Spuntare nel mondo a Crema può essere una bella storia: siamo in Lombardia; Cristo qui si è fermato, anche più volte, e una volta era il lavoro a cercarti. Nell’infanzia c’è tutto ciò che ti serve a Crema: eccetto il mare, eccetto la montagna, eccetto la collina, eccetto un lago, eccetto un fiume che sia serio non solo di nome. Ma, per il resto, c’è tutto. Puoi sgambare tra le stradette di S.Trinita, ci sono gli oratori con i preti che ti danno tanti buoni consigli, e vai a rotta di collo per il campo di Marte pure giocando a calcio (negli anni sessanta). La cittadina ti si spalanca come un mondo grande grande, e le gite a S.Maria, a S.Bernardino, a trovare i parenti, roba importante per un bambino. A Milano, nella metropoli, non si andava mai se non una volta l’anno, per motivi eccezionali, e sembrava un viaggio vero, anche faticoso, quasi un avventura. Al ritorno a casa, nel quartiere, mia madre diceva di togliere la camicia. E’ sozza, il colletto sarà nero, è da mettere nel mastello dei panni. Quando, poi, da ragazzo andavo timidamente a Milano, i miei genitori non erano contenti. Che ci vai a fare, dicevano. Milano fa paura. Così, imparai presto che Crema è una città per gli anziani, e restarci, per dirla tutta, non un grande idea. Sono i vecchi i padroni della piccola città, anche con della giustificazione; ci stanno sempre, e la piccola cittàdi provincia, con i suoi ritmi blandi, le sue passeggiate stracche, sono perfette per un anziano. E sono i vecchi a determinare la politica, la società di una piccola città. Del resto, pensandoci bene, Milano è Milano, Bologna è Bologna, e anche Piacenza ha il suo perchè, il suo carattere, una qualche personalità, ma Crema che cos’è? Non lo so ancora. Eppure la conosco bene. E’ una sottoprovincia? Un grosso borgo che fa da cittadina-mercato per i tanti piccoli comuni che le ronzano intorno? Per quelli che il sabato pomeriggio, la domenica pomeriggio vengono a vedere le vetrine, i diecimila passi, da S.Martino a piazza Garibaldi, andata e ritorno, e poi tornano alla campagna? Più passano gli anni, e meno lo so. Forse, per averne un’ idea più precisa dovrei andarmene, da Crema, come fece Giorgio Bassani da Ferrara, stando stabilmente a Roma, per poterla raccontare, per sapere in che razza di cittadina sono cresciuto. Le piccole città, a differenza delle grandi che ognuna fa caso a sè, sono tutte uguali. Con poche differenze. A Lodi, per esempio, c’è una ferrovia. Seria. A Crema, una ferrovia di un paesino agricolo. Ma, a parte queste minime differenze, la noia è la stessa, per un giovanotto. Le grandi città, per un provinciale, anzi, per un sottoprovinciale, creano un filino d’ansia. “I milanesi erano diversi – scrive Milena Gabanelli, di Desio – vestivano in modo diverso, camminavano in modo diverso, erano sicuri e moderni, e sapevano sempre c osa bisognava fare. Io mi sentivo un pò indietro”. La stessa sensazione l’ho provata anch’io, le prime volte che vagabondavo per la metropoli. Negli anni ho capito perchè non trovavo amici che volevano far serata a Milano, perchè Crema la conoscevamo a memoria, anche a occhi chiusi, pur se patentati e con la macchina a disposizione, e i soldi per la benzina. Perchè alla passeggiata stracca si finisce per abituarsi e te la fai bastare. Ci si rassegna in fretta. A Crema ci si sta bene. Standoci poco. Questo l’ho imparato. Quando ci torni, a Crema, da un viaggio, da una gita altrove, ne apprezzi le qualità: la lentezza, alcune piazzette, il cedro del Libano di piazza Premoli (per fortuna non un albero comunale), i bei palazzi signorili del centro storico, certi vicoli. Ma è una città per quelli delle bocciofile, per gli anziani che vogliono l’asfalto tirato col righello per non inciampare. Non proprio una città per i giovani.
Commenti
Una “new entry” per una giornata di sole…..”sa cambia ‘npò l’aria, ghera ‘npò udur da stantit”!
Grazie Mario Pasini
Non so, Marino, se sia davvero così (giovane ormai non sono più da tempo).
Quello che so è che i giovani che hanno fatto un’esperienza di studi o di lavoro in una città metropolitana o, ancora di più all’estero, anche mediante l’Erasmus, vedono la nostra città come piccola, non a loro misura.
Ne conosco di miei ex allievi che, dopo tali esperienze, hanno scelto di lavorare all’estero che in effetti offre più opportunità.
Noi siamo giustamente preoccupati dell’immigrazione non controllata, ma spesso ci dimentichiamo i tanti giovani che “emigrano” alla ricerca di opportunità che qui non trovano
L’immaginario è spesso una delusione, si sa. Ma vale tentare, altrove, per chi può, per chi il coraggio ce l’ha. Dipende cosa uno cerca, magari solo del buon teatro, del buon cinema, delle sale da concerto, mostre d’arte, nuove amicizie. Il frastuono e il movimento incessante della metropoli – dice Robert Walser – che perpetuamente scorre, costringe a una moralità. A Crema, più che altro, c’è la moralità delle bocciofile, a dettare il verbo.
Da giramondo di antica data sono giunta alla conclusione che che non si va all’estero, né altrove, a “cercare” nuove cose bensì a “portare” se stessi. Quello che hai dentro viaggia con te. Se sembra il contrario, è solo perché il nomade contemporaneo, a sua insaputa, è vittima della cultura della mobilità nata come progetto di manipolazione e riconfigurazione dell’immaginario collettivo.
Oggi il nomade, per assurdo, è chi non muovendosi da dove si trova rifiuta le tecnologie digitali e si trova automaticamente solo in ogni angolo del pianeta. Per «viaggiare» nel vero senso della parola ci vuole uno spirito completamente diverso, molto tempo a disposizione e una solida identità che s’intende arricchire con l’apporto di individualità altrettanto robuste. Requisiti difficili da trovare in regime di utopia cosmopolita da «cittadini del mondo», un’astrazione del tutto priva di consistenza reale.
In perenne spostamento da un punto all’altro del globo «l’uomo con il trolley» non sarà mai in grado di costruire qualcosa di serio là dov’è diretto, e molto spesso neppure qua dove si trova. La sua decantata «libertà di movimento», un termine usato per significare la liberazione da appartenenze pregresse e dai vincoli comunitari d’origine, è in fondo sinonimo di «nullificazione»: senza patria, senza origini, senza tradizioni, senza cultura e possibilmente senza famiglia. Dove mai si può andare in queste condizioni?
I lavoratori o i vacanzieri che oggi passano una considerevole percentuale del loro tempo nelle stazioni e negli aeroporti insieme ai loro trolley sono, in realtà, dei sedentari incalliti che su un treno, così come in aereo, riescono a re¬stare costantemente connessi grazie a una tavoletta luminosa. E’ un modo per sentirsi sempre a casa, circondati dai soliti «amici» a fare gli stessi discorsi, una noia mortale. Altro che moralità della bocciofila!
Bella la frase del portare se stessi…
Non ci avevo mai pensato.
Si può andare a Monaco di Baviera, lasciandosi a casa, in un certo qual modo. L’importante è avere la documentazione scritta. Carta canta. Me l’ha insegnato un amico mica tanto intellettuale, ma con solide argomentazioni. In ogni caso, se vuoi proprio portarti dietro, tieni le saccocce libere e stai leggero, sulle spalle, che magari la ragazza che insegui tiene il passo veloce.
“…E io che sono ? …”
..( Leopardi )
Quando lavoravo da un ferramenta e arrivava l’agricoltore con la motosega inceppata e la picchiava sul banco, imprecando che gli avevo venduto un rottame cinese, mi ricordavo chi sono, gentile Graziano, ero uno che se la doveva sbrigare, in un modo o in un ‘altro. Così, senza mancare di rispetto a Leopardi, credo che le parole che uno scrive (e non siamo in un convegno filosofico-poetico) non debbano mancare di rispetto alla realtà delle cose. E stiamo uscendo dal seminato; ho scritto di Crema “città non proprio per un giovane”, faccenda credo concreta, che può piacere, disturbare, o giudicare una stupidaggine, ma non ne ho fatto una questione metafisica. Comunque, se vuole sapere chi è, dipende dove le capita di passeggiare: a Torino, Roma, Milano, lei sarà uno “stranger in the square”, uno sconosciuto nella piazza, un forestiero che gironzola o guarda le vetrine, o s’infila in un caffè, a comperare le mutande. A Crema, se ci vive da sempre, le capiterà d’incontrare, con piacere o dispiacere cento volti che ha già visto un sacco di volte. Gente simpatica, antipatica, quelli che non ti salutano, ma che ritengono di sapere chi sei. Per questo preferisco passeggiare a Milano, piuttosto che a Crema; lì, non mi conosce nessuno, e non devo far finta di salutare persone che incrocio da anni e con cui non ci spartisco neanche le unghie dei piedi.
Bè, se la mettiamo sui gusti personali non discuto. A qualcuno piace il mare, ad altri la montagna. C’è chi preferisce l’anonimato di una metropoli e chi le conoscenze di provincia. A ognuno la sua dimensione, come si suol dire.
Diverso è dire che “Crema non è una città per un giovane”, visto che la movida notturna è piuttosto caliente (vengono regolarmente giovani da Cremona, Bergamo, Lodi). Rispetto a qualche anno fa, questo è vero, mancano nel circondario i localini dove sentire musica dal vivo. Ma il problema è nazionale: se una band non la paghi, non puoi certo pretendere che si esibisca per la tua bella faccia. Non faccio nomi e cognomi, perché non è educazione, ma qualcuno nonostante tutto resiste. Anche altrove i cinema sono ormai tutte multisale e non mi risulta che i giovani siano degli assidui frequentatori di teatri. Anzi, in media sono più pantofolai dei vecchi: filmetto sul maxi-schermo di casa, sushi e birra media, poi tutti a nanna.
A Cremona esistono due cinema, il Filo e il Chaplin, che proiettono regolarmente film di qualità. E non sono multisale. Esistono sale che proiettano film di qualità a Bergamo, a Brescia; diverse a Bologna, che non sono multisale, e a Milano c’è l’Anteo che è una multisala ma proietta solo film di qualità. L’Anteo della zona Moscova-Garibaldi è un bellissimo cinema, con film in lingua originale e i sottotitoli, con proiezioni al mattino (£. 4,50, 5,50 la domenica) e proiezioni fino a tarda sera. Le ricordo che l’Anteo è proprietario anche della multisala Cremona-Po, dove i film sono di bassa qualità, perchè c’è un’altro pubblico. I “padroni” della multisala a Crema possiedono anche l’Arlecchino a Milano (film solo in lingua originale) e l’Eliseo (solo film di qualità). Nelle piccole città e nelle periferie, la scelta, è far passare film di bassa qualità che hanno un’altro pubblico. A Milano, per esempio, se lei dovesse andarci di martediì o di mercoledì a teatro incontrerebbe parecchi giovani, nei grandi teatri, come quelli del Piccolo o dell’Elfo. E ci sono tante mostre, anche gratis, che ho visto pochi giorni fa, frequentati da giovani interessati a queste cose. Spazio Forma, via Meravigli, il fotografo Gualazzini. £ euro, per uuno studente, l’entrata al Museo del Novecento; idem, o 5 euro, al Museo dell’Ottocento, via Palestro, con un ultimo piano di impressxionisti, imperdibile. Solo di festival del cinema, a Milano, Bologna, Torino, Roma ce ne sono diversi. A Milano, più di venti, dal cinema africano, a quello documentario, ai film di Cannes, Venezia, Berlino. Senza contare il teatro europeo, la danza contemporanea, e la musica classica, all’Auditorium,. al Conservatorio, al Dal Verme, e in altri luoghi. E la musica dei giovanissimi, al Fabrique, Via Mecenate, ad Assago, quasi ogni sera. E la movida è roba metropolitana che nei piccoli centri con due locali in croce viene scimmiottata, tanto per darsi un tono. Vada a Torino, a Bologna, o a Milano il venerdì, il sabato sera e la vedrà, la movida, non a Crema. Se poi, un giovane sta bene anche a Postino di Dovera, sono felice per lui. Dipende da cosa uno cerca. Gli interessi, le curiosità, le passioni. Lei pensa che tutti i giovani sono soloni? Si sbaglia. C’è chi se la batte, dalla piccola città, e fa bene. Tutto qui.
Non vorrei fare l’avvocato del diavolo di Crema, non sono neppure cremasca. Mi chiedo solo se un giovane provinciale è “più felice” di un giovane cittadino in quanto usufruisce di maggiori distrazioni. Già il fatto che le si chiami “distrazioni” la dice lunga. Dopo di che, come ho già detto, sono fermamente convinta che ognuno porti se stesso ovunque va. L’insoddisfatto a Crema è difficilmente un soddisfatto a Milano, o a New York.
Sono genovese e vivo “a scavalco” tra Crema e Genova, sentendo dire dappertutto le stesse cose. Anche a Genova si dice: ah, Milano, è tutta un’altra cosa!; se fossimo a Torino, questo non succederebbe! E via così. Personalmente mi piace la musica rock e capita spesso che il tour di questo o quell’artista non tocchi Milano, ma magari Lucca, Nichelino, Verona o altri posti nel buco del c*** del mondo. Semplicemente: mi sposto.
Quanto alla cultura, quella purtroppo oggi non c’è più quasi da nessuna parte e Crema non fa eccezione. L’uomo contemporaneo si trova a proprio agio solo nel mondo binario, semplice e lineare, dove la vita sociale si svolge in chat, si esibiscono fotografie ritoccate e paesaggi esotici per darsi un tono, si spacciano le tavolozze per quadri, si fanno sculture senza significato, si leggono libri senza trama, si guardano film senza storia e quando si parla, non sapendo più argomentare, ci si diverte a turlupinare il prossimo. Detto ciò, credo fermamente che ognuno di noi abbia il sacrosanto diritto di scegliersi la location che più gli/le si addice, quella che se non proprio felice, per lo meno lo faccia sentire meglio.
Caro nuovo amico (per me almeno), mi scuso innanzitutto per il tempo intercorso prima del mio benvenuto in Cremascolta in qualità di (dalla redazione così designato) presidente. E veniamo al tema, che mi tocca. Da cosmopolita itinerante quale sono stato fino ai ventisette anni (Roma, Torino, Lazio Braccianese, Bologna, Napoli, un periodo Milanese di studio, ancora Napoli, poi Crema), posso dire di ben conoscere la grande città, i suoi ritmi… e la sua attuale decadenza. Semplicemente ora non ci vado più, non voglio vedere il degrado, preferisco ricordare una Bologna laboriosa e goliardica, e non attuale portatrice del primato di violenza notturna, una Roma tranquillamente pedonabile, quella sì sonnolenta, una Napoli fremente di vita notturna e di personaggi intellettuali degli anni ’60-70. Ora c’è solo fuffa, caos, sporco, segregazione domestica. E la cultura, l’intelletto? Come mi invidiano i miei amici milanesi e bergamaschi per le cose che facilmente si riescono a organizzare a Crema, per le quali la sera vengono a visitare le nostre sale, cose difficili da attuare fra mille intralci nelle città medio-grandi e cresciute caoticamente. La signorilità? Un primato, il lascito della cultura veneziana! E l’orgoglio? Come disse Sgarbi (a volte la dice giusta) una città che è riuscita a demarcare il vecchio dal nuovo, evitando di snaturarsi. E a colmare la lacuna sottolineata i giovani la notte a Crema ci vengono per divertirsi, e non so ora, ma quando l’Ospedale mi dava uno spaccato di città tramite i suoi eventi traumatici notturni, addirittura più trasgressiva della media, perché sporcaccioni vari e tossicofili sapevano di poterci venire godendo di una certa invisibilità. Già, fin quando per un regolamento di conti o che so io mi trovavo frotte di trans ricoverati al mattino (e a Milano di esperienze così non ne avevano, così mi asicuravano) o fin quando gli esami mostravano picchi di stupefacenti impressionanti. Da cittadino acquisito sento Crema tutta mia, e faccio il tifo per la sua rinascita, perché di opportunità, la Città al centro della Lombardia, ne ha tante, e, ultima e storicamente nelle varie ere sempre dimostratasi potente incentivo allo sviluppo, un multiculturalismo ben integrato.
Benvenuto, e lavoriamoci insieme!
L’unica opportunità che ha Crema è raggiungere le altre grandi città, più in fretta, con trasporti pubblici anche fuori dall’orario “pendolare”. Punto.
A Bergamo e Brescia, in questi giorni c’è un festival pianistico internazionale; Bergamo e Piacenza ospitano un ottimo festival jazz, e Bergamo ha un jazz club. A Pavia, il Collegio Ghisleri offre musica classica di alto livello. E sto parlando di città medio-piccole. A Cremona c’è il Ponchielli e una buona stagione di musica classica, di danza, e due cinema, il Filo e il Chaplin che proiettano solo film di qualità quasi ogni giorno. Poi, a Cremona c’è un fiume serio, che è il Po, le Canottieri, i locali sul fiume. Se andiamo in città come Bologna, Torino, Genova, di cultura, di locali, mostre d’arte, cose da fare, ce n’è a iosa. L’imbarazzo della scelta. Se vuole, gentile signor Tango, le faccio la lista degli spettacoli, il buon cinema, le rassegne di danza contemporanea, le mostre d’arte, il design, le installazioni, quella di Piano City (centinaia di pianoforti in tutta la città) di una città, che per fortuna è vicina, come chilometraggio a noi, e parlo di Milano. Nella metropoli lombarda di festival del cinema ce n’è una decina, da quello africano, ai corti, al documentario. C’è il teatro europeo, vari teatri, spesso pieni, anche di giovani (soprattutto il martedi e il mercoledì), con prosa ad alto livello. A Milano c’è tutta la musica classica che vuole. Palazzina Liberty, Dal Verme, Auditorium, Conservatorio, con orchestre da tutto il mondo. C’è una stagione d’Opera importante, c’è la Scala, mentre nelle piccole città lombarde c’è un circuito d’Opera che fa ridere i polli, con Compagnie di basso livello. Poi, ci sono i locali per i giovani, tanti, di tutti i tipi. Se lei ritiene che a Crema c’è tanto da fare, c’è qualità culturale, vuol dire che riesce a trasformare la latta in oro colato. E la invidio. A Crema non c’è niente da fare, eccetto accompagnare i vecchi per strada, aiutare i bambini, con fischietto e paletta, o iscriversi all’Università per gli anziani tanto per passare un pò di tempo. Ieri, sul “Corriere della Sera” hanno parlato di un locale, “Le Birbe” di Pianengo, dove dietro la facciata di un night facevano ben altro. Ha visto il titolo dell’articolo? Era: “LE LUCI ROSSE DI CREMONA”. Crema e il Cremasco nemmeno esistono. Lei vive in una cittadina che non c’è, in un territorio nemmeno citato. E non mi parli del film “Chiamami col tuo nome” che il regista famoso, ha trovato posto a palazzo altrove, mi pare, e quel film avrebbe potuto girarlo ovunque, a Lodi, nelle campagne pavesi, ovunque. I commercianti, e una parte politica cittadina si mise pure di traverso, se non ricordo male, e il regista famoso si scocciò parecchio. Lo ripeto: Crema è una graziosa cittadina dove non c’è niente da fare, e dove si può star bene, standoci poco. Allora, forse, non è un brutto viverci.
….amici, così, en passant, stasera, la prima delle tre serate del “Soresina Jazz Fest”, con il “Brazilian quintet” di RICCARDO RUGGIERI.
E’ a due passi da Crema, ci si arriva e si parkeggia facile, il Teatrino Sociale è delizioso, le proposte di “WHITEBIRD – Jazz music diffusion” sono di qualità e questa edizione 2019 del Soresina Jazz Fest, in particolare ha ospiti di gran classe!
https://www.cremascolta.it/2019/04/27/soresina-jazz-fest-2019/
Domani sera, sabato, il “nostro” MARIO PIACENTINI, vero “profeta in (quasi) patria”!
Ma dai che se non ci si limita alla …. “vasca” le occasioni ci sono!
Gentile sig. Pasini, o prof. fa o stesso, a Crema si può scegliere andando a piedi fra due o tre sale in cui succedono cose importanti ogni sera, o quasi. Forse, orfano di paternità cittadina, mi attacco secondo un effetto Lorenz, alla città in cui ho covato la mia nidiata.
Mi permette di essere immodesto? I sei Chirurghi Ortopedici di maggior spessore di Francia non si sono riuniti a Milano, né a Roma, ma a Crema, fra lo stupore e l’odio della casta… Basta volerlo!
Se mi permetterà le chiederò informazioni sul suo cognome, che nella mia famiglia di origine, girovaga, ha avuto un grande ruolo: un tecnico, braccio destro di mio padre, che lo seguiva per fondazioni di aeroporti, un fedelissimo che mi ha telefonato, da Bologna, anche recentemente. Mi incuriosisce l’origine del cognome. Le vie si intrecciano nella mia vita: Agello ha il suo mostro rosso volante a Villa di Valle, da dove mio padre prese questo Sig. Pasini per portarselo detro a Bologna, e io da lì mi trovo a Crema. Mi scusi l’intrusione nel privato.
Mi piace un sacco la sua faccenda dell’origine del mio cognome, sig. Tango, che s’intreccia alla vita. Una bella storia. Purtroppo, non son parente di Willy Pasini, noto sessuologo svizzero; mi sarebbe piaciuto, da ragazzo: le pulsioni, gli ormoni che facevano arrampicare sugli specchi, e forse mi avrebbe dato la dritta giusta, allora per saper baciare, perchè su “Ciao 2001” giornale musicale, nella rubrica di “Psicologia & Psicanalisi” tutti scrivevano di sesso, ma mancava una spiegazione chiara del come si fa a baciare. La lingua mia va sopra, sotto, o gira in tondo? Lei mi capisce, da ragazzi sono problemi enormi. E Willy non c’era ad aiutarmi. I miei parenti veri sono tutti o quasi mungitori di vacche; c’è un collocatore agricolo che ha rispettato in pieno i dettati del duce: non meno di sette figli, e i maschi col nome di Benito (mio padre) e Impero (zio). Tanti Pasini ci sono a Bologna, nelle valli dove portano giù le pecore in pianura, in questo periodo; Pasin è frequente nel Veneto, ma il grosso dei Pasini sono friulani. I miei mungitori di vacche sono della Bassa padana; niente di romanzesco. E non si preoccupi: mi chiami pure Marino, senza signor, perchè signore non lo sono, nemmeno prof., provengo dalle Segretarie, come scuola. Le conosce? Stavano dove ora c’è il Teatro S.Domenico. Non una scuola somma, ma c’era il Gabelsberger noe; la Computisteria; Italiano no (al suo posto Cultura generale); il Calcolo a macchina, con dei carrelli che andavano a destra e a sinistra con tale rumore, che pareva stessero per uscir fuori come proiettili. E poi, le Segretarie erano la scuola spauracchio, per i figli dei benestanti (non proprio il mio caso) iscritti al Racchetti, al Classico: se non studi, se non t’impegni, ti mandiamo alle Segretarie (o alle Marazzi). No Mamma, le Segretarie no, ti prego no, dicevano, i figli di quelli con le palanche..
Concordo: le città (più grandi) vicine a noi offrono di più sotto il profilo culturale, ma forse è il caso di dire che anche la piccola Crema ha un valore aggiunto rispetto sia a Lodi che a Cremona: la produzione di libri.
Non entro nel merito della qualità, ma è un dato statistico.
Forse, vuol dire che, con tutti i nostri limiti (anche in termini di risorse (non abbiamo a Crema uno sponsor come Arvedi), , non ci manca la vivacità culturale.
Non dimentichiamo poi associazioni culturali come il Caffé letterario e il Caffé filosofico che operano da più di un decennio a Crema, lo stesso Festival della filosofia, e più recentemente Ipazia (una sorta di Caffé scientifico di alto livello), attività che non mi risulta ci siano anche a Lodi e a Cremona (forse, solo, il Caffé letterario).
Partiamo dai nostri punti-forza.
Un limite che abbiamo è che manca a collaborazione tra associazioni culturali: se ci fosse, forse potremmo fare un salto di qualità!
Caro Marino io “alle Marazzi” ci ho cominciato a insegnare ancora studente dell’ultimo anno di Ingegneria meccaniza fino a diventarne poi Preside (Dirigente scolasico) per un totale di più di vent’anni!
Bellissimo, sano ambiente; spesso alla Coop, facendo spesa mi vengono incontro ex alunni, uomini maturi che mi salutano affettuosamente e mi raccontano cosa sono diventati….. bello!
Il sistema non permette la replica su replica, quindi mi rivolgo con un nuovo intervento all’amico Pasini, per chiarirci.
Il mio amico di famiglia, Pasini, braccio destro di mio padre, mi teneva una mano sulla spalla, e mi parlava con accento marcatamente meridionale. Grandi uomini di un tempo: da un campo di grano di un trenta-quaranta ettari fecero un aeroporto militare in due anni, ma con tanto di bar, campo da tennis, reparto di riparazioni aereonautiche auto trasportato… ma ora ci vorrebbero più timbri che bulloni. Scusami il richiamo d’orgoglio, nuovo amico, forse è per quel che ho visto succedere da un campo di grano a quello che ora è l’aeroporto civile di Bologna che credo che anche a Crema nulla sia impossibile. E arrivato a Crema, per motivi di dissidi familiari, involontariamente ho ripetuto le stesse mosse, ed è andata bene, e anche in una nuova, piccola, impresa attuale va a gonfie vele: supervalutarsi, due piume di pavone non guastano mai! Veramente lieto di questo nuovo contatto.