Il progresso sociale rende alcune idee obsolete. Per esempio, nell’Antico Testamento Dio distrugge Sodoma a causa dei discutibili costumi sessuali dei suoi abitanti, e fa morire Onan, reo di versare il seme fuori dalla sede preposta. L’estrema severità di Dio sembra basata su pregiudizi superati. Oggi le usanze di quell’antica città sono motivo d’orgoglio, e il peccato di Onan, nato con uno scopo contraccettivo, favorisce ormai le nascite. Il seme disperso viene infatti raccolto da apposite banche e venduto a chi, per varie ragioni, non può o non vuole avere figli per vie naturali. Vi sono uomini che vendono regolarmente il loro sperma per pagarsi l’affitto di casa. Questa prassi ci appare lecita e normale. Può aiutare coppie afflitte dalla sterilità e ovviare al declino demografico. L’antico peccato sembra oggi un’utile virtù sociale.
Vi pensavo alcuni giorni fa. Camminando per il centro, ho visto una coppia di uomini che spingevano un passeggino. V’era seduta una graziosa bambina e mi sono detto: anche lei, come tutti i bambini, vorrà spiegarsi il mistero della nascita. Una volta cresciuta scoprirà una bizzarra verità. Sapere di essere il prodotto di un onanismo tecnico-scientifico, e non il frutto di un naturale amplesso, sarà forse traumatico, potrà forse ferire i suoi sentimenti. Non so se l’affetto di due padri effeminati, più o meno materni, la consolerà dello sconcerto e del cruccio di non avere una mamma. Oppure di averne troppe. I figli postmoderni, nel turbinio di semi, ovuli, uteri, adozioni, possono infatti scoprire di avere una pletora di padri e madri, di genitori carnali e putativi, in una selva oscura di relazioni in cui è facile smarrirsi.
Secondo alcuni, questi sono problemi irrilevanti. Costoro sostengono che l’unica cosa importante è l’amore. A una famiglia ‘naturale’ in cui regna la violenza, dicono, è senz’altro da preferire quella in cui, a prescindere dalle dinamiche sessuali e procreative, regnano l’amore e il rispetto. Argomento cui non ci si può evidentemente opporre. Tuttavia, che una cosa sia meglio di un’altra non la rende buona. Per esempio, molestare una donna è meglio che stuprarla, ma questo non ne fa un’azione lodevole. Resta poi da dimostrare che tali pseudo-famiglie incarnino veramente nobili valori. Una famiglia potrebbe essere violenta pur non essendo naturale. Ammettiamo comunque che l’amore e il rispetto siano fondamentali.
Dunque, amare un bimbo implica che si agisca per il suo bene. Rispettarlo vuol dire riconoscere i suoi bisogni e favorire la sua crescita personale. Ciò ammesso, molti pensano non sia né un bene necessario né un reale bisogno per lui vivere in una famiglia formata da papà e mamma naturali, con fratelli e sorelle naturali, nonni, zii, cugini naturali. Sentirsi il filo di una trama genealogica, parte di una storia familiare che si tramanda nel tempo, non sembra un elemento di cui tener conto. Questo sembra giustificare, rendere razionale il cinismo con cui tanti bambini vengono espiantati dai loro nuclei originari e trapiantati in realtà estranee e artificiali. Basta l’amore, dicono, il resto è sovrastruttura ideologica, zavorra culturale. Io invece penso che tale amore non basti, perché frustra bisogni profondamente radicati nell’essere umano.
Mi ha colpito il caso di quel giovane americano partito in cerca dell’anonimo padre, in realtà cercando sé stesso nei registri contabili dei vari mercanti di vite umane. Ha scoperto così di avere trentadue fratelli biologici disseminati in vari Stati. Persone sconosciute che ha voluto incontrare e ricordare con l’aiuto di foto malinconiche. I nuovi paradigmi familiari chiedono alla natura umana un penoso adattamento. Questi fratelli-non fratelli, figli-non figli di genitori-non genitori, sembrano osservarsi tra loro come in uno specchio infranto. Possono amarsi? Di fatto, avrebbero potuto avere rapporti incestuosi senza saperlo, come in un’antica tragedia greca. Ma in realtà nessuno di loro potrà mai essere il vero fratello di qualcuno. Abitanti di uno strano limbo, sembrano condividere un disorientamento, un turbamento indefinibile in cui si mescolano l’angoscia e la tristezza di chi non ricorda il proprio nome.
Il loro caso non è insolito. A volte centinaia di vite sono ricavate dal seme di un solo uomo. Sorta di patriarca onanista e patetico, indifferente al destino dei suoi figli. La sua numerosa discendenza non si ricorderà di lui. Povere creature senza radici, prodotte da una manipolazione solitaria, esseri fabbricati con freddi arnesi di lavoro, come tanti moderni Pinocchi. Forse questo redditizio onanismo è una follia, una nuova hybris di cui attendere l’inevitabile nemesi. Ma alcuni vi vedono “le magnifiche sorti e progressive” della nostra società.
Commenti
Ideologico come al solito il signor Cadè. I bastardi inconsapevoli sono sempre esistiti, come probabili derive della loro progenie, risultati di corna che indubbiamente hanno indebolito i Dna di tante famiglie e generazioni. Tema avvertito da tempo. Si racconta, ma non riesco a trovare le fonti, di un’antica festa popolare del sud dell’Inghilterra dove, una volta l’anno, proprio per ripulire il sangue da tante tare, giovinotti e fanciulle di vicini paesi, si concedevano consenzientemente proprio per evitare quella promiscuità alle quali le piccole comunità erano costrette. Come sono sempre esistiti incesto e matrimoni tra consanguinei raccontati dai libri di Storia. Non è un tema contemporaneo quello che Lei pone, ma indubbiamente pone nuovi interrogativi sull’utilizzo delle nuove tecnologie. Sono d’accordo. Le banche dello sperma generoso dei donatori qualche incidente potrebbero provocarlo, a meno che non ci si consoli col calcolo delle probabilità spaziali. Facciamo così, una donazione da stesso padre ogni continente? Le probabilità di confusione diminuirebbero.
Caro Livio, quelli che “sostengono che l’unica cosa importante sia l’amore. A una famiglia ‘naturale’ in cui regna la violenza, è senz’altro da preferire …..”, eccetera, li abbiamo appena visti in azione in Val d’Enza e lo scandalo è già arrivato a Bologna.
Premesso che sui riti orgiastici sono campate civiltà di ogni ordine e grado, a qualsiasi latitudine, è evidente che a dare fastidio non è tanto la promiscuità quanto piuttosto l’ideologismo. Questo dà ai nervi. Nessuno ha avuto mai niente da ridire sui costumi degli antenati (che per lo meno si divertivano), ma tutti scattano come molle quando sentono un disagiato che scambiando il suo problema per linea di condotta pretende di dare lezioni “alla società retrograda”. Eh, no, allora no.
Io non ho niente da ridire se tu hai gusti sessuali e tendenze diverse dalla norma, affari tuoi, ma tu non puoi venirmi a insegnare cosa vuol dire “famiglia”. Cercando per giunta d’intortarmi sul com’è sano e bello allevare un bambino figlio di due madri o di due padri. O ci sei, o ci fai.
Signor Macalli, cosa vuol dire “ideologico”? Potrebbe essere un complimento o un rimprovero. Usare i termini come etichette non serve a nulla.
I “bastardi inconsapevoli…sempre esistiti”, la promiscuità rituale o i matrimoni incestuosi evidentemente non hanno nessuna relazione con quello che ho scritto. Lì si parla di tutt’altro.
Anche Lei raccoglie solo quello che le fa comodo, perché brevemente mi sembrava di aver toccato il tema.
Ripeto, quello che Lei ha scritto non c’entra nulla. Il problema è il conflitto tra un’idea tradizionale di famiglia (basata su vincoli biologici e relazioni naturali) e quella di famiglia artificiale, prodotta con sistemi tecnici e priva di genitori naturali.
Faccio una proposta. Se condizione sine qua non per crescere un figlio ci debbano essere un padre e una madre, in caso di divorzio e vedovanza vengano tolti immediatamente i figli. Magari a vedovi e vedove no, le circostanze della vita ci esimono a volte da responsabilità dirette, ma ai divorziati, probabilmente convolati a nozze con superficialità o perché così fa tutti, perché far correre il rischio di crescere figli disequilibrati perché mancanti di una delle due figure identitarie?
Non occorre che Le dica che la Sua idea è senza senso. Credo lo capisca da solo.
Vogliamo mettere sullo stesso piano il genitore single, perché divorziato o vedovo, e il doppio padre o la doppia madre? Follia pura. Un conto è sapere chi era (o è) tua madre, tutt’altra storia è sapere che due signori danarosi hanno affittato l’utero da una povera disgraziata per averti, o che la madre lesbica è andata in un ambulatorio a farsi inseminare con lo sperma di un perfetto sconosciuto. Qui, non c’è dubbio, ci siamo bevuti il cervello.
Comunque, so di ripetermi, la cosa più irritante è l’ideologismo di certuni. Le lobby Lgbt avanzano da sempre la pretesa di tracciare le linee-guida della società futura. Al posto di riconoscere il loro problema incolpano gli altri di averne uno. Anche l’assistente sociale di Bibbiano organizzava convegni a tema: voleva insegnare a noi, poveri zotici che oltre a non aver capito niente della vita non siamo neppure capaci a votare, qual’è il miglior modo di stare al mondo. Olè, e qui partono i titoli di coda con tanto di striscione arcobaleno svolazzante. Tutto questo è francamente insopportabile, non certo l’omosessualità che è una faccenda privata.
Infatti trovo ridicolo che chi costruisce ideologie demenziali ritorca poi l’accusa di ‘ideologismo’ (o peggio) contro chi osa criticarle.
Ovvio che era un paradosso. Era solo per dire che anche la famiglia tradizionale non garantisce alcunché. Il mondo è pieno di figli nati da normalissime scopate, ma da altrettanti disadattati e disintegrato. Per questo ripeto che quello che Lei scrive è solo ideologico. E poi chiudo perché è un argomento venuto a noia.
L’argomento: “la famiglia tradizionale? te la raccomando. Mariti che picchiano le mogli, padri che violentano le figlie, figli disadattati” ecc. ecc., l’ho sentito mille volte. Gli si potrebbe dare il premio della futilità. Comunque, credo che Lei faccia bene a chiudere, visto che, oltre ad annoiarsi, non ha niente da dire.
No, non chiudo. Ritorno sul tema divorzio. Rimanendo comunque favorevole come estrema ratio, e nel caso il suo argomento non decollasse, tanto per allargare il dibattito, io credo che abbia meno probabilità di crescer bene un figlio di divorziati che non un figlio artificiale. Almeno, nel primo caso abbiamo casistiche, nel secondo non ancora. Più ideologico di così si muore.
Io credo che non abbia niente da dire Lei, nonostante i suoi tentativi estenuanti di alimentare i suoi post.
Sì, vabbé, questa è la Sua solita uscita rancorosa. Quello che avevo da dire l’ho scritto sopra. Se uno mi fa obiezioni serie ci penserò. Riguardo i figli divorziati che secondo Lei stanno peggio dei figli ‘artificiali’, la Sua ipotesi potrebbe essere corretta oppure no, ma evita ancora una volta di affrontare il nocciolo della questione. Io dico chiaramente: la famiglia ‘artificiale’ è un errore. Questo non significa che tutte le famiglie naturali siano buone né che non vi possano essere dei buoni genitori ‘artificiali’.
Si vede chiaramente che non hai mai avuto figli.
Parlare per sentito dire non mai una bella idea, si finisce nell’inconsistenza.
Tutto quello che è “artificiale” si sta rivelando un errore, Livio. Ma proprio tutto. L’importante è sostenere il contrario nella convinzione che chi urla alla fine la vince.
Propongo anche di osservare le foto scattate dal ragazzo americano ai suoi cosiddetti fratelli. Sono foto in posa, ma quegli occhi non mentono: vedo sgomento, smarrimento e profonda tristezza. La fotografia non sempre è un’opinione, non si può innescare uno sguardo con sentimenti che non sono quelli profondi della persona in questione…
https://www.corriere.it/sette/esteri/19_luglio_19/eli-baden-lasar-io-concepito-un-donatore-sperma-ho-trovato-32-fratelli-10aac55a-a8b4-11e9-ad04-d2eaa84e69e7.shtml
“Questo non significa che tutte le famiglie naturali siano buone né che non vi possano essere dei buoni genitori ‘artificiali’.” Signor Cadè, si rende conto che dopo questo non potrebbe più dire niente?
Signor Macalli, si rende conto che Lei continua a dire cose senza senso?
O forse io non capisco? Perché non potrei più dire niente, me lo spiega?
Insomma, devo spiegarle proprio tutto? Con la sua affermazione Lei non esclude né un tipo di famiglia né un’altra. L’importante è che funzionino. Almeno è questo che si capisce leggendo quanto estrapolato dal generale. Se non vuol essere frainteso cancelli.
No, Lei non ha capito. Io ritengo in linea di principio sbagliata e dannosa per la società e per gli individui ogni famiglia artificiale (basata su genitori omosessuali, figli in provetta, vendita di sperma e di ovuli, uteri in affitto e cose simili). Non escludo che vi siano persone omosessuali in grado di essere dei buoni genitori (come vi sono persone eterosessuali pessime in quel ruolo), ma escludo che si possano legittimare la ‘omogenitorialità’ o la fecondazione artificiale ecc. come prassi normali nella struttura familiare.
Non tocca a Lei legittimare o delegittimare. Fortunatamente. Lei ha facoltà solo di esprimere la sua opinione. In tutti i casi io non sopporto gli accanimenti e i fanatismi da verità rivelata.
In tutti i casi non sarebbe mai una prassi normale. Riguarderebbe una esigua minoranza. La famiglia naturale è salva.
È ovvio che intendo una legittimazione intellettuale, culturale. Le leggi di uno Stato seguono lo spirito di un popolo, le sue idee fondamentali. E io non vorrei passasse l’idea e diventasse un luogo comune (com’è già successo per altre assurdità)che la famiglia ‘artificiale’ è una famiglia normale, che non presenta inconvenienti e controindicazioni rilevanti.
Lei tira in ballo “accanimenti, fanatismi, verità rivelate” ma questi sono i soliti slogan che mirano solo a screditare l’interlocutore.
Io non voglio screditare nessuno, non cominci con le solite paranoie. Ripeto, per le famiglie tradizionale esistono casistiche e l’esperienza di ognuno di noi. Per le famiglie arcobaleno si possono per ora fare solo ipotesi. Tutto qui.
Rita, non fare figli è stata la mia scelta più intelligente. Vorrei l’avessero detto anche molti altri.
Sai quando si dice che la mamma degli stupidi è sempre incinta.
Qualcuno avrà fatto anche te, suppongo.
Ad ogni modo eviterei le solite diatribe sulla bontà dei figli naturali e/o artificiali (checché ne dica il cosmopolitismo militante, mondi diversi possono anche sopportarsi ma non si fonderanno mai), per parlare invece di “ideologismo”, che mi sembra un argomento di schiacciante attualità.
Stamattina ho spento dalla disperazione i Tg (di solito faccio zapping, ma non so perché, sono tutti uguali) che scorrevano le prime pagine dei giornali, tutte concentrate sull’uccisione del carabiniere a Roma. “Foto shock di uno degli americani in caserma con una sciarpa sugli occhi”. Avete presente dove sarebbe a quest’ora costui se fosse stato a San Francisco? “La bufala sui nordafricani assassini di Cerciello”. Poveri innocenti nordafricani; a parte il fatto che guardando in video Gabriel Natale l’avrei pensato anch’io, è risaputo da chi è frequentata quella zona di alto spaccio da movida. “A Roma c’è un problema di sicurezza”. Si, da decenni. Ma non vado oltre perché so che avete già indovinato di chi è la colpa di tutto questo.
E se parlassimo di “ideologismo”, di fede e di credenze? Perché noi pensiamo di essere tutti quanti atei, ma non è vero. Non siamo mai stati indottrinati come adesso. Così come non ci sono più le mezze stagioni, sono spariti anche i “liberi pensatori”. O, forse, addirittura i pensatori.
Signor Macalli, che scopo ha dire di uno che è un ‘fanatico’ se non quello di screditarlo? O forse Lei non si riferiva a me? Idem per la solita accusa di paranoia. Lei fatalmente sta arrivando alle solite offese personali. Perché non si astiene da questo stillicidio di commenti inutili e senza senso? Così riposiamo entrambi.
Rita, io sarei d’accordo nel parlare di ideologismo se non fosse che è un tema che investe molti settori della vita, politica, sociale ecc..
Quindi, restando in tema, preferirei limitarmi all’ideologismo che emerge nel problema affrontato qui.
Nell’ideologismo postmoderno si mira a una falsa liberazione dell’uomo. Lo si vuole liberare in realtà distruggendo i fondamenti della sua identità, che sono religiosi, territoriali, familiari, sessuali, culturali ecc.. Questo processo di dissoluzione è legato alla negazione di ogni trascendenza. Ogni modello sociale o politico è visto solo nella sua funzionalità contingente e nella sua autonomia rispetto a ogni realtà metafisica. Si nega esistano archetipi eterni. Si nega il concetto stesso di ‘natura’, o meglio la si riduce a simulacro fisico-biologico, abolendo il suo vero significato, che è metafisico. Si vede nei corpi solo una struttura materiale, segnata da bisogni materiali e da desideri individuali. Si crea così un nichilismo che investe gradualmente ogni aspetto della vita. Si arriverà a eliminare infine anche l’identità umana, negando che vi sia una differenza radicale tra l’intelligenza naturale (che è metafisica) e quella artificiale.
Questo, è un discorso troppo lungo per svolgerlo in poche parole. Vorrei però dire che non c’è speranza per ora di contrastare questa ideologia dissolutiva. Essa trionferà senza dubbio e questo, io credo, è addirittura necessario. Trent’anni fa l’ideologia LGBT sarebbe sembrata un’idiozia. Oggi è pericoloso criticarla. Tra qualche anno diventerà ideologia LGBTP (cioè con l’aggiunta della pedofilia) e bisognerà accettare anche quella. La resistenza che si fa ora ha senso solo in relazione a un futuro che non vedremo. Cioè, si cerca di conservare, in mezzo a tanta follia, i semi che serviranno a rigenerare la nostra civiltà.
Ovviamente, il mio contributo è insignificante, in questo senso. Ma si fa quel che si può.
Rispondo a Rita 10:19, che diceva “Si vede chiaramente che non hai mai avuto figli. Parlare per sentito dire non (è) mai una bella idea, si finisce nell’inconsistenza”.
Sì, Rita, questo può essere un modello cognitivo e valutativo praticabile, con le relative conseguenze decisionali. Ad esempio, una parte importante dei sistemi di gestione imprenditoriali e manageriali si basa su criteri di natura direttamente esperienziale, collegando competenze e responsabilità a comprovate capacità aziendali sperimentate sul campo.
Se questa fosse la scelta, nessun problema. Posso dimostrare di essere padre e nonno.
Bisognerebbe però chiedersi quanto, in discorsi di bioetica e sessualità come questi, possa valere un simile principio.
In generale, così facendo, non so quanti psico-socio-pedagoghi, presbiteri e presuli verrebbero esclusi dalla discussione, ad esempio in tema di effuisio seminis sine copula, proprio per non aver prima praticato il coitus fecundus ad auctam stirpem.
In particolare, poi, sarebbe un peccato, per coerenza, privare questo blog di parecchi partecipanti e commenti.
Per questo, suggerirei di verificare l’eventuale “inconsistenza” delle argomentazioni in base a parametri meno focalizzati sui pregressi risultati riproduttivi.
Anche perché, volendo interloquire in materia di bioetica sodomitica, sempre per coerenza, occorrerebbero esperienze non a tutti graditissime.
Signor Martini, per dire che l’omicidio è un atto biasimevole non occorre averlo provato di persona, questo è vero. Ma a volte l’esperienza diretta rende più cauti nell’esprimere giudizi. In mancanza di esperienza occorre la capacità di calarsi in un problema e di rifletterci a fondo. Questa capacità è però rara. Più spesso si sparano giudizi superficiali, tanto per schierarsi.
L’esperienza sta sopra ogni cosa, sempre. Lo si vede appunto dalla mole di “psico-socio-pedagoghi, presbiteri e presuli” che tirano a campa’ parlando di aria fritta. Se oggi l’umanità ha toccato il fondo, è anche per mancanza totale di esperienza in quasi ogni campo. Viviamo in una bolla virtuale, non per niente le ultime generazioni hanno sentito il bisogno della figura dell'”influencer”: qualcuno dovrà pur dire loro a cosa devono pensare!
Signor Cadè, un sincero apprezzamento per questo suo post.
Che condivido all’ottanta per cento.
Il venti per cento di dissenso l’ho già indicato chiaramente e precisamente in altra sede e non si riferisce alla diagnosi ma unicamente al tipo di valutazione e di reazione conseguenti.
Il tema sul blog è ormai molto ricorrente, oltre che di sicuro interesse in tale contesto, e quindi penso sia inutile riprendere il discorso su quanto una simile situazione possa offrire in termini di differenziazione individuale, familiare e sociale.
Su Pinocchio, mi sembra tutt’altro che un soggetto in serie. Ma immagino che il titolo del suo post intenda rimarcarne la burattinità più che la serialità.
Pietro, molto simpatico. Questi sono argomenti, non la natura metafisica della “natura”.😂😂😂
O anche: che tempi, una volta non era così. 😃😃😃
Signor Martini, il riferimento a Pinocchio è banalmente un’allusione allo strumento di lavoro.
Il tema è ricorrente, senza dubbio. In questo caso lo spunto mi è venuto dalla storia del ragazzo americano. Era un aspetto al quale non avevo pensato e che, dal mio punto di vista, contiene elementi di raccapriccio. Altri saranno di parere opposto.
Ma anche se l’argomento non è nuovo, penso sia uno di quelli che val la pena dibattere. So che per qualcuno qui è del tutto marginale e senza importanza, ma io lo considero tra quelli fondamentali. Non solo in sé stesso ma a causa delle sue varie implicazioni.
Certamente vale la pena riparlarne. I blog, quando funzionano, servono anche a questo.
Il tema rimane comunque aspramente divisivo, una situazione che in genere tende a stimolare gli interventi, allargare le partecipazioni, compattare le squadre, identificare i vari schieramenti. Mi sembra che in ciò CremAscolta possa essere un luogo interessante e utile.
Le confermo, signor Cadè, che la sua diagnosi in proposito mi sembra, anche in questa ulteriore formulazione, sostanzialmente condivisibile. E che una riproposizione dell’argomento possa facilitare le opportunità sopra citate.
La storia del ragazzo americano, però, non mi coinvolge emotivamente più di tanto, anzi proprio per niente. Invece, le confermo che, a mio parere, il lasciare piena libertà di comportamento in queste materie potrebbe offrire in prospettiva possibilità di sicuro interesse alle famiglie e ai gruppi sociali praticanti usi e costumi familiari, riproduttivi e genealogici più tradizionali. Visto che un’ampia letteratura sostiene che certe pratiche rendano le famiglie e soprattutto i figli più deboli, insani e infelici (semplifico ma il concetto è quello), non vedo perché allora non approfittarne per rendere i propri figli, nipoti e bisnipoti più forti, sani e felici degli altri. Insomma, ripeto quanto già affermato commentando quell’altro post, quello in cui le davo del “buonista” per la sua visione “ecumenica” del problema, tesa al bene di tutti indistintamente e non al cogliere vantaggi specifici attraverso questa diversificazione.
Il problema, però, a questo punto mi sembra un altro. Qualcosa potrebbe smentirci tutti, ecumenici e approfittatori. Ma mi permetterò di toccare questo aspetto successivamente.
Livio, fatto salvo il diritto da riconoscere ad ognuno di vivere la proprio sessualità (ovviamente nel rispetto dei corrispondenti diritti del partner) nel modo che gli è più consono ( e ciò non è cosa di poco conto a livello sociale e di diritto….historia docet!) la cosa si complica assai allorché, nell’ambito del diritto di famiglia, alla coppia omosessuale si vuole ….aggiungere una progenie da essa derivante.
Ricordo assai bene che la prima volta che mi sono posto il problema, di primo acchitto il mio approccio era stato di chiusura.
Si alla “coppia omo”, ove voluta, riconosciuta nell’ambito del diritto, ma no all’inserimento, in modo più o meno ….surrettizio, di figli in quella famiglia.
Ciò avveniva parecchi anni fa, anche e soprattutto sull’onda di accadimenti che mi coinvolgevano in modo ….non accademico.
Riprendendo l’argomento, anche sull’onda del tuo pacato, ben articolato intervento, mi rendo conto che gli anni che sono passati, la profonda e/involuzione socio/culturale , i drastici cambiamenti dei modi di vivere (anche la famiglia ed il suo ruolo all’interno della società) mi hanno portato ad assumere una posizione più orientata a considerare il tema non in modo come dire….”teorico”, ma di volta in volta, applicato alle singole persone in gioco.
Mi ha fatto anche riflettere, ma non è così influente rispetto al “core” del problema, il fatto che tu nel presentare il tema ti sia riferito a “….due padri effeminati, più o meno materni ….” anziché a “…..due madri virili, più o meno paterne ….”!!!!
Il “core” è l’amore, il “consentire all’altro” di essere se stesso; al “nuovo altro”, al bimbo/a prima di tutto, che, fuori dalla carrozzina, crescerà, andrà all’asilo, a scuola eccetera eccetera!
Credo che sarebbe bellissimo “applicare alle singole persone in gioco” le leggi, ma purtroppo questo è impossibile. Se vari una norma che consente a padri effeminati e madri virili di “avere” un bambino, poi quella norma vale per chiunque. Anche per l’attivista Lgbt di Bibbiano, tanto per capirci, che non è detto voglia fare l’interesse del bambino.
Mi sembra che seguire la “naturalità” sia la via maestra. Il tema che Livio ciclicamente ripropone del “processo di dissoluzione legato alla negazione di ogni trascendenza” non è una fissazione senile ma una riflessione necessaria. Certo potremmo fregarcene, tanto il Ciclo sta per chiudersi e tutto è inevitabilmente destinato ad autodistruggersi per poi rigenerarsi. Kali Yuga. Ma siamo sicuri che il moderno “non prendere posizione” non nuoccia gravemente alla nostra salute? Il secolo del “moderatismo” e della società tutta da bere è finito ormai da vent’anni, per modellare il nostro Spirito in previsione di entrare nell’Aldilà dobbiamo avere le idee chiare. Non cambieremo le sorti dell’umanità, ma la nostra sicuramente.
Seguire la natura, si ritorna sul problema. Cosa vuol dire ‘natura’? I soliti arrampicatori di specchi diranno che anche le tecniche di procreazione artificiale non fanno che utilizzare le leggi di natura, che se una cosa fosse contro natura sarebbe impossibile ecc..
Quindi il ‘core’, come dice Franco sta secondo me proprio qui. Riconoscere dei limiti nella manipolazione dei processi naturali e nell’uso della tecnologia.
Caro Franco, se ho parlato di “due padri più o meno materni” è perché per strada ho casualmente incontrato una coppia di gay.
Sulla questione, io la penso in pratica come te, ma non si può costruire una società ad personam, occorrono forme di comportamento e regole condivise, anche se ciò si paga con una certa necessaria rigidità.
Sul ‘core’ del problema, mi viene spontaneo citare Bettelheim, l’amore non basta.
Vorrei però chiarire che il mio articolo non si incentra sul problema delle famiglie gay ma su quello dei figli ‘artificiali’, ovvero il commercio di fluidi vitali, ovuli, uteri ecc.. Da qui il titolo. Questo problema può coinvolgere le stesse famiglie eterosessuali, anche se diventa logicamente ineludibile nel caso di coppie omosessuali.
Non si possono fermare un fulmine, un uragano, un terremoto, uno tzunami. Se il resto si può replicare ben venga. Senza certe tecniche molte normalissime coppie non potrebbero fare figli. C’è un fondo bigotto in tutto quello che scrive il signor Cadè, che neanche più la Chiesa… Siamo ancora legati al concetto del dogma “umano” della tradizione disumanistica, ad un naturale che la scienza ha sempre cercato di superare. È umanissimo e necessario superare, senza essere Dio, per chi ci crede, quei limiti che se superabili dalla mente umana sono assolutamente umani. Oltre, l’uomo non può andare. Non vinceremo mai la morte, ma se le conquiste ci sono state sono solo la conferma che non ci si deve fermare. E che é possibile farlo. Non facciamone sempre una questione di morale che universalmente non esiste. Tanto meno nella tradizione occidentale che non fa che abusare dell’attrezzo usato da Geppetto. Pane al pane e vino al vino.
In un tale guazzabuglio mi ci perdo. Perché non dice le cose in modo più semplice, “pane al pane e vino al vino”, che le possa capire anch’io?
“C’è un fondo bigotto in tutto quello che scrive il signor Cadè, che neanche più la Chiesa…”
Se sono bigotto, pazienza. Che la Chiesa si sposti sempre più verso posizioni relativiste e anti-tradizionali è certo un grave problema. So che questo papa piace a molti, soprattutto agli atei. Io francamente non lo ammiro.
Signor Martini, non mi ricordo cosa Le risposi allora, ma certamente sentirmi dare dell’ecumenico mi fa un po’ ridere.
Piatto, piatto: io dico che mangiare poco è un’abitudine più sana che mangiare tanto. Poi, obesi, anoressici, diabetici, cardiopatici, ipertesi, mangino pure quello che vogliono.
Però, il problema non è solo loro, è anche di una società che diventa sempre più malata.
E potrei anche fregarmene, ma non ci riesco, perché ancora mi sento parte di questa società.
Immagino già: “allora lei, signor Cadè, vuol dire che queste pratiche (quelle mediante cui si fabbricano i Pinocchi postmoderni – NdR) sono comportamenti socialmente malati?”.
Beh, io penso di sì.
“Anatema!”
Un’altra cosa. Lei, signor Martini, dice: “La storia del ragazzo americano, però, non mi coinvolge emotivamente più di tanto, anzi proprio per niente”.
Pensare che vi possano essere duecento ragazzi che sono tutti fratelli e sorelle, ma che non si conosceranno mai, o si conosceranno senza sapere mai di essere fratelli, a me invece fa un certo senso. Sembra la trama di un film di fantascienza distopica. Però, certo, è questione di sensibilità soggettiva.
Come prevedibile, siamo tornati, ovviamente, ciascuno alle proprie posizioni di allora.
Comunque, non le porrei mai una domanda come quella da lei qui virgolettata. Se altri lo facessero, me ne disinteresserei. Gli anatemi, poi, li lascio ai dogmatici in difficoltà.
Penso che siamo in pochi su questo blog e, a maggior ragione qui in città, ad avere posizioni così tradizionaliste.
Solo che lei si preoccupa di questa “società che diventa sempre più malata” e potrebbe “anche fregarsene, ma non ci riesce”. Io reagisco diversamente, in base a una visione diversa, non della situazione ma dei suoi possibili esiti.
Quanto alla sensibilità verso il ragazzo americano, come verso il suo parentado, preferirei non riaprire con lei discorsi sui nostri diversi livelli di sensibilità mediatica, dopo la precedente discussione su quella signora così innamorata del suo quattordicenne: io rispetto la sua apprezzabile sensibilità verso questi personaggi e spero che lei vorrà perdonare il mio più totale disinteresse verso di loro.
Mi permetto solo di ribadire che il povero Pinocchio, in tutto questo, ben poco c’azzecca. Ma non ho pretese esegetiche collodiane o particolari cognizioni di burattineria, per cui va bene così.
Signor Martini, la frase virgolettata e relativo anatema non alludevano certo a Lei.
Mi lasci però dissentire da una Sua osservazione: “ il povero Pinocchio, in tutto questo, ben poco c’azzecca”.
Come Lei certo saprà, c’è chi ha ipotizzato che Collodi fosse omosessuale. Questa ipotesi non è suffragata da prove ma la storia di Pinocchio sembra in effetti adombrare profeticamente quello di cui si parla qui.
Pinocchio è fabbricato in un laboratorio di falegnameria (e non voglio insistere sull’attrezzo usato).
I due padri sembrano essere Geppetto e mastro Ciliegia. C’è anche un surrogato di figura materna, la fata dai capelli turchini. È una chiara dissoluzione della famiglia tradizionale.
Come le dicevo, signor Cadè, non sono un esperto di cose collodiane. So però che su Carlo Lorenzini e sulla sua opera più nota si sono formulate innumerevoli, spesso contrastanti, talora stravaganti interpretazioni. E il decorso del tempo ha aumentato a dismisura questa sconfinata letteratura interpretativa, colorandola a posteriori e in modo strumentale, di epoca in epoca, a seconda delle tematiche, delle discussioni e dei tormentoni del momento.
E non poche interpretazioni hanno risentito, ovviamente, anche in modo palese e spudorato, tanto del profilo umano e culturale di Lorenzini, quanto degli ambienti da cui certe critiche camuffate da interpretazioni provenivano.
Non mi stupisce quindi che qualcuno abbia addirittura ipotizzato, ovviamente senza una minima prova, nemmeno un minimo indizio, neppure una minima argomentazione munita di qualche consistenza, un’interpretazione così bislacca e pure riduttivamente offensiva di quest’opera e del suo autore.
Probabilmente, l’importanza di certi prodotti dell’ingegno, anche letterario, consiste proprio nel consentire a chiunque di vederci riflesse le proprie idee sul mondo e persino le proprie fissazioni (e qui non mi riferisco specificamente a lei). Certo, un limite ci dovrebbe sempre essere ma sappiamo quanto, in un contesto mediaticamente senza limiti come il nostro, il concetto di confine sia sempre più desueto.
Anche l’Iliade, l’Odissea, l’Eneide e tutta l’Epica potrebbero di questo passo, tra non molto, subire interpretazioni in chiave acconcia ai recenti, ricorrenti, estenuanti dibattiti sulla omogenitorialità e sulle pratiche di fecondazione invise a una certa parte della società. Pazienza.
Personalmente continuo a vedere in Pinocchio, in Geppetto, nella Fata Turchina, in Lucignolo, nel Gatto e la Volpe e negli altri personaggi del libro cose completamente diverse da quelle che ci vede lei. Come qualcuno ha detto, anche i contenuti dei libri risentono, non solo oftalmicamente, degli occhi di chi li legge.
Tutto ciò posto, a parte PInocchio, il suo post mi ha portato a una nuova preoccupazione, a cui facevo cenno nel mio commento di ieri alle venti circa. MI permetterò di fargliela presente.
Signor Martini, non fraintenda. La mia passione per l’esegesi di testi antichi mi ha insegnato quanto ogni opera di genio si presti a letture ambigue e proiettive. Personalmente non condivido l’interpretazione di Pinocchio in chiave omosessuale. Però la cornice della storia si prestava all’allusione: c’è un bambino creato artificialmente, c’è un babbo che non è un vero babbo, c’è una sorta di madrina dagli strani colori, non v’è insomma alcuna famiglia tradizionale. Quindi l’analogia mi è venuta spontanea, senza recondite intenzioni o distorsioni oftalmiche. È più che altro un banalissimo mot d’esprit. Ma se Lei vuol leggervi altri significati, fa parte del Suo diritto di interpretare.
Esegesi: sarà che oltre filmati d’epoca la famiglia tradizionale passa attraverso i media in secondo o ultimo piano, a tutto vantaggio delle famiglie arcobaleno, e sto parlando di rappresentazione e non di realtà naturalmente, io trovo una sostanziale differenza tra i due nuclei. In verità si dovrebbe riflettere sul secondo tipo, per non fare dello spot del Mulino bianco icona del primo, spesso smentito da tanta cronaca e letteratura. La famiglia arcobaleno invece viene rappresentata attraverso interviste e testimonianze che sprizzano amore e idea di futuro da tutte le parti, magari anche voglia di sfida, ma con un ottimismo scomparso dalla rappresentazione della famiglia tradizionale, con tutti i guai che l’accompagnano, dalla crisi economica che la rende monca ad esempio di numero di figli. Nelle famiglie arcobaleno invece questi problemi passano in secondo piano, ben contenti di riuscire ad imbastirsi figli oltre le leggi naturali. Così che padri e madri si chiedono come sia possibile che due madri o due padri non sentano su di loro il peso di tanta quotidianità. Ci si potrebbe dire a questo punto che le famiglie arcobaleno sono tutte benestanti e tanti calcoli non li devono fare. E questo, esegesi del cavolo, potrebbe far nascere nelle famiglie tradizionali una sorta di invidia o complesso di inferiorità e grazie a questi mantenere ideologicamente lo status di famiglia impossibile da replicare in altro modo. In sintesi: se fatico a portare avanti la mia famiglia niente mi convincerà che per voi sarà più facile. Ma se davvero fosse tutta invidia?
In effetti non abbiamo considerato l’aspetto economico della questione. La famiglia arcobaleno rappresenta più facilmente di quella tradizionale un modello di benessere materiale e di eleganza sociale.
E poi il grosso guaio è che queste famiglie arcobaleno o da gravidanza assistita sono tutte, probabilmente di chiara connotazione politica. Le prime senz’altro naturalmente, con tutti quei valori che l’onda destra che avanza aborre. Quindi non perché culi, lesbiche e incapaci di fare da soli, ma perché portatori di valori che il nuovo pensiero non riconosce, come se finalmente si fosse arrivati al momento della vendetta dopo secoli di pensiero illuminista e scientifico. Con l’arroganza di azzerare tutto perché il suo fallimento (?) è sotto gli occhi di tutti. Non è cosi?
Si, la connotazione politica perdente, basata appunto su rancore e vendetta, che non pagano mai. Forse è ora di cambiare gli addetti al marketing.
Francamente non so neanche perché stiamo qui a parlare dello zero virgola zero virgola della popolazione occidentale, visto che il futuro non sarà rappresentato dall’Occidente, come appare ormai in tutta evidenza.
Fuor di dubbio che l’ideologia sottesa a questi nuovi paradigmi familiari coincida con i falsi valori di una sinistra falsamente progressista, falsamente umanitaria, falsamente liberale, falsamente democratica ecc..
Fuor di dubbio che questi falsi valori, come dice Rita, si realizzino concretamente in una percentuale esigua della popolazione. Tuttavia è anche fuor di dubbio che vengono accettati e foraggiati dalla cultura dominante. Perciò io credo sia importante denunciarli e combatterli, pur sapendo che è una battaglia persa in partenza, in questo attuale momento storico. I falsi valori dell’Occidente devono infatti raggiungere la loro massima espansione, che coinciderà con la massima contrazione dei valori opposti, legati alla vita reale.
Forse il futuro non sarà più rappresentato dall’Occidente. Sarà interessante vedere allora quali nuovi valori potranno imporsi.
Rita, sarà evidente a te. Le percentuali non sono così basse, se vogliamo ricominciare a parlare dei due pensieri. Poi ognuno spera quello che vuole. E andrebbe bene se ci fosse distinzione tra miopia e presbiopia e un buon oculista e il paraocchi. Del resto parli tu di marketing, ma la Politica è altra cosa. Non l’antipolitica dei tempi che corrono.
Che poi la vendetta io la vedo nel pensiero destro, non a sinistra.
Devo precisare che quando sopra mi riferisco a una percentuale esigua di persone, mi riferisco a quelle implicate concretamente nella realizzazione dei nuovi modelli familiari.
Se invece si parla di quella parte della popolazione che ancora crede ai falsi valori dominanti, il cosiddetto pensiero unico, e li difende, allora ha sicuramente ragione il signor Macalli, sono ancora molti, moltissimi.
Non sarà una vendetta, sarà un far giustizia.
Ma di che parliamo, raga? Rubo l’espressione a Franco. Certifica l’ISTAT che in Italia le coppie di persone dello stesso sesso che hanno dichiarato di essere unite da un legame affettivo di tipo coniugale sono in totale 7.513, di cui 529 con figli. Su una popolazione di 62 milioni di individui!!!! Se la cosiddetta “famiglia tradizionale” deve essere spodestata da questi quattro gatti, ne riparliamo tra 100mila anni.
E, comunque, resta il fatto che il “modello occidentale” è un vuoto a perdere. Manca ancora il sorpasso tecnologico, ormai imminente, è il gioco è fatto. Poi ci penseranno Cina e India a modellare la società in modo completamente diverso dall’attuale. Nessun impero è mai durato per sempre.
Quando mai le famiglie arcobaleno vorrebbero spodestare quelle tradizionali? Questa è l’ennesima cazzata dei propugnatori della teoria gender. Credo che le famiglie arcobaleno vivano all’insegna del vivere e lasciar vivere, senza voler imporre niente a nessuno. La nuova legge consente, non obbliga.
Hai la memoria corta. Stiamo parlando di gente che “fa politica” non di persone che “si fanno gli affari loro” all’insegna del vivi e lascia vivere. Ti sei già dimenticato il circo mediatico organizzato attorno al Convegno di Verona, che se nessuno diceva niente sarebbe passato inosservato come la stragrande maggioranza dei convegni?
https://www.ereticamente.net/2019/04/dopo-verona-la-famiglia-e-di-destra-roberto-pecchioli.html
Eh no, qui si vuole incidere sul sentire comune iniettando nella società l’idea che l’amore rattoppa qualsiasi strappo. Tutto secondo le regole, intendiamoci. L’uomo è totalmente privo di senso del limite, se ha uno vuole due, poi tre, quattro, sei, dieci. Ad ogni modo, i numeri forniti dall’Istat sono un incoraggiamento a parlare di cose più serie.
Pinocchio è ciascuno di noi…
Geppetto è la figura del padre e il burattino che vuol diventare un bambino vero,
è la figura del viaggio.
Questa è sicuramente la lettura più spontanea e verosimile. Non si può negare comunque che nella storia di Pinocchio sia assente il modello di famiglia ‘tradizionale’.
Vorrei aggiungere che diverse letture del testo, anche lontane, non si escludono tra loro. È tipico di un capolavoro poter assorbire senza danni varie interpretazioni.
Niente come le interpretazioni di Pinocchio sono proiettive. E questo vale per qualsiai esegesi. La lingua batte dove il dente duole. Ci può essere una lettura di Collodi omosessuale, ma anche quella dell’amante segreta con tanto di figlia. Pare che l’amante, nonostante le insistenze, si sia sempre rifiutata di lasciare il marito. Da qui una certa insofferenza da parte di Collodi verso le famiglie convenzionali. Poi in Internet si possono trovare le interpretazioni più fantasiose, addiruttura adombrando festini e ragazzi di vita. Si legge sempre quel che si vuole. Altro che onestà intellettuale. Ha ragione Piero nel commento di ieri al post di Marino: uno sguardo lucido senza troppe seghe è quello che ci vorrebbe.
Non so se il signor Macalli davvero non capisce o finge di non capire. Comunque, se finge è davvero bravo.
Capire cosa?
Rita, sicuramente le famiglie arcobaleno rappresentano una minoranza esigua, l’abbiamo già riconosciuto. Da parte mia, non ho mai pensato che possano sostituire la famiglia tradizionale. Solo un idiota potrebbe attribuirmi un pensiero simile.
Questo non toglie che io le consideri manifestazioni patologiche della società e come tali le denunci. Se anche i ladri fossero lo 0,01% della popolazione (purtroppo io penso siano molti di più, ma questo non c’entra) io direi comunque che rubare è sbagliato e che è sbagliato anche dire che rubare è una prassi legittima.
Signor Cadè, fare giustizia di cosa? Lei dimentica che viviamo in un sistema democratico che altri paesi si sognano. Altro che modelli stile Visegrad o russi che alcuni qui propagandano. Quale sarebbe poi la giustizia di cui Lei parla? Quella sua morale? Ma per piacere.
Fare giustizia di tutte le falsità, cioè ripristinare un sistema meno falso di questo. Ma Lei ragiona solo in termini politico-giudiziari, non credo possa capire. Però resta sempre l’ipotesi che Lei finga.
Rita, stabilisci tu le misure.
Ma signor Cadè, i suoi non sono paradigmi condivisibili, almeno per me. Quindi é Lei che non capisce che si possono usare altri metri di giudizio. Niente di universale sia chiaro, Lei si tenga i suoi. Il capire per me è questo.
Mi creda, capisco bene i paradigmi correnti. Solo penso siano ormai roba vecchia, che puzza di marcio e che bisogna eliminare. Li vedo come ideologie false e nocive all’umanità. Non dico che sono cazzate o seghe mentali, come direbbe Lei, non dico che sono inutili speculazioni o noiosi tormentoni politico-economici-sociali, come direbbe qualcun altro. Non lo dico ma in realtà penso siano tutto questo e molto peggio.
Mi ha fatto riflettere l’articolo allegato da Rita dove si parla di sette pedo-sataniste. È ovvio che accuse simili andranno provate. È prevedibile anche che tali accuse verranno insabbiate, considerato il potere politico-economico delle persone implicate. Tuttavia quel che mi colpisce in questo come in altri fatti di cronaca recenti è la violenza esercitata sui bambini, cioè su soggetti deboli. Questa violenza può assumere vari aspetti, dalla brutalità sessuale a svariate crudeltà psicologiche. Per esempio, sottrarre un bambino alla sua famiglia. Ma anche, come si è detto qui, fabbricare bambini in provetta per soddisfare il desiderio di possederne uno. Desiderio che viene rubricato sotto la categoria ‘amore’ ma che, a mio parere, nasconde un’altra forma di violenza, creando bambini orfani e sradicati. E poi bambini che vengono indottrinati secondo teorie deliranti sulla sessualità. Bambini cui viene bloccata lo sviluppo naturale. Bambini che vengono confusi, disorientati, con la scusa dell’amore. Questa parola, ‘amore’, andrebbe cancellata dai vocabolari! Sicuramente, tra qualche anno, verrà inserito anche il reato di pedofobia, cioè non sarà più possibile criticare comportamenti pedofili, nei quali si riconoscerà una variante naturale e legittima dell’amore. Questi fatti sono ancor più sconcertanti quando si pensi alle ideologie ipocrite del nostro tempo che fanno del bambino quasi un’icona intoccabile. È semplicemente disgustoso. Ma “solo l’amore conta”, ovviamente.
Signor Macalli, vedo adesso che Lei definisce “irricevibile” il mio commento. Di solito io non discuto con chi usa questo termine – ‘irricevibile’ – ma nel Suo caso vorrei sapere che cavolo vuol dire.
Lei mi lusinga troppo signor Cadè. Mettiamola così: illeggibile va meglio? In tutti i casi è un argomento venuto troppo a noia. Cari saluti.
“Illeggibile”? Lei mi offende. Credevo di avere uno stile comprensibile. Evidentemente c’è qualcosa che non va nel Suo sistema di ricezione. È sempre così quando uno dice ‘irricevibile’. Comunque non La voglio annoiare.