La meritoria mostra di Libero Donarini mi ha piacevolmente riportato indietro nel tempo, ricordandomi un articolo apparso il 23.2.1991 sulle pagine di un settimanale locale sotto il titolo “IL SIMBOLISMO ERMETICO NELLA FRONTE DI NOSTRA SIGNORA DELLA MOSA- Una lettura antropologica della facciata della Cattedrale di Crema”. L’ interpretazione che a quel tempo avevo dato dei numerosi simboli presenti sulla facciata del duomo più volte l’ho sentita ripresa da storici e guide locali. Mi permetto, ancora una volta abusando della disponibilità del blog, di riproporla in riassunto.
Gli elementi che compongono la facciata del Duomo di Crema, hanno una datazione compresa tra il XII e XIV sec. l ‘innalzamento della parte superiore è stato completato solo nella prima metà del 1300,ma della precedente chiesa, distrutta durante l’ assedio del Barbarossa vennero incorporati: alcuni pilastri interni, il portale, l’ impianto planimetrico e parte della muratura. Nettamente visibili, alla base esterna dell’ edificio sacro, sono alcune linee di demarcazione che segnano l’innesto della nuova costruzione sui resti della precedente … Se la panoramica è sacrificata dall’attiguo palazzo comunale, la rosatura a vista del cotto, le finestre a cielo aperto, la finta loggetta con terminazione a capanna, danno all’insieme una proiezione aerea slanciata e armoniosa. All’interno della chiesa una lapide, oggi scomparsa, ne attribuiva la costruzione a Maestranze Campionesi. I Campionesi furono geniali architetti, degni continuatori dell’ opera dei Maestri Comacini. Questi ultimi appaiono già nell’editto di Rotari (a.643) e nel memoratorio di Liutprando (a. 713). Riuniti in associazioni di compagnonaggio, formate da carpentieri e muratori, espletavano liberamente l’ esercizio della loro arte. I capimastri e gli scalpellini che operarono la costruzione e le decorazioni del Duomo di Crema erano dunque affiliati ad una di quelle corporazioni, eredi dei collegia fabrorum romani. Sull’arte sacra e sui segreti di questi maestri sono stati scritti parecchi libri; è certo che affidarono le loro conoscenze al simbolismo delle pietre affinché chi ne avesse avuto “l’intendimento” avrebbe potuto decifrare e comprendere il significato di quei segni . Ė provato lo stretto rapporto esistente tra ordine templare-cistercensi-maestri comacini; così pure l’ influsso che l’architettura islamica pare abbia esercitato sui reduci delle prime crociate. Motivi orientaleggianti (bifore trilobate, archi moreschi , palme, arabeschi e il campanile, così affine alle torri spagnole e nordafricane) e richiami strettamente derivati dall’originale modello cistercense (abside quadra ,volte a crociera, luminosità e proporzioni) da tempo sono stati oggetto di attente rilevazioni. Alcune strane ed enigmatiche presenze sembrerebbero però convalidare l’ipotesi di un messaggio simbolico, da secoli silenziosamente celato, giunto inalterato fino ai nostri giorni. Ha sempre destato meraviglia e perplessità la pietra rozzamente squadrata inserita a circa 2 metri dal suolo, incastonata nel fianco settentrionale, a lato del portale maggiore. Essa risalta in mezzo al cotto della parete ed è escluso un suo inserimento per fini angolari. Secondo René Guenon per i tagliapietre e i costruttori medioevali la pietra grezza significava: “la materia prima indifferenziata, o il caos con tutte le corrispondenze sia macrocosmiche sia microcosmiche, mentre la pietra tagliata in tutte le sue facce rappresentava al contrario il compimento e la perfezione dell’ opera”. In alchimia la pietra grezza è rappresentata da un quadrato che porta sul lato inferiore una piccola croce. L’artista dovrà intagliarla e trasformarla in pietra cubica, ma solo il saggio e l’iniziato potranno ricavare da essa la pietra filosofale, idealizzata con un quadrato sormontato da una croce. La pietra cubica, squadrata ma non ancora levigata, che sta alla base del Duomo, per comparazione simbolica, è assimilabile al peccatore e occupa il gradino più basso della scala cosmica a causa delle sue imperfezioni . Solo dopo l’unione eucaristica si opererà la vera trasmutazione; non a caso l’ideogramma della pietra filosofale equivale a quello dell’altare. Dei due piccoli telamoni che reggono l’architrave del portale quello di destra porta sulla spalla un piccolo demone con corna e coda. Queste cariatidi, accovacciate per lo sforzo, sono l’immagine del fedele che si sottopone volontariamente alla disciplina ma è sempre soggetto alle possibilità della tentazione. L’architrave del portale frontale ospita cinque clipei, riproducenti quattro teste: al centro dimora l’Agnello sacrificale. Secondo lo Zavaglio raffigurerebbero il popolo di Cristo, rispettivamente da sinistra a destra: il clero secolare, quello regolare, il presule e il laico. Il timpano è occupato da due statue di santi e dalla Madonna con bambino. La nicchia è il luogo dell’epifania divina e la Vergine, con la sua posizione centrale corrisponde alla Madre Universale … Nei due oculi sovrastanti è traforata una stella a cinque punte. Il pentagramma rappresenta l’uomo, posto in posizione eretta con le gambe divaricate. Le cinque punte della stella corrispondono alla testa e agli arti. Così nell’ermetismo viene indicato l’archetipo dell’uomo universale (che gli arabi chiamano al-insận al Kậmil), l’eletto che si è liberato di tutti i falsi impedimenti e ha preso coscienza della sua vera natura che è divina. Due finestre a vento, simili a porte aperte sull’infinito, affiancano il rosone centrale. I motivi ornamentali dei tralci e dell’uva circondano le ghiere delle bifore. Nel misticismo cristiano la vite, immagine della conoscenza, viene paragonata con l’albero della vita. La vigna è il regno dei cieli e il suo frutto l’eucarestia. Una costante delle cattedrali gotiche è il rosone. Il significato alchemico della ruota, come nei testi biblici, è quello di veicolo cratofanico, che va e viene fra terra e cielo, unendo mondo divino e mondo profano. Cosmologicamente il fulcro raffigura il cielo e la circonferenza è la manifestazione. Secondo questa visione analogica la circonferenza identifica l’essere e il centro la legge di Dio; i raggi sono i sentieri, le molteplici vie che portano alla sede del principio unico, origine di tutte le cose … Il significato della rosa varia dal numero dei petali che la compongono. La finestra a vento birosonata, posta a sinistra, è formata da due ruote con otto petali, nel rosone centrale i petali sono sedici. Secondo i pitagorici otto è il numero della giustizia, della salvezza e della conservazione mentre sedici è il numero della felicità. Tanti sono i profeti del vecchio testamento, altrettanti gli apostoli con gli evangelisti del nuovo. Nella parte mediana-superiore ornano i contrafforti laterali due formelle una circolare e l’altra quadrata. Nell’architettura tradizionale la forma circolare e sferica si riferisce al mondo celeste mentre quella quadrata al mondo terrestre. Tali corrispondenze concordano con i presenti schemi geometrici. La formella settentrionale, di forma circolare, contiene sette cerchi, equivalente dei sette pianeti, quale rappresentazione dell’universo medioevale conosciuto. La formella meridionale è invece quadrata e divisa in scacchiera. Su di essa si confronta il mondo delle forme, esposto al giogo dell’ambivalenza (bianco-nero, positivo-negativo, maschile-femminile). Queste antitesi sembrano cadere, superate dalla figura della palma, posta nel quadro sovrastante. La palma, simbolo della vittoria, della rigenerazione e dell’immortalità, viene ripetuta alla sommità dei tre archi. Una loggetta terminale chiude la facciata con 33 colonnine disposte ad alfa. Alla luce delle note precedenti non può che identificarsi con il Cristo-Verbo. All’estremità del tetto a capanna svettano tre cuspidi, esplicito rimando al principio trinitario. La Trinità e il Cristo dall’alto di questa piramide simbolica sovrastano il peccatore (la pietra cubica), i fedeli (le cariatidi), il popolo di Cristo (i clipei), la Materia Prima (la Madonna), gli eletti (le stelle), gli apostoli e gli evangelisti (il rosone), dominano il mondo terrestre e quello celeste (le formelle), vigilano sui misteri dell’albero della vita (la vite) e dell’ascensione (la palma)…. Attraverso questa lettura l’importanza del monumento storico, la preziosità estetica diventano corollari secondari, la cattedrale riacquista il suo significato originario: libro di pietra, chiave per l’approfondimento della speculazione metafisica.
Commenti
Grazie, Walter, per il bell’articolo. Questo libro di pietra che abbiamo in città, scolpito come una tavola multa paucis, grazie a te e a coloro che precedentemente ne hanno scritto diventa meno ermetico. Crema ha evidenze inevidenti che potresti continuare a evidenziare a nostro beneficio.
Mi permetto tre brevi note. La prima. Mi stupisce sempre il contrasto tra il valore di ciò che il passato ci ha trasmesso in città, in questo caso in piazza Duomo, e le cialtronate che ci vengono organizzate oggi, in particolare in questa piazza. La seconda. Ogni epoca ha per specchio anche i propri monumenti, civili o religiosi. Le chiese costruite in città nel Novecento sono lo specchio di quello che per Crema è stato, non solo in architettura e in urbanistica, un vero e proprio saeculum horribilis. Peccato che si voglia proseguire così, ad esempio col progetto di cementificazione, bitumazione, destinazione a parcheggi (drenanti, beninteso) degli Stalloni, per edificarci la nuova Cittadella della Puntura (e che punture) a meri fini di cost cutting sanitario regionale, oltre che per costruirci i fabbricati per l’Hosting territoriale (e che hosting). Pasquino ha tutta la mia solidarietà nella sua battaglia per il verde, in riva al fiume dove lo si vuole ripristinare ma, a maggior ragione, dove il verde c’è ancora e lo si intende sacrificare. La terza. Intorno a Crema e anche in ampi spazi cittadini, il consumo di suolo continua senza freno. Se fossimo ancora capaci di costruire chiese come il Duomo (il problema è che mancano i costruttori), verrebbe da dire: più chiese, meno case.
Bravo Walter! Non importa che tutti sappiano capire, ma che sappiano cosa perdono a non saper capire sì. Un tempo conoscevo simboli alchemico-esoterici, e girare per cattedrali e cimiteri monumentali, italiani o esteri, era per me e mia moglie come sfogliare un libro, non di storia, di storie! E ciò andrà perduto, salvo pochi appassionati. Ma ne conosco uno, mio amico intimo, che per Crema ha bazzicato e ora ristruttura trulli nel leccese: col tuo permesso gli passo il tuo articolo.
Mi sorprendi sempre di più, Walter: non vi è ambito in cui tu non sappia muoverti con una cultura molto vasta.
Il tuo intervento, indirettamente, mi aiuta a comprendere ancora di più la bellezza delle opere di Libero Donarini (dettagli della cattedrale ricostruiti con scrupolo religioso alla ricerca proprio dei simboli di cui tu parli), da cui tu hai preso lo spunto.
Mi permetto solo una considerazione, sempre da profano.
Tutta quella ricchezza simbolica che vedi nella facciata della cattedrale di Crema a chi era manifesta? Al popolo o a una élite aristocratico-colta?
Abbiamo sempre letto che le opere d’arte contenute nelle chiese altro non erano che la Bibbia… spiegata al popolo, ma in questo caso siamo di fronte a un simbolismo che di sicuro il popolo non era in grado di cogliere.
Questa mia considerazione, naturalmente, è solo… laterale e non ha nulla a che vedere con il valore e la ricchezza spirituale dei simboli in questione.
Grazie, Walter!
Il linguaggio simbolico è indubbiamente un linguaggio elitario che però non trova identità in quelli che solitamente vengono considerati poteri forti (finanziario, accademico). Se nella prassi corrente del mondo moderno denaro, nozionismo e dialettica sono mezzi indispensabili per ottenere il successo, per chi voglia percorrere la via della Tradizione diventano veri ostacoli. Ecco allora che “il regno dei cieli” è più vicino ai semplici che non ai dotti , è più accessibile ai poveri che non ai ricchi. La comprensione del simbolo è corrispondente alla capacità intuitiva nel saper interpretare la gradazione dei significati che esso cela. Questi saranno tanto più profondi quanto più sarà chiara la sua onestà intellettuale.
Da considerare, Walter, che il linguaggio simbolico tradizionale era poco o nulla compreso gia’ all’epoca di queste costruzioni in cui spesso gli architetti si limitavano a ripetere “motivi” che prima di loro altri avevano ripetuto. Bisogna andare molto, ma molto, indietro nel tempo per ritrovare la matrice di tanti rosoni di cattedrali che si rifanno alle Otto Direzioni sacre che, a loro volta rimandano alla conoscenza di una scienza sonica largamente nota agli Antichi, la quale si rifa’ alle Tre Ottave. Viene un po’ lunga.
Semplificando…
Quello che c’è in chiesa è già nella sua facciata.
Alcune riflessioni a margine del prezioso post di Walter e dei commenti (all’altezza!) di Adriano, Piero, Pietro e Rita (strettamente in ordine alfabetico, ovviamente!).
– Ne vale la pena?
E’ una domanda che mi pongo spesso considerando il tempo e le energie da dedicare al Blog, e la risposta, (e prendo solo spunto da questo caso specifico) è si! Perchè CremAscolta svolge un ruolo fondamentale per fare da ponte tra una cultura che molto spesso ama drappeggiarsi , avvolgersi nei suoi paludamenti escludenti, e la superficialità di consumo veloce che imperverserebbe altrimenti del tutto incotrastata.
– Andare ….. “in direzione ostinata contraria” al “main stream” è scelta elittaria da intellettuali segaioli? E la risposta è no! Anzi è precisa eneludibile responsabilità di chi ha raggiunto la consciousness di avere un capozza pensante, esprimersi in libertà (ovviamente facendo del tutto per usare un linguaggio che sia accessibile ai più!) in modo del tutto personale per dare il proprio autentico contributo alla comunità socio/culturale che costituisce il suo “intorno”.
Messi giù questi due paletti, diventa discendente (massì, da abbastanza l’idea di qualche cosa che senza spinta alcuna va in una direzione, no?) un bel grazione a Walter che ha deciso di fare uscire dalle “stanze riservate della Cultura” il bel post che ha titolato (con un pochetto di ….provocazione, neh!) SIMBOLISMO ERMETICO NELLA FRONTE DI NOSTRA SIGNORA DELLA MOSA.
A me, ha acceso la voglia di andare a (ri)leggerli questi “segni” su quel bel librone squadernato nel cuore della Città !
Ne vale la pena? Non certo di seguire le orme e aggregarsi a chi mi invita non solo a capirle, ma a riattualizzarle queste cose; sì, a non lasciar cadere un mistero che abbiamo sotto gli occhi molto più palpitante di quello dei Maya o che so io di esotico che ci avvince. Ne vale la pena sì, perché Crema è anche questo nel suo profondo, come ma forse più di tante altre città.
Se teniamo presente che la chimica delle origini non distingueva nettamente i propri simboli da quelli alchemici, ma ora non distingue più se stessa dalla fisica quantistica, così anche per le mura cui ci appoggiamo e i selciati su cui camminiamo dobbiamo render ragione delle origini, non tutti, ma in numero tale da poter passare dei messaggi, anche a giovani ingegneri che potrebbero guardarci sarcastici. Grazie Walter.
La Tradizione non ha bisogno di essere “riattualizzata”, caso mai siamo noi – i cretini digitali – a doverci risintonizzare sulla corretta lunghezza d’onda, ovvero la linea da essa indicata. Corretta in quanto unica umanamente possibile e appartenente a un ordine Superiore. L’uomo si e’ ripiegato sull’uomo negli ultimi tre secoli, perdendo cosi’ di vista segni e simboli “attivi” dall’enorme valenza spirituale. Quei simboli giacciono tuttavia dentro di noi, non sono morti, dobbiamo “solo” tirarli fuori, si puo’ fare. Anzi, si deve. Inutile dire che la condivisione dei simboli implica vari altri concetti, in primis quelli di comunita’ e identita’. Non stiamo parlando di noccioline.
“…non sono morti, dobbiamo “solo” tirarli fuori, si può fare. Anzi si deve…” (Bella)
E sottolineo “Si può fare”.
La mostra dei particolari del nostro duomo realizzati in quattro anni di lavoro e’ solo un gesto d’amore per un monumento simbolo della nostra città. Sono contento di aver dato a tanti visitatori la possibilità di alzare gli occhi intanto che sorseggiano l’aperitivo nei bar e scoprire ciò che uno sguardo superficiale sorvola.
La recente riedizione del mio articolo sulle immagini simboliche presenti nel Duomo di Crema ha suscitato, tra gli amici vicini e lontani, una curiosità che mi ha spinto a stendere alcune considerazioni. Riguardano soprattutto le possibilità di una nuova agognata e legittima aspirazione turistica a cui Crema, con suoi monumenti e la sua storia, potrebbe giustamente ambire. Mi ha sempre piacevolmente sorpreso la gioia e l’interesse che i visitatori (giovani, vecchi, stranieri o circonvicini) dimostrano quando vengono accompagnati nel centro storico o percorrono la nostra campagna. Questo compiacimento è indice manifesto di una affezione che andrebbe convenientemente coltivata dagli autoctoni. Indubbiamente vanno “sfruttate” alcune recenti opportunità, come quelle che hanno indotto piccole schiere di cinefili, provenienti dalle diverse parti del globo giungere nella nostra città, per toccare con mano le bellezze paesaggistiche e monumentali riprodotte nel film di Guadagnino. Ma anche altre potrebbero essere le attrattive. Ad esempio quelle del richiamo misterico/simbolico e perché no magico che la città, con le sue piccole potenzialità, è in grado di esercitare. Crema possiede un ricco patrimonio di leggende storiche e di produzioni artistiche che forse andrebbero meglio conosciute. Per fare solo un esempio rimando alla lettura alchemica di alcune esecuzioni pittoriche del Barbelli presenti in villa Tensini e alla oscura e tragica morte del suo committente. Tali opportunità , che non si tratta di inventare ma di conoscere meglio, potrebbero indirettamente portare la città ad essere più conosciuta e quindi più apprezzata. Infatti l’offerta del richiamo allettante, ma se vogliamo strumentale, sarebbe sempre inferiore alle potenzialità espresse della realtà esistente. Naturalmente occorre dare per scontato che, al fine di favorire la migliore accoglienza: non sussistano disfunzioni organizzative, museo, ristoranti e chiese siano aperti, negozi ed esercizi non pratichino prezzi da strozzinaggio.
Direi che volendo sponsorizzare un “turismo sapinziale” a Crema gli stimoli non mancano. E’ risaputo che molti nobili cremaschi fossero “dentro le segrete cose”, come rivelano i palazzi e le chiese, difatti la prima cosa che incontra l’ignaro visitatore entrando da porta Ombriano e’ l’occhio di Horus stampato sulla facciata di Santa Trinità.
E’ vero, Libero: la tua mostra è uno stimolo per tutti ad andare oltre lo sguardo superficiale della facciata di quel tesoro che è il nostro duomo.
Oltre, c’è tanta bellezza, c’è tanta geometria, ci sono simboli che hanno una grande ricchezza simbolica.
Il fatto che abbia spinto il nostro Walter Venchiarutti a togliere il velo su tanto simbolismo nascosto ai profani, è già un primo frutto.
Stiamo cercando un filo conduttore che possa sostenere l’idea (lanciata prima da Ivano Macalli, poi da Adriano Tango) di fare di Crema la capitale (italiana? europea?) della cultura: forse qualche suggestione comincia a manifestarsi.
Hai ragione, Walter: il nostro territorio non ha solo le bellezze paesaggistiche che il film di Guadagnino ha esplorato, ma ha anche molto di più.
Esploriamolo!