Non ci sono mai state tante ricorrenze come in questi ultimi anni (Festa degli Innamorati, della Mamma, del Papà, del Nonno, dell’Albero, della Donna, dell’Uomo e via dicendo) e mai come ora si celebrano le feste senza un vero motivo. Se si esclude l’aspetto economico, ovvio, perché è chiaro che con questo andazzo ogni mese c’è da comprare un “regalino” a qualcuno. E dire che nell’arco della nostra storia le feste e i riti ad esse legati sono sempre state una cosa seria, estremamente seria, essendo incorporate in un significato cosmico e universale.
Ad esempio il Natale – che non è una festa legata allo scambio dei doni o alla simbolica data di nascita di Gesù – era determinato da una situazione astronomica peculiare: quella definita del Solstizio d’Inverno. Dal punto di vista esoterico, vale a dire dal punto di vista che custodisce all’interno del microcosmo umano un riflesso e una scintilla di luce del macrocosmo divino, il Solstizio era celebrato come l’annuncio del rinnovamento esteriore ed interiore della Natura e dell’Uomo. Quindi la notte più lunga dell’anno, che viene ancora celebrata in molte parti del mondo con l’accensione di fuochi che auspicano la resurrezione dall’abisso del sole invitto, era il momento più propizio per allontanare dall’animo umano il rancore e la paura e piantare nelle menti e nei cuori il seme destinato a germogliare nell’anno che stava per iniziare. Durante il successivo Solstizio d’Estate questo seme, se era stato ben protetto e nutrito, sarebbe uscito poi dalla terra e apparso alla piena luce del sole. Queste non erano cose stupide, o campate per aria come le nostre ricorrenze di oggi, ma il frutto della constatazione oggettiva che in certi periodi dell’anno la luce aumenta, o diminuisce, a qualsiasi latitudine e a prescindere da chi le abita.
Il fondamento dell’alleanza originaria Uomo-Natura che sta alla base del mondo ecocentrico risiede anche qui, nel ritrovare i significati delle antiche feste rituali che obbligano l’occhio umano ad osservare i ritmi della Natura e del cosmo con particolare attenzione. Dovremo lavorare molto in questo ambito, nei prossimi anni.
Pian piano stanno cedendo anche le religioni convenzionali e le visioni del mondo di provenienza orientale che negli ultimi decenni avevano conosciuto un momento di fortuna. La stessa Tecnologia comincia a mostrare i suoi limiti e difficilmente sarà capace di risolvere i principali problemi della Terra: la spaventosa sovrappopolazione umana (oltre 7 miliardi) e la sua crescita continua, l’abbattimento delle foreste (100.000 Kmq/anno), l’aumento della CO2 nell’atmosfera (da 280 a 400 ppm in pochi decenni), la distruzione della biovarietà, il consumo di territorio, le immense quantità di rifiuti, e gli altri gravi fenomeni conseguenti.
Né basterà la “verniciata di verde” proposta dai movimenti ecologisti.
Alla fine, cosa ci resta? Una religione ancora più antica, senza rituali, a lungo data per scomparsa, che si manifesta in varie forme di animismo-panteismo e vede, o sente, il Divino nella Natura. Si tratta di un sentimento profondo che porta a riconoscere il valore intrinseco di ogni entità naturale, vivente e non-vivente, annullando l’attuale strapotere dell’economia e limitando il raggio d’azione dell’industria e di una tecnica ormai asservita al danaro. Il futuro richiede un’etica della compassione cosmica capace di andare oltre la concezione giudaico-cristiana-islamica considerata fino ad oggi “l’unica che conta”. Siamo ancora in tempo a retrocedere di un passo per poter andare avanti e progredire.
Commenti
Molto belle le immagini, Rita.
Non so se ci sia bisogno di una compassione cosmica, ma di sicuro dobbiamo crescere nel rispetto (non a parole) di ogni persona, tanto più se fragile, tanto più se sola, tanto più se abbandonata e, nello stesso tempo, nel rispetto dell’ambiente (dalle foreste all’aria all’acqua).
Valori che ritroviamo tutti nella nostra tradizione cristiana.
Negli ultimi anni, è vero, è aumentato il numero delle persone (in genere intellettuali fini) che hanno abbandonato la religione “rivelata” e hanno abbracciato la religione “naturale” del panteismo (o pan-enteismo).
Divina o no, la natura (tanto più l’uomo che è l’espressione più alta della natura – per chi non crede in una trascendenza -) va rispettata.
Sempre. E’ il nostro habitat. E’ la nostra patria.
“……la natura va rispettata sempre ….è il nostro habitat….” dici Piero, ed è tutto quello che l'”uomo” non fa!
L’uomo si fa vanto di essere l’unico tra i viventi sul pianeta che, anziché adattarsi alle condizioni ambientali/climatologiche nelle quali è nato, pretende di modificarle ed i risultai perversi sono sotto gli occhi di chi solo voglia vedere!
La iattanza, l’arroganza sottostante il reiterare scelte miopi, che non sanno puntare obiettivi che pretendano qualcosa di più del tornaconto particulare a breve, a brevissimo, avranno come certo risultato l’irreversibile messa fuori equilibrio dei complessi quanto delicati “Contrappunti” ed “Armonie” del “Concerto” della vita naturale sulla terra.
Rita tu concludi il tuo bel post con un richiamo a “…un’etica della compassione (“com patio ” è, intendiamoci, non fraintendiamo!!!) cosmica …” . Si, anch’io credo sia quella “la via” e, purtroppo, i tempi in cui viviamo, le persone che sono state poste in condizione di guidare le scelte dei …. ” Paesi guida” non mi consentono alcun ottimismo in proposito.
Personalmente mi sento comunque in dovere di fare quello che devo e posso, ma la …”situazione” al contorno è terribilmente compromessa!
Gli ateniesi dalla cui cultura l’Occidente dice di discendere (io non sono d’accordo, ma non vado oltre) dedicarono addirittura un altare alla Compassione Cosmica: tale presenza non era qualcosa di secondario, ed anzi era lì per rammentare che proprio essa vivificava una civiltà degna di questo nome, essendone il fulcro. Oggi nessuno si sognerebbe di dedicare alla Compassione Cosmica il cuore di una delle nostre città, sempre più fameliche e triviali, e se qualcuno osasse riproporre un altare alla Compassione, verrebbe schernito con le solite frasi “ma con tutta la gente che non ha casa, né lavoro … “, eccetera eccetera.
Ora bisognerebbe farsi spiegare da questi soggetti illuminati come si fa a parlare di valori etici in assenza di Compassione, dato che soltanto questa predisposizione d’animo, e dello spirito, è la base reale di ogni giustizia spontanea e di ogni genuino amore del prossimo. Tutto il resto è pura ipocrisia.
Stiamo assistendo (con orrore, per quanto mi riguarda) a vari tentativi di improntare una morale di ripiego che faccia a meno della Compassione, un atteggiamento che dobbiamo a Kant, la cui etica è forse la massima espressione delle pretese moralistiche dell’Occidente moderno. Per questo la nostra epoca si oppone con ottusità all’ingresso dell’autentica moralità, preferendole i suoi surrogati: costano meno, si fa presto e si possono postare su facebook, o sul bollettino parrocchiale. Qui, però, o si cambia radicalmente verso, o si muore. Letteralmente.