha i suoi grattacapi. Ginetto lo imparò in fretta. E non sopportava i fastidi che lo distoglievano dai suoi pensieri segreti, i sogni d’amor a cui cercava di restare aggrappato. Ma il lavoro si faceva sempre più complicato, la clientela esigente; non bastava più la camera da letto a onde di mare, c’era chi  voleva le pareti con cascate dorate, o argentate.  Un tizio arrivò a chiedergli come fare a tassellare la sua penna, appesa a una catenella, allo studiolo di casa. Così, disse, i miei figlioli la smettono di rubarmi le bic.

Ma la cliente che provocava il fuggi fuggi dei colleghi di Ginetto, era “la vedova”, una signora di età indefinibile, sempre vestita di nero, con occhiali scuri, anche se fuori dal ferramenta pioveva di brutto. Portava una croce d’argento sul petto, e faceva parte di un organizzazione religiosa: quelle con nomi lunghi, con all’interno “preziosissimo”, o “santissimo”, specializzata nell’adorazione eucaristica. Lo sai, bel giovane (e nel frattempo, “la vedova” stringeva con una certa insistenza il polso a Ginetto) che è da più di 128 anni che le Sorelle Francescane dell’Adorazione Perpetua pregano dalle sei del mattino alle dieci di sera, tutti i giorni davanti a un ostensorio? Dove questo, disse Ginetto, che gli importava poco saperlo. Negli Stati Uniti. Ma è un’esperienza che stiamo pensando anche noi di fare, anche se è molto impegnativa, gli disse sottovoce. Interessante, rispose lui, anche se gli pareva roba da psichiatra. Certo, ragazzo mio, ci vuole tanto, tantissimo amore per il Nostro Signore, e tanta perseveranza per l’adorazione perpetua.

MARINO PASINI

21 Ago 2019 in Senza categoria

4 commenti

Commenti

  • Bell’accostamento, apatici chiodi e leggiadri pensieri. Auguri Ginetto… ne hai bisogno. Capita di incontrarne qualcuno, ma generalmente li si riconoscono solo quando sono al capolinea, quando non si confondono fra gli scaffali.

    • La ringrazio. Forse c’era poesia nel vecchio ferramenta, dove si andava per viti, bulloni e scope di saggina. Forse no; non è un mestiere a cui tutti aspirano; c’è di meglio, credo. Cerco di raccontare le cose che conosco, perchè non so inventare, purtroppo. E il popolo, quella cosa lì di cui molti parlano a sproposito senza averci mai messo piede, neanche il portafoglio, avendo quell’odore e la mia formazione, ne racconto le gesta, pure ridicole.

  • Mi acchiappano assai i ….”trance de vie” di Marino!
    Sono “vivi” e non ….buttano parole al vento. Ci senti dentro il vissuto, elaborato da una mente intelligente e da un cuore sensibile.
    Sempre belle occasioni di crescita.
    Grazie Marino

    • Grazie. Una volta capitarono per caso, dal ferramenta di Ginetto due musicisti russi, marito e moglie, che si esibiscono stabilmente all’Orchestra dei pomeriggi musicali del Teatro Dal Verme di Milano. La conversazione partì per caso, tra la richiesta di chiodini d’ottone per appendere i quadri, si arrivò ai quartetti e i quintetti di Schubert, alla necessità della Croce Verde, o Rossa fuori dalle sale di concerto, perchè “il popolo” della musica classica che assiste ai concerti è su con gli anni, e non si sa mai, un malore, qualcuno che si addormenta alle musiche di Mozart e poi, neanche a schiaffeggiarlo non si risveglia. Ginetto mescolava cose dotte per darsi un tono e cose strampalate, e i due musicisti sorridevano. E Gianfranco, il collega di Ginetto, “guardava strano”, sia loro, sia Ginetto; poi sparì tra gli scaffali perchè continuavano ad arrivare i messaggini delle signore con cui era in contatto su Facebook.

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