In anteprima mi è capitato tra le mani il catalogo dedicato alle “COLLEZIONI PRIVATE IN MOSTRA“. L’arte cremasca nella seconda metà del ‘900”. L’esposizione visitabile dall’11 Dicembre fa seguito a quella presentata con successo l’anno scorso ed ha il merito di far conoscere le opere di artisti locali altrimenti inaccessibili. Una piacevole sorpresa mi ha colto sfogliando le pagine del volume. L’inaspettato è fornito dall’intento dichiarato delle tre curatrici (Silvia Merico, Elena Scampa, Natalia Vecchia) che hanno condotto i loro studi risparmiandoci i consueti testi, un po’ saputelli, bacchettoni e intransigenti , distintivo delle lezioni accademiche di storia dell’arte. Infatti, già nell’introduzione, hanno dichiarato la volontà di “..raccogliere le testimonianze di chi ha vissuto accanto (agli artisti) e ne ha colto gli aspetti umani, la fragilità, le peculiarità, che nella lettura delle opere non sono così manifeste”.
Gran parte dell’arte moderna e contemporanea si differenzia da quella tradizionale, o se vogliamo usare uno stereotipo da quella preraffaellita, perché non si rivolge al divino ma al terreno. Ad esempio, l’arte bizantina preferiva il prototipo della ieraticità sacrale con la rappresentazione di archetipi spersonalizzati, privi di sensazioni e sentimenti terreni. Per i futuristi contava la celebrazione del geniale dinamismo creato dalle invenzioni umane e le correnti moderne d’avanguardia o di recupero a loro volta hanno esaltato il romanticismo sentimentale oppure il razionalismo, informale o figurativo che sia. Forse anche per questo in un lontano passato l’artista tradizionale non era uso firmare e datare le sue creazioni, a cui spesso veniva attribuita una paternità soprannaturale.
Se la premessa è questa mi sembra corretto che oggi siano le lezioni di vita a diventare lezioni d’arte. I nostri artisti sono stati padri, madri, amici e hanno espresso i loro pensieri più intimi filtrati attraverso le opere che ci hanno lasciato. Allora chi meglio dei figli, dei colleghi, di chi li ha realmente visti operare e conosciuti nell’ intimità più privata può essere in grado di fornirci una testimonianza attendibile, grazie ai ricordi e ai vincoli elettivi?
Così Ugo Bacchetta, Giuseppe Perolini, Pietro Martini,Chiara Bolzoni, Federico Boriani, Ugo Stringa, Carlo Fayer, Giannetto Biondini, Guido Lupo Pasini e tanti altri ci appaiono eroi del domestico quotidiano con le loro passioni, le manie, i pregi e i difetti che si riflettono nelle tele e grazie a queste testimonianze ci permettono di valutarne la capacità inventiva, la straordinaria creatività, proprio nel “quadro” della comprensione umana , alla luce di una vera e propria nuova antropologia della storia dell’arte.
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