Allevare le nuvole è un po’ come definire il perimetro dell’aria o addomesticare il vento: sembrano iniziative con poca speranza di riuscita, ancor di più se è uno scultore a volerle trasformare in progetti concreti per tradurli nella materia. Del resto, come diceva Paul Klee, l’arte non riproduce ciò che è visibile, ma rende visibile ciò che non sempre lo è.
Sembra proprio che l’obiettivo di Vittoria Parrinello sia riuscire a fissare nella materia le suggestioni più imprendibili, le sfide del pensiero e della fantasia oppure ancora catturare il filo dei pensieri automatici e dei sogni. Visionaria e onirica riesce ad abitare l’intercapedine tra realtà e immaginazione, concretizzandosi come scultrice in modo poetico.
Avvicinandosi alle sue opere si riesce a respirare più a fondo la fratellanza tra il loro essere materia e questa loro sostanza poetica: sono lavori effimeri, fragili, leggeri, non sembrano destinati a durare bensì a imprimere un moto di pensiero, di emozione, di idee nell’osservatore, che diventa egli stesso materia creativa.
La scelta del materiale principe -il vetro- parla chiaro: l’artista vi può lasciare un segno, la traccia di un tocco leggero, quasi una carezza. Inoltre esso è trasparente, filtra la luce e contiene l’aria, conservando il soffio creatore che gli ha dato forma.
Si tratta quasi sempre di vetro soffiato e la difficoltà è riuscire a gestire i tempi di azione e solidificazione del materiale, la sua metamorfosi. Naturalmente il vetro traduce bene tutto questo in un esito finale aereo, lieve; ma sappiamo che il percorso che l’artista compie per giungervi è ben altro, fatto di calore, fuoco, in fornace. Vittoria è lieve, poetica, sottile, aerea; ci riesce esercitando un controllo ferreo sulla propria creatività, un dominio assoluto di ogni coordinata scelta, attraverso una forte disciplina.
Il vetro non è un materiale diretto e quindi si presta al concettualismo di questi lavori (“Attrazione celeste”, “Attrazione terrestre”). Le idee spesso vengono assistendo alle lavorazioni in fornace; sono procedure complesse, che hanno bisogno di una pratica precisa e sapiente e questa tecnica imprescindibile fa da decanter, distilla e pone una distanza fisica ma anche temporale tra la scultrice e la sua opera, quasi fosse un passaggio operativo-riflessivo che spiana il cammino a un linguaggio che è tutt’altro che materia e scultura, solo poesia (“Inspirazione”).
Ma torniamo alle ‘iniziative’ che danno il titolo alle sue ricerche: sono sempre sfide a definire o catturare lo spazio, ‘vuoto’ ma solo in apparenza. E’ stata la scienza, a partire da Galileo, a dimostrare che esso possiede una consistenza materica che permette di definirlo in ogni modo tranne che come ‘vuoto’; Einstein è poi riuscito a spiegare che lo spazio è dotato di densità plastica, di elasticità, estensione, è somigliante a un infinito manto avvolgente che come dimensione possiede anche il tempo.
Direi che per uno scultore contemporaneo tali riflessioni sono eccitanti e Vittoria se ne è ispirata per la sua tesi di laurea. Inoltre nutre le sue meditazioni con la lettura di un filosofo che ha amato le sintonie profonde tra scienza e pensiero filosofico, Gaston Bachelard (“Psicanalisi dell’aria”).
Due sue citazioni meritano di essere ricordate perché si legano molto bene alla ricerca della nostra scultrice: “le nuvole sono un materiale di immaginazione adatto all’impastatore pigro” e “la nuvola ci aiuta a sognare la trasformazione”. Ecco, i lavori di Vittoria amano corteggiare l’attimo della trasformazione, come le altalene o i lavori in pasta di vetro (“Dentro al vento”), straordinariamente efficaci nel cogliere e rivelare la mutazione del materiale come fosse un’onda d’acqua.
Il titolo di questa mostra era già stato scelto; poi l’artista ha viaggiato per quasi due mesi in Nuova Zelanda, il cui nome maori è La terra della lunga nuvola bianca. I regali di questa terra stupefacente si stanno già depositando nella sua ricerca espressiva (“Lago Waiotapu”, “Albero aereo”) e la accompagneranno di certo nel suo cammino futuro.
Silvia Merico
Commenti
Arte per pochi….Difficilmente attirerà lo sguardo
con la costanza necessaria per intuirla…
Complimenti per i tentativi.
Vittoria che legge Gaston Bachelard mi ha fatto venire voglia di andare a riprenderlo.
E leggo:
“Se lo zoomorfismo della notte è stabile nelle costellazioni, quello diurno è in costante trasformazione nella nuvola. Il sognatore trova sempre una nuvola da trasformare. La nuvola ci aiuta a sognare la trasformazione. ”
E’ un bel modo per iniziare la giornata.
C’entra con “Dannate nuvole” del Vasco ?… C’entra !
….evviva chi ha “la testa nelle nuvole”!!!!!