Uno spaccato drammatico
Nuove pagine di storia locale. Ce le regala l’ultimo numero di Insula Fulcheria. Un regalo prezioso: ogni pagina nuova contribuisce a ricostruire le nostre radici, la nostra identità (quanto ne abbiamo bisogno in un mondo sempre più globalizzato e standardizzato!).
Non ho l’ambizione di recensirle (troppo ponderosi e complessi i saggi in questione), ma mi limito a leggerli con l’intento di cogliere qualche spunto utile al nostro tempo.
Due gli studi sulla Grande Guerra come è stata vissuta a Crema e territorio: sono di Elena Benzi e Marita Desti.
Ci troviamo di fronte a uno spaccato dalle tinte drammatiche, a partire dalle tristi condizioni in cui si trovavano i nostri soldati nei vari campi di concentrazione: soldati intruppati nelle baracche come bestie, che a mala pena si reggevano in piedi tanto erano sfiniti, che lavoravano e pigliavano bastonate, che erano costretti a dormire sulla nuda terra…
Svariate centinaia di migliaia
Mi attira l’attenzione, tra i tanti, un fatto: dopo la disfatta di Caporetto Crema è letteralmente invasa da diverse centinaia di profughi (che si aggiungono ad altre centinaia giunte nel 1916). Una vera emergenza che la comunità cremasca affronta con straordinaria solidarietà.
Una domanda: c’è qualcosa in tale opera di solidarietà che può essere di qualche utilità oggi a noi che siamo alle prese con un’altra emergenza analoga?
1917: le dame della Croce Rossa si mobilitano per recuperare coperte, indumenti e mobilia e gli operai delle fabbriche si attivano a raccogliere denaro. Una mobilitazione generale sostenuta con entusiasmo da tutte le forze politiche, comprese quelle che si erano dichiarate contrarie all’intervento dell’Italia in guerra.
Dove vengono alloggiati tali profughi? Numerose le famiglie che trovano un’abitazione presso aziende agricole che vedono nei profughi una forza lavoro inattesa capace di riempire i vuoti lasciati dai tanti giovani chiamati alle armi, una sorta di manna caduta dal cielo.
Se guardiamo all’oggi, la situazione appare nettamente differente: la generosità non manca, in particolare ad opera delle comunità ecclesiali, ma la solidarietà è diventata istituzionale, finanziata da fondi statali ed europei; i profughi non vengono accolti a braccia aperte, ma spesso con diffidenza se non con ospitalità.
Certo, lo scenario è completamente cambiato: non sono più “italiani”, ma “stranieri” (stranieri che professano talora una religione che viene associata al terrorismo); sono giovani che non danno nulla in cambio della ospitalità, ma anzi vengono “mantenuti” per almeno due anni, mentre i profughi veneti e friuliani si guadagnano il pane lavorando nelle nostre campagne.
Una soluzione “egoistica” e, nello stesso tempo, “altruistica”
Situazioni diversissime, ma non mancano elementi comuni: le tante profughe di allora scappano non solo dal nemico, ma anche dagli stupri perpetrati dai soldati tedeschi, austriaci, bosniaci, croati, ungheresi, come oggi tante donne che sbarcano sulle loro coste hanno subito violenze e stupri dai mercanti degli schiavi del nostro tempo; profughi “interni” e profughi “esterni” sono tutti “uomini” che scappano da condizioni di vita invivibili.
Senza dubbio, tutto saprebbe più semplice se gli “ospiti” trovassero, come allora, un posto di lavoro, ma oggi il lavoro non c’è neppure per gli italiani.
Una situazione disperata destinata a degenerare e a provocare crescenti reazioni xenofobe?
Non è questo lo spazio per affrontare un problema che nemmeno l’Unione europea è riuscita a risolvere.
Una cosa è certa: a Crema la classe politica ha saputo gestire non poche emergenze profughi (pensiamo, ad esempio, anche ai profughi che sono piovuti a Crema durante il periodo della Repubblica di Salò, alloggiati al S. Luigi e presso la Caserma Renzo da Ceri, sede oggi del Centro culturale S. Agostino).
Personalmente sono mesi che sto predicando al vento, ma la mia convinzione è che l’unica soluzione che potrebbe dare una “ragione” a un’accoglienza così prolungata nel tempo è l’investimento – con risorse europee – nella loro formazione professionale, formazione da spendere nelle terre di origine (o prossime ai Paesi di origine).
Una soluzione “egoistica” (rimandiamo a casa loro tutti coloro – i più – a cui non viene riconosciuto lo status di rifugiati) e, nello stesso tempo, “altruistica”: con competenze e conoscenze, i giovani del continente nero potranno avere una marcia in più al loro ritorno. L’Africa che, pur tra mille difficoltà, sta “risorgendo”, ha bisogno di loro.
Commenti
La generosa solidarietà di Crema nei confronti dei profughi arrivati a Crema, dopo la disfatta di Caporetto, nel 1917 mi ricorda la gara di solidarietà dimostrata da numerosi tedeschi all’arrivo nel 2015 di circa un milione di profughi, in prevalenza siriani, una gara che tuttavia si è spenta presto nello spazio di un mattino.
Un conto è la “voce del cuore” di fronte a chi scappa dalla guerra e un conto la “gestione” di un numero così gigantesco di profughi (anche se la Germania ha collaudato dal secondo dopoguerra i centri di accoglienza tra i più efficienti.
Se in Germania stanno crescendo le forze di estrema destra, questo è sicuramente dovuto a una “politica del cuore” (che può apparire anomala) di Angela Merkel.
Ma forse non si è trattato di una politica del cuore, ma di una politica ben calcolata, tenendo conto del bisogno di manodopera in un Paese in cui il tasso di natalità è tra i più bassi del mondo.
Un fatto sembra chiaro: la maggioranza dei tedeschi (gli elettori che hanno votato ancora i partiti della Grosse Koalition, anche se hanno subito una significativa flessione) riconosce che l’investimento di oltre 20 miliardi di euro nella “formazione” dei profughi sia da considerare utile per il Paese.
Sarà la storia a dimostrarlo.
In Italia non ci sono le condizioni perché passi, tanto più in una campagna elettorale rovente che si è già aperta da tempo, la politica della cancelliera Merkel.
Si tratta, è vero, di una politica che molti economisti sostengono (senza 300 mila immigrati ogni anno non riusciremo a far quadrare i conti dell’Inps), ma non vedo forze politiche in grado di “convincere” la maggioranza degli elettori, anche perché, nonostante la timida ripresa economica, non vedo che si stiano realizzando le condizioni in grado di assorbire gli attuali migranti a cui è stato negato il riconoscimento dello status di “rifugiati”.
La mia forte preoccupazione è questa: se è “sopportabile” un costo come un “investimento sul futuro” (i 20 miliardi di investimento sui profughi della Germania), è del tutto insopportabile un “costo”, come in Italia, considerato solo come “mantenimento tout court per due anni e oltre” di giovani senza alcuna prospettiva.
E’ in questo contesto che si colloca la mia forte convinzione.
Hanno ben da dire certi guru che l’emergenza (?) profughi è di facile soluzione in quanto l’Europa è la seconda area più ricca del pianeta e che gli europei sono oltre 500 milioni (gli Usa, che hanno molto meno popolazione dell’Europa, assorbono circa un milione di clandestini ogni anno e questo da parecchi anni).
L’ennesima smentita del teorema ci proviene in questi giorni da Bruxelles dove, ancora una volta, i Paesi dell’Est europeo hanno confermato ancora una volta la loro ferma volontà di non accettare la ricollocazione dei profughi (pur avendola concordata) e dove la modifica sostanziale degli accordi di Dublino – che penalizzano pesantemente l’Italia – è rinviata sine die.
Il teorema in questione funziona sulla carta, come funziona solo sulla carta il discorso che riguarda il basso tasso di natalità dell’Europa, un tasso che costringe l’Europa stessa ad assorbire oltre un milione di profughi ogni anno.
Non tutto ciò che è “economicamente” possibile, è altrettanto “politicamente” possibile o, meglio, sostenibile.
Ecco perché vedo prospettive nere.
L’Italia nell’arco di poco tempo avrà alcune centinaia di migliaia di “clandestini” (migranti a cui non è stato riconosciuto il diritto di rifugiati), clandestini che non potranno che sopravvivere col lavoro nero e occupando abusivamente case e questo costituirà una vera e propria “bomba sociale” (ne parlo a lungo, già nel mio “Un ponte contro la paura”) che avrà tra gli effetti una ulteriore compressione dei salari, tanta delinquenza in più e un inasprimento della “guerra tra poveri”.
A meno che un altro Maroni riuscirà a convincere gli italiani a “regolarizzare” i “clandestini” (l’allora ministro Maroni ne ha regolarizzato circa 500.000): sarà Salvini come premier?
Ho qualche dubbio. Ma, perché accada tutto questo, servirebbe una congiuntura di “piena occupazione” che per ora è lontana anni-luce.
Riprendo volentieri la mia riflessione perché, anche se il tema non è più così “politicamente” caldo come alcuni mesi fa, io sono molto, molto preoccupato sull’impatto che potrà avere, in negativo, sul nostro futuro e pure sul futuro di questi giovani che hanno chiesto asilo in Italia.
Completo il mio ragionamento. Una soluzione alternativa a quella che da tempo mi permetto di suggerire c’è: rimpatriare con la forza della legge tutti coloro che non hanno il riconoscimento dello status di rifugiato. E’ quanto sta facendo la Germania che, da un lato sta investendo molte risorse finanziarie sulla formazione di questi giovani, e dall’altro, sta rimpatriando con una serie di voli aerei i non aventi diritto.
Si tratta di una soluzione doverosa dal punto di vista di qualsiasi Stato
, ma sappiamo tutti bene che in effetti i “clandestini” che si riesce a trovare e rispedire nelle terre di origine sono ben pochi, credo anche in Germania, perché andare a caccia di questi clandestini che sono entrati, appunto, nel mondo “invisibile”, è tutt’altro che facile.
Ecco perché “temo” che prima o poi un nuovo… Maroni giunga a “regolarizzarli”.
L’Italia, prima o poi, avrà bisogno di manodopera straniera, ma dovranno esserci le condizioni (posti di lavoro che i nostri si rifiutano di occupare), ma questi flussi dovranno essere “governati”. In altre parole, saranno benvenuti i “regolari” (ecco perché considero da mesi positiva l’esperienza dei corridoi umanitari messa in atto dalla Comunità di S. Egidio e da altre Associazioni religiose: dovranno approdare da noi, non sui barconi e non dopo violenze subite dai mercanti dei nuovi schiavi, ma su aerei di linea, coloro che hanno già diritto all’asilo e quindi risultano “regolari”.
Si dirà che le emergenze non si possono governare: io dico però che lo Stato (o, in questo caso, l’Europa) la sua parte la deve svolgere, “lavorando” soprattutto in terra africana, nei Paesi cioè di origine dei flussi.
Mi permetto di completare la mia riflessione.
Crema nel 1917 ha saputo gestire con intelligenza l’emergenza profughi (circa cinquecento!). E’ stato relativamente facile, è vero, perché gli agricoltori avevano bisogno di manodopera che riempisse i buchi lasciati da tanti giovani chiamati alle armi. Ed è stato facile perché si è trattato di un periodo breve (nel novembre del 1918 la guerra finisce).
Quello che io mi auguro è che Crema sappia gestire l’attuale fenomeno, pur diversissimo rispetto a quello del 1917, con altrettanta intelligenza: che faccia di tutto per “formare” questi giovani in modo che, una volta tornati in Africa e dintorni, avranno delle carte in più per trovare unna collocazione lavorativa.
Cent’anni fa i profughi alloggiati a Crema sono rientrati nel Veneto e nel Friuli con un bagaglio in più (il lavoro in agricoltura, la solidarietà incontrata in un momento di difficoltà).
Spero che i profughi di oggi possano fare altrettanto, ma se non ci si muove (tutti, tutte le forze politiche, tutto il volontariato…), sarà peggio per tutti: per noi e per loro.
…a mio parere, Piero, le due realtà profughi ‘917/profughi 017 credo siano improponibilmente raffrontabili!
Non solo nel ’17 si trattava di connazionali, con lo stesso colore di pelle, nemmeno …..”terroni”, e le cause ….patriottiche che avevano provocato l’esodo degli “sfollati” erano ben presenti a coloro ai quali si richiedeva l’accoglienza. Tangibili e palpabili in tutta la loro tragica crudezza.
Diverso è vederseli qui, identificabili anche ….a distanza, parecchi di loro senza segni esteriori di sofferenza o disagio, anzi, qui, “al nord” ostentante consumi a profusion, dopo che bene o meno bene si è conclusa ( per loro che sono arrivati qui e non sono “morti” per strada) tutta la parte più ….”cruenta” della loro odissea.
Due …pianeti diversi!
Piero, non dici cose in assoluto sbagliate, in molti casi anche di buon senso. Quello che, come al solito ti manca (cosa molto grave per un filosofo) è l’incapacità, o più probabilmente il coraggio, di andare alla radice delle cose. Assodato che il 95% dei clandestini NON fugge da fame, guerre o situazioni invivibili, per quale motivo hanno deciso di imbarcarsi in una impresa il più delle volte disperata? Quali forze stanno agendo per distruggere l’Italia e tutta l’Europa? La risposta è evidente: il grande capitale finanziario trans-nazionale, vedi il marxista Fusaro o il comunista Rizzo.
….fuori da qualsia si polemica, solo per meglio capire. Quando tu scrivi Bruno: “…. ti manca ….. l’incapacità, o più probabilmente il coraggio, di andare alla radice delle cose….., tu intendi “ti manca la capacità o il coraggio….etc” vero? o no? Dimmi
Credo, Bruno, di conoscere abbastanza bene il problema (vi ho dedicato un libro di oltre 200 pagine), ma nello stesso tempo so bene quanto è complesso e quanta ignoranza ho in proposito.
Credo di conoscere abbastanza bene la tesi del filosofo rampante Diego Fusaro (un marxista sui generis, a dire il vero), una tesi che sto utilizzando ampiamente nella ricerca che sto conducendo da un anno.
Non entro, Bruno, nel merito della percentuale dei non aventi diritto: c’è una fascia che arriva al 40 per cento se si sommano quelli che hanno il riconoscimento di rifugiati e coloro che hanno altre forme di protezione internazionale (questo non solo in Italia).
Il problema dei flussi migratori – e tu lo sai benissimo -, a prescindere da situazioni di guerra, da fanatismi religiosi, da processi di desertificazione in corso, è legato alla “demografia”: in ogni area del mondo, laddove il tasso demografico è elevato, i giovani si spostano verso le aree ricche e con un tasso basso di natalità.
Se non “governeremo” tali flussi in modo da far coincidere il bisogno di emigrare da parte loro e il bisogno di manodopera da parte dei Paesi ospitanti, saremo travolti da questi flussi.
Sai bene (se hai avuto la pazienza di seguirmi in questi quattro anni sul blog – ma non ho questa pretesa) quanto io sia preoccupato, anzi allarmato di fronte alla scarsa… preveggenza della nostra classe politica.
Grazie, Bruno, per il tuo contributo: è sempre utile il confronto!
“… laddove il tasso demografico è elevato, i giovani si spostano verso le aree ricche e con un tasso basso di natalità.” Vero, addirittura evidente, direi. Ma è proprio su questa tendenza e aspirazione naturale che si innestano e hanno buon gioco i poteri transnazionali nel perseguire i propri interessi distruttivi. Fusaro non è un “marxista sui generis” ma esprime tesi marxiste totalmente ortodosse; sono gli altri “di sinistra” che hanno completamente dimenticato l’ABC del marxismo per appiattirsi su melense posizioni dove si invocano i buoni sentimenti invece che perseguire analisi rigorose. E infatti il comunista Rizzo dice sostanzialmente le stesse cose. Ora mi aspetto che qualche sapientone mi dia del fascista e del razzista (non certo tu, Piero). Del resto mi ricordo sempre quel tizio che alle mie obiezioni nei confronti del darwinismo mi chiese (convinto di fare dell’intelligente sarcasmo) se pensavo anche che fosse il sole a girare intorno alla Terra.
Ho definito Fusaro un marxista sui generis perché, sulla base dei libri che ho letto (pur essendo giovanissimo, ha già sfornato non pochi libri), ho avuto la sensazione che il suo marxismo è un po’ troppo mediato dall'”idealismo” per cui a tratti – non è il caso della tesi che hai citato e che costituisce (te lo ripeto) una delle ipotesi interpretative che mi stanno guidando nella mia ultima (sarà proprio l’ultima) – sembra fare una “violenza idealistica” alla realtà.
Per ora, a proposito della sua ipotesi che considero davvero suggestiva, ho trovato una serie di conferme e una serie di smentite, ma non posso pronunciarmi definitivamente prima di avere concluso un lungo viaggio.
Diego Fusaro l’ho conosciuto anni fa al Festival della filosofia di Modena (era allora un enfant prodige) e da allora ho seguito la sua ascesa (accarezzato da editori e dai talk show).
Di te, poi (e lo sai), ho una grande stima.
A Franco. Ebbene, ho sbaaaaa……., e tu hai raaaaaggg….. Non c’è niente da fare sono proprio come Fonzie (quello vero, non quello nato a Rignano).
…vero è Bruno che anche in questa circostanza (oddio che parola …scarsa per individuare un accadimento che si sta rivelando in modo …ineludibilmente sempre più coinvolgente per il nostro asset sociale futuro) esplode in tutta la sua evidenza l’inadeguatezza del nostro sistema politico di “governo”, quandanche, in parallelo, l’inefficacia dell’impianto barocco del nostro apparato burocratico.
Il tutto in un quadro EU che mostra tutta la sua fragilità derivante dal ….bluff politico/culturale su cui si basa.
Navighiamo ( si, insomma riusciamo a stento a galleggiare!) a vista e …..non ci vediamo nemmeno molto bene! Per andare dove?!?
NONPOSSONONINTERVENIRE!………perchè è ormai chiaro che si debba fare una riflessione oltre i buoni sentimenti se il prezzo da pagare è l’avanzata in tutta Europa dell’extrema destra, vedi Austria e la sua deriva – passata inosservata su Cremascolta – , per non parlare di Visegrad, geograficamente e storicamente distante, ma vicinissima, o del delirio lessicale di Trump e altre nefandezze contemporanee! Perché alla fine non c’è né Natale, né Pasqua o i Santi e morti: la nostra unica identità è la DEMOCRAZIA, dolorosamente conquistata. E che ora la si veda COMPROMESSA per un po’ di immigrazione la dice tutta sull’immanenza del nostro pensare, altro che trascendenza da capanna di Betlemme con pastori, pecorelle e stellone che guida il cammino. Perché, ripeto, se il prezzo da pagare sono il blitz di Como e le intimidazioni verso la stampa, o i cittadini altoatesini scippati all’Italia tanto per far numero populista oltre frontiera, allora non rimane altro che ricacciarli indietro tutti i morti di fame, i torturati in Libia, le donne violentate in esodo, i bambini non annegati, le famiglie siriane, anche se laureate, prima che, torturati, violentati, affamati e profughi lo diventiamo noi. Non sottovalutiamo quindi le derive austriache o altre, si ricordi che quattro anni fa nemmeno oltralpe si sarebbe previsto un risultato squadrista di tale portata, e si ricordi anche che un quasi lustro è stato breve, come brevissimi sono i tempi che mancano alle nostre Politiche. Ritornati anche Curtatone “re fellone” e Montanara, come chiamati non ricordo da chi, quali altri ritorni si stanno preparando? La sinistra corra quindi ai ripari, basta inseguire idealità che non portano da nessuna parte, anche a costo di ingannare il “popolo” facendogli credere di aver individuato il problema, come fanno a destra. Almeno in questa fase storica.
Mi fa piacere, Ivano, rivederti dopo una pausa di riflessione. Confrontarci è sempre utile perché ci aiuta a uscire dai nostri schemi di lettura.
Hai ragione: sono preoccupanti i fenomeni di cui parli, ma ciò che dobbiamo fare è attivarci per rimuovere le cause di tali rigurgiti fascisti e neo-nazisti.
Certo, si tratta di decidere con quali misure: nessuno pensa di cacciare tutti i migranti che sono arrivati sul nostro territorio e che qui rimangono per via degli accordi di Dublino. Si tratta di modificare tali accordi (tra l’altro sono quasi tutti i migranti che non vogliono stare in Italia, ma vogliono andare nei Paesi del Nord). Ma per modificarli, ci vuole che a livello dell’Unione europea ci sia una maggioranza favorevole, maggioranza che si fa fatica a costruire.
Qui il discorso si allargherebbe molto: a mio avviso abbiamo commesso un grave errore ad allargare così in fretta le frontiere dell’Unione ai Paesi dell’Est europeo, un errore che ha provocato un terremoto in tutta Europa.
A questo punto non abbiamo altra scelta che quella di camminare ” a due velocità”, ma anche su questo – come sai – le difficoltà sono numerose.
La politica è l’arte più nobile (lo ribadisco come un mantra in ogni occasione), ma è anche l’arte più difficile, perché la “mediazione” tra “interessi” (anche interessi “elettorali” dei singoli Paesi) è un’impresa improba.
Ma… non abbiamo alternative in democrazia.
Anche io sono contento che gli abbiano rinnovato il contratto. Poter leggere le notizie (?) di Re Pubica senza dover comprare il giornale (?) è proprio uno spasso.
Ma stiamo ancora qui a parlare di “profughi”? Ma è così difficile da capire che l’Italia (culla della mafia) sta importando mafie da tutto il mondo? Gli sbarchi alla spicciolata sono diventati il principale veicolo utilizzato dalla criminalità organizzata per far giungere in Italia la sua manovalanza a basso costo. Non c’é neppure il fastidio di dover “mantenere le famiglie” quando vanno in carcere perché le famiglie di questi stanno in Africa. Arrivano fin sotto le nostre coste a bordo di pescherecci o altre grosse imbarcazioni, lasciate entrare nelle nostre acque territoriali senza alcun controllo (la Guardia Costiera è troppo impegnata a collaborare con le ONG), coprono le ultime braccia di mare su veloci barchini che li depositano sull’arenile, sbarcano sulle nostre spiagge e raggiungono con sicurezza degli anfratti dove un’organizzazione criminale di casa nostra fa loro trovare vestiti, documenti falsi e tutto il necessario, probabilmente anche armi.
NON STIAMO SALVANDO NESSUNO, si mettano il cuore in pace le giovani marmotte, stiamo solo importando manovalanza dequalificata. I primi a sostenerlo sono proprio gli stranieri regolarmente residenti in Italia. Chi pensa il contrario non ne conosce abbastanza, evidentemente, né conosce i retroscena che non sono quelli pubblicizzati dai documentari-progresso, e spesso smascherati da youtube.
Ricordiamoci sempre che prima che gli imbecilli europei e la mafia italiana andassero a “salvarli”, gli africani stavano benissimo senza di noi.
Come prova ancora oggi il “caso Himba” :
https://www.ariannaeditrice.it/articolo.php?id_articolo=59900
Il tuo intervento, Ivano, merita un’attenzione maggiore.
Rimuovere le cause che sono all’origine del cosiddetto populismo e delle formazioni fasciste e neo-naziste: questo, mi pare, è uno dei compiti alti della politica. Condannare i populisti e i neo-fascisti non risolve nessun problema.
Come rimuovere le cause? Provo ad approfondire. La revisione degli accordi di Dublino è una delle priorità: se si risolvesse (ma è davvero difficile, a meno che ci si incammini – come scrivevo – verso un’Europa a due velocità), il fenomeno migranti quasi non lo vedremmo. E non lo vedremmo, ancora di più, se si gli aventi diritto allo status di rifugiati fossero ricollocati tra i partner europei (come tutti avevano deciso, compresi i Paesi dell’Est europeo).
Si rimuovono le cause pure applicando (anche se questo caso il fenomeno è immensamente più complicato) il “metodo Albania”: se non si opera alla… sorgente dei migranti, continueremo a imprecare, ma senza risolvere nulla. E andare alle sorgenti non significa solo limitarsi alla Libia o all’Egitto (vedi l’incontro di questi giorni tra il nostro ministro Minniti e il leader dell’Egitto) o all’Algeria, ma occorre firmare accordi con le nazioni subsahariane.
Ma non si rimuovono le cause limitandosi a firmare accordi: ci vuole – lo sto ripetendo a iosa – una sorta di Piano Marshall per l’Africa.
E c’è di più (ed è quanto sto sostenendo da mesi su CremAscolta e ho ripreso su questo post): per far partire il Piano Marshall per l’Africa, non bastano i miliardi di investimento di cui sta parlando da settimane il presidente del parlamento europeo, ma ci vuole un gigantesco piano di “formazione del capitale umano”.
Solo dopo avere formato i migranti che sono tra noi, questi potranno tornare (l’Africa è un continente che sta “risorgendo”) con delle carte in più da giocare per trovare o inventarsi là un lavoro.
Ho definito questa soluzione un mix di “egoismo” e di “altruismo”. L’obiettivo è “salvare” l’Africa per “salvare” l’Europa (io sono molto preoccupato, Ivano, sugli sviluppi anche politici di una situazione che ci sta sfuggendo di mano per la nostra colpevole inerzia e per la mancanza assoluta di preveggenza!).
Questa civiltà passerà alla storia, tra le tante cose negative che è riuscita a scatenare, anche per aver stravolto il senso delle parole e, quindi, partorito una serie interminabile di ragionamenti rovesciati, che contraddicono il buon senso. Quelli che quotidianamente approdano a centinaia (o migliaia) sulle nostre coste sono “profughi”? No, ovviamente. Lo dicono i dati ministeriali: solo il 5%! Se cominciassimo perciò a chiamarli con il loro nome, “clandestini”, tutto il resto verrebbe di conseguenza.
L’Europa (l’America sta ancora peggio) non è in grado di “rimuovere le cause” nella maniera più assoluta, non sapendo neppure badare a se stessa. Quindi, gettiamo via questo disco rotto che non suona più. Abbiamo ampiamente superato lo stadio del “salvare l’Africa per salvare l’Italia”, qui siamo ormai al “si salvi chi può”, mi chiedo come si possa essere così ciechi da non vedere che la situazione è precipitata. C’è un solo antidoto: respingere.
L’hanno capito tutti, tranne i cat/com italiani, una vera disgrazia, che continuano imperterriti sul loro cammino di carità, speranza e misericordia. Parole che, sempre per il discorso di cui sopra, hanno perso il loro significato originario. Non è carità deportare persone che, dopo essere state illuse con false promesse dal Sistema che se ne serve, vengono abbandonate al loro destino, ben peggiore di quello che avrebbero avuto in Africa, dove se non altro potevano fare i miserabili (forse, perché non è che laggiù stiano tanto male) nel loro habitat.
Piero, non ho dati per valutare il grado di scolarizzazione dei tanti ragazzi di colore che ormai abitano da noi, e non conosco neppure la loro disponibilità ad integrarsi in termini di lavoro che sarebbe in tutti i casi progetto a lungo termine. E mi pare che non ci sia volontà istituzionale ad affrontare la questione, un po’ perché di lavoro non ce n’è e questi “tirocinanti” avrebbero bisogno di tutor che non so fino a che punto le aziende metterebbero a disposizione, preferendo avere maestranze produttive piuttosto che concettualmente filantropiche, un po’ perché, come già detto in altri commenti, i tempi sono ormai stretti per soluzioni che sono solo diventate terreno di scontro per una politica all’acqua alla gola e un “popolo” che chiede ormai soluzioni immediate. Perché alla fine la politica bassa ha avuto il sopravvento su quella alta che tu continuamente invochi.
Ritornando invece all’altro tema, legatissimo, lo sappiamo tutti, mi spiace purtroppo constatare che né Scelba né Mancino siano serviti a contrastare l’ingresso nelle Istituzioni di gruppi ormai organizzatissimi che non lasciano presagire nulla di buono, predicando e operando, anche in nome di un certo buon senso, applicando metodi di antica memoria di sola violenta contrapposizione. E tu hai ragione quando parli di accordi non rispettati, e che non lo saranno mai in questa fase storica che non solo vede un’Europa sempre più appannata, ma che vede anche i singoli Stati sempre più divisi al loro interno, in un gioco di accattonaggio di voti che vien da dire che la Politica alta, di cui parli tu continuamente, non esiste più. Sempre per scarsa preveggenza della SINISTRA e anche mia, devo riconoscere. Ed io, non particolarmente legato alle Istituzioni, mi trovo ad apprezzare moltissimo il discorso di ieri di Mattarella e il suo invito al BUON SENSO, sperando che sia di ispirazione per i più. Nel senso che sarebbe ormai tempo di chiederci quale sarebbe il male minore.
Siamo in sintonia, Ivano: la politica alta, la politica che guarda avanti, la politica che va oltre gli interessi elettorali, non si vede, né in Italia né altrove.
Ho la sensazione che non ci sia la piena consapevolezza della situazione che abbiamo di fronte (e il problema migranti non è certo di primissimo piano, anche se sarà fondamentale in campagna elettorale).
Quando parlo di investire nel capitale umano che sarebbe il più rilevante contributo dell’Europa a una sorta di Piano Marshall per l’Africa, mi riferisco a un investimento dell’intera Europa: siamo d’accordo che non possiamo chiedere alle aziende di farsi carico dei tirocinanti nelle condizioni in cui molte di queste versano.
Occorre pensare “in grande”, ma vediamo che in ogni Paese guarda i governi guardano al loro orticello elettorale.
Ma io non dispero: disperarsi, sparare su tutto e su tutti non risolve i problemi, ma li incancrenisce e fa balenare l’idea (cara ai neo-fascisti e ai neo-nazisti) che siano altri mezzi, non democratici, per risolverli.
La politica è faticosa mediazione. Non è pensabile che tuttavia, si medi all’infinito. Ecco perché sostengo l’esigenza di passare a un’Europa a due velocità.
Una bella notizia, quella di ieri, sul fronte dei profughi, notizia a cui, tuttavia, le testate nazionali hanno dedicato uno spazio esiguo: il governo italiano (e prossimamente lo faranno anche i governi francese e tedesco) ha fatto proprio il modello dei corridoi umanitari a cui aveva dato il via la Comunità di S. Egidio ed altre associazioni di matrice cristiana.
Dalla Libia sono arrivati don due aerei 162 donne e bambini dai campi di… detenzione della Libia giudicati dall’Onu come degni di protezione internazionale.
Basta con un’immigrazione selvaggia, basta con attraversate del Mediterraneo con barconi a rischio di naufragio, basta con lo sfruttamento (non solo economico) da parte degli spietati mercanti di uomini.
Sì solo a flussi “regolari”, sotto l’egida dell’Onu, e sulla base di una preciso percorso programmato di integrazione.
Una notizia che costituisce una svolta epocale, svolta aperta – ancora una volta – da Associazioni cristiane: non è questo il miglior Natale possibile che possiamo offrire a questi bambini e donne in condizioni di grande fragilità?
Prima li andavamo a prendere con le navi, e adesso con gli aerei, così fanno prima ad arrivare e viaggiano comodi. Meno male che mancano tre mesi all’alba della cacciata di questa banda di incompetenti globali che, senza essere stata eletta, si è impossessata del Paese per poi farne da vendere e da spendere. In confronto, la Repubblica delle Banane di democristiana memoria era un bijoux.
Piero, sei proprio un ingenuo! Quelli che andremo a prendere tramite i “corridoi umanitari” (e già qui mi scappa da ridere) NON sostituiranno quelli che andiamo a prendere sui barconi ma si AGGIUNGERANNO ad essi.
Un’ultima osservazione in merito all’argomento in discussione. E’ proprio necessario spendere 500.000 euro, dicasi mezzo miliardo di euro, per trasferire il relitto del barcone che naufragò al largo della Libia il 18 aprile 2015 e in cui morirono 700 migranti, dalla base della Marina Militare di Melilli, in Sicilia, dove fu trasportato dalle acque libiche (a spese dello Stato italiano) e tuttora si trova, a Milano? Lo stanziamento è stato approvato in un batter di ciglia ed inserito nella legge di bilancio appena varata. L’università Statale ha messo a disposizione il giardino in via Celoria di Veterinaria, che la prossima primavera si trasferirà a Lodi. Il relitto diventerà parte del costituendo “Museo dei diritti” ( di chi? ), progettato dalla anatomopatologa Cristina Cattaneo. “Cui prodest?” : certamente non ai migranti, che non ne trarranno alcun beneficio diretto, non a chi vive e/o lavora a Milano e non ai turisti che vengono a visitare Milano, attratti dai suoi monumenti/opere d’arte o dalle griffes della moda. Potrebbe sembrare un’ operazione mirata a scuotere le coscienze per ricordare la tragedia di chi intraprende un viaggio disumano in fuga dalle distruzioni e dalle guerre, ma sappiamo purtroppo che questi sono solo una parte di quanti arrivano sulle nostre coste. Analoga operazione, con analogo fine, è stata quella condotta dall’artista cinese Al Weiwei che tra settembre 2016 e gennaio 2017 appese i gommoni di salvataggio – metafora dei fragili mezzi a disposizione dei migranti ‘per innestare se stessi in un luogo sconosciuto’ – alle bifore di Palazzo Strozzi a Firenze, simbolo della cultura occidentale.
( Chi non avesse visto o non si ricordasse di tale installazione trova la foto al seguente link:
http://www.ilpost.it/wp-content/uploads/2016/09/ai_weiwei_gommoni.jpg ).
Tale mostra, finanziata da privati, suscitò ampie discussioni e parecchie polemiche, come era facile immaginare.
Comunque………. Buone feste a tutta la redazione, ai collaboratori ed ai lettori di Cremascolta. E speriamo nell’ anno nuovo!
Qui prodest? Come sempre la becera demagogia di un governo (esiste qualcosa di più demagogico di uno Stato connivente con la plutocrazia mondiale che costruisce un “Museo dei diritti”?) la cui “anima” è la Cei: mano destra e mano sinistra, immancabilmente in azione per combinare disastri.
L’Italia, cara Elena, non è nuova a sceneggiate del genere: ricordi quando negli Anni ’90 una nave albanese carica di clandestini che tentavano di sbarcare in Puglia ebbe una “colluttazione marina” con una nostra motovedetta e affogarono un’ottantina di persone? Ebbene, oltre ai “funerali di Stato” e ai “risarcimenti” pagati (ai clandestini, hai capito bene) a spese dei contribuenti italiani, il relitto fu recuperato e divenne a Otranto un monumento dedicato all'”umanità migrante”. Tra i fautori dell’iniziativa c’erano Nardini, Giordano e Vendola. Dei superstiti non sto a dirti perché sai benissimo che tipo di “lavori” gli albanesi sono venuti a fare in Italia. Per dare una mano all’economia e aumentare il Pil, s’intende.
Buon Natale anche a te e a tutti gli amici di Cremascolta.
Ora vado in cucina, il dovere mi chiama.
….omaggiata la matematica ( e di conseguenza anche l’enfasi!) riportando a mezzo milione la cifra stanziata nella Legge di stabilità, anch’io credo che fosse ( e, spero sarebbe) possibile utilizzare assai meglio quei conquecentomilaeuro, lasciando il tragico barcone della morte dove si trova e dandogli la giusta enfasi, li dove si trova!
Che poi il finanziamento si inserisca con …. tre righe, non di più, all’emendamento alla Legge di Bilancio presentato dalla deputata del Pd Lia Quartapelle ( “E’ autorizzata, in favore del ministero della Difesa, la spesa di 500mila euro per l’anno 2018 per le operazioni di messa in sicurezza, trasporto e installazione presso l’Università degli studi di Milano del relitto del naufragio avvenuto il 18 aprile 2015 nel Canale di Sicilia”), mi pare davvero tristemente un ridurre ad operazione sotterfugio/contabil/elettorale, un’azione che avrebbe potuto/potrebbe avere ben altro portato se condotta, “come si deve”, sui luoghi degli sbarchi a ricordare storicamente il coinvolgimento delle comunità e degli Enti locali che tali tragedie hanno vissuto/vivono!
500.000 euro in effetti sembrano tanti, ma anche spesi in altro modo non si risolverebbe il problema della povertà in Italia. Intanto che il sindaco di Como, per il decoro cittadino, vieta la distribuzione di pane e latte caldo ai senzatetto. E non credo che siano un esercito tale da compromettere il commercio dei bottegai del centro storico. Ma nonostante questo la demagogia imperante fa pensare a tutti che la polvere sia meglio ramazzarla sotto il tappeto, non esporla tra le sfavillanti luci natalizie. Spendiamo pure quei soldi per i poveri nostrani, ma sarebbero comunque una goccia nel mare dei bisogni. A meno che davvero non sia colpa dei poveri la situazione economica italiana, e non dei ricchi speculatori che poveri stanno facendo diventare tutti noi. E la mostra di Firenze, proprio perché finanziata da privati, che possono spendere i loro soldi come vogliono, non ha inciso assolutamente sulle casse dello Stato.
Ho scritto “miliardo” anzichè “milione”. Chiedo scusa per l’errore.
C’era un volta in cui tutte le forze politiche (inclusa la Lega di Salvini) condividevano un principio (da non pochi giudicato immorale): un conto sono coloro che hanno diritto alla protezione internazionale sulla base di convenzioni internazionali sottoscritte da gran parte delle nazioni (compresa l’Italia) che vanno accolti e un conto i migranti economici che vanno rimpatriati.
Quante volte abbiamo sentito dire che si doveva andare sul luogo per selezionare gli aventi diritto (inclusa la Lega)
Ora, sotto la spinta della Comunità di S. Egidio e di altre Associazioni di matrice cristiana (non cattoliche), il governo ha scelto di accogliere persone giudicate dall’Onu degne di protezione internazionale e, nello stesso tempo, di rimpatriare entro il 2018 ben trentamila migranti a cui non è stato riconosciuto il diritto di protezione internazionale (10.000 meno 30.000: è una sottrazione, non un’addizione).
Un po’ di coerenza ci vorrebbe! Ma in campagna elettorale (in Italia siamo in perenne campagna elettorale) l’incoerenza non è di moda.
Sulla stessa lunghezza d’onda – dei voli umanitari di Stato – si stanno muovendo la Francia di Macron (che ha sempre detto sì agli aventi diritto e non ai migranti economici) e la Germania della Merkel.
Spetterà, naturalmente, alla nuova maggioranza e al nuovo governo fare le scelte per il futuro. Chissà magari troveremo (dopo le menzogne sparate da tutti durante la campagna elettorale) un altro ministro Maroni che “regolarizzerà” altri 500.000 clandestini.
Personalmente, sarò contrario (lo scrivo da un sacco di tempo che i non aventi diritto devono essere rimpatriati), ma sarà il popolo italiano a deciderlo.
Il governo che “ha deciso”, caro Piero, oltre a non rappresentarci affatto ha già in tasca il biglietto di ritorno. Il 28 dicembre (pare) verranno sciolte le Camere. Sia lodato Gesù Cristo. E quel che verrà, si vedrà, fare previsioni oggi è un esercizio inutile.
Correggo solo un refuso: la coerenza non è di moda (non l’incoerenza).
Per il resto confermo parola per parola.
Lo ricordo benissimo che in più occasioni Salvini ha indicato la via di selezionare sul posto gli aventi diritto proprio al fine di evitare che arrivassero in Italia migranti che tale diritto non potevano avere perché “economici”.
Ma tant’è: la politica è la politica dell’urlo, non della coerenza e neppure della ragionevolezza. O meglio c’è una politica di chi è all’opposizione che demonizza chi è al governo (non mi riferisco all’attuale opposizione; anche la sinistra all’opposizione suonava la stessa musica) e una politica di chi è in maggioranza.
Io dico soltanto che alcuni Paesi europei (l’Italia, la Francia e la Germania), finalmente, si stanno muovendo nella giusta direzione, direzione del resto indicata da tutti i partner dell’Ue. E i numeri che ho citato riguardano appunto i tre Paesi: i 10.000 “rifugiati” (quelli che vengono portati via aereo in Italia sono “rifugiati”, non richiedenti asilo politico) previsti nel 2018 e 30.000 da rimpatriare (contro i 18.000 del 2017)
Qualcosa si sta facendo anche a livello di ricollocamenti: 11.000 contro i 2500 del 2016.
Riuscirà l’Europa a fare di più, anche dopo una più che probabile nuova maggioranza nel parlamento italiano? Io me lo auguro. Anzi aspetto con ansia questa nuova maggioranza (M5S più Lega? Centro-destra?): governare è molto più impegnativo che stare all’opposizione.
Di sicuro, la nuova maggioranza troverà delle condizioni migliori rispetto ad alcuni mesi fa: meno 33% di sbarchi, accordi non solo con la Libia basati, tra l’altro, sulla stretta collaborazione tra l’Antimafia e l’Antiterrorismo italiani e la procura di Tripoli oltre che sul potenziamento della costiera libica, ma anche con il Niger (l’Italia ha inviato proprio un contingente militare in Niger).
E’ sulle cause che si dovrà operare.
E’ solo… lavorando in Africa che l’Europa si potrà salvare da un fenomeno che non è congiunturale ma strutturale.
Invito tutti coloro per cui “il problema dei migranti è molto complesso” a leggere il seguente link:
http://www.editfiume.info/lavoce/politica/26623-fallisce-la-riattivazione-della-rotta-balcanica
Si tratta di un giornale croato ma è scritto in italiano.
Noi italiani sappiamo da anni che “si può fare”, ma purtroppo la mafia (ivi incluse pseudo-associazioni, cooperative di finta solidarietà, Ong che sono diventate stipendifici, eccetera) è più forte dello Stato. Non è una novità. Sappiamo anche che, salvo casi eccezionali, si tratta di “gente arrogante che abusa dell’ospitalità”, ma nella bigotta e papalina Italia se dici una cosa del genere ti danno del razzista xenofobo. Speriamo, dopo il 4 marzo, di diventare anche noi un vero Paese occidentale (con tutti i limiti che possono esserci, ma è sempre meglio di niente), finendola una volta per tutte di essere il Maghreb settentrionale.
In Germania senza i lavoratori stagionali dalla Romania, senza “quella feccia che se ne deve andare dalla nostra patria”, come indicava l’estrema destra tedesca, questa primavera, a rischio la raccolta di asparagi.
Ai tedeschi gli asparagi piacciono belli grossi, bianchi, dal diametro imponente e annegati in una densa salsa all’olandese. Senza “il tempo degli asparagi” non c’è gusto in cucina, dicono i tedeschi. Ma non si trovano tedeschi a sobbarcarsi dieci ore al giorno, cacciar giù la schiena, per un stipendio minimo, e raccogliere i preziosi asparagi. Chiuse le frontiere agli stranieri per il coronavirus? Si riaprono appositamente per centinaia e centinaia di lavoratori romeni a cui si paghera’ anche il biglietto aereo, pur di garantire gli asparagi in tavola. E così, folle di lavoratori provvisti di mascherine si accalcano, poco distanziati, all’aereoporto di Cluj-Napoca, destinazione la Germania. Anche i neonazisti tedeschi, così attaccati alle tradizioni, potranno star tranquilli: la “feccia” dalla Romania garantira’ anche a loro gustosi asparagi a tavola.
Caro Marino, probabilmente uno dei problemi che anche in Italia stanno per affacciarsi (ma forse si è già affacciato) è quello della manodopera irregolare e dei migranti clandestini, proprio in riferimento alle necessarie e imprescindibili tutele sanitarie che si stanno approntando per il bene dell’intera società, per evitare delle ricadute disastrose nel contagio e per non vanificare tutti gli sforzi fatti sinora. Purtroppo, in Germania avranno, in questo, meno problemi che in Italia. Purtroppo per noi, intendo. E per fortuna (anzi no, per merito) loro. Immaginiamo di dover applicare qui da noi certe misure di contenimento, diagnosi medica ed eventuale tracciabilità a un numero rilevante di persone che tende, per motivi ben noti, ad essere molto poco controllabile sul territorio nazionale, da tutti i punti di vista. Qui non c’entra tanto come la si pensi sulla vexata quaestio dell’immigrazione clandestina e sui suoi vari corollari economici, politici, etici e via dicendo. Qui la faccenda si fa subito parecchio concreta, con molte implicazioni operative e davvero pratiche. Sarà una questione difficile da risolvere. E un’eventuale mancata soluzione di questo problema potrebbe avere esiti disastrosi. Tornando su un tema che, con qualche frettolosa superficialità, si è ritenuto non così foriero di rischi nelle scorse settimane, sappiamo oggi che la pandemia sta progredendo in Africa e che i numeri sinora dichiarati rappresentano solo la punta di un iceberg di dimensioni sempre più preoccupanti. Con questo, non nego le problematiche della raccolta degli asparagi in Germania o dei pomodori in Italia. Dico solo che stiamo rischiando di trovarci a fronteggiare un pericolo ben maggiore. E che nessuno pare voglia parlarne. Ma tra dieci giorni, il 4 maggio, il tempo delle parole dovrà lasciare posto al tempo dei fatti. E qui non si riesce a capire che cosa si voglia fare, come lo si voglia fare e, addirittura, se si voglia fare qualcosa.
Ottimo “scherzo di carnevale”, inoltrato assai, peraltro (favorito dall’uso obbligatorio delle … mascherine?!?) il tuo, Marino, quello di ripescare un “come eravamo” del 15 Dicembre 2017 !
Delizioso rileggere/rsi a un bel dueanniemmezzo di distanza: erano i tempi del Governo Gentiloni (che succedeva allo …..tsunami Renzi ….”Letta stai sereno”!!!) e davvero, immersi come siamo in questa sospensione del tempo e dello spazio targata Covid-19, sembra di parlare di un’altra era geologica!
Ci si gingillava, in punta di fioretto alcuni, con lo spadone altri, secondo stile connaturato, però tutti quanti ben pasciuti e tutto sommato ben assestati nella nostra democrazia consumistico/occidental/europea.
Pò ghè riat quel dal furmac ……