“ E fieramente mi si stringe il core,
A pensar come tutto al mondo passa,
E quasi orma non lascia”
Pensieri di un uomo comune: ma davvero c’è bisogno di filosofi e fisici, con le loro suggestive o astruse definizioni, per sapere cos’è il tempo? Non credete che, anagraficamente in modo particolare, tutti ne possano riconoscere il significato? Se io incontro per strada un coetaneo che fatica a camminare per una paralisi, o un bimbo con la testa calva da chemio, ecco che immediatamente ne vedo svelato il senso. Poi tutto il resto è divertente, è divertente Parmenide, come è divertente Einstein. Perché le loro formulette, suggestive, poetiche o inutilmente incomprensibili, alla fine non sono differenti da quei detti entrati nel linguaggio comune, tipo non rimandare a domani quello che puoi fare oggi, o carpe diem, o tutto ciò che ruota intorno alla morte che non è altro che il tempo che si chiude raccontato bene. Non l’avremmo capito senza la filosofia e la scienza? Nel senso che ho sempre creduto che filosofia o scienza, coi loro limiti, dovrebbero avere il compito consolatorio di alleviare i sintomi o avvicinamento, non dico di esorcizzazione, che non serve a niente, di qualcosa o contro qualcosa di così ineffabile da arrivare a dire che esiste solo quello, riempito di gioie e dolori, nostalgie, rimpianti, desideri e tutto l’umano elencabile. Perché mi pare che ogni parola che pronunciamo, o azione compiuta, o le letterarie consolazioni siano solo evocative di quel tempo ( il tempo ) che nessuno ha mai alleviato, in termini rassicuranti, perché il tempo è l’unica cosa (breve) che abbiamo a disposizione e tutto si misura secondo parametri che niente hanno di suggestivo. Perché quasi sempre è la quantità che conta, non la qualità, si sopravvive anche senza quella, quella quantità che contiamo continuamente, che contiamo quando una persona muore, nasce, si ammala, si allontana, e non c’è nessuna macchina del tempo, fantascienza da bontemponi, o da fisici forse inutilmente intelligenti, che possa distoglierci dall’imperscrutabilità del tempo che è passato o che forse verrà. Perché è ovvio che il futuro non esiste, come non esiste il presente. Il mio futuro, come quello di tutti, si concretizza tra un attimo per diventare immediatamente passato. Ecco, un infarto secco mi prende e io in quel terribile presente non vivrò quello (il futuro) perchè ad un attimo da quello, se ne avrò il tempo, forse vedrò scorrere tutto il passato che mi è stato dato e l’unico presente o futuro sarà quello. O almeno la raccontano così. Ecco, esiste solo il passato, lo sapevano bene gli uomini che per primi seppellirono i loro morti. Ecco, io sono riconoscente a quelli, non ai filosofi o agli uomini di scienza. Perché molto prima che inventassero la filosofia, perché magari scienza, ingegneria, astrofisica, medicina son di pochi, il pensiero del tempo era già di tutti. Di tutti e immutabile, che però rivestito di quell’aura intellettuale, pare che sia di pochi. Anche la persona più semplice sa benissimo che cos’è il tempo, non c’è bisogno di Parmenide. Il pensarlo è uguale per tutti, in tutte le culture, come se fossimo programmati geneticamente solo per pensare quello. Non è dato andare oltre. Cambiano solo le parole per dirlo. E allora perchè consolazione dovrebbe arrivare magari da Talete, quando dice che ogni momento che esistiamo lo dividiamo con la morte, quella lontana e quella vicina, mai date di sapere, se non nelle ossessioni ipocondriache o ingannevoli e paranoici presagi che sempre ci mettono in agguato, o sfida, di fronte a quel mistero che né i filosofi nè i fisici ci racconteranno mai, perché guardando le stelle finiranno prima in un burrone. Anche la persona più semplice sa bene che prima o dopo morirà. E già questo pensiero fisso sarà il primo compagno di viaggio. Perché il tempo non è altro che la morte. Che fisico o filosofo mi dimostra il contrario? Con un formula matematica, un folgorante aforisma? E se anche me lo dimostrasse mi distoglierebbe da un mortale “chissenefrega”? Sia chiaro, non voglio con questo mio intervento minimizzare alcunchè, ma ribadire che uno scollamento tra Montserrat Caballè e Freddie Mercury non porterà mai da nessuna parte, a meno che qualcuno mi dimostri che un fisico sa sempre di filosofia e un filosofo sempre di fisica……Ma allora,…..perché tante citazioni? Semplicemente perché ci si aggrappa a tutto nell’inutile tentativo di sopravvivere. Al tempo.
Commenti
Una bella e stimolante riflessione, Ivano.
E’ scontato che le speculazioni dei filosofi e le teorie (più o meno sofisticate) degli scienziati hanno a che vedere con una élite (o, a dirittura, con la élite della élite).
Sarebbe però un bene che tutti fossero messi nelle condizioni di accedere a questi saperi: scoprire che c’è dell’altro oltre al mondo delle percezioni sensibili e che ci sono diverse interpretazioni di questo “altro” potrebbe anche essere “utile” per vivere (anche se la filosofia è nata non per essere “utile”, ma per rispondere a un desiderio naturale di conoscere).
Potrebbe essere “utile” anche perché non poche filosofie sono nate giusto per aiutare a vivere, a vivere lontano dai dolori e dalle passioni, a vivere bene cercando di creare un equilibrio interiore…
Tutte intuizioni che l’uomo comune ha già?
Forse no. Pensa all’universo aperto dalla relatività di Einstein e dalla meccanica quantistica: non sarebbe una buona cosa che tutti (proprio tutti) avessero la possibilità di avere almeno l’abc di questo universo?
Tu parli del tempo, che è ciò che più… conta (nel doppio senso).
E’ vero: lo percepiamo tutti, come percepiamo tutti l’idea del morire. E’ anche vero però che vi sono religioni, filosofie e perfino la scienza che possono regalare un minimo di consolazione (prospettandoci un aldilà personale o, almeno, una immortalità… scientifica).
Tutte illusioni? La vita è avvolta nel “mistero” e distinguere ciò che è illusorio (o meramente consolatorio) e ciò che non lo è, è davvero arduo.
Piero, instintivamente verrebbe da risponderti e chiederti: 1) la teoria della relatività quali ricadute sulla mia vita pratica ed esistenziale? 2)Le religioni? Consolazioni per psicolabili. 3) la filosofia? Presso i filosofi è forse scomparso il dolore? 4) La vita è avvolta dal mistero? Senza dubbio, ma nessun fisico o filosofo ne ha mai svelato uno. Comunque, provocazioni a parte, basta guardarsi intorno per poter concludere che il pensiero tout court ha preso
sempre strade sbagliate.
Meglio condursi
con la tradizione.
Parole sagge, Graziano.
Tra le tante cose banalmente umane, Ivano, c’e’ proprio il tempo, che non esiste in quanto tale ma e’ una nostra invenzione. Ecco perche’ il tempo circolare degli Antichi e’ profondamente diverso da quello lineare dei moderni. C’e’ di mezzo tutto un pensiero, una cultura, una maturazione, un’umanita’. Noi non siamo affatto come chi ci ha preceduto ne’ uguali tra di noi, ma se non ragionassimo sul senso della vita e della morte limitandoci “solo” a considerare la decomposizione di un vecchio corpo o la prematura malattia di un bambino saremmo semplimente dei bruti. Che poi, e’ esattamente cio’ che siamo oggi a furia di ragionare sull’immediato e sul contingente. Se chi ci ha preceduto si fosse comportato nello stesso modo, ci saremmo estinti da un pezzo.
Non sono assolutamente d’accordo. Se il “pensiero” si fosse dedicato all’umano piuttosto che al sovrumano non avremmo assistito nella Storia ai disastri che conosciamo.
L'”umano” e’ un articolo sopravvalutato. Concentrarsi sull’uomo significa concentrarsi su di se’. A chi/cosa serve? A fare la fine di Narciso, probabilmente.
Fino a quando l’uomo ha avuto la consapevolezza di essere nient’altro che un bullone di un colossale ingranaggio, i danni sono stati limitati. Ma da quando ha costruito a suo esclusivo uso e consumo una realta’ antropocentrica nella quale specchiarsi, i danni non si contano. Per fortuna l’impermanenza e’ la principale caratteristica della dimensione terrena in cui siamo calati, per cui tutto cambiera’ ancora, poi di nuovo, e cosi’ via. Questo ci salva.
Metafora:
se non trovo funghi in città,posso sempre provare in val di non.
E con te si torna alla Cremascolta delle origini.
Ma il”tempo” lo puoi anche annichilire, ma un contenitore in cui le cose pensate e fatte serviranno per sempre, ci è d’obbligo averlo, perché quando entriamo e usciamo da questa realtà, apparentemente inutilmente, o criminalmente, o gloriosamente, la stessa realtà non è più la stessa. INNEGABILE. E allora chiamalo tempo, chiamalo filastrocca, ma è.
Concordo, Ivano: il mistero è sempre lì. Di sicuro, qualcosa di più “sappiamo” dell’universo rispetto ai tempi di Talete (e anche rispetto a Newton) e, quindi, il mistero è… meno misterioso.
Che la teoria della relatività o quella della meccanica quantistica non dicano nulla su “come vivere”, è indubbio: non è compito della scienza.
La filosofia e la scienza hanno cercato di rispondere al “bisogno di sapere”.
Sono le religioni e le “etiche” dei filosofi che hanno cercato di indicare “come vivere bene” (ci sono state intere scuole filosofiche – quelle ellenistiche – che sono nate con questo precipuo scopo).
Non sono, mancate, è vero, etiche che sono state strumentalizzate dalla politica contro l’uomo, come del resto le religioni (ieri e oggi), vanno distinte dalla loro strumentalizzazione politica (pensiamo oggi all’Isis).
Piero, la scienza ha creato la bomba atomica. In aggiunta, dal momento che il mio post mi è stato ispirato da Ipazia, sarebbe interessante conoscere anche il loro parere. Senza tirare per la giacchetta nessuno è anche perché non si discute sugli interessi di ognuno.
Per Rita delle 14:10. Che il tempo lo abbiamo inventato noi é discutibile. Ed io che sono un umano materialista potrei risponderti che abbiamo magari inventato il calendario, ma per la necessità di dare ordine al caos che sempre lo scompagina. Ma esiste purtroppo. Chiamalo pure con altro nome, ma non cambia niente. Esiste, eccome, e nessuno scienziato potrebbe dargli un significato se non esperenziale. Quindi la scienza spesso dice un mare di cazzate di fronte al fatto che compiro’ 66 anni tra pochi mesi. Porca puritana.
Non e’ un’opinione che il tempo sia una creazione umana ma una certezza. Ti risulta che altre specie viventi, animali o vegetali o minerali, conoscano il tempo? O sei di quelli che credono che il ragionamento appartenga a noi soltanto? Spero di no.
Non c’e’ nessun caos in cui mettere ordine (la nota caotica, caso mai, e’ rappresentata dall’uomo), viviamo in un meccanismo perfetto e complesso al punto che ne abbiamo spiegato solo il 5%.
Puttana naturalmente. Quel moralista del correttore automatico del mio cellulare insiste nel correggermi. Guarda un po’ la tecnologia.
,,,,,che peccato! Mi era strapiaciuto il “porca puritana”, soprattutto in quel contesto!
Il tempo degli animali, degli amori, del calore, del letargo, del canto. Forse ce l’hanno insegnato loro il tempo. Poi non ci abbiamo ragionato troppo.
Noi, non Non.
Il tempo degli animali? Cosa vuol dire? Che il tempo di oggi e’ quello dei cyborg? In effetti, siamo ormai mezzi artificiali, pieni di chimica e di protesi. La mente, e’ ovvio, ne risente poiche’ la prima porta della Coscienza e’ la percezione, attivata dai sensi. Se non funziona quella … siamo fottuti.
Chi cerca ha già trovato…( non cercherebbe)
Quel ciò che fa diventare vivente ciò che è passato.
E’ vero, Ivano: la scienza ha “scoperto” l’enorme potenziale di energia che c’è nella materia, ma è la politica (o i militari per conto della politica) che decidono di utilizzare questa energia per scopi… benefici (pacifici) o per scopi… distruttivi come le bombe sempre più sofisticate di oggi (perfino bombe… automatiche).
La “conoscenza”, quindi, che scopre la scienza è utile all’uomo che deve decidere “come” utilizzare dette conoscenze.
Pensiamo ai progressi straordinari della medicina, pensiamo anche al progresso tecnologico che ha attenuato di molto le fatiche dell’uomo e della donna.
Vi è comunque una differenza: se la filosofia nasce dallo stupore e punta a dipanare l’enigma che ci circonda, una ricerca scientifica può essere anche… commissionata dalla politica per uno scopo pacifico o bellico.
Ha ragione Adriano. Il ritorno al vecchio Cremascolta a me non dispiacerebbe, oltre il contingente della politica, magari della cronaca degli alberi, importanti senza dubbio, ma con poco impatto esistenziale, nonostante le buone intenzioni di inscrivere il tutto in un progetto armonico di riscatto umano, sociale, culturale. Perché la mia impressione è che sempre di più, nella frammentazione contemporanea, si sia ormai perso quel filo conduttore, magari nostalgico di ideologie o sociologie, con un obiettivo certo, dichiarato . Si sta solo navigando a vista. E capisco a questo punto il disincanto di chi depone le armi della riflessione per impugnare quelle offensive della sopravvivenza del più forte. Mala tempora…
Il solo filo conduttore, Ivano, e’ quello che fa del genere umano l’enzima piu’ evoluto (forse) del microcosmo che si chiama Terra. Tutte le altre sovrastrutture, ideologie e civilta’, eccetera, sono meteore. Ne’ e’ il caso di disperarsi per la frammentazione fisiologica che precede ogni rigenerazione. Bisognera’ pur smontare la macchina per capire dove sta il guasto e poi rimetterla insieme. Puo’ darsi che la sua forma cambi, anzi e’ pressoche’ cero, ma l’importante e’ che faccia il suo servizio. Personalmente, vedo la voglia di reagire di quest’epoca come una boccata d’ossigeno.
Bello questo post.
Lascia intuire la parte di rischio della vita.
P.S.
E lo scopo è la ragione per cui uno cammina.
Mi sembra, Ivano, che il richiamo leopardiano non lasci scampo: esiste un elemento che riguarda tutti e tutto (sto digitando sulla tastiera con una mano sola), sul quale filosofia e scienza hanno risolto e non risolto.
Hanno risolto indicando, rispettivamente, vie di sopportazione e consolazione oppure soluzioni per ritardare e analgesizzare l’evento.
Non hanno risolto perché, in tanto affaccendarsi filosofico e scientifico, non riescono a porvi rimedio, a evitare che succeda.
E il punto è questo. Niente è paragonabile, in pensieri, parole e opere, a una simile dolorosa, inspiegabile, certa fine di tutti e tutto.
‘A livella.
Continuando a chiedermi di filosofia e scienza e della loro utilità inserisco nel dibattito l’opinione di Edoardo Boncinelli, genetista e divulgatore scientifico. Premetto che pubblica con una casa editrice in una collana curata da Giulio Giorello che è un filosofo, quindi, secondo il senso comune un intellettuale, come lo è la persona di cui sto parlando. Un intellettuale che però spara a zero contro gli stessi, ma non contro se stesso, schierato a favore della scienza sperimentale e contro la filosofia che considera disciplina inutile perché, a suo dire, avulsa dalla realtà. E nonostante abbia insegnato presso la facoltà di filosofia del San Raffaele di Milano non esita a dire che non ci sia idea strampalata di cui i filosofi non se siano fatto carico. In quella palestra di pensieri vari e astrusi che è appunto la filosofia. In verità l’intervista non è un granchè, ma si sa che anche l’intervistatore se non è più che preparato non è in grado di fare grandi domande, e di conseguenza le risposte sono, appunto, conseguenti. Così che di fronte ad affermazioni lapidarie si rimane un po’ sconcertati, anche se per conoscerne precisamente il pensiero c’è sempre la possibilità di leggere il suo ultimo libro che si chiama “la farfalla e la crisalide”, dove la filosofia è rappresentata dalla larva diventata poi l’insetto che altro non è che la scienza in cui l’antica disciplina si è trasformata. Quella scienza sperimentale che, nata solo 400 anni fa, è secondo Boncinelli l’unica via percorribile, visto che anche la filosofia…. E qui è discutibile senz’altro. Ma dice anche una cosa interessante quando dice dei limiti biologici del pensare umano, con la differenza, aggiungo io, che apparentemente la scienza ha camminato molto più della filosofia. E i progressi li vediamo tutti in tutte le sue articolazioni. Progressi positivi e anche molti negativi. Si muore dopo, ma ci si ammazza, anche se con armi intelligenti, dicono, la tecnologia, come dice Piero, ha alleviato il lavoro di molti, ma allo stesso tempo ha reso inutili i lavoratori, la mia macchina parcheggia da sola, ma non evita gli incidenti, e non mi vengono in mente altri paragoni se non quelli che tutti sperimentiamo ogni giorno. Ma effettivamente siamo ancora alla Notte del dì di festa, come dice anche Pietro, con la necessità secondo me di decidere di cosa abbiamo bisogno. Di più pensiero o di più macchine? Alla fine della fiera credo di più pensiero, tenuto anche conto che, “ampliatasi la platea di chi può parlare”, vedi i social, non si è assistito ad un aumento del “livello medio di conoscenza”. Se della scienza sperimentiamo tutti i giorni i vantaggi, del pensiero pare proprio che non sappiamo cosa farcene. Quindi oggi ritengo che si debba allontanarci dalla scienza e riavvicinarci alla filosofia. Sperando che lo facciano anche gli scienziati, sperando l’antica filosofia possa essere di indirizzo per le scelte, anche economiche, che la ricerca comporta. Per tornare indietro? Non so, anche se necessario. Ci siamo sputtanati il mondo fisico, anche se il ”pensiero” forse non avrebbe potuto impedirlo. O sì? Boh. Ultima piccola riflessione o domanda: la Politica non è risultato più della scienza che non della filosofia? Ma qui forse una risposta io me la sono data da tempo.
Non so se la “guerra” prossima futura sarà combattuta dal pensiero e dalle macchine; in fondo, il pensiero ha partorito le macchine e da esse trae la sua vitalità, se così si può dire. Ormai molto lontano dalle sue origini, anche il pensiero filosofico moderno risulta invischiato nel medesimo circolo vizioso, sicché per risollevarsi non rimane che la Coscienza, forse la cosa più umana (e difficile da recuperare) che esista.
Rita
1.
La facoltà immediata di avvertire, comprendere, valutare i fatti che si verificano nella sfera dell’esperienza individuale o si prospettano in un futuro più o meno vicino.
“aver piena c. della gravità del momento”
2.
Nel linguaggio comune, la valutazione morale del proprio agire, spesso intesa come criterio supremo della moralità: agire con c. (o secondo c.); venire a patti con la propria c.; avere, non avere c.
Cos’è la coscienza? Soprattutto nella seconda accezione.
??? … Chi ha scritto le definizioni sopra copiaincollate non ha mai letto Nagarjuna, ne’ Robert Lanza and Co. Ma,, cio’ che e’ peggio, non ha esperienze dirette di allargamento della coscienza. Difficile spiegare a parole cose che si possono solo sperimentare in prima persona.
Criterio personale del tutto.
P.S. “Di tutto”.
Rita, e meno male. Mai come ora c’è bisogno di piedi per terra. La semantica lasciamola alla fantascienza.
A parte il fatto che la fantascienza e’ materia per navicelle spaziali e alieni, percio’ non c’entra nulla con l’argomento in discussione, e’ chiaro che non hai la piu’ pallida idea di cosa sto parlando. Non importa. L’allargamento della Coscienza sara’ inevitabilmente lo step prossimo venturo, e non perche’ qualcuno lo ha pianificato a tavolino, ed e’ forse superfluo ricordare, che tutto e’ andato a scatafascio da quando si sono impossessati del timone tanti bravi ragazzi “con i piedi per terra”. Cosi’ ben piantati, che hanno finito per pietrificare loro e noi.
Allargamento della Coscienza? Ti rispondo con la tua aggressività: stronzate. Anzi, fantascienza. Repetita iuvant.
Se esprimere la propria opinione (contraria) e’ aggressivita’ e tale opinione, quando espressa, e’ una stronzata, allora parla tu, Ivano. Io me ne vado piu’ volentieri al mare al posto di star qui, per dovere d’ufficio, a seguire i post altrui. Un ragionamento che hanno gia’ fatto in tanti, com’e’ noto.
“Non hai la più pallida idea” per me è aggressività, come quella che hai usato con Cardile, che difatti non ha più
replicato. Quanto al resto lasciamo stare. Avrei più argomenti di te se volessi cercare alleanze. È la solita storia della pagliuzza e della trave. Vai pure al mare.
Sono al mare, infatti, le giornate di fine stagione sono sempre le migliori, tuttavia l’azzurro calmo calmo come una bella addormentata non m’impedisce di sbirciare ogni tanto il telefono. Anch’io non ho la piu’ pallida idea di molte cose, matematica e fisica ad esempio, e la cosa non mi turba affatto. Vivo lo stesso. Cosi’ com’e’ chiaro che tu non abbia mai approfondito alcuni argomenti, che evidentemenre non t’interessano. Se pertanto io parlo di allargamento della Coscienza, o di biocentrismo, e tu rispondi con una definizione da vocabolario, o tiri fuori “Guerre Stellari”, il discorso puo’ dirsi terminato ancor prima d’incominciare. Ed e’ inutile, a questo punto, dare dell'”aggressivo” a chi esprime opinioni che contrastano con la nostra personale visione della vita, o, peggio, minacciare improbabili alleanze. Siamo in guerra? Si, in effetti, ma finanziaria. La Coscienza non c’entra.
“Che ne sai tu di un campo di grano,poesia di un amore profano…”
Battisti.
Cosa c’è che tu sai che io non so…
è edificante.