SCUOLA DI EDUCAZIONE ALL’ECONOMIA – ANNO II^
Di seguito le lezioni:
1° Lezione
LO SCENARIO DELLA “CRESCITA SENZA LAVORO”:
UN INCUBO O UNA LIBERAZIONE PER L’UMANITÀ?
RELATORE: PROF. DOMENICO DE MASI
(2 FEBBRAIO 2018 SALA CREMONESI ORE 21)
Ogni anno si vendono nel mondo circa 200.000 robot industriali
che sono le macchine più onnivore di lavoro umano.
A moltiplicare le rendite non è più il latifondo fertile
né la grande acciaieria: è la piattaforma, l’algoritmo, il software.
Figure professionali a rischio
Una rivoluzione, guidata dagli algoritmi, che distruggerà entro un arco temporale relativamente breve, decine (o forse centinaia) di milioni di posti di lavoro.
A rischio, in primo luogo, sono gli operai, e non solo in Occidente (In Cina, “nelle zone più industrializzate, come la provincia di Guandong, si mira alla completa robotizzazione, entro il 2020, di otto fabbriche su dieci, riducendo così il 90% dei lavoratori e lasciando solo il 10% costituito da informatici e da manager”).
A rischio gli addetti ai call center e alla reception minacciati da robot-segretarie; le cassiere dei centri commerciali, i taxisti e camionisti (quando auto e camion saranno “completamente driverless”).
A rischio pure gli stessi giornalisti: “in un primo momento le macchine digitali tolgono ai giornalisti il lavoro più noioso […], poi li sostituiscono in tutto”.
Perfino consulenti finanziari, medici specializzati nella diagnosi (“Watson riesce a consultare duecento milioni di pagine in 3 secondi e il suo referto è smistato al medico, all’infermiere, al farmacista, al paziente”)
Vi è chi sostiene (lo studio Mc Kensey) che “entro il 2025 ben 250 milioni di posti di lavoro di knowledge workers saranno rimpiazzati da software”!
Quello che si profila è, nel lungo termine, una “crescita senza lavoro” (jobless growth).
Uno scenario da incubo? Il prof. Domenico De Masi non nasconde le sofferenze che tale rivoluzione (già in corso) provocherà, ma nello stesso tempo, vede nel processo in atto, pur doloroso, l’alba di nuova era per l’umanità: l’era della liberazione “dal lavoro fisico e dallo stress intellettuale”, un’era caratterizzata non più dal “diritto al lavoro” (la condizione industriale), ma dal “diritto all’ozio” (la condizione post-industriale), non dal modello del lavoro onnivoro nato “nell’Ottocento inglese con le miniere e le filande”, ma da quello di Atene “dove l’ozio creativo consentiva serenità e bellezza”. Un’era che potrà davvero espandere la civiltà perché questa “non è dal lavoro che nasce […] ma dal tempo libero e dal gioco”.
Lavori sottopagati – a causa di un mercato digitale globale -, sempre più sciolti dai luoghi fisici e dall’orario di lavoro, sempre più mescolato con la vita
Questo nel lungo termine. E nel futuro prossimo? La rivoluzione digitale creerà, indubbiamente nuove opportunità di lavoro, ma in numero considerevolmente inferiore: ogni app, ad esempio, che “per essere inventata, quasi sempre richiede la creatività di una o due persone, toglie lavoro a migliaia di uomini”.
I nuovi posti di lavoro, poi, saranno sempre più dislocati nei Paesi emergenti dove il costo del lavoro è più contenuto (e “ciò indurrà il lavoratore occidentale ad accettare di essere sottopagato pur di avere un lavoro”).
Si apriranno nuove prospettive. La stessa Industria 4.0 creerà nuove figure professionali (vedi Germania e Corea del Sud). Crescerà inoltre la domanda nei settori dei servizi alle persone anziane, del problem solving, della ricerca, della sperimentazione, del tempo libero.
Sempre meno rilevante sarà il luogo fisico e l’orario di lavoro, sempre più verrà meno la separazione netta tra vita e lavoro (“in molte aziende verrà abolito l’orario di lavoro”).
E per chi (una miriade di persone) non avrà un posto di lavoro? Sarà necessario il “reddito di cittadinanza” o “il salario minimo”, ma non permanente né universale, in una misura che non incentiverà l’inattività, un reddito da “abbinare col servizio civile obbligatorio”: “uscire di casa e regalare a qualcuno che ne ha bisogno un brandello della propria professionalità significa autorealizzarsi. Molte volte meglio lavorare gratis che non lavorare affatto, Perciò, disoccupati di tutto il mondo, connettetevi! Non avete da perdere che la vostra depressione!”
Sempre più crescerà la ricchezza, ma anche sempre più cresceranno le disuguaglianze sociali: si pensi che il co-fondatore di Uber, Travis C. Kalanick, ha accumulato in soli cinque anni “un patrimonio di 6 miliardi di dollari!
Sono questi alcuni dei temi sviluppati dal prof. Domenico De Masi che si trovano nelle sue pubblicazioni più recenti (libri che potranno essere acquistati la sera stessa del 2 febbraio presso la Sala Cremonesi):
Una semplice rivoluzione. Lavoro, ozio, creatività, Rizzoli 2016,
Lavorare gratis, lavorare tutti. Perché il futuro è dei disoccupati, Rizzoli 2017,
Lavoro 2015, il futuro dell’occupazione (e della disoccupazione), Marsilio Editore 2017.
ABSTRACT
La società post-industriale, a differenza di quella industriale, non sarà più segnata dalla produzione in serie di beni materiali, dalla prevalenza del lavoro operaio e dalla divisione del lavoro, ma dalla centralità dei beni immateriali e da uno sviluppo senza lavoro.
Il Primo Mondo produrrà sempre più “idee”, i Paesi emergenti beni materiali e il Terzo Mondo fornirà materie prime e manodopera a basso costo.
Già oggi il lavoro fisico e quello impiegatizio sono in fase di decrescita, mente un forte aumento sta registrando il lavoro intellettuale creativo.
Tutto sta cambiano rapidamente.
Le tecnologie in primis: pensiamo solo che un chip oggi ha una potenza di 70 miliardi di volte maggiore di quello in uso negli anni Settanta e che nel 2030 ne avrà una centinaia di miliardi di volte quello attuale.
Si lavoreranno sempre meno ore e si produrrà considerevolmente di più (gli italiani oggi producono 23 volte di più e con molte meno ore rispetto a quanto veniva prodotto nel 1891).
Nel 2030 un ventenne dedicherà al lavoro solo il 10% del totale che avrà a disposizione.
Si dilaterà, quindi, il tempo libero. Già nel 1930 Keynes così scriveva: “Per la prima volta dalla sua creazione, l’uomo si troverà di fronte al suo vero, costante problema: come impegnare il tempo libero che la scienza e l’interesse composto gli avranno guadagnato, per vivere bene, piacevolmente e con saggezza”.
Ma c’è anche il rovescio della medaglia.
Il Pil pro-capite nel mondo crescerà del 159%, ma le disuguaglianze, se non si prenderanno misure forti, cresceranno sempre di più: oggi “gli 8 più ricchi del mondo posseggono la stessa ricchezza di mezza umanità (3,6 miliardi)” e, in Italia, nel 2007 “le 10 famiglie più ricche possedevano la stessa ricchezza di 3,5 milioni di poveri”, e nel 2017 “le 10 famiglie più ricche posseggono la stessa ricchezza di 6 milioni di poveri”!
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l’intervista:
2° Lezione
VERSO UN MONDO “SMART”?
Prof. Giovanni Righini
Martedì 6 febbraio, Sala Cremonesi, ore 21
Cerchiamo di non farci distrarre dalla retorica dell’innovazione:
stiamo entrando in un neofeudalesimo,
e un pugno di aziende tecnologiche americane
sta trascinando a forza tutti nell’impresa più antidemocratica della storia.
(Evgeny Morozov)
Le tecnologie digitali hanno invaso e invaderanno sempre più la nostra vita quotidiana. Tutto sarà sempre più smart. È il trionfo degli algoritmi che vengono applicati a tutto: ai nostri orologi, ai nostri elettrodomestici, alla stessa sveglia che ci sveglierà prima dell’ora programmata perché dovrà avvertirci della presenza di code sulla strada che ci conduce al lavoro, alle auto che nell’arco di pochi anni saranno completamente driverless. Sempre più ricorreremo a piattaforme quando abbiamo bisogno del taxi (Uber) o quando cercheremo un alloggio mentre saremo in viaggio (Airbnc) e sempre più acquisteremo online.
Tutto sta cambiando radicalmente. Crescerà la stessa economia della condivisione (dalla bicicletta all’automobile) e della collaborazione (pensiamo a quella gigantesca opera che è Wikipedia).
In un futuro non remoto un traduttore automatico e simultaneo consentirà a tutti la possibilità di comunicare con qualsiasi abitante del pianeta.
Vi è chi già parla di “smartification” della vita quotidiana.
Ma… è tutto oro quello che luccica?
È questo lo sfondo entro cui si muoverà martedì 6 febbraio Giovanni Righini: professore associato di ricerca operativa presso il Dipartimento di Informatica dell’Università degli Studi di Milano, dove ha fondato e dirige dal 1998 il laboratorio di ricerca operativa OptLab, nonché professore a contratto presso il Dipartimento di Scienze delle Decisioni dell’Università Commerciale “Luigi Bocconi” di Milano.
Un curriculum di alto profilo: ha conseguito presso il Politecnico di Milano la laurea in ingegneria elettronica (indirizzo informatico) nel 1988 e il dottorato di ricerca in ingegneria dell’informazione e dell’automazione nel 1993; è stato borsista post-doc nel programma “Human Capital and Mobility” della Comunità Europea nel 1993-94 presso la Technische Universiteit Eindhoven e visiting scientist presso l’Universidad Complutense de Madrid nel 2011-12; è membro del comitato scientifico dei Cologne-Twente Workshops on Graphs and Combinatorial Optimization; la sua attività di ricerca riguarda principalmente lo sviluppo di modelli e di algoritmi di programmazione matematica per problemi di ottimizzazione combinatoria. E’ autore di più di quaranta pubblicazioni su riviste scientifiche internazionali. Partecipa attivamente a progetti di ricerca applicata finanziati da enti pubblici ed aziende private; la sua attività didattica copre diversi insegnamenti nell’ambito del percorso “Analytics and Optimization” della laurea magistrale in informatica: Ricerca operativa, Ottimizzazione combinatoria, Logistica, Complementi di ricerca operativa, Algoritmi euristici (Contatti: Giovanni Righini, Università degli Studi di Milano, Dipartimento di Informatica, Polo Didattico e di Ricerca di Crema, Via Bramante 65, 26013 Crema (CR), E-mail: giovanni.righini@unimi.it, Web page: www.di.unimi.it/righini).
Il prof. Righini, oltre a riportare diverse applicazioni, ci aiuterà a definire con correttezza le parole-chiave e le coordinate entro cui collocare ordinatamente le innovazioni al fine di evitare l’assolutizzazione di un punto di vista parziale (informatico, economico, ingegneristico). Metterà poi in luce la relazione tra problemi da risolvere, modelli, dati, algoritmi, soluzioni, decisioni, evidenziando opportunità e rischi. Esaminerà, infine, l’impatto sul lavoro sotto il profilo della formazione.
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l’intervista:
3° lezione
UNA RIVOLUZIONE CHE STA TRASFORMANDO
RADICALMENTE L’INTERO MONDO ECONOMICO
(Pericoli e sfide di un promesso Eldorado)
Prof. Ernesto Damiani
Venerdì 9 febbraio, Sala Cremonesi, ore 21
Il Flash Crash e la crisi del 2008 sono solo due esempi storici
di ciò che può accadere quando le macro-organizzazioni
fanno troppo affidamento sui processi automatizzati
(Ernesto Damiani)
L’impatto delle tecnologie digitali nei vari settori dell’economia è enorme:
- in agricoltura: con l’agricoltura di precisione, basata sulla elaborazione dei Big Data, si potrà ridurre drasticamente il problema della fame nel mondo e conterrà in modo drastico l’inquinamento;
- nella ristorazione: è in fase di sperimentazione un robot in grado di preparare 360 hamburger all’ora;
- nei centri commerciali in cui le cassiere saranno sostituite da casse self-service;
- nell’industria 4.0 che genererà “fabbriche intelligenti” che cambieranno profondamente la qualità del lavoro;
- nell’edilizia: una stampante 3D arriverà a fabbricare una casa in 24 ore;
- nel settore dell’assistenza: in Giappone si sta investendo miliardi di dollari in robot-infermiere e robot-badanti;
- nei trasporti: in fase di sperimentazioni sono i camion che si guidano da sé e trasporti tramite droni.
Sarà in questi ambiti che si muoverà venerdì 9 febbraio Ernesto Damiani: professore ordinario presso il Dipartimento di Informatica dell’Università degli Studi di Milano, dove dirige il laboratorio di ricerca SESAR e coordina diversi progetti di ricerca su larga scala finanziati dalla Commissione Europea, dal Ministero della Ricerca italiano e da società private come come British Telecom, Cisco Systems, SAP, Telecom Italia e molti altri. Un docente di spicco: è direttore del Centro di ricerca su Internet-of-Things presso la Khalifa University di Abu Dhabi e leader dell’Iniziativa sui Big Data presso l’Etisalat British Telecom Innovation Center. Gli interessi di ricerca di Ernesto includono le tecniche e i sistemi per l’analisi dei Big Data rispettando la privacy; è uno dei ricercatori italiani in Informatica più prolifici, con oltre 530 pubblicazioni sull’indice internazionale Scopus; è autore di numerosi libri in italiano e in inglese ed è titolare di diversi brevetti; è attualmente il Principal Investigator del progetto TOREADOR H2020 su modelli e strumenti per Big data-as-a-service, il più grande progetto europeo a guida italiana in questo settore.
Per i suoi contributi alla ricerca e alla didattica sui Big Data, Ernesto Damiani ha ricevuto il dottorato ad honorem dall’Institut National des Sciences Appliquees (INSA) di Lione, una delle principali Ecole d’Ingenieur francesi, e il premio internazionale “Stephen Yau” da IEEE ICWS/Services Society.
Oltre ad affrontare la rivoluzione in corso nei vari settori economici (da Industria 4.0 alla agricoltura di precisione e alla stampa 3D), il prof. Ernesto Damiani analizzerà la mole di informazioni (immensamente superiori a quelle del passato) che i consumatori forniscono alle aziende e la stessa mole di informazioni che passano da un’azienda all’altra (le moderne catene di fornitura sono basate sulla condivisione di una miriade di dati sulle località di produzione, le capacità di magazzino, persino sul personale impegnato nelle varie operazioni di filiera)
Come e quando le aziende “rubano” dette informazioni ai consumatori? Non solo quando questi navigano sul Web: con l’avvento dell’Internet-of-Things, ovvero la connessione continua alla Rete di dispositivi eterogenei dagli smartphone ai frigoriferi, le aziende registrano dati sui consumatori in ogni momento della loro vita. L’uso generalizzato delle tecnologie digitali sta creando così tanto “scarico di dati” che interi settori economici sono nati attorno alla raccolta, conservazione, protezione, implementazione e, soprattutto, comprensione dei nostri dati.
Oggi, le informazioni raccolte sono utilizzate soprattutto per studi di correlazione, che mirano a identificare opportunità commerciali verso i clienti finali oppure opportunità di abbattimento dei costi lungo la catena produttiva. Per esempio, i dati sugli accessi ai siti Web raccolti da Google e da altri operatori (i cosiddetti click-stream) dimostrano che le persone che hanno letto di recente necrologi online tendono ad essere acquirenti di auto a noleggio nel fine settimana. Il pensiero economico e quello filosofico ci dicono che concettualmente la correlazione tra questi eventi non permette di dedurre la causalità (a meno di non cadere nel classico errore del “post hoc ergo propter hoc”). Ma in questo caso la deduzione – potenzialmente erronea – è confermata dai fatti, o meglio dal comportamento dei soggetti economici: la correlazione è ritenuta abbastanza significativa dal mercato perché le pubblicità degli autonoleggi compaiano di fronte al cliente subito dopo che ha letto un necrologio.
Il cosiddetto “Devil’s Algorithm” di Facebook, che è stato indicato come responsabile della crescente insularità di pensieri e convinzioni sui social network (dove le persone che condividono opinioni e pregiudizi tendono a parlare solo tra loro e a rinforzare/estremizzare le loro opinioni) è in realtà un filtro che ci mostra preferenzialmente contenuti simili (nel senso di passate co-occorrenze, più che di similarità di contenuto) a quelli su cui abbiamo espresso gradimento in passato.
È facile prevedere che le aziende che prospereranno di più nei prossimi decenni sono quelle che riusciranno ad usare i dati dei loro consumatori per adeguare i loro prodotti o servizi in modo automatico. Google perfeziona il suo algoritmo di ricerca con ognuna delle 35.000 query che riceve ogni secondo. Quest’idea è alla base del successo di servizi post-televisivi come Netflix (“Perché il mio apparecchio televisivo non dovrebbe trasmettere solo programmi che mi piacciono?”).
La vulgata del pensiero della Silicon Valley è, grazie all’abbondanza dei dati, nei prossimi anni passeremo dagli studi di correlazione a interpretazioni più ricche, compreso il sacro Graal della causalità. La via maestra per la comprensione dei legami causali sembra essere non quella del ragionamento simbolico ma quella percettiva (su cui si basa l’apprendimento computazionale detto Deep Learning), che ha già dimostrato grande efficacia in termini di predizione del futuro.
La comprensione – e la stima – della causalità saranno alla base di sistemi di raccomandazione che considereranno non solo la cronologia degli acquisti e il comportamento di ricerca degli utenti, ma anche i loro comportamenti in ambiti differenti (ad esempio, se l’utente ha recentemente letto un necrologio).
Questa aspettativa del mercato si riflette già oggi sul valore delle aziende che raccolgono ed elaborano dati. Facebook vale la bellezza di 33,7 miliardi di dollari, in gran parte perché più di 500 milioni di persone in tutto il mondo hanno volontariamente condiviso con l’azienda i dettagli delle loro vite personali.
Non dobbiamo però nasconderci i pericoli e le sfide di questo promesso Eldorado. Oltre alla trasformazione dell’economia reale in un sistema in cui il decisore (e non più solo l’esecutore) umano viaggia “sul sedile posteriore”, con i rischi di obsolescenza e disoccupazione anche per i colletti bianchi, i sistemi data driven del futuro non saranno infallibili – almeno a giudicare da quelli del passato. Il Flash Crash e la crisi del 2008 sono solo due esempi storici di ciò che può accadere quando le macro-organizzazioni fanno troppo affidamento sui processi automatizzati.
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4° lezione
SALUTE, INNOVAZIONE E CRESCITA.
LE SFIDE DELLA SANITÀ E IL VALORE ECONOMICO E SOCIALE DELL’INNOVAZIONE
Relatore: ROBERTO NICHETTI, ingegnere biomedico
GIOVEDÌ 15 FEBBRAIO 2018, ore 21, Sala Cremonesi
La medicina è di sicuro uno dei settori in cui la rivoluzione digitale in corso è più radicale: sensori capaci di monitorare la glicemia di una persona affetta da diabete e di avvisare il paziente nel preciso istante che detta glicemia si allontana dai valori di sicurezza; medici che, con strumenti robotizzati dotati della stessa destrezza di una mano umana (e senza alcun tremore) riescono ad effettuare interventi chirurgici a distanza (telechirurgia), a favore anche di Paesi con ospedali tecnologicamente arretrati; software che riescono a fare diagnosi in modo più accurato di un radiologo; possibilità di «creare maiali dotati di organi che potranno senza problemi venire trapiantati negli esseri umani», facendo svanire così l’idea stessa delle donazioni e quindi dell’espianto degli organi; cellulari capaci, utilizzando la luce e la telecamera, di «diagnosticare la malaria e la tubercolosi per meno di 15 dollari»; software capaci di «ingurgitare e digerire duecento milioni di pagine in poco meno di tre secondi: un supporto enorme ai medici la maggioranza dei quali «avrà sì o no una quarantina di ore all’anno per studiare»; non dovremo più vincere le patologie, ma semplicemente arrestare la degenerazione delle cellule o addirittura mettere in moto meccanismi di rigenerazione; grazie alle nanotecnologie e all’additive manufacturing riusciremo perfino a produrre amminoacidi finalizzati a realizzare tessuti biologici; in un tempo non remoto i sordomuti, tramite sensori e smartphone, potranno udire e comunicare e i non vedenti potranno in qualche misura “vedere”; avremo la possibilità di sviluppare dei farmaci personalizzati in quanto studiati sulla genetica di ogni individuo».
Una rivoluzione a 360 gradi destinata a cambiare profondamente il nostro rapporto con la medicina.
È all’interno di tale rivoluzione che il relatore bioingegnere Roberto Nichetti si muoverà.
Ecco l’abstract che ci ha inviato:
“Il mondo della salute e della sanità, caratterizzato da innumerevoli spinte verso un miglioramento della qualità e dell’efficienza dei servizi erogati, rappresenta un ambiente favorevole per lo sviluppo e l’applicazione di nuove tecnologie ad elevato valore aggiunto di conoscenza. Le previsioni indicano in modo corale e univoco una domanda di servizi sanitari in crescita in Italia e nel mondo. A tale richiesta non è possibile rispondere unicamente attraverso un potenziamento delle risorse economiche da allocare allo scopo (che alla lunga renderebbe insostenibile il sistema di welfare), ma occorre accompagnare questo processo rafforzando la capacità di innovazione per potenziare le performance di risultato (salute delle popolazione, efficientamento delle risorse).
Un recente studio di Frost & Sullivan stima una crescita che raggiungerà quota 2,69 trilioni di dollari di entrate per il settore sanitario entro il 2025, grazie al connubio fra santità e innovazione tecnologica con un tasso annuo di crescita del 5,6%. Il settore sanitario si può vedere, quindi, come un “concentratore tecnologico” che fornisce l’occasione applicativa dei progressi scientifici e tecnologici che avvengono nei più svariati settori (elettronica, scienza dei materiali, biologia, chimica, fisica, informatica, nanotecnologie e biotecnologie, ma anche management, organizzazione, mobilità ed energia).
La lezione si propone di fare il punto della situazione, presentando alcuni progetti ed esperienze di eccellenza, tracciando i possibili scenari di sviluppo futuro ed evidenziando i nodi da sciogliere”.
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5° lezione
L’ECOSISTEMA DELLE STARTUP. EUROPA, ITALIA E CREMASCO A CONFRONTO.
TESTIMONIANZE DI GIOVANI IMPRENDITORI DEL TERRITORIO
Relatori: Paolo Ceravolo, Fabio Campanini, Andrea Bergami
22 febbraio 2018, Sala Cremonesi (museo)
Sulla scia della Silicon Valley stanno pullulando ovunque, non solo negli Stati Uniti, ma anche in Europa, in Asia, perfino in Africa, “startup” innovative.
Siamo in presenza di una vera e propria esplosione di imprese all’insegna di una soluzione per ogni problema, di un’idea per ogni soluzione.
Dalle piattaforme digitali che hanno dato origine a colossi quali Uber, Airbnb e Amazon si è passati ad esplorare tutti i possibili ambiti: dal sistema di traduzione automatica e simultanea al robot che prepara 360 hamburger all’ora, dalla stampante 3D che… stampa una casa in 24 ore ai guanti robotici che consentono ai sordomuti di “parlare” e di essere “uditi”, dall’agricoltura di precisione che promette di produrre più cibo e di inquinare di meno al trasferimento di rimesse degli emigrati tramite smartphone…
Qual è la normativa europea e quella italiana al riguardo?
Quali le startup innovative nate nel nostro territorio anche sotto impulso dell’Università di informatica e di Reindustria?
Il tema sarà affrontato da più punti di vista. Si confronteranno il prof. Paolo Ceravolo (Università di informatica), Fabio Campanini (Reindustria) e il consulente finanziario di imprese innovative Andrea Bergami. Presenteranno la loro testimonianza anche alcuni giovani fondatori di startup innovative made in Crema.
Questo l’abstract che ci ha inviato il prof. Paolo Ceravolo:
“Una start up innovativa è un’azienda di nuova creazione che mira a sviluppare e creare prodotti o servizi dall’alto potenziale innovativo.
Nel panorama italiano, con una legge del 2012, si è introdotta una nuova forma d’impresa definita, appunto, come “start up innovativa”, il cui obiettivo è sia quello di incentivare l’imprenditoria e l’occupazione giovanile sia quello di realizzare progetti tecnologicamente innovativi, puntando sulla ricerca e sullo sviluppo in determinati settori: educazione, formazione, ambiente, turismo, industria, valorizzazione del patrimonio culturale e molti altri. L’art. 25, c. 2, del decreto legge n. 179/2012 definisce la start-up innovativa come la “società di capitali, costituita anche in forma cooperativa, le cui azioni o quote rappresentative del capitale sociale non sono quotate sul mercato regolamentato o su un sistema multilaterale di negoziazione” e che” ha, quale oggetto sociale esclusivo o prevalente lo sviluppo, la produzione e la commercializzazione di prodotti o servizi innovativi ad alto valore tecnologico. Eric Ries, imprenditore e autore del libro “The lean start-up” definisce la start-up come “Un’istituzione umana studiata per creare un nuovo prodotto o servizio in condizioni di estrema incertezza”.
All’interno di questa definizione è fondamentale osservare l’aggettivo attribuito al prodotto, ovvero “nuovo”: è infatti attorno all’innovazione che nasce la start-up. Importante è anche il contesto in cui essa si forma: la start-up viene creata appositamente per fare fronte ad una situazione di estrema incertezza, a cui la gran parte delle tecniche tradizionali di management non riesce a rispondere. Un solido e vivace sistema di startup è quindi sinonimo di un ecosistema economico vocato alla innovazione e di conseguenza capace di produrre ricchezza e lavoro anche nell’attuale contesto di jobless growth.
Senza pretesa di presentare una visione sistematica l’incontro si propone di offrire una panoramica sull’attuale stato di salute dell’ecosistema italiano delle startup, con uno sguardo particolare alle realtà del cremasco. Dopo un breve inquadramento generale saranno quindi raccontate le iniziative attive sul nostro territorio. Infine, attraverso la testimonianza di alcuni progetti di successo il pubblico avrà la possibilità di cogliere in modo diretto il potenziale di questo modello di sviluppo”.
Difficile pensare a qualche cosa di più stimolante per cominciare a “ri/leggere” , secondo quanto dettano le nuove tecnologie digitali, il presente e soprattutto il futuro del nostro territorio!
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6° LEZIONE
LA BLOCKCHAIN, LA NUOVA FASE DI INTERNET
E I SUOI POSSIBILI EFFETTI RIVOLUZIONARI
Relatore: prof. Andrea Canidio (docente a Parigi, Singalore e Lucca)
Venerdì 2 marzo, ore 21, Sala Cremonesi (Museo)
Siamo all’ultima tappa del nostro viaggio nel mondo della rivoluzione digitale in atto (dopo di che concluderemo il corso con un modulo dall’approccio “operativo”): dopo avere affrontato il radicale impatto sul lavoro a tutti i livelli delle tecnologie in questione (prof. Domenico De Masi), il motore di dette tecnologie rappresentato dagli algoritmi e le loro applicazioni ai servizi pubblici (prof. Giovanni Righini), la nuova e promettente fase dell’intelligenza artificiale e il suo fall out nei settori produttivi (prof. Ernesto Damiani), le applicazioni all’ambito medico-sanitario (ing. Roberto Nichetti), la crescita esponenziale di startup ad opera di giovani innovativi prof. Paolo Ceravolo, dott. Fabio Campanini e dott. Andrea Bergami), approderemo a quella nuova stagione di Internet chiamata blockchain (da non confondere con le criptovalute che sono soltanto delle sue applicazioni).
Siamo di fronte a una nuova infrastruttura che avrà effetti in ogni ambito (dalla finanza al settore assicurativo, dalla sanità alla sicurezza alimentare, dalla smart city a Internet of things), una infrastruttura tanto promettente che la stessa Unione europea ha stanziato 30 miliardi di euro di finanziamento per soluzioni basate “anche su blockchain”.
Ecco l’abstract che ci ha inviato il prof. Canidio che dà l’idea del taglio che darà alla sua relazione:
“Lo scopo della serata è discutere delle possibili implicazioni economiche della blockchain: una nuova tecnologia che permette ad una rete di computer di trasmettere, verificare, modificare dati. La parte principale della presentazione sarà dedicata a come vengono attualmente finanziati i progetti basati sulla blockchain. Al contrario della vasta maggioranza dei software open source, i progetti open source basati sulla blockchain possono generare forti incentivi finanziari grazie a una moderna forma di signoraggio. Discuteremo dei benefici e dei rischi di questa nuova forma di finanziamento. La seconda parte della presentazione affronterà la principale sfida all’adozione generalizzata della blockchain: la sua scalabilità. Infine, discuteremo delle possibili applicazioni della blockchain, partendo dall’osservazione che la blockchain permette di separare i dati dalle organizzazioni.”
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