Personalmente ho più volte sollecitato l’attenzione all’inaridimento che ci attende in un non lontano futuro, e di cui abbiamo avuto due anni di assaggio, anche se la piovosità di questo mese potrebbe screditarmi. Il mio scopo? Convincere gli imprenditori agricoli a iniziare a familiarizzarsi con una nuova scienza, l’aridocoltura. Non sono stato ascoltato nel mondo del blog, ma è andata meglio con altri interlocutori in incontri “frontali”, per quanto non mi risulta che ci fossero agricoltori presenti. L’aridocoltura è una branca dell’agricoltura attentamente messa a punto da esperti nel campo agro-alimentare proprio per parare il colpo. E lascio quindi la parola a Silvestro, con il quale mi scuso per aver stralciato l’articolo che mi invia, sperando sia più convincente di me. Egli commenta lapidariamente:
” HOMO SAPIENS (BOH!!) INCOMINCIA A PENSARE SERIAMENTE “.
“La relazione fra l’aumento delle temperature globali e della siccità è stata dimostrata da una ricerca, che spiega per la prima volta perché fra il 1950 e il 1980 c’è stata una pausa nell’inaridimento dei suoli, ripreso poi a un ritmo ancora più sostenuto. In futuro la regione mediterranea sarà fra quelle che dovranno affrontare le sfide più difficili… Lo studio, realizzato da ricercatori del Goddard Institute for Space Studies della NASA; del Lawrence Livermore National Laboratory e della Colubia University, è pubblicato su “Nature”. Per condurre lo studio, Kate Marvel e colleghi hanno guardato al cosiddetto “idroclima” nel suo complesso, e in particolare ai livelli di umidità del suolo, fattore chiave dei processi di desertificazione. In questo modo i ricercatori hanno evitato le incertezze di ricerche precedenti, che si basavano solo sull’andamento delle precipitazioni. Il rapporto fra aumento delle temperature e umidità del suolo è complesso perché un’aria più calda può trasportare più umidità, e quindi più pioggia o neve, ma l’aria più calda può anche far evaporare più umidità dal suolo, tanto da superare l’apporto delle precipitazioni. Il fatto che il bilancio idrico in una certa regione penda in un senso o nell’altro dipende da molti elementi: modelli di ventosità, stagioni, nuvolosità, distribuzione temporale delle pogge, topografia e vicinanza agli oceani che producono umidità. Per distinguere fra le diverse situazioni locali i ricercatori si sono serviti, oltre che delle registrazioni dei parametri meteorologici classici, anche dell’andamento della crescita degli anelli degli alberi. Questi dati forniscono inoltre una linea di base per valutare le variazioni meteorologiche prima che l’uomo iniziasse a influenzarle. Marvel e colleghi hanno usato a questo scopo i cosiddetti “atlanti dendrocronologici” – di recente pubblicazione – che riportano i dati relativi ad alberi, viventi e fossili (fino a 2000 anni fa) …. I ricercatori hanno così’ stabilito che dal 1900 al 1949, periodo in cui ha iniziato a essere chiaramente rilevabile il progressivo riscaldamento globale, c’è stata una riduzione dell’umidità del suolo in Europa (Russia occidentale compresa) e nell’area mediterranea, in gran parte dell’America centro-settentrionale, nel sud-est asiatico e in Australia. L’umidità del suolo è invece aumentata in Asia centrale, nel subcontinente indiano, in Indonesia e nel Canada centrale. Dal 1950 al 1975 si sono poi manifestati cambiamenti apparentemente casuali, che però sembrano in correlazione con l’aumento esorbitante di fumi e aerosol di origine industriale. Questi possono influenzare la formazione di nubi regionali… fornendo i nuclei di condensazione per le gocce di pioggia. Negli anni seguenti, tuttavia, in molti paesi industriali sono state introdotte normative via via più severe sulla qualità dell’aria, che hanno portato a una stabilizzazione o a una riduzione degli aerosol… Secondo i modelli dei ricercatori, molte delle aree che dovrebbero progressivamente inaridirsi sono centri di produzione agricola. In alcune di queste regioni – come parte del Nord America, del Messico e dell’Europa occidentale – i livelli di precipitazione dovrebbero restare invariati, ma con un aumento significativo dei tassi di evaporazione, mentre nell’area mediterranea oltre all’aumento dell’evaporazione dovrebbe esserci anche una riduzione delle piogge. Altre aree del globo, come il subcontinente indiano, dovrebbero diventare invece più umide, ma non è detto che ciò si trasformi ovunque in un vantaggio per l’agricoltura, perché è possibile che le precipitazioni si presentino in modo più concentrato provocando alluvioni. (red)”
E aggiungo io, l’allarme è così serio che per aumentare la piovosità si è pensato addirittura alla fertilizzazione degli oceani (progetto complesso da spiegare abbandonato per eccesso di tossicità). Aggiungo ancora non dimentichiamo che ci sono popoli antichi che riescono a catturare l’acqua dalla condensa notturna e con altri mille altri artifici. Sulle nuove città spugna cinesi, fra cui Shanghai, ho già riferito, e se si muovono i Cinesi, con enorme dispendio di capitali, vuol dire che all’allarme ci credono! Nulla di irreparabile quindi, purché ci si abitui all’idea di certe rinunce alimentari (una mucca in lattazione beve 120 lt d’acqua al giorno, il mais non andrà più bene…) e ci si attrezzi per tempo.
Commenti
Abbiamo molto da imparare dai pionieri che sono stati gli israeliani che hanno dovuto convivere con vaste aree desertiche e semi-desertiche piantando ben 240 milioni di alberi e diventando leader nel campo dell’agricoltura nel deserto.
…oddio, bisognerebbe sentire cosa pensano i Palestinesi in proposito, ma…. quello è un altro discorso!
Piero lo sai per esempio che i pomodorini li hanno inventati loro? Anche quelli di Pachino. Questi ebrei ne sanno una più del diavolo .
Il problema sarà l’utilizzo della poca acqua senza dover ricorrere alla dissalazione o impoverendo troppo le falde con perforazioni irrispettose dei fabbisogni delle future generazioni (vedi già Cremona che attinge da una cisterna sotterranea naturale).
La dissalazione costa un grande danno di dispendio energetico, nelle condizioni attuali. Non so quanto gli Israeliani siano risparmiosi in tal senso (secondo la distinzione fra efficacia ed efficienza). Il problema dovrà essere affrontato razionalmente in questo modo: di acqua ce ne sarà anche di più, ma in sospensione nell’aria più calda. Quindi bisognerà affinare gli espedienti già elaborati tradizionalmente nelle zone aride per catturarla. L’ideale sarà allo stesso tempo filtrare aria per stoccare Co2 nel sottosuolo e separare l’acqua, cose già fattibili, ma il problema è sempre l’energia. L’Islanda è già partita con la cattura di CO2, didatticamente, perché ha il geotermico ad esempio, mentre non necessita di acqua, ma separarla è il meno, erano capaci già gli Egizi prima delle piramidi e lo sono le popolazioni andine,semplicemente sfruttando le escursioni termiche notte-giorno.
Ringrazio Francesco per l’imput e correggo, così per non equivocare, non si sa mai di venir fraintesi: “questi israeliani ne sanno una più del diavolo”.
Che poi non sarebbe stato neanche necessario. Il riferimento agli ebrei era solo una provocazione per gli antisemiti del blog.
Cosa ci volete fare, ognuno ha le sue ossessioni.
….anche questa, Ivano, ….non male!!!!
Love & peace!