Viviamo in un momento storico di vacanza pressoché totale della classe intellettuale, al cui posto ci sono attualmente tanti personaggini preoccupati prevalentemente di se stessi, delle proprie carriere, del proprio stipendio, della propria popolarità. Gente modesta, priva di spessore e carente di morale, asservita ai potentati economici che l’hanno a libro paga e rispetto ai quali non oserebbe neanche starnutire senza il permesso, figurarsi dissentire. A ciò si aggiunga il difetto congenito di questa sedicente classe intellettuale: il distacco abissale, storico, originario, al limite del disprezzo con la gente comune e dunque con la realtà. Quando invece della società civile avrebbe dovuto essere il primo stimolo, contribuendo in qualche modo al pensiero e a un dibattito diverso dal battibecco.
Drammaticamente piatta, retrograda e conservatrice la classe pseudo-intellettuale oggi sa di muffa, le sue parole sono vaghe e vuote, sempre le solite. Predica sbandierando stracci sgualciti senza avere la forza di penetrare nella realtà, né di guardare avanti. Riesce solo a guardare indietro rimembrando i bei tempi andati, quando tutti pendevano dalle sue labbra, ripropone ricette ormai superate appiccicando etichette anacronistiche a chi la pensa diversamente. È una casta reduce del vecchio regime, incattivita da un cambiamento sociale che per molti dei suoi membri significa la possibilità concreta di perdere carriere e status, ma soprattutto l’illusione di essere intellettualmente e moralmente superiori.
Non aspettiamoci da costoro che siano in grado di combattere la “battaglia per la cultura”, che attualmente rappresenta per la nostra specie la madre di tutte le battaglie. Siamo soli di fronte alla Terza Rivoluzione Digitale che minaccia di portarci via anche le ultime cose che ci sono rimaste: la creatività e lo spirito di collaborazione. Dovremo ricercare per conto nostro la “cultura vera”, se non vogliamo diventare robot sapiens, e da fare c’è parecchio. A partire dalle università, da decenni sottoposte al “baronato” ma soprattutto intrise di tutta la narrazione storico-scientifica che va dalla concezione dell’ideologia del progresso alla storiografia illuministica, dalla politica liberal alla sudditanza morale ed etica ai vincitori del secondo conflitto mondiale, fino a toccare il piagnisteismo politicamente corretto che vede nelle repubbliche social-democratiche d’Occidente il massimo della civiltà. Il più bello dei mondi possibili.
Quasi tutta la cultura insegnata oggi è da rivedere. Positivismo, evoluzionismo e scientismo hanno contraffatto la realtà “vera” capovolgendo l’elemento ordinatore spirituale a esclusivo vantaggio del percorso evolutivo della materia. Da decenni ci stanno dando ad intendere che la tecnologia è al servizio dell’uomo, che migliorerà enormemente la vita umana puntando al benessere collettivo, solo adesso si comincia a capire il suo vero obiettivo: mera produttività a vantaggio della ricchezza di pochi. Non ci renderà più felici un futuro che punta sulla fusione completa fra l’uomo e la macchina, la rigenerazione cellulare, gli impianti cibernetici sottopelle, le mutazioni genetiche controllate, le superintelligenze artificiali. Se in qualità di singoli possiamo fare “un uso euristico e intelligente” (Giulio Giorello) delle tecnoscienze, è palese che a livello di massa i loro effetti esploderanno in modo devastante, essendo i fruitori di questo mercato la bellezza di sette miliardi e mezzo di individui. Non ci vuole un matematico per fare due più due.
Mai come oggi c’è stato bisogno di (veri) intellettuali, e cioè di persone capaci di pensare con la propria testa. Nessun miglioramento sarà possibile se non si parte e non si passa dalle idee, se non si rivisitano i luoghi chiave in cui si forma e si stratifica il consenso (web, scuola, media), se non si dà una forma alla cultura (editoria, arte, musica), che a furia di essere “liquida” ha finito per sciogliersi nel nulla. Pensare di poter migliorare la società, un Paese, il mondo a suon di numeri e statistiche, indici Mibtel e stime di crescita è una pia illusione. Non può esserci cambiamento senza una narrazione condivisa, senza una profonda trasformazione di mentalità, senza una sostituzione di simboli. La politica non ha i mezzi per tirarci fuori dalle sabbie mobili in cui l’economia terminale ci ha cacciato, solo una cultura realmente tale, diffusa e condivisa può farlo e perciò, ognuno nel proprio piccolo, alimentiamo i nostri focolari. Anche qui, adesso.
Commenti
Aggiungo al post un’osservazione suggeritami da una frase di Heidegger che ho appena letto: “non può esserci cultura là dove non c’è dimora”. Potrebbe essere questo, in effetti, il primo fattore nel processo di smembramento della cultura avvenuto in questo millennio e, quindi, la causa della morte della “classe intellettuale”, una circostanza che impedisce di fatto qualsiasi scatto in avanti che abbia anche lontanamente le caratteristiche di un progresso.
Lo sradicamento equivale sempre a un’alienazione. La semplificazione del sapere, necessaria per venire a patti con l’Altro, affievolisce notevolmente la capacità di percezione e di elaborazione in generale. A quel punto il presente diventa l’unica dimensione possibile, ovvero comprensibile, peccato che senza un prima e un dopo di valori condivisi la barca non vada da nessuna parte. Rimane ferma in porto, come infatti è.
Il cosmopolitismo coatto, ormai è chiaro, non è servito a migliorare qualitativamente le nostre vite ma solo per diffondere su scala planetaria la “cultura del consumo”, attualmente l’unica esistente, poi convolata a nozze col capitalismo tecnologico. Si è voluto mutare l’uomo, quasi in senso genetico, in consumatore, suddito obbediente dell’Economia e della Tecnologia. Arrivati a questo stadio, la cultura è superflua.
Cara Rita
non avverrà niente di tutto ciò perché presto non ci sarà più energia per tutto questo: le macchine, salvo eccezioni, si afflosceranno sotto il loro stesso peso in byte energivori, i cyborg rimarranno rugginosi senza manutenzione… salvo alcuni, “figli” degli ultimi detentori del potere di una terra, lo sai bene, ridotta a ¼ delle sue potenzialità. Mi preoccuperei proprio di questo, perché a scrivere cuore e non quore, come faccio io, re-impareremo presto, ma solo in pochi! Dove? Questo è il punto, non certo qui. Certo, resteremo una bella testimonianza, e quindi darsi da fare per imbastirla bene, ma solo per dovere storico. Le mie previsioni non sono pessimistiche, sono certificate da futurologi e antropologi di alto livello, ultimo il noto Prof. Marazzi invitato recentemente dal GAC al Museo, sala Cremonesi. Certo, interventi a favore della nostra cultura ci vogliono, ma riguardano più il nostro piacere, la ricerca raffinata di cose extramateriali, che il futuro dell’Umanità, ormai ampiamente compromesso, comunque vada, e non sarà bello esserci. ma visto che ci siamo, dedichiamoci pure al nostro piacere!
Se la mettiamo sulla crisi del sistema tecnologico, Adriano, sfondi una porta aperta. I tre satelliti di Swarm, lanciati nel novembre del 2013 dall’ESA proprio per studiare il magnetismo terrestre, hanno rivelato che il campo magnetico del nostro pianeta si sta abbassando in modo significativo. Attualmente l’area più debole della magnetosfera insiste sopra la parte meridionale dell’Oceano Atlantico e si può dire che negli ultimi 500 anni la velocità di spostamento del Polo Nord Magnetico abbia messo letteralmente il turbo superando addirittura negli ultimi tempi i 55 km/anno. L’inversione magnetica si avvicina e con essa la crisi dei nostri apparati tecnologici, a partire dai satelliti, che andranno letteralmente in tilt. Al momento, nessuno è in grado di dire come reagirà nei prossimi anni il corpo umano sotto l’influenza di un costante calo magnetico (altro che inquinamento elettromagnetico da antenne telefoniche!!!), ma certamente rimarranno in pochi a scoprirlo e noi probabilmente non saremo fra questi.
Per sopravvivere e andare avanti, quei pochi avranno bisogno di una solida cultura condivisa (che non è scrivere cuore anziché quore), di una “dimora” come dice Heidegger, di valori comuni e di una visione del mondo capace di andare oltre le apparenze. Il futuro sarà dell’uomo nel pieno esercizio delle sue funzionalità, per andare avanti non gli serviranno né le scemenze ideologiche né le macchine che ha costruito per sentirsi meno solo. Vogliamo cominciare a mettere le basi per il gigantesco cambiamento che ci aspetta come specie, o decidiamo di fregarcene? Affari di chi ci sarà, in fondo, non certo nostri. Decidiamo di camminare, o di sederci? Mettiamo gli scarponi o le pantofole?
Ognuno faccia ciò che meglio crede, ma visto che fuori piove e sono in vena di citazioni, ne sfodero una di Jung, il quale diceva che “a partire dalla metà della vita resta vivo solo colui che vuole morire insieme alla vita”. Be’, per quanto mi riguarda, con tutte le sue pecche la vita a me non dispiace, credo pertanto che finché ne avrò la possibilità lotterò con le unghie e con i denti per realizzare il mio destino. Riposerò nell’aldilà, dove il tempo non passa. Forse.
….cmq, i piselli sono spuntati che è un piacere, anzi hanno già iniziato ad arrampicarsi, insalate e erba cipollina brillano nel sole dopo la benvenuta pioggia, i trapianti di zucchine hanno attecchito e gli spinaci sono straverdi!
Il Liga cantava “chi si accontenta gode, così così”.
Questo non è un così così, ve l’assicuro!
Difficile stabilire quando si è passta la “metà della vita” Rita; io statisticamente l’ho passata e …da un bel pò (!) e sò bene che “quod differtur non aufertur”, ma ad “auferterla” la vedova nera, non ci penso nemmeno, faccia il suo lavoro, io faccio il mio e …..differisco!
Quelli che anzichè ricercare la felicità nella propria autorealizzazione, secondo il loro (loro e solo loro!) percorso di vita, perseguono modelli dell’apparire dettati da altri, al massimo trovano il successo, mai la felicità! E via ad allontanarsi da se per inseguire “modelli vincenti”.
E ….l’è pè finida …..
Quella chè destinata a finire è la cultura cristiano/occidentale, quella che ha portato ad un mondo in cui il 20% dell’umanità necessita delle risorse dell’80% del pianeta!
Bisognerebbe decrescere, ma oramai è tardi!
Game over….
Sono d’accordo: ognuno deve compiere il proprio destino, e cioè auto-realizzarsi dopo aver capito su quale strada mettersi a camminare. Siamo qui per questo. Tutto il resto è fuffa. Purtroppo i piselli io non li digerisco, sono intollerante al nichel e i piselli ne sono pieni. Gli spinaci, invece, mi piacciono molto.
Noi donne, tuttavia, siamo istintivamente “materne” e ci viene spontaneo pensare ai prossimi (il prossimo è un’altra cosa). Potremmo tranquillamente pensare al nostro orto, alla nostra cultura, alla nostra nicchia famigliare, al nostro lavoro, ai nostri soldi. Una volta sistemati noi, sistemati tutti. Ma ci viene naturale non farlo, e secondo me è una bella cosa.
Qui c’è un altro che sulla classe dei pseudo-intellettuali la pensa come me.
Cominciamo ad essere in tanti. Molto bene.
https://www.ilfattoquotidiano.it/2019/04/23/ho-osservato-gli-intellettuali-di-sinistra-sui-social-e-capito-la-loro-inefficacia/5128987/