A Cremona nelle chiese di S. Vincenzo e di S. Agostino è visitabile dal 9 Marzo al 14 Aprile la mostra MARE OMNIUM di Adriano Rossoni. Sono tre le dimensioni che caratterizzano la dinamica attività di questo artista : l’arte, l’insegnamento e l’impegno sociale. In ognuna si sono espresse parimenti e in modo equilibrato creatività, disponibilità e concretezza. Dovendo focalizzare l’attenzione sull’aspetto più propriamente artistico del personaggio è impossibile scinderle alla stregua di elementi disgiunti. In ogni lavoro compaiono equilibrate la genialità del demiurgo, la pazienza del docente e l’attualità arcaica dei soggetti trattati. Rossoni disegna scolpendo le figure, fugge dalle correnti dell’astrattismo concettuale, non segue i canoni delle mode ma, con sorprendente capacità prospettica e padronanza figurativa, scende nelle realtà dell’uomo moderno e svela le antinomie. Le opere esposte manifestano una perfezione e una nitidezza formale degne di un Maestro rinascimentale. Al primo impatto procurano un forte senso di stupore. Tale è l’emozione che l’osservatore comune prova, favorita dalla naturale eleganza del disegno, perché dalle immagini e dalle scenografie quasi istantaneamente scaturisce un luminoso piacere visivo. Analizzandole con più attenzione si coglie una straordinaria capacità evocativa che va oltre la primitiva sensazione Al di là della valutazione estetica, l’artista ci porta ad affrontare le problematiche sociali, i grandi temi, le antitesi che assillano il mondo d’oggi: la mondializzazione, la mobilità lavorativa, la precarietà sentimentale, lo sradicamento e la radicalizzazione, gli impulsi identitari, posizioni che da sempre mettono in discussione il nostro confronto con il diverso. Le trame rievocano i racconti della grecità, dove i protagonisti assumono sembianze famigliari, sono amici e si muovono spesso nell’intimità dello studio del pittore. Il singolo partecipa alle tragedie collettive, è oggetto e al tempo stesso autore degli eventi. L’entrata in scena di un argomento risponde a valenze di vera e propria partecipazione politica e, come in uno specchio, primi attori e comparse danno luogo al teatro della vita. La manifestazione artistica diventa educazione, archetipo esemplare di altrettante situazioni esistenziali. Prende forma un modello universale a fruizione popolare che giunge chiaro e comprensibile, a prescindere dall’epoca, dall’individuo o dal gruppo che ne sono occasionalmente destinatari. La funzione argomentata non è mai lezioso coronamento alle tristezze umane ma monito, sprone alla redenzione sociale. La fuga, l’abbandono, l’identità, l’inserimento la lotta con gli elementi naturali e con il prossimo, le prorompenti passioni vengono colte dalla sensibilità di Rossoni e diventano leit motiv di una rappresentazione che travalica le epoche e trova archetipi nel mondo epico: amore/morte (EUROPA E IL TORO), sofferenze/sacrificio (FIGLI DI DEDALO), speranza/illusione (MITHYCA MONSTRA ET VANAE SPES), dolore (IL COMPIANTO, PIETAS NERA, ACTAEON). Le saghe del mondo antico tornano manovrate da potenze divine, non esenti da invidie e interessi terreni. Diventa naturale chiedersi chi e cosa costringa oggi tanti disperati ad abbandonare il suolo natio, affrontare pericoli e incertezze attraverso viaggi che sovente si concludono con esiti mortali. Tra le motivazioni, causa dei recenti esodi, difficilmente figurano la sete di conoscenza cara ad Ulisse e la fuga dell’esule dalle ingiustizie perpetrate a livello locale. Molti tra i profughi economici, lasciano il paese d’origine per inseguire le sirene dello sviluppo capitalistico, sperando in un miglioramento del tenore di vita. Questa ragione, più che legittima, andrebbe rapportata alle capacità d’inserimento disponibili nei paesi prescelti. Gli espatri di massa incontrollati, al di là delle utopie che ci vorrebbero tutti cittadini del mondo, quando la crisi avanza, contribuiscono alla destabilizzazione sociale, politica ed economica del paese ospitante. Gli esiti negativi allora si ripercuotono inevitabilmente sugli ospitati sovente trattati alla stregua di nuovi schiavi, di manovalanza da sfruttare e favoriscono conflitti orizzontali tra mixofobi e mixofili. Entrano così in gioco le responsabilità di un Occidente che, dopo un passato di imperialismo coloniale, con la mondializzazione sta portando a termine quanto non era riuscito a compiere in precedenza; la desertificazione, i fattori climatici, l’inquinamento atmosferico. Non casualmente l’interesse economico prende di mira paesi del terzo mondo, ricchi di risorse energetiche e naturalistiche mai opportunamente indirizzate alle locali necessità. Similmente emerge il non giustificato comportamento rinunciatario di chi abbandona moglie, figli e scegliendo la via della fuga elude i doveri della resistenza. Ci sono diritti e doveri che andrebbero reciprocamente osservati. Non è sempre facile riuscire a dosarli. L’accoglienza viene spesso discriminata mentre presso gli antichi era ritenuta sacra l’ ospitalità. Quando però, dimentichi del ruolo delle parti, manca il rispetto, la cortesia è scambiata per debolezza e la violazione della legge diventa modello di vita, anche la convivenza può diventare insostenibile. La potenza sovrumana sembra sprigionare dall’imponente telero della “RESURRECTIO” che dall’alto dei suoi 11 metri raffigura un Cristo che regge, con le sue piaghe, tutti gli emarginati. Tale espressione energetica è sintomo della forza non umana racchiusa in ogni vivente, la sola in grado riuscire a infondere speranza nei momenti difficili, ineluttabili come la morte. L’arte sociale di Rossoni è un invito esplicito alla meditazione. Ė difficile pensare a quali traguardi di compiutezza artistica sarebbe giunto qualora avesse perseguito in modo esclusivo l’attività grafica, ma forse una ulteriore perfezione avrebbe sminuito le doti della passione e del sentimento.
Commenti
Una recensione ricca, articolata, non senza qualche riserva sul messaggio di Adriano Rossoni (vedi il tema dei migranti). L’hai definita, Walter, un’arte sociale ed è proprio l’unico genere di arte che mi comunica qualcosa.
Da parte mia, ecco alcune mie considerazioni che scrivo con la mia… deformazione professionale (una lettura cioè di carattere “filosofico”).
La straordinaria policromia della natura, le sue armonie e i suoi profumi?
Nulla di reale: la natura non ha colori, non ha odori…
I corpi non hanno qualità, ma solo quantità riducibili in ultima analisi a numeri. Non hanno neppure il peso. Sono pura estensione, pura spazialità.
Da Democrito a Galileo, da Cartesio a Locke fino a Newton, è questo il percorso filosofico che ha condotto a… vedere il mondo come lo vede Dio, oltre cioè l’osservatorio degli umani.
È dentro tale solco che mi pare di cogliere l’avventura artistica di Adriano Rossoni: l’esplorazione di corpi come sono in sé, non come li percepiamo con le nostre categorie soggettive.
Ecco i suoi corpi come sculture, le sue scenografie spaziali, il suo prevalente chiaroscuro. Ed ecco, in alcune opere, dei corpi sospesi nello spazio e nel tempo: una sorta di archetipi platonici immutabili, eterni. Non è un caso che sia lo stesso autore che, riferendosi alla sua creazione, parli di una “lettura distaccata, meditata”, addirittura “filosofica” dei corpi che raffigura, una creazione tutta orientata a svelare la “vera essenza”, la “vera natura dell’essere”.
Un approccio che troviamo pure nella sua lettura della mitologia sia nella sua versione pagana che in quella cristiana.
Una ricerca, la sua, che va oltre il racconto, oltre le immagini e che mira a scoprire il senso che trascende le stesse epoche storiche (è lo stesso mito, non solo la natura, che ama nascondersi): un senso perenne, eterno.
Oltre: oltre la figura del giovane Atteone che viene trasformato in cervo dopo avere visto la dea Artemide nuda, oltre la figura di quell’essere – il Minotauro – per metà uomo e metà toro rinchiuso nel labirinto da Monosse, oltre la figura di Europa, la bellissima regina fenicia che viene trasportata da Zeus (sotto le sembianze di un toro) sull’isola di Creta… Oltre la stessa figura di Cristo.
Un oltre che Adriano Rossoni vede affollato da migranti. I migranti del nostro tempo, ma anche i migranti che hanno segnato l’intera storia dell’umanità. Vede l’uomo che fugge da condizioni invivibili, viaggi nel deserto, rischiose attraversate del Mediterraneo, tragedie in mare.
Vede la storia degli uomini e il loro diritto di fuggire dalla guerra e dalla fame, ma vede anche le paure, le preoccupazioni, perfino il terrore di chi avverte il diverso come una minaccia non solo al suo benessere, ma anche alla sua stessa identità (mito del Minotauro).
Adriano Rossoni non occulta nulla, neppure le paure del terrorismo (si veda il mito di Edipo), ma il suo è un invito ad andare oltre le paure, oltre la narrazione che pone esclusivamente l’accento sulle organizzazioni criminali che fanno business sulla pelle dei migranti.
Un invito che non è uno schierarsi a fianco di una politica contingente o di un’altra, ma a fianco dell’umanità sofferente.
Un invito, in particolare, all’Europa (non è un caso che il mito della bellissima Europa che approda sull’isola di Creta sia centrale nell’opera dell’artista), il secondo continente più ricco del pianeta, a non ripiegarsi su se stessa, a non chiudersi nella propria fortezza, ma ad ascoltare le grida delle sofferenze altrui, memore di avere, se non altro, alimentato quell’ingiustizia sociale che oggi spinge tanti migranti a bussare alla sua porta.
Un invito, ma anche un monito: la fine di Narciso… docet.
Ma Adriano Rossoni non si limita a scrutare i messaggi universali racchiuse nelle grandi tragedie greche, ma attraverso la mitologia cristiana ( il nostro vede nella figura di Cristo – sulla scia, tra gli altri, di David Strauss e Ludwig Feuerbach – un mito) ci invita ad andare oltre il dramma del nostro tempo e a costruire un tempo in cui i dannati della Terra risorgono, le sofferenze vengono riscattate, la dignità di ogni essere umano rispettata.
L’artista – lo sa bene Rossoni – è impotente di fronte ai grandi processi della storia (anche a quei processi – come la globalizzazione non governata e le tecnologie digitali – che stanno provocando nuove e devastanti sofferenze), ma non per questo deve chiudersi narcisisticamente nella sua turris eburnea, lavarsi pilatescamente le mani: anche lui può e deve svolgere la propria parte.
Naturalmente, con il suo linguaggio. Con la sua forza evocativa.
L’arte di Adriano Rossoni, grazie anche alle sue didascalie, parla a tutti. Lo spettatore della mostra Mare Omnium lo potrà verificare di persona, con il suo sguardo e con le sue emozioni, e non potrà fare a meno di interrogarsi. Di interrogarsi su cosa può fare, pur nel suo piccolo, per rimuovere le cause di tante sofferenze: i dannati della Terra non sono destinati a soffrire, ma hanno il diritto di risorgere.
Bravo Walter, colmi uno spazio nelle nostre articolazioni tematiche che ci renderebbe “monchi d’arte figurativa” .Sul tema ho avuto rapporti con Adriano Rossoni, che mi ha chiesto collaborazione nel raffigurare “il male nella deformità”, prendendo calchi con sofisticati materiali sui miei pazienti prima della correzione delle stesse. Con tutta la buona volontà non son riuscito a convincere pazienti terrorizzati dall’intervento a sottoporsi anche a una preparazione, comportante prolungata immobilità, in nome dell’arte. Tuttavia ho apprezzato in due incontri, nelle sue entusiastiche spiegazioni tecniche, il dinamismo dell’artefice. Incontri conclusi con un dono: un calco di un pollice, che ancora conservo, iperrealistico, quasi cellula per cellula, o comunque con l’impronta digitale, piccole iregolarità dell’unghia, nettamente marcate.